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Autore: elev    20/03/2014    6 recensioni
"In un mondo pieno di dolcificante artificiale, aspartame, saccarosio e derivati vari.
C'è chi ha perso la dolcezza dello zucchero e la naturale duttilità del miele."
Per quel giorno avevano previsto neve.
Erano le 7.30 di mattina e Juliet svoltava l’angolo del 142 di Portobello Road.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Le vere passioni hanno un loro istinto molto preciso.
Mettete un piatto di frutta davanti a un goloso;
non si sbaglierà, sceglierà, anche ad occhi chiusi, il frutto migliore.”


Honoré de Balzac, La cugina Betta, 1846


Sean
Erano le nove di una mattina soleggiata. La primavera stava facendo capolino finalmente dopo mesi di cieli grigi e temperature rigide.

Juliet adorava uscire presto, nei giorni liberi, per recarsi al mercato.

Scendendo la scalinata in pietra e porfido rosso di una via del centro, amava ammirare la luce calda del sole del mattino illuminare i palazzi storici che sorgevano lungo la discesa, tanto che spesso si ritrovava a camminare con lo sguardo rivolto verso l’alto verso gli ultimi piani delle case. Così facendo aveva scoperto per esempio, che gli ultimi piani di quei palazzi spesso avevano dei piccoli balconi decorati di fiori, invisibili, pur essendo lì da molto tempo, agli sguardi frettolosi  della maggior parte delle persone che ci passavano davanti tutti i giorni. Oppure che il palazzo giallo che dava sulla piccola piazza del mercato aveva un cortile interno completamente conquistato da un roseto; e che le stesse rose erano affrescate discretamente sopra la cornice di ogni finestra.

Il giallo dell’intonaco esterno rifletteva una luce dorata e calda che e a Juliet trasmetteva un senso di armonia interiore.  


La mattina trascorse in modo rilassato, tra il profumo della frutta, l’odore penetrante dei pesci appena pescati esposti in grandi vassoi di ghiaccio sulle bancarelle di legno ed  i richiami fantasiosi dei venditori.  Erano le undici passate quando Juliet ricordò la desolazione che regnava  da qualche giorno nel frigorifero di casa. Decise quindi di fermarsi per fare la spesa.

La bionda Chef si fece strada a fatica tra alcune automobili parcheggiate malamente lungo il marciapiede, maledicendole in silenzio sotto il peso della busta della spesa caricata su un braccio. Fu in quel momento che gli occhi della donna si posarono, attirati forse dal colore, su di una station wagon rossa, parcheggiata pochi passi più in là. Trasalì riconoscendo in essa una strana familiarità. “E se fosse…?” le chiese insistente una vocina interiore. Juliet provò a non darle retta scuotendo il capo e chiudendo gli occhi per qualche istante.

“Ora, con tutte le automobili rosse in circolazione non sarà proprio lui…” ripeté sottovoce come per autoconvincersi di una certezza che in effetti non aveva. Il suo cuore perse un battito, lo stomaco ebbe un sussulto  ed un brivido le attraversò la schiena quando, avvicinandosi silenziosamente, anche il proprietario dell’automobile le apparve di una famigliarità quasi sconcertante.

In un primo momento l’idea di cercare di passare inosservata cacciando la testa dietro la busta della spesa le sembrò geniale, ma poi, prima di avvicinarsi del tutto a quel tizio piegato in avanti con la testa infilata nel bagagliaio, notò che nella tasca posteriore dei pantaloni che indossava era infilato un vecchio modello di cellulare che trillava insistentemente per i fatti suoi. Pure Agnes, che non era tecnologica, l’avrebbe definito “dell’anteguerra”.

Un calore improvviso le invase le guance ora sicuramente rosee per l’imbarazzo, quando si rese conto che di fatto gli stava fissando il sedere da due minuti buoni, in piedi sul marciapiede con un sorrisetto sarcastico stampato sulle labbra. Cambiò quindi  idea giocandosi l’occasione di scherno.

Juliet si era avvicinata abbastanza da non avere più alcun dubbio sul fatto che il tizio col cellulare dell’anteguerra fosse in realtà proprio Luca, ora intento a sistemare innumerevoli casse d’olio d’oliva e di altro ben di dio mangereccio nel bagagliaio dell’automobile. Accanto ad una ruota posteriore era rimasta solamente una cassetta e Juliet si fermò proprio lì a pochi centimetri.

L’uomo, che non si era accorto della sua presenza, afferrò deciso la cassetta posata in terra con entrambe le mani ma ebbe un attimo di esitazione quando alzando lo sguardo si accorse dei due piedi infilati in due ballerine primaverili che sostavano lì accanto.
Juliet, che ora era passata a fissargli la nuca dall’alto in basso, fece un respiro e senza togliere quel sorrisetto ironico dalle labbra interruppe il silenzio:

 - Interessante…. non rispondi al telefono e fissi i piedi delle donne! Che diavolo stai facendo con tutta quella roba?! Non abbiamo nessun banchetto in vista mi pare! - Aggiunse sogghignando.

Con la cassetta a mezzaria, Luca si rialzò in piedi e con un sorriso beffardo fissandola dritto negli occhi ribatté:
- vengo a casa tua stasera per cena, ho fatto la spesa! E poi io fisso solo le donne che portano scarpe interessanti come le tue!- Ammiccò facendo cenno alle ballerine chiuse ai lati con piccoli teschi argentati.

Mentre lui la fissava sarcastico Juliet socchiuse gli occhi fulminandolo con lo sguardo e cercò di ribattere:
- non dirai sul ser….- quando fu interrotta dal rumore della busta di carta che si strappava sul fondo e dalla fragorosa e cristallina risata di Luca che ormai aveva sistemato la cassetta mancante in auto e la guardava con le braccia incrociate al petto muscoloso.

Juliet si ridestò pochi secondi dopo spostando imbarazzata lo sguardo dal pettorale di lui alle arance che rotolavano in terra fermandosi contro la ruota della station wagon ancora aperta; quindi si inginocchiò per raccogliere in fretta tutta la spesa.
Prima di poter raccogliere l’ultima arancia però, Luca si inginocchiò e con una mossa veloce gliela rubò di mano rialzandosi.

Gli sguardi si incrociarono per la seconda volta quando Juliet si rialzò da terra come una che aveva appena ritrovato la dignità perduta, ma prima che potesse replicare qualunque cosa lo trovò appoggiato- in una posa tremendamente sexy- all’automobile con sorriso innocente sulle labbra mentre, come se nulla fosse successo, sbucciava l’arancia.

- Giulia… come lo sapevi che adoro le arance? Comunque non crederai di cavartela così… per il dolce ci vuole una cosa più importante e soprattutto meno salutare!- Aggiunse alludendo alla cena e infine strizzandole l’occhio.

“Voleva deridere e fu derisa!” Pensò digrignando i denti come ogni volta quando i suoi piani non le riuscivano.
- Stupido!- Sibilò altezzosa.  - Ciao collega… - sbuffò ancora e, svoltando l’angolo senza voltarsi, giurò di avvertire ancora il suo sguardo alle spalle.


****


Juliet aveva ancora l’immagine di quel sorriso nella testa mentre risaliva gli scalini che portavano al suo appartamento, e quando si trovò a superare il pianerottolo dell’appartamento di Luca dedicò a quella porta verniciata di verde un’occhiataccia sarcastica.

Aveva già le chiavi pronte benché barcollasse sotto il peso della busta della spesa, quando si accorse della presenza di due persone. Alzò lo sguardo.

- Buongiorno! Cerca qualcuno?- Disse Juliet con sguardo interrogativo.

Una donna sulla cinquantina con i capelli grigi raccolti in una crocchia sulla nuca e la gonna al ginocchio ricambiò l’occhiata:
-Signorina Edwards? Sono qui per lui… - Rispose con sguardo severo, quindi fece un passo di lato spingendo davanti a sé un ragazzo magro, sui 17 e con la testa china.

Juliet aprì la bocca per replicare, fissando per un momento le ciocche biondo cenere del ragazzo.
- C-cosa?- Balbettò poi portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Signorina Edwards, io sono dei servizi sociali, il ragazzo è stato pizzicato a rubare in un supermercato…la polizia ci ha dato le sue referenze.-
- Mi spiace… ma non capisco… che c’entro io? E sua madre?- Replicò Juliet incontrando finalmente gli occhi azzurri coperti da un velo di tristezza del ragazzo.
- pff quella… è partita… - sibilò lui serrando la mascella e stringendo i pugni nelle tasche della felpa azzurra che indossava. Le maniche gli lasciavano scoperto l’avambraccio su cui si notava un grosso tribale tatuato in nero.

- Dorothy Edwards non è sua madre?- Fece l’assistente sociale rivolgendosi a Juliet seccata…
- Dorothy Edwards… certo… ma non la vedo da anni…- replicò la bionda mentre un brivido le percorse la schiena. Sua madre! Che c’entrava sua madre ora? Non parlava con lei da anni. Almeno da quando Dorothy Edwards le aveva chiaramente riferito che il mestiere e gli studi che aveva scelto “non erano certo roba da donne” e che sicuramente lei non ce l’avrebbe fatta. “Juliet, ancora con questo capriccio….quando te ne renderai conto?! Insomma cresci, ragazza mia. Ho altro da fare che stare sempre dietro a te…” la voce di sua madre e quel rimprovero ormai risalente a parecchi anni prima - prima che lei, all’età di 17 anni, decise di andarsene veramente da quella casa - le risuonava ancora nelle testa.

- Ancora non capisco….- Fece la bionda ridestandosi

- Lei ha un fratello signorina Edwards. Sua madre è partita per l’India, lei ora è l’unica parente vicina quindi sarà affidato a lei. Veda di stargli dietro come si deve! Altrimenti farà una brutta fine. Ci vedremo tra un mese per vedere come va! - Rispose con voce ferma.

Juliet rimase sul pianerottolo di casa con le chiavi dell’appartamento in mano mentre guardava quella donna grigia scendere le scale.
Si accorse della presenza del ragazzo accanto a sé soltanto quando quello sbuffò rumorosamente.
- ok, almeno entriamo dentro.- Disse Juliet con rassegnazione aprendo la porta d’entrata.
- Bene, ora che ho scoperto di avere un fratello almeno posso sapere come ti chiami?- Aggiunse poi mentre appoggiava la spesa sulla tavola del salotto.
- Sean- ringhiò lui sottovoce

- Beh ora vediamo come posso sistemarti! C’è un piccolo studio di là accanto alla mia camera vedrò di sistemare quel locale e fartene una stanza, per  stasera devi accontentarti del divano…-
- Tanto io qui non ci rimango!- Rispose Sean trascinando una piccola borsa in tessuto – e poi – aggiunse - tu… tu non puoi dirmi cosa devo fare, non sei mia madre!- Sbraitò ancora.

- Sean!  Aspetta…-
 Ma prima che Juliet potesse finire la frase, Sean aveva già raggiunto l’ingresso e Juliet lo vide uscire dall’appartamento sbattendo la porta dietro di sé con forza.





Angolo cottura

Carissime seguaci,

rieccomi dopo una lunga, sospirata, travagliata pausa… ed ecco qui la mia ultima fatica. Devo svelarvi che per questo capitolo c’ho messo un bel po’ di tempo per mettere a posto le idee e spero che, malgrado come al solito non si vede, queste 8 pagine di word siano di vostro gradimento.

C’è un’ulteriore novità per Juliet e dire che la giornata era cominciata bene….riusciranno a combinare questa cena?!

A presto presto (spero)

Abbraccio tutte voi fedeli “recensore” ;)

-elev  
  
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