(Capitolo III) Non
chiedo nulla.
“Non
c’è più. Puoi stare
tranquillo.” Furono queste le prime parole che Albus
sentì, appena fu
rinvenuto. Si sentì sollevato nell’udire la voce
di Alec.
Cercò di
tirarsi su, piano,
sentendo la testa pulsare e gli occhi che gli bruciavano. Ricadde
l’attimo
seguente, gemendo per il dolore. Non si scontrò con la dura
pietra del
pavimento di una stanza, né con l’erba secca del
giardino, ma su delle gambe.
Si rese conto: aveva il capo, appoggiato sul grembo del vampiro e la
mano
scoperta gli accarezzava i capelli, in un gesto continuo e rilassante.
“Quindi
c’è l’ho fatta? L’ho
spedita nel limbo?” chiese, con voce fievole, qualche istante
dopo, combattendo
la voglia di appisolarsi.
Sentì
Alec ridere. “No, qualunque
cosa tu abbia pensato o fatto è riuscita a destabilizzarla
per un momento,
però.”
“E poi
l’hai uccisa?!” chiese
Albus, alzandosi di colpo, in preda al panico. Non voleva che Alec
ammazzasse
Morgana, non voleva che nessuno morisse per colpa sua.
“No.”
Rispose il vampiro,
prendendogli il volto fra le mani e baciandogli le labbra.
Al lo
fissò spaesato, aspettando
con ansia la fine della spiegazione. Alec lo tirò a
sé, sbuffando e lasciando
che si appoggiasse al suo petto.
“Nel
momento in ci sono riuscito
a liberarmi, si è resa conto che non avrebbe potuto
uccidermi. Così, mi ha
minacciato, dicendo che sarebbe tornata con i rinforzi e poi
è svanita.”
Se possibile Albus
si sentì ancor
meno confortato, Alec avrebbe rischiato la sua vita, di nuovo, per un
suo
stupido capriccio. Si strinse di più a lui, sospirando e
dicendosi che sarebbe
stato inutile pensarci in quell’istante e non avrebbe di
certo aiutato il
ragazzo con le sue elucubrazioni.
“Dove
siamo?” chiese quindi,
accortosi di essere in una piccola stanza.
“Credo sia
una stanza dello
scantinato del castello… quando Morgana se
n’è andata, tutto ha cominciato a
riprendere il suo corso, mi sono dovuto nascondere e no
poteva lasciarti svenuto in mezzo a un
prato.” disse Alec, tranquillo come a costatare
l’ovvio.
Albus sorrise e lo
baciò,
chiedendosi se la morsa al petto che provava poteva significare che
quello che
sentiva per lui era amore o se era soltanto un’attrazione
destinata a svanire
in poco tempo.
“Non ti
chiederò di seguirmi, né
tanto meno rimarrò qui.” disse risoluto il
vampiro, creando un peso sullo
stomaco del mago. “ Non voglio trasformarti contro la tua
volontà, né pregarti
o farti sentire in colpa se non vuoi farlo… desirerei che tu
venissi con me,
questo è ovvio… ma tu hai una vita qui, una
famiglia e, che tu voglia capirlo o
no, io sono un morto, la mia specie è composta di esseri
privi di qualsivoglia
morale o pietà e il mio clan è il peggiore mai
esistito. Questo lo so e nulla o
nessuno sarà capace di farmi cambiare idea. Siamo la peggior
compagnia che
chiunque posso volere con sé.” Albus
provò a inserirsi nel discorso, ma Alec
non glielo permise, continuando a parlare. “Non voglio dire
che non tornerò, se
lo vorrai io ci sarò.” concluse, fissandolo come a
voler ribadire la veridicità
delle sue parole.
“Ti
chiamerò io, Alec…” disse
Albus, sorridente. “Un giorno sarò pronto a far
parte di quella specie che
tanto disprezzi e t’insegnerò a vederla sotto un
altro punto di vista… il mio!
Siete strabilianti, incredibili… non siete mostri, siete
creature
meravigliose…” spiegò sincero.
“Solo che ora non è il momento, non per
me… non
posso lasciare la mia famiglia senza una spiegazione valida, senza
l’unica
spiegazione vera…”
Alec
annuì e
si baciarono a lungo, prima che il vampiro decidesse di dover tornare,
di
sicuro Jane gli avrebbe fatto una predica con i contro fiocchi e Aro so
sarebbe
dimostrato preoccupato per poi lasciare che fosse Marcus a punirlo. A
lui non
importava, perché quella giornata era valsa più
di tutta la sua vita da vampiro
messa insieme.
Da quel giorno, le
giornate erano
state tutte uguali, nessuno sembrava ricordarsi di nulla e
probabilmente era
vero.
Albus aveva dovuto
recuperare la
verifica di trasfigurazione e tener fede alla promessa fatta a Mary
Jane.
Erano usciti il
sabato dopo e
Albus si era accorto che la ragazza, tolti i suoi modi adoranti nei
confronti
del padre, sapeva essere divertente e davvero arguta. Si era trovato a
pensare
che, in un'altra vita, forse sarebbero stati bene insieme, avrebbero
formato
davvero una bella coppia, ma non in quella che stava vivendo,
perché se pensava
alle parole amore, coppia
o per sempre solo un volto
compariva nella sua mente: quello di Alec,
il vampiro.