Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: lulubellula    21/03/2014    2 recensioni
OutlawQueen
Regina si ritrova catapultata in un luogo sconosciuto dopo Neverland, qualcosa non è andato come avrebbe dovuto, è sola, stanca e ferita.
Sola con la sua coscienza, si ritroverà a fare un bilancio della sua vita, delle sue scelte e delle sue azioni, in un luogo in cui, dimenticare chi è stata non può farle che bene.
Un nuovo inizio, una nuova vita e anche un nuovo amore.
Alla ricerca della felicità e del lieto fine che ha sempre rincorso e che ora si merita.
"Robin si fermò un istante ad osservarla, i suoi occhi si soffermarono su di lei, pur non conoscendola, pur non sapendo chi lei fosse in realtà, non poté far a meno di restare stregato da lei, dalla sua figura sottile, da quel lampo di luce e di dolore che aveva colto quando lei si era voltata, qualche istante prima che perdesse i sensi".
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Finding true love (because everyone needs a happy ending)
Fever
 
Regina era ancora troppo debole per potersi spostare da sola e camminare al fianco di Robin nella foresta di Sherwood, gli ultimi due giorni l’avevano messa duramente alla prova.

L’infezione e la ferita sembravano migliorare ma non erano del tutto guarite, ma solo sottocontrollo, il fianco le faceva ancora molto male e non aveva provato ad alzarsi, ma al massimo stava seduta o coricata.

Aveva passato molto tempo del giorno precedente e di quello antecedente a quest’ultimo a dormire, si era svegliata solo per dissetarsi e provare a mangiare qualcosina, anche se il cibo di quella landa era povero e ben lontano dall’avere il profumo invitante delle sue famose lasagne.

Aveva scambiato giusto un paio di parole con il ladro che l’aveva prima derubata e poi soccorsa, non sapeva se fosse il caso di fidarsi di lui o meno, il luogo dove era capitata poteva benissimo essere un lembo di terra scampato miracolosamente alla maledizione che lei aveva lanciato sul suo reame incantato una trentina di anni prima.

Nel caso in cui fosse capitata sulle ceneri di quello che una volta era stato il suo regno, non era del tutto sicura che avrebbe fatto bene a confessare la propria identità, ad un fuorilegge per giunta, che quasi certamente era stato inseguito dalle sue guardie personali e perseguitato dalla giustizia regia.

Si era ripromessa che sarebbe fuggita non appena si fosse ritrovata in forze, ma, per il momento, la scelta più saggia, anche se scomoda e fastidiosa, era dividere l’ossigeno con quello strambo uomo, quella figura misteriosa, seducente e al tempo stesso irritante che sembrava averla presa a cuore.

“Vi ho portato la colazione, Milady” le disse portandole una manciata di frutti di bosco freschi e una brocca d’acqua.

Regina osservò il magro bottino e le venne da sorridere in modo beffardo, ma trattenne il sarcasmo e prese la sua porzione di cibo, ringraziando a bassa voce il villico.

“Mi dispiace di non potervi offrire di meglio, ma nei paraggi non ci sono fattorie o case in cui poter fare rifornimento, per il momento vi dovrete raccontare di frutta e del poco pane che mi è rimasto nella bisaccia e che ormai è secco”.

Regina trattenne a fatica una smorfia, che non sfuggì all’uomo che erano giorni che non perdeva nessuna sfaccettatura di lei.

“Dovete forse dirmi qualcosa?”.
Regina si diede un contegno.

“Stavo solo pensando alla vostra idea ‘di fare rifornimento’, immagino che sia un eufemismo per intendere razzie e saccheggi ai danni di poveri sempliciotti”.

Robin cominciò a ridere di gusto.
“Che c’è da ridere?” domandò lei visibilmente irritata.

“Niente, stavo solo pensando a quanto sia buffo che la Regina Cattiva mi faccia la morale”.

La donna rimase profondamente turbata di fronte a quell’affermazione, era del tutto certa di non essere stata riconosciuta e ora aveva la riprova certa del fatto di trovarsi nella foresta incantata, sospetto da cui era già stata sfiorata più volte nei giorni precedenti.

“Cosa le fa pensare che io sia la regina?” domandò lei con aria di sfida.

Robin sorrise: “Il fatto che rispondiate alle mie domande con altre domande, il vostro portamento e contegno nobiliare e poi, Milady, il vostro volto non si scorda facilmente. Ho impiegato un po’ a capire dove vi avessi già vista e ora ne sono del tutto certo: siete la donna che aveva messo una taglia sulla mia testa tempo fa”.

Regina rimase profondamente turbata dalla franchezza e dalla forza dell’uomo e al tempo stesso non poté trattenere una smorfia di paura.

Non era in forze, non ancora, e anche se le fosse stato possibile evocare la magia, essa sarebbe stata debole e del tutto inefficace, non poteva liberarsi da quell’individuo o scappare, non avrebbe avuto scampo.

Tuttavia, un tentativo lo poteva sempre pur fare, no?
Si alzò in piedi, le gambe le tremavano incredibilmente, sentiva un ronzio poco rassicurante nelle orecchie, il fianco, seppur in via dei guarigione, le faceva ancora male.

“Che state facendo, Sua Maestà?” domandò il ladro, con fare ironico, ma che lasciava comunque trasparire preoccupazione e sconcerto.

Regina non parve dargli ascolto e iniziò a camminare, un passo avanti all’altro, destro, sinistro, destr …

“Non credo che sia una buona idea” azzardò l’uomo, non perdendola di vista nemmeno un secondo.

Regina non replicò, le poche forze che aveva le servivano per sfuggire, anche se di questo passo, non sarebbe andata molto lontano data la stanchezza e la lentezza a cui lei si stava muovendo.

Provò a cercare di accelerare l’andatura, ma inutilmente, le gambe non la sorreggevano un granché, il ronzio nelle orecchie cominciava a farsi insopportabile, il cuore a battere troppo forte, nel suo petto, nella sua testa, nel collo.

Non desisteva però, Regina, non era nella sua natura arrendersi, non lo aveva mai fatto del resto e non era intenzionata a farlo allora.
Non si voltava, non ne aveva bisogno, sentiva i passi di Robin alle sue spalle, sapeva che non l’avrebbe lasciata andar via, non ora che aveva compreso l’importanza della donna che aveva soccorso.

Era stata la regina una volta, di certo rappresentava una preda succulenta per un rubagalline come lui, sentiva che non l’avrebbe mai persa veramente di vista e che lei avrebbe dovuto giocare d’astuzia per sfuggirgli.

La testa era pesante, le sembrava di dover sostenere un macigno, non stava bene, non poteva negarlo e si sentiva anche incredibilmente emotiva in quel momento, forse per Henry, forse per Storybrooke, forse per se stessa.

Robin seguitava a camminarle qualche passo indietro, preoccupato e divertito al tempo stesso, ma anche ammirato per la forza d’animo della regina, era una donna fuori dal comune, questo doveva ammetterlo.

Non ce la faceva più, Regina, era inutile che continuasse a crederlo, la vista si era fatta annebbiata e non era solo la stanchezza e la spossatezza, anche se queste non l’aiutavano di certo, erano la lacrime che le rigavano il volto.

Era stanca, anzi stufa, stanca di non poter essere felice, stanca di dover fuggire, stanca di non essere amata da nessuno.
Aveva la nausea, era a pezzi, stava per perdere i sensi e molto probabilmente aveva ancora la febbre, stava fuggendo, questo era del tutto corretto, ma nel modo sbagliato, stava rischiando di morire.

Il suo corpo non era pronto a tutto quello stress, non lo era per niente, le mandava segnali già da una manciata di minuti e lei l’aveva prepotentemente zittito per non darvi ascolto.

Robin continuava a camminare e ad osservare la donna, incerto se intervenire o no, anche perché era abbastanza convinto che fosse una sciocchezza contraddire Sua Maestà.

La guardava decelerare il passo, respirare affannosamente, fermarsi sempre più spesso, finché non la vide appoggiarsi ad una vecchia quercia e arrestare la sua fuga.

“Sua Maestà?” le chiese avvicinandosi a lei, preoccupato.

Lei non gli rispose, era troppo impegnata a respirare, i battiti si erano fatti insopportabilmente ravvicinati, il respiro più corto, la testa le girava vorticosamente.

Riuscì ad alzare la mano destra come a fargli intendere di aspettare, che non aveva intenzione di averlo accanto a sé.
Si portò la mano sinistra al fianco.

“Dannazione” mormorò tra i denti, ritraendola sporca di sangue.
“Dannazione” disse a voce più alta piangendo amaramente.

Robin si avvicinò preoccupato a lei.
“Cosa vi è successo?” le chiese allarmato, avanzando ulteriormente nella sua direzione.

Regina tentò di ricomporsi, ma senza successo, era una situazione troppo surreale per badare all’etichetta.
Era ferita, sperduta chissà dove e l’unico che fosse disposto ad aiutarla era un brigante che aveva persino tentato di derubarla per giunta.
Quello che si dice cadere sempre in piedi! Altroché!

Si voltò nella sua direzione, l’uomo la vide distrutta e sofferente.

Lei mostrò la mano sinistra macchiata del suo sangue e lo implorò con lo sguardo di aiutarla, se voleva sopravvivere abbastanza per trovare il modo di rivedere Henry era necessario che non morisse in un modo tanto stupido e a dir poco surreale.

Robin di Locksley le si avvicinò, tanto vicino che lei riusciva a sentire il suo respiro sulla pelle e il suo profumo, sapeva di aghi di pino e laghi di montagna, un odore di foresta che le rimase impresso nelle narici.

“Vi aiuto io, regina, appoggiatevi a me”.

L’uomo si mise alla sua destra e la sorresse con forza, una presa salda e sicura, che la fece stare meglio, che la fece sentire finalmente protetta.

“N-n” iniziò Regina.
“Che c’è? Qualcosa non va?”.

Le gambe erano molli, tremavano, non la sorreggevano più.
“N-non riesco a c-camminare” disse a fatica lei.

Robin la guardò, era pallida, quasi più pallida di quando l’aveva incontrata solo qualche giorno prima, la fronte era madida di sudore.

Decise di fermarsi e di distenderla vicino ad un albero; prese un vecchio lembo di stoffa e lo bagnò con parte del contenuto della borraccia, lo avvicinò a lei e lo passò sulla sua fronte.

Poi con una pezza asciutta, asciugò il volto della donna ed appoggiò il dorso della mano sul suo viso: era caldo come la brace del fuoco, aveva di nuovo la febbre ed era molto alta: ecco perché non era in grado di camminare oltre.

Sollevò la camicetta e vide che la ferita si era riaperta.

“Maledizione!” esclamò l’uomo alzando gli occhi al cielo.

Non sapeva cosa fare, era da solo e senza mezzi per rientrare al villaggio e quella donna, quella donna tanto strana e tanto bella stava morendo sotto i suoi occhi e lui non poteva fare nulla.

Prese un respirò profondo ed iniziò a urlare, forte, con rabbia, un urlo pieno di panico, pieno di paura.

L’aveva  aggredita qualche giorno prima.
Non era colpa sua se lei stava così male.
Aveva tentato di derubarla, mentre era sola e spaurita in un luogo sconosciuto.
Ma non l’aveva fatto, l’aveva persino soccorsa e curata.
Era scappata, fuggita per colpa sua.
L’avrebbe fatto comunque.
L’hai chiamata “Regina Cattiva” quando in realtà non la conosci nemmeno.
Infatti lei lo è, la Regina Cattiva.
E’ scappata per quello, solo per quello.
Forse il vero motivo è un altro.
Aveva paura di essere stata smascherata e ha messo in pericolo la sua salute e la sua vita per colpa tua.
Tu non volevi che le accadesse qualcosa di male.
Invece è successo, oltre ad essere un ladro, rischi di diventare un assassino, perché se il suo cuore dovesse smettere di battere, la febbre la portasse via, sarebbe colpa tua, Robin, solo tua.

“Rialzati in piedi, Hood” sentì mormorare debolmente.
Vide che la donna aveva parlato, gli aveva parlato.

Sua Maestà”  bisbigliò lui.
“N-non stare lì imp-impalato. Ho f-f-freddo – rabbrividì – portami alla t-tenda …”.

Il resto delle parole furono un bisbiglio confuso, la regina stava delirando per la febbre e l’infezione.
Robin si fece coraggio e la prese tra le sue braccia, stando bene attento a non farle male, la figura della donna era sottile, esile, non fece fatica a riportarla indietro, in quell’ammasso di tela, foglie e rami che era quanto lui fosse riuscito a mettere insieme senza mezzi.

Camminò per qualche minuto e alla vista del fuoco che aveva acceso, si sentì più saldo e rincuorato, gli sembrò che tutta quella situazione, tutto quanto potesse andare per il meglio e riacquistò fiducia in se stesso.

Si inginocchiò a terra e distese la regina sul giaciglio che era riuscito a rimediare, pensando che, per quanto potesse essere stata malvagia nel corso della sua esistenza, non si meritava un triste epilogo, una fine miserabile e lenta in un angolo inospitale di Sherwood.

Regina piombò in un sonno malsano e tormentato da incubi, fantasmi del suo passato che pensava fossero passati oltre e che, invece, era più vivi che mai.

Lei sognò Daniel, lo sognò in un modo vivido, quasi reale, le sembrava di riuscire a sfiorargli la fronte, il volto, di baciarlo, le sue labbra, Dio solo sa quanto le fossero mancate, le sue braccia, le sue spalle, lo vide di nuovo, come non le era concesso da una vita e quando lei lo stava per stringere a sé, lui si sgretolò in minuscoli granelli di polvere, quello che era stato l’amore della sua vita, ora non era altro che un mucchietto di ceneri grigiastre.

“Non può essere vero, no, no!” mormorò nel sonno, delirante.

Robin le si avvicinò e le portò alla fronte una nuova tela bagnata, la febbre era ancora molto alta e la donna si stava disidratando; le sollevò la testa e le portò qualche sorso d’acqua per inumidirle le labbra, poi la rimise in posizione supina.
Fece per allontanarsi, ma la donna gli prese il braccio destro e lo fermò.

“N-non lasciarmi sola” chiese quasi implorante, con gli occhi aperti che guardavano lui e il nulla al tempo stesso.

L’uomo rimase sconvolto di fronte a quella richiesta così strana, così inaspettata.

“Rimango qui con te, non me ne vado” le sorrise.
Regina rispose sorridendo a sua volta.
“Non mi abbandonerai, vero? Non mi lascerai sola, non un’altra volta?”.

Robin non riusciva a capire cosa lei stesse dicendo, a quale altra volta lei si stesse riferendo, ma la strinse ancor più a sé per tranquillizzarla.

“T-ti amo” disse lei a fatica.
“Cosa?”.
“T-ti amo, Daniel” ripetè.

“Di nuovo questo Daniel - pensò Robin – se l’ha abbandonata tempo fa, perché la regina dovrebbe volerlo accanto a sé?”.

Rimase turbato, profondamente, ma resistette accanto a lei tutta la notte, stringendole la mano e alzandosi di tanto in tanto ad alimentare il fuoco per tenere lontane le belve feroci che popolavano il mondo notturno a Sherwood.

Si addormentò accanto a lei alle prime luci dell’alba, mano nella mano, le loro spalle vicine, i loro respiri a poca distanza e per motivi diversi, motivi sconosciuti, un sorriso raggiante, dipinto sulle labbra di entrambi.
 

NdA:
Eccomi qui come promesso con un nuovo capitolo della storia, finalmente si comincia ad entrare nel vivo delle loro interazioni … per ora piuttosto accese! Ma non temete con il tempo arriveranno l’angst, il fluff, emozioni forti e svolte del tutto inaspettate.
Spero che la mia storia vi piaccia e non vedo l’ora di leggere le vostre impressioni.
Ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo
lulubellula
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: lulubellula