Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Inathia Len    22/03/2014    4 recensioni
Ognuno ha dei segreti o cose che non racconterebbe mai a nessuno. I nostri personaggi non sono da meno, perché c'è sempre qualcosa che nessuno di vi dirà. In questa raccolta, si raccontano, svelando quattro segreti su di loro e le loro vite...
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il violino aveva cominciato a suonarlo per sbaglio

Al liceo, era stato obbligato a seguire o il corso di musica o quello di economia domestica. Quando lo aveva comunicato a casa, sua madre aveva insistito perché scegliesse il secondo, ritenendolo più utile. Spesso capitava, infatti, che Sherlock dovesse cucinare da solo e poco ci mancava, ogni volta, che esplodesse la casa. Mycroft, alla sola idea del fratello ai fornelli, completo di grembiule (che nelle sue fantasie era sempre rosa e pieno di pizzi), era scoppiato a ridere ed aveva continuato per giorni, ogni volta che il suo sguardo incrociava quello omicida di Sherlock. L’unico a dirgli di fare quello che si sentiva era stato suo padre, dichiarando che, nel caso in cui avesse deciso per il corso di musica, avrebbe dovuto usare il suo vecchio violino. E così Sherlock si era presentato alle prove con un vecchio violino di seconda mano, svogliato e di mal umore. Poi aveva scoperto di essere bravo, bravo sul serio. Le sue lunghe dita affusolate (inutili per cose come il basket) erano perfette per correre sulle corde, il suo orecchio era assoluto e anche comporre gli veniva naturale. Solo per Mycroft, però, suonava le note più sgraziate fuori dalla sua camera, facendolo rimanere sveglio tutta la notte.

 

La prima sigaretta era stata per tirarsi su di morale

Aveva tredici anni e aveva appena perso il suo migliore amico. Redbeard era morto, una macchina lo aveva investito mentre il cane correva da Sherlock che stava tornando da scuola, come ogni giorno. Ma quel mercoledì pioveva e il guidatore non aveva fatto in tempo ad evitare quella macchia rossa che gli si era parata davanti all’improvviso. Gli Holmes avrebbero voluto seppellirlo in giardino, ma Sherlock fu inamovibile. Non voleva quel cippo tra le ortensie, non voleva vederlo mai più. Redbeard era morto, che senso aveva quella pagliacciata, glielo avrebbe restituito? Quando Mycroft aveva saputo, si era preso qualche giorno libero dal college ed era tornato a casa. Sherlock era chiuso in camera sua da una settimana, non parlava con nessuno e a mala pena mangiava. Mycroft era entrato in punta di piedi, si era messo alla finestra e, guardando fuori, aveva acceso una sigaretta, l’ultimo vizio del college. Non aveva detto una singola parola, era solo rimasto lì fermo a fumare. Dopo un po’, Sherlock si era alzato e lo aveva raggiunto. Aveva porto la mano affusolata e Mycroft gli aveva consegnato la cicca nel silenzio più assoluto. Al primo tiro aveva tossito, e così anche al secondo e al terzo. Poi era diventato più semplice e, alla terza sigaretta, Redbeard era solo un ricordo lontano.

 

Odiava i barbieri

Se c’erano persone (persino donne) che rimanevano affascinate da quei negozietti che ancora sapevano di antico e di tradizioni, Sherlock Holmes non era tra queste. Per lui i barbieri erano inutili, la peggior categoria di lavoratori, perché erano privi di senso. La gente non se li poteva tagliare da soli, i capelli? E quelli che andavano persino a farsi fare la barba? Ogni due mesi, John spariva per un pomeriggio intero e, quando tornava, i capelli erano la metà di quando era uscito. Sembra un uovo, diceva tra sé e sé Sherlock. Una volta si era deciso a seguirlo, per vedere il tutto attraverso gli occhi di John. Se a lui stava bene farsi acconciare da un estraneo, non doveva essere così male, in fondo, no? John era a posto, di lui ci si poteva fidare. Eppure, nonostante tutta la buona volontà, non riusciva proprio a farseli andare giù, i barbieri. Quando i suoi capelli diventavano troppo lunghi, lasciava alla signora Hudson il compito di tagliarli. E quella santa donna acconsentiva ogni volta, sopportando gli sbuffi e l’impazienza di Sherlock, mentre John leggeva il giornale in un angolo, un sorrisetto ironico stampato sulla faccia.

 

Trovava inutili i calendari

Non tutti, solo quelli cartacei. In un’era digitale, diceva, che senso avevano quei pezzi di carta colorati appesi alle pareti? Se la gente li comprava solo per i quadri o per i buffi animaletti che si trovavano nella pagina opposta a quella con numeri, allora era davvero pazza come Sherlock sospettava. Non si potevano comprare direttamente il poster? Cos’è, dovevano far vedere al mondo che loro erano abbastanza acculturati da comprare un calendario intellettuale? E se invece era per i cuccioli di chissà quale animale ritratti in pose buffe, cosa ci trovavano di divertente? Ne aveva parlato con John, una volta (o meglio, avevano discusso sulla necessità o meno di un calendario a Baker Street) e John aveva sostenuto che fossero molto utili, ma non era riuscito a spiegare in che senso. E così erano tornati a casa a mani vuote. Il giorno dopo, però, Sherlock era tornato ed aveva comprato quello che John aveva adocchiato il giorno prima. Anche se non capiva né il senso del calendario, né quello del sistema solare rappresentatovi sopra, se John era contento allora non erano sterline buttate. 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Inathia Len