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Autore: Inathia Len    21/03/2014    6 recensioni
Ognuno ha dei segreti o cose che non racconterebbe mai a nessuno. I nostri personaggi non sono da meno, perché c'è sempre qualcosa che nessuno di vi dirà. In questa raccolta, si raccontano, svelando quattro segreti su di loro e le loro vite...
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Indossava sempre calzini spaiati

Apparentemente, c’erano numerose cose che Sherlock non era in grado di fare. Certo, era brillante e sapeva leggere nella mente degli psicotici, risolveva casi in meno di mezza giornata, ma anche lui aveva dei limiti. Fare decentemente la lavatrice era tra questi. A fargli comprare il latte John ci aveva rinunciato, ma aveva sperato che, almeno la lavatrice, non risultasse troppo complicata. E invece no. Perché, a quanto pareva, non c’era abbastanza spazio cerebrale per quello. E quindi, regolarmente, i suoi vestiti cambiavano colore, si riempivano di misteriosi buchi oppure sparivano del tutto. Per non parlare dei calzini che, a quanto pareva, non erano proprio in grado di riemergere da quel cesto rotante in coppia. E così si era adattato all’idea di andare in giro con i calzini spaiati, solo per non ferire l’orgoglio di Sherlock dicendogli che i lavori domestici non erano il suo forte.

 

Non era capace di cucinare dolci

Lo aveva scoperto all’alba del trentacinquesimo compleanno di Sherlock, quando gli era venuto in mente di fargli una sorpresa. Aveva comprato tutti gli ingredienti necessari, aveva chiesto alla signora Hudson la ricetta e si era messo all’opera. Cucinare in generale gli risultava piuttosto semplice. Non che fosse uno chef di alto livello, ma la sua pasta era sempre salata al punto giusto e non si era mai attaccata al fondo della pentola. Quindi immaginava che con una torta sarebbe stato lo stesso. Illuso. Innanzitutto, la confezione della farina gli era scivolata di mano, rovesciando l’intero contenuto per terra; poi, aveva scoperto di aver comprato il sale al posto dello zucchero. Per non parlare del fatto che l’impastatrice si era rotta nel momento esatto in cui era riuscito a racimolare nuovi ingredienti da una sghignazzante signora Hudson. Determinato, però, ad avere successo nel suo intento, aveva deciso di impastare a mano e aveva infornato il tutto. È una cavolo di torta margherita, continuava a ripetersi, cos’ha di tanto complicato? Quando poi l’aveva tirata fuori dal forno, era quasi orgoglioso del risultato. La lievitazione era riuscita alla perfezione ed era solo appena appena sbilenca. L’aveva offerta entusiasta agli invitati e Sherlock aveva addirittura chiesto il bis. Solo l’anno dopo scoprì di aver messo chicchi di pepe nero al posto del cioccolato.

 

Provava un cieco terrore per le palline rimbalzanti

Non sapeva da dove gli veniva quella paura. Forse ci era nato, forse gli era venuta un giorno all’improvviso, forse un giorno sarebbe scomparsa… La sua unica certezza era che quelle palline rimbalzanti lo agitavano. Uno le prendeva in mano, le lasciava cadere… e quelle potevano finire chissà dove, assurdo! Potevano anche colpirti! Sherlock lo prendeva in giro per questa sua mania, dicendogli che era lui quello assurdo e non le palline. Allora John cominciava ad elencargli tutte le sue stranezze e Sherlock si chiudeva nel suo solito mutismo, si metteva a suonare il violino. Per il suo compleanno, per il solo gusto di fargli un dispetto, sua sorella Harry gli regalò una di quelle maledette palline. John la lasciò sulla mensola del camino per un mese. Poi, un giorno, Sherlock la prese in mano e provò a farla rimbalzare leggermente, piano piano, da un’altezza controllata, per dimostrargli che era completamente innocua. Ma, anche se la pallina non lo colpì né si comportò in maniera assurda, John continuò a guardarla in cagnesco. Alla fine, Sherlock la buttò via e quella, rimbalzando nel cestino, lo colpì in un occhio. John rise talmente tanto che, per un attimo, dimenticò della sua assurda fobia. E a Sherlock questo bastò.

 

Girava sempre con un registratore in tasca

Era un’abitudine che aveva preso da quando aveva deciso di scrivere seriamente su quel blog. Un taccuino era scomodo, ci aveva provato, non aveva funzionato. Il piccolo registratore nero, invece, era perfetto. Bastava un semplice click per fermare per sempre i suoi pensieri sul caso o immortalare la voce di Sherlock per poi sbobinarla a una velocità normale e udibile ai più. Ormai non usciva più senza, anche se l’età era avanzata e il bastone era diventato il suo compagno più fedele, anche se ora il massimo del brivido era sedersi ai giardini e guardare i bambini giocare, dando da mangiare ai piccioni. Perché ora che era diventato vecchio e Sherlock lo aveva lasciato per sempre, quel registratore era l’ultima traccia tangibile che aveva di loro due insieme.

  
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