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Autore: MedusaNoir    23/03/2014    1 recensioni
Brienne Tarth, capo del Consiglio Studentesco, ha un problema che non riesce a risolvere; un problema biondo, arrogante e che risponde al nome di Jaime Lannister. Per causa sua, deve saltare ore di lezione e presentarsi quasi ogni giorno nell'ufficio del preside, ma l'"Headslayer" non pare curarsene: a lui importa solo poter fumare a scuola, fare impazzire i professori e stare il più possibile lontano dalla sorella Cersei, per la quale prova un amore che definisce "malato, folle".
Jaime si diverte a punzecchiare Brienne, che lo vorrebbe espulso dalla King's Landing High una volta per tutte, ma situazioni inaspettate potrebbero portare alla nascita di una nuova amicizia... e a trasformare Jaime Lannister in un vero "cuor di leone".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Loras Tyrell, Renly Baratheon
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Capitolo terzo





Cersei allontanò lentamente le labbra da quelle del fratello, che avevano iniziato a dischiudersi, e spalancò gli occhi verdi pronta a scoprire l’espressione disgustata di Jaime. Era pronta a spiegargli il motivo del suo gesto, prima che lui si facesse strane e inquietanti idee su quel bacio, ma ciò che trovò sul suo volto fu solo incredulità mista all’abbozzo di un sorriso.

E ciò le fece rivoltare lo stomaco dal dolore.

Si alzò di scatto dal letto, dandogli le spalle, ma Jaime le afferrò il polso e la tirò a sé.

“Ti prego, fa’ che voglia solo una spiegazione. Ti prego, ti prego.”

Avvertì le dita del fratello scorrere lungo il suo braccio, raggiungere le spalle, accarezzare il suo collo e voltargli il viso; con ostinazione Cersei guardò un punto fisso del muro, cercando una calma che il suo cuore in tumulto non voleva concederle. Le sue guance erano un bollore e la mano di Jaime riusciva incredibilmente a rinfrescarla, ma non era quello che lei voleva, no, non lo voleva, no, non doveva succedere, no, no, no.

«La cena è quasi pronta» ripeté, cercando invano di divincolarsi da quella leggera presa. Avrebbe potuto alzarsi di nuovo e dargli una leggera spinta – Jaime poteva utilizzare un solo braccio e ancora non era in grado di alzarsi dal letto – ma l’agitazione non le permetteva di compiere qualsiasi azione: era costretta a rimanere seduta lì, con le dita di suo fratello sullo zigomo e la sua vicinanza incredibilmente nauseante. «Devo… finire i compiti, Jaime.»

«Non parlare come una ragazzina.» Del tono canzonatorio tipico del fratello non restava più niente, in quel momento. Parlò con un sussurro, cercando un contatto visivo, per niente preoccupato di un possibile e improvviso arrivo dell’infermiera di turno.

Cersei non voleva guardarlo negli occhi, non voleva costringersi ad ammettere ciò che aveva appena realizzato: Jaime che da studente modello si era trasformato in adolescente ribelle, Jaime che fumava e beveva e non gli interessava farlo di nascosto al padre, Jaime che non portava mai a casa una ragazza, Jaime che riteneva Rhaegar e Robert degli imbecilli, Jaime che cercava di rimanere il meno possibile da solo con la sorella… E se quella sera, al parcheggio del Flea Bottom, il suo gemello non avesse rischiato la vita per difendere Brienne Tarth, ma perché voleva farsi del male?

Che cosa aveva appena combinato lei?

«No, aspetta. Ho un’idea migliore.»

Cersei e Walda rimasero in silenzio, attendendo la sfida di Lysa. Lei, per tutta risposta, le osservò soddisfatta di se stessa per qualche secondo, prima di sorridere in modo sgradevole e dire: «Jaime Lannister.»

«Ma è suo fratello!» esclamò Walda, storcendo il naso disgustata. «Era meglio Pycelle.»

«Lo so, proprio per questo ho proposto Jaime. Allora, Cersei, pensi di riuscirci? Di poter – com’è che avevi detto? – “fare qualsiasi cosa e farla passare per amore”?»

«Sarebbe difficile fargli credere che lo ama… È sua sorella, no? Non ci crederebbe mai.»

«Un bacio, allora. Basta quello. Che ne pensi, Ce?»

Cersei rifletté in un attimo, guidata dall’orgoglio più che dalla ragione, e infine rispose: «Sì, lo farò.»

Si alzò di nuovo dal letto, con più decisione, ma la mano di Jaime aveva di nuovo circondato il suo polso e lei non riusciva a strattonarsi da quella presa.

«Cersei…»

Incontrò i suoi occhi – che erano come i suoi, esattamente come i suoi, verdi e profondi, verdi e colmi di segreti, verdi e imploranti, sebbene di desideri diversi – e provò pietà per lui. E ancora nausea e disgusto. Erano la stessa persona. “Siamo venuti al mondo insieme e ce ne andremo insieme” erano soliti ripetersi da bambini, ma in che modo Jaime aveva interpretato quelle parole?

Si scostò i capelli biondi dal volto e cercò di darsi un contegno. «Mi sono presa la ricompensa che mi ero aspettata per averti passato le sigarette.»

«L’hai fatto solo per quello?»

«Certo che no, si trattava di una scommessa.»

Le dita di Jaime si irrigidirono. Cersei capì che doveva approfittarne, così si staccò dalla sua presa e decise di distruggere tutte le speranze che il suo gemello si era creato nel minuscolo attimo di quel bacio.

«Lysa e Walda mi avevano sfidata a baciarti, perché avevo detto di poter fare qualsiasi cosa e farla passare per amore. Beh, non potevo certo illuderti che fosse amore, no? Non ci saresti caduto neppure se fossi stato un idiota, chi bacia il proprio fratello per amore?»

“Tu” pensò, guardando lo sguardo di Jaime riempirsi di rabbia e vergogna. Portò il suo sulla mano che lui aveva lasciato andare e che, per qualche motivo, era ancora immobile nell’aria, come in attesa di essere presa di nuovo; cercando di imprimere in quel gesto tutto il ribrezzo possibile, se la passò sulla maglietta per fingere di pulirla.

«Non hai prove…»

«Cosa?»

Jaime si morse le labbra, cercando evidentemente un motivo per continuare a illudersi. «Quelle cretine sono nascoste da qualche parte? Come fanno a sapere che hai vinto la scommessa?»

Cersei si strinse nelle spalle. «Forse si aspettano che tu lo vada a raccontare in giro.»

«Non lo farò» sussurrò Jaime, fissando il lenzuolo steso sopra le sue gambe.

Cersei avrebbe voluto correre via dalla stanza, rimanere finalmente sola ed evitare di vederlo cadere in pezzi. Era Jaime, diamine, era Jaime, non un qualsiasi fottuto ragazzo che stava rifiutando, era solo fratello e lo amava come tale, non voleva fargli del male, non voleva, non…

Doveva fingere che quel comportamento fosse normale. Che anche Jaime stesse provando disgusto per quel bacio e che, non appena lei se ne fosse andata, sarebbe scoppiato a ridere per quella situazione imbarazzante. Che tutto si sarebbe concluso lì.

«Vado a cena, dirò all’infermiera di portarti giù.»

«Non serve.» La voce di Jaime continuava a mantenersi bassa, i suoi occhi puntati sulle lenzuola rosse. «Mangerò… mangerò qui.»

«D’accordo. Buonanotte, Jaime.»

Suo fratello non rispose mentre Cersei si richiudeva la porta alle spalle. Inspirò profondamente e attese che il suo cuore cessasse di battere all’impazzata contro la gabbia toracica, prima di presentarsi al cospetto del padre, che avrebbe indagato con lo sguardo, chiedendole cosa la stessa preoccupando. Non poteva rischiare di tradire il segreto di Jaime, non poteva nemmeno rischiare che suo padre ipotizzasse che qualcosa non andasse, no, no, non poteva.

Inspirò ancora, si stirò la gonna e si diresse verso la propria camera, decisa ad attendere il ritorno di Tyrion prima di comparire nella sala da pranzo. Avrebbe informato Lysa e Walda della riuscita della scommessa dopo cena, con tutta calma. O avrebbe aspettato qualche giorno, fingendo di non essere riuscita a trovare Jaime da solo.

Abbassò le palpebre e le sollevò di nuovo, più decisa di prima.

 

*****

 

Il caldo era sempre più pressante man mano che la stagione estiva si avvicinava. Brienne si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore, poi strinse tra le braccia i libri che stava portando, preoccupata che le potessero scivolare a terra. Erano le cinque del pomeriggio e finalmente lei era riuscita a liberarsi dagli impegni con il Consiglio Studentesco, impegni resi ancora più gravosi dall’avvicinarsi della fine dell’anno scolastico e del prom; l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era correre a casa e riprendere a ripassare per gli esami finali da dove si era interrotta quella mattina, ma poi un pensiero le aveva attraversato la testa: da quando aveva parlato con Jon Arryn, non aveva avuto molto tempo per passare a trovare Jaime Lannister e l’unica volta che ci aveva provato, circa una settimana prima, la sua bellissima e glaciale sorella le aveva detto che stava dormendo.

Nonostante la somiglianza tra loro, Brienne stentava ancora a credere che Jaime, indisciplinato e ribelle per definizione, e Cersei, la ragazza più corteggiata della scuola, fossero gemelli. Certo, i loro occhi erano dello stesso colore – così come i loro capelli – ma c’era qualcosa che differenziava il verde di Jaime da quello di Cersei… Speranza e invidia? Brienne scosse la testa, dicendosi di non pensare a cose tanto assurde. Jaime e Cersei Lannister, come tutti i gemelli eterozigoti, presentavano alcune differenze tra di loro, esteriormente e interiormente, sebbene quelle fisiche fossero più lievi; non c’era motivo di perdere tempo a rifletterci.

Quando giunse di fronte all’imponente entrata di Casterly Rock, Brienne si chiese se avesse fatto bene a rinunciare allo studio. La risposta le giunse immediatamente: “Ho bisogno di fare una pausa dalla scuola e ho promesso a Jon che sarei passata a trovare Lannister.”

Solo che lei non glielo aveva mai promesso.

Suonò comunque il campanello, attendendo che qualcuno le venisse ad aprire.

“Non sua sorella” sperò. La vista di Cersei Lannister la metteva sempre a disagio: lei era bella, popolare, intelligente e ammirata da tutti i professori e da gran parte degli studenti, mentre Brienne era… Brienne. “La Vergine Tarth.” Ripensare a quell’appellativo rischiò di farle rivoltare lo stomaco.

Udì il suono di qualcosa che veniva strascicato lungo il pavimento, poi il silenzio e di nuovo quel rumore. Quando la porta si aprì, Brienne notò una sedia e, in piedi lì accanto, il piccolo Tyrion.

«I miei non sono in casa e io sono minorenne» recitò il bambino. «Divertente, potrei usare questa scusa per tutta la vita.»

«Forse non ti ricordi di me. Sono…»

«…Brienne, l’amica di Jaime. Non sei un volto difficile da dimenticare.»

“L’amica di Jaime”: non era certo la definizione che Brienne si sarebbe aspettata.

«Sei solo?»

«C’è la tata con me, ma stiamo giocando a nascondino e lei crede che la stia cercando: non ha idea che io sappia già dove si è nascosta – dove si nasconde ogni maledettissima volta. Perciò stavo leggendo un libro in santa pace.» Tyrion le mostrò il volume che aveva in mano.

«Storia dei draghi» lesse Brienne. «Tuo fratello mi aveva detto che ti piacevano i draghi.»

«Già. Sogno di poterne cavalcare uno un giorno, così da volare sopra Casterly Rock e dare fuoco alle chiappe di mio padre. O di mia sorella, ho solo l’imbarazzo della scelta.»

Non aveva mai sentito nessuno parlare in tal modo della propria famiglia, così si ritrovò inaspettatamente ad arrossire. Forse Tyrion se ne accorse, perché le rivolse un fugace sguardo, ma cambiò argomento.

«Sei venuta a vedere Jaime, immagino.»

«Sì, volevo sapere come procedesse la sua guarigione.»

«Domani gli toglieranno il gesso al braccio. Secondo i dottori, inoltre, potrà riprendere a camminare già fra un paio di giorni, anche se dovrà aiutarsi con le stampelle. Poco male, almeno potrà godere del suono degli uccellini. Però» Tyrion si interruppe mentre la scortava al piano superiore «in quest’ultima settimana è stato un po’ strano. Forse gli manchi» ridacchiò divertito.

Brienne arrossì prima che potesse rendersene conto. «Strano in che senso?»

«Oh, non aspettarti che abbia cominciato a studiare! Rimane in silenzio, non fa altro che guardare la televisione e fumare, e un paio di volte l’ho beccato mentre beveva una birra che non ho idea da dove abbia preso. Probabilmente ha corrotto una delle infermiere: sa essere seducente, se vuole. Siamo arrivati. Vi lascio soli, credo sia il momento di andare a cercare la mia tata.»

«Grazie, Tyrion.»

Brienne lo osservò allontanarsi fischiettando, poi bussò piano alla porta. Nessuna risposta. Bussò più forte.

«Avanti.»

Quando entrò fu avvolta dall’odore nauseante del fumo. Lannister guardava la tv sdraiato a letto, senza alcuna sigaretta in mano, ma Brienne immaginò che avesse passato l’intera giornata a fumare. La degnò solo di una rapida occhiata.

«Ah, donzella, sei tu.»

«Disturbo?»

Il sorriso mesto che Lannister le rivolse la sorprese. «Accomodati pure.»

«Tyrion mi ha detto che domani ti toglieranno il gesso al braccio» disse Brienne, prendendo posto sulla sedia accanto al letto.

«E dopodomani potrò camminare di nuovo. Qualcosa che io non so?»

Notò che era infastidito, ma non sembrava che lo fosse dalla sua presenza. Il posacenere sul comodino era completamente pieno.

«Vuoi che lo svuoti?»

Lannister seguì il suo sguardo. «Non sei la mia infermiera.»

«Credevo volessi evitare che lo vedesse tuo padre.»

«Se fosse stato così, non l’avrei messo in bella mostra. E mio padre non sale mai a trovarmi, per la cronaca.»

Brienne aggrottò la fronte. «Come mai? Dovrebbe detrarre del tempo dal suo lavoro per farti visita.»

«Oh, ma lui è spesso a casa! Rientra alle otto di sera ed esce di casa esattamente dodici ore dopo. Ma in quel lasso di tempo non ricorda di avere tre figli.» Lannister sbuffò, piegando le labbra verso l’alto. «E pensare che già un tempo sembrava averne due. Ora gli è rimasta solo…» Non concluse la frase, ma si voltò e cercò sotto le coperte fino a estrarre una sigaretta. «Passami l’accendino, Tarth.»

«Fumare non ti fa bene.»

«E invece ascoltare le tue prediche lo fa?»

Brienne capì che non aveva senso discutere, non in quel momento e in quel luogo: non erano a scuola e Lannister era libero di fare ciò che preferiva della sua salute. Gli passò l’accendino che era sulla scrivania e l’aiutò ad accendere la sigaretta.

«Tyrion mi ha detto che non hai aperto libro in quest’ultima settimana.»

«Tyrion deve smettere di fare la spia» replicò Lannister, ma non sembrava molto interessato a quella questione. «Dimmi qualcosa che io non so. Notizie dal mondo esterno?»

«Fra pochi giorni ci sarà il prom, ho incaricato Petyr Baelish di pensare alla sua organizzazione.»

«Oh, il caro Ditocorto farà un ottimo lavoro. Mi dispiacerà perdermelo.»

«Sarai guarito per allora, potresti partecipare e…»

«Sarcasmo, donzella. Non ho alcuna intenzione di andare al prom.»

«È l’evento dell’anno.»

«E io lo salterò: perfettamente in linea con il mio personaggio. Tu che farai, ci andrai con il tuo amato Renly?»

Brienne non si aspettava di sentirlo nominare. Avvampò violentemente e cercò di nascondere il volto. Sì, sperava che Renly la invitasse al ballo; sì, prima di addormentarsi fantasticava sull’espressione del ragazzo mentre attendeva che salisse sulla limousine che aveva noleggiato; sì, sapeva di non avere alcuna speranza. Non per questo, tuttavia, parlarne con qualcuno – con Jaime Lannister – l’avrebbe fatta sentire meglio.

«Andrò da sola» si limitò a rispondere. «Mio padre mi ha preso un abito per la festa e spera di vedermi indossarlo, non posso deluderlo. Mi accompagnerà lui stesso.»

Da come parlò, Lannister non parve avere udito la sua risposta: «Faresti meglio a togliertelo dalla testa, donzella» disse, fissando la parete di fronte. «Non hai possibilità con lui.»

Lei arrossì di nuovo. «Non ho mai pensato di avere…»

Lannister si voltò per guardarla negli occhi. «Lui si fotte Loras Tyrell, non è una stupida diceria.»

Sentire quelle parole uscire dalla sua bocca fece gelare il sangue a Brienne; erano numerose le voci che a scuola giravano su loro due e già in passato Lannister aveva dimostrato di crederci, ma ora Tyrion l’aveva definita “l’amica di Jaime”, e un amico non sarebbe mai stato tanto diretto con lei. Non le avrebbe mentito in una maniera così crudele.

«Smettila.»

Lannister scoppiò a ridere di fronte al suo dolore. «Perché ti ostini a fingere di non saperlo? Tutta la scuola ne è a conoscenza: quei due scopano come ricci dalla mattina alla sera, Renly si fa infilzare dalla spada di Loras… Scegli tu la versione che preferisci. Il succo è lo stesso. E se credi il contrario, se credi che un giorno Renly si accorga di te e mandi a fanculo il suo bel capitano di pallanuoto per amor tuo… È arrivata l’ora di aprire gli occhi, donzella.»

Non sapeva cosa dire: era andata da Lannister perché credeva di fargli un favore, portandogli gli appunti delle lezioni che stava perdendo, e perché voleva ripagare il suo debito con lui. “Ora basta” si disse. Il debito era stato pagato.

«Ci vediamo a scuola.»

Si alzò, lasciò sul comodino libri e appunti – non notò che la foto dei due gemelli Lannister era sparita – e si diresse a passo di marcia fuori dalla stanza, lasciandolo con le sue sigaretta, la sua birra e la sua solitudine.

 

*****

 

I preparativi fervevano all’interno della King’s Landing High. A pochi giorni dal prom, Ditocorto guidava il resto del Consiglio Studentesco nella scelta delle decorazioni, nella disposizione dei tavoli e nell’organizzazione delle elezioni del re e della reginetta del ballo; sovente delegava i compiti agli altri studenti, ma quando si trattava di accordi e pagamenti era il solo ad avere in mano la situazione.

Renly estrasse da un scatola di cartone le luci con cui addobbare gli esterni, controllando attentamente che nessuna fosse rotta: l’anno precedente Selyse Florent era dovuta correre dall’altro lato della città in cerca dell’unico supermercato ancora aperto per potere acquistare una nuova confezione di luci colorate a poche ore dall’inizio del prom. Quest’anno avrebbero utilizzato solo quelle bianche ed era meglio accertarsi con largo anticipo che fossero ancora in ordine. Guardandosi in giro, Renly si disse di complimentarsi con Ditocorto non appena ce ne fosse stata l’occasione: aveva scelto un tema davvero originale per quel prom, nonostante di primo acchito fosse sembrato poco appropriato. Tuttavia, di fronte a tutto quel bianco, nessuno avrebbe potuto obiettare che “L’inverno sta arrivando” fosse una cattiva scelta.

«Dove posso metterlo?»

Renly si voltò verso Catelyn Tully, che teneva in mano un grosso cesto di stelle alpine. «Portalo nella serra insieme alle altre, così non rischieranno di appassire.»

Catelyn annuì e si allontanò, ma prima che Renly potesse tornare a occuparsi delle luci un’altra studentessa comparve a chiedergli aiuto. «Mi dispiace disturbarti, ma non trovo Baelish…»

«Non mi disturbi affatto.» Renly rivolse un ampio sorriso al donnone che gli si era parato davanti. Nonostante la sua altezza, Brienne Tarth era timida e per nulla spaventosa, sebbene a primo impatto apparisse il contrario. C’era qualcosa in lei – forse l’indifferenza con cui reagiva alle derisioni di alcuni studenti – che suscitava in lui una profonda simpatia. «Di cosa hai bisogno?»

«Ha chiamato il catering, vorrebbe sapere a che ora potrà venire.»

«Accidenti, questo è un compito per Petyr!» esclamò Renly prima di scoppiare a ridere. «Ho provato a sostituirlo, ma ho fallito miseramente. Dev’essere ancora dal preside, si staranno facendo una bella chiacchierata… E noi qui a sgobbare.» Posò una mano sul braccio di Brienne, che si irrigidì. La ritirò quasi immediatamente. “Non ama il contatto umano” pensò. «Vado a cercarlo, tu di’ pure all’addetto al catering che lo richiameremo noi entro un’ora.»

Anche Brienne annuì, ma mentre quell’espressione concentrata donava a Catelyn una bellezza riflessiva – o almeno così aveva sentito chiamarla da Ned Stark – su Brienne serviva solamente a renderla più grottesca. Era una piacevole compagnia, certo, e un’ottima studentesca, però il suo aspetto giocava eccessivamente a suo sfavore, dalla corporatura grossa e mascolina alle lentiggini che le tempestavano il viso. Si chiese se avesse un accompagnatore per sabato.

“Verrà da sola” realizzò. “Le chiederei di accompagnarmi, se solo qualcuno non fosse capace di ingelosirsi perfino vedendomi con lei.”

Lasciò le luci sopra uno dei tavoli ancora ammassati contro il muro e si mosse in direzione della presidenza; Ditocorto si era allontanato mezz’ora prima per discutere del volume della musica e delle ultime spese, ma non aveva ancora fatto ritorno e Renly immaginava bene perché: Petyr Baelish era un mago nell’ottenere ciò che voleva, per cui probabilmente ora era comodamente seduto di fronte alla scrivania del preside Tully, con le braccia conserte e un sorriso accattivante, muovendo spesso il busto in avanti per illudere il suo interlocutore che stessero parlando in confidenza.

Renly sbuffò e scosse la testa divertito, finché il suo sguardo non fu attirato da uno dei numerosi volantini affissi alle pareti: Cersei Lannister sorrideva affabile, i lunghi capelli biondi legati in un’elegante treccia che le arrivava ai seni. Sembrava avere già in pugno la vittoria e di sicuro le sue amiche erano certe dell’inferiorità delle rivali, perché alcuni volantini erano stati attaccati sopra quelli di altre ragazze. Catelyn, rifletté Renly, era veramente l’unica – esclusa Lyanna Stark, che tuttavia non frequentava più quella scuola – a poter competere con lei in fatto di bellezza, ma si era rifiutata categoricamente di mettersi in mostra con una campagna per diventare reginetta della scuola. D’altro canto, i candidati re non avevano neppure perso tempo a pubblicizzarsi: suo fratello Robert e Loras Tyrell erano i favoriti della King’s Landing High, però Renly sapeva di avere anche lui un posto alto nella classifica degli studenti più popolari. Di certo non l’aveva mai avuto Stannis, e forse era per questo che se n’era andato; Selyse, l’unica a cui fosse veramente importato di lui, di tanto in tanto si chiudeva ancora in bagno a piangere.

Era quasi giunto al corridoio della presidenza quando un’ombra apparve dal nulla e lo spinse contro gli armadietti.

«Che cos…?»

Non fece in tempo a terminare la domanda perché un paio di labbra carnose coprirono la sua bocca; realizzando dal profumo che gli arrivò alle narici chi fosse la persona che aveva di fronte, Renly la strinse a sé e ricambiò il bacio.

«Sei pazzo?» esclamò infine, allontanando il ragazzo e sorridendogli. Si guardò intorno. «Qualcuno avrebbe potuto vederci!»

«Mi sei mancato» replicò Loras Tyrell, imbronciando le labbra. Aveva ancora addosso la divisa della sua squadra; Renly si soffermò sulle goccioline d’acqua che scendevano dalle punte dei suoi capelli castani.

«Avevi così tanta fretta di rivedermi che non ti sei nemmeno asciugato?» lo prese in giro.

«Fa caldo, ci penserà il sole. Usciamo in cortile?»

«Non posso, mi sto occupando del prom. Ditocorto è sparito, devo trovarlo per parlargli del catering…»

«Chi se ne importa, del catering» ribatté Loras, avvicinandosi per baciarlo di nuovo.

«Loras, non qui.»

«D’accordo.»

Si spostarono nel bagno degli uomini, sperando che nessun studente ne avesse bisogno. Di sicuro era molto più appartato del corridoio, pensò Renly.

Loras gli passò una mano sulla corta barba. «Ti preferisco senza.»

«Se adori i glabri, trovati un bimbetto.»

«È te che voglio.»

Sapeva come farlo sorridere, allo stesso modo in cui Renly sapeva che Loras amava vederlo sorridere. Affondò le dita nei suoi capelli e gli morse il labbro inferiore, solleticandogli il collo con le dita.

«Come vanno i preparativi?» gli chiese Loras, piegando il capo all’indietro per permettergli di baciarlo sotto il mento.

«Alla grande» rispose Renly in un sussurro.

«Si sa già chi sarà eletta reginetta?»

«Te la giochi con Cersei Lannister.»

Loras lo scacciò ridendo. «Credevo di giocarmela contro tuo fratello, ma devo dire che la corona della reginetta mi donerebbe. Godrei anche solo nel vedere la faccia di Cersei diventare rossa dalla rabbia.»

«A quel punto però dovresti ballare un lento con Robert.»

«Sai chi vedo come il re?»

Renly si accorse dello sguardo accattivante che gli stava lanciando. «Fa’ il serio! Non potrei mai competere contro mio fratello, è molto più popolare di me.»

«Gli studenti ti adorano. Tu fai tutto quello che dev’essere fatto, però non te ne compiaci. Saresti meraviglioso come re…»

Loras concluse la frase baciandolo di nuovo, ma con più trasporto di prima; anche Renly si lasciò andare, assaporando quel breve momento di felicità che si concedevano di tanto in tanto. Rimasero avvinghiati per diversi minuti, respirando l’uno il profumo dell’altro, poi Renly posò una mano sui capelli di Loras.

«Devo andare, mi verranno a cercare se non mi vedono tornare…»

«Vengo da te stasera.»

«No, Robert ha invitato Ned e i suoi amici per fare baldoria… Vediamoci sabato dopo il ballo.»

«Avrai casa libera?»

«Meglio: avrò una limousine tutta per noi.»

Loras sorrise e lo baciò di nuovo mentre tornavano nel corridoio. Fu in quel momento che udirono qualcosa cozzare contro gli armadietti; la testa di Renly scattò verso destra, proprio dove Brienne li stava fissando con il volto completamente rosso.

«Non ti vedevo arrivare…» cercò di giustificarti, tentennante. «Io… È meglio se torno in palestra…»

«Brienne!»

«Non ho visto niente. Non… dirò niente…»

Dopo quelle parole si voltò e si diresse a passo svelto verso la palestra, mentre Renly e Loras si scambiavano uno sguardo preoccupato.

 

*****

 

«Passami l’ombretto!»

«Dove l’hai messo? Non lo trovo.»

«Vicino allo specchio. Su, Walda, sbrigati!»

«Ragazze, a che ora passerà Robert?»

«Doveva stare qui dieci minuti fa.»

La voce controllata di Cersei destò Jaime dal suo sonno. Il ragazzo sollevò leggermente le palpebre, scrutando nell’oscurità della camera; da oltre la parete alle sue spalle le arrivava il chiacchiericcio di sua sorella e delle sue amiche. Non sapeva che ore fossero, era crollato a dormire alle tre e non aveva alcuna intenzione di lasciare la sua stanza, nonostante ora le gambe glielo permettessero almeno in parte.

Era la sera del prom e lui era consapevole che avrebbe fatto meglio a continuare a dormire – obiettivo facilmente raggiungibile, dal momento che nelle ultime notti si era dimostrato difficile per lui prendere sonno.

«Cavolo, Cersei, quel vestito ti sta d’incanto!»

«Mh.»

«Eh, Walda? Non lo pensi anche tu?»

«È magnifico, Cersei!»

«Grazie.»

«Tuo fratello verrà?»

«Non credo.»

«Sta ancora male?»

«È guarito, riesce a muoversi con le stampelle.»

«E allora perché non viene al prom? Uffa, Cersei, mi avevi promesso che mi avrebbe invitata!»

«Che diavolo dici, Lysa? Non ho mai detto niente del genere.»

«A proposito di lui, come…?»

«Hai preso lo champagne, Walda?»

«Eh? Dici a me? Sì, certo, l’ho messo in frigorifero, così sarà fresco quando usciremo.»

«Hai intenzione di scolartelo nella limo, Ce?»

«Al prom ci saranno solo punch e birre analcoliche, e noi dobbiamo festeggiare a modo nostro.»

«Ma prima andremo a cena…»

«Saremo pronte anche per quella, allora.»

Jaime rovistò sul comodino in cerca dell’Ipod ed esultò dentro di sé quando riuscì a trovarlo; si infilò in fretta le cuffie per evitare di sentire altro – cosa gli dava fastidio, la voce di Cersei o la consapevolezza che sarebbe andata al ballo con Robert? O le stronzate che dicevano Lysa e Walda? Impostò la riproduzione casuale e le sue orecchie furono subito invase dalle note di The Bear and the Maiden Fair. Sospirò, sotterrandosi di nuovo sotto le coperte nonostante il caldo.

Quando, alcuni minuti dopo, il suo istinto lo spinse a sollevare nuovamente le palpebre, Jaime notò un raggio di luce sul pavimento, in prossimità della porta che, capì, era stata socchiusa. Abbassò il volume quel tanto che gli bastò per udire Cersei fare il suo nome.

«Jaime?»

Non rispose, ma attese ugualmente che le se ne fosse andata prima di tornare ad ascoltare la musica. Cullato dalle note si immerse di nuovo nei sogni, sperando di lasciarsi l’immagine di sua sorella alle spalle – non l’aveva nemmeno distinta nel buio, e allora perché ora poteva vederla chiaramente con l’abito rosso che indossava, con i capelli raccolti in uno chignon e i piedi nascosti da un paio di scarpe dorate? Nel sogno Cersei non era truccata, non aveva né rossetto né cipria né un filo di matita, non le serviva niente per renderla più bella, perché Cersei per Jaime era la perfezione. Tutti dicevano che loro due erano uguali, e allora perché l’aspetto di Cersei non era corrotto come quello di Jaime? Forse perché tutte le cattiverie di sua sorella non avrebbero mai potuto eguagliare l’orrore dell’attrazione perversa che Jaime provava per lei?

Cersei era al prom, in mezzo a decine e decine di persone dalle facce indistinte, e ballava con Robert Baratheon, con Ned Stark, con Renly e anche con Stannis, con Loras Tyrell e altri numerosi ragazzi che Jaime non riconosceva. Poi, d’un tratto, la folla si divise. Al centro della pista apparve una donna gigantesca costretta a forza in un vestito rosa molto piccolo per lei; aveva un fiocco in testa e si muoveva goffamente sui tacchi, ma dopo qualche passo uno dei tacchi si spezzò e lei cadde a terra. La gente scoppiò in una risata immensamente lunga… E la ragazza non poteva fare niente, perché quando cercava di tirarsi in piedi qualcuno la spingeva di nuovo sul pavimento, poi cominciarono gli insulti; Jaime non li distingueva, ma dall’espressione di lei capì che dovevano essere terribili.

Di colpo, infine, le parole si fecero largo nella sua testa: «Brienne la Bella! La Vergine Tarth! Brienne la Bella!»

Alcuni studenti si avvicinarono a lei e le versarono il miele fra i capelli già biondi e non importava quando Tarth implorasse, non importava che anche la sua vista fosse impedita dal colare del miele, loro continuarono comunque; e, quando ebbero finito, acclamarono a gran voce: «L’orso! L’orso!»

Dal fondo della sala apparve un orso bruno ancora più grande di Tarth, che rimase improvvisamente sola. Tarth correva, sbatteva contro le pareti, cercava qualcosa con cui difendersi, ma trovò solo una misera spada di legno. La agitò contro l’orso pur non vedendolo distintamente, menò un fendente e poi un altro, mancò il suo avversario entrambe le volte. L’orso cercò di toglierle il miele dai capelli e la sua zampa rimase incollata, così lui decise di spalancare le fauci…

Jaime si svegliò di colpo, respirando affannosamente fino a quando non si rese conto che era stato solo un sogno. Tarth… Perché sognava quella ragazza? Perché dal prom la scena era passata al combattimento con un orso?

“Perché il prom è un combattimento con l’orso, per Tarth. Perché per fare contento suo padre indosserà un vestito rosa e si darà in pasto agli studenti.”

Quell’idea continuava ad apparirgli assurda, ma poi, d’un tratto ricordò le parole che Lysa aveva pronunciato quando lui era ancora nel dormiveglia: «Lo scherzo per Tarth funzionerà, non è vero? Mi hanno detto che è tutto pronto per stasera… Non vedo l’ora di assistere alla scena!»

Jaime scostò malamente le coperte, accese la luce e arrancò verso le stampelle. Doveva fare in fretta.











Buona domenica primav- ehm, ok, qua fuori c'è un tempo da Nord. No, direi più da Isole di Ferro. Bella roba.
Come vi è sembrato il capitolo? *schiva i massi* Ok, d'accordo, Jaime starà soffrendo come un cane, ma... *schiva altri massi* Certo, anche Brienne starà malissimo, però... *schiva scoglio* "Soffriranno, ma dopo staranno meglio!" (cit. necessaria)
Per quanto riguarda le citazioni e i rimandi telefilmici, ne ho inseriti un paio: uno in bocca (o meglio "mente") di Cersei e alcune frasi nel dialogo Renly/Loras. Se siete dei veri fan(atici), riuscirete a scovarli u.u E, beh, neanche a dirlo, ma la scena finale dell'orso.
La prossima settimana pubblicherò l'epilogo, che vedrà unicamente i POV di Jaime e Brienne, ma sarà perfino più lungo degli altri capitoli, ehm.
Spero che la storia vi stia piacendo!

Medusa, a Lannister
   
 
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