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Autore: Ulver    23/03/2014    0 recensioni
Persone che transitano per l'aeroporto di Dublino.
Partecipa al contest "Emozioni al primo sguardo".
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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II
...e, in lontananza, quasi fusa con quella meravigliosa terribile notte, la linea di contorno delle montagne lontane. Mm. Non mi piace particolarmente questa frase, ha qualcosa che non mi ispira. Linea di contorno? È giusto dire così? Perimetro... Ma c'è un'altra parola... Skyline va bene solo per gli ambienti urbani, credo. Non va bene. Dovrei ambientare un racconto in una città solo per usare skyline, è una parola davvero bella. La Skyline della Dublino periferica affiorava dal grigio cemento dell'era bellica. Immagine efficace. Diamine, però, ho sempre il dubbio di sembrare derivativo. Beckett, Joyce, avevano tutti il loro stile riconoscibile, il mio cos'è se non un ammasso di tanti stili diversi? E non solo irlandesi, nemmeno un'identità nazionale riesco a mantenere. Panetnico, multiculturale, sincretico, un linguaggio che è tutto e non è niente. Finnegans Wake ne è un esempio... o meglio, è una cosa abbastanza diversa in realtà, il suo è un linguaggio totale, il mio è un miscuglio eterogeneo di stili. Stili. Gli stili sono cose slegate dal linguaggio in sé. Assolute. In fondo non è ciò che fanno tutti, rielaborare e unificare tutto ciò che era prima per renderlo qualcosa di nuovo? Se fosse così però qualcosa deve aver dato origine a tutto. Big Bang. E quello da dove è venuto? Singolarità la chiamano. Qualche secondo fermo, Tristano, sotto le stelle ardenti di una notte che non tornerà mai più. Risalire all'origine per capire il futuro. C'erano dei filosofi che. In fondo pensare che da un unico oggetto o evento sono derivate tutte le cose che ora è tanto assurdo quanto di più probabile abbiamo oggi per spiegare l'universo. Cosmo misterioso. Più ci si pensa più è assurdo, che tutta la materia fosse compressa in un punto... assolutamente insensato. E se non potessimo mai scoprirla, l'archè? Se ci fosse un teorema di Gödel anche per la nostra comprensione del reale? Avrebbe ancora senso vivere, un'esistenza? Sapere che non arriveremo mai a una verità affidabile. Tra l'altro c'è già, Heisenberg diceva qualcosa di simile se non sbaglio. Che poi certo è che le teorie si dimostrano col tempo sempre infondate e vengono sempre sostituite da altre, apparentemente più affidabili. Comunque il mondo reale è ben diverso dalla fredda logica matematica dei teoremi di incompletezza. La realtà... la realtà però rimane matematizzabile, sistemi di equazioni, potenzialmente se fossimo abbastanza precisi potremmo... No. "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere". Varrà anche parlando di queste cose? Anime perdute in un mare di nulla. Sento che manca qualcosa. Ma non solo al mio racconto, a tutti i miei racconti, e a tutti i racconti esistenti. Identità tra realtà e linguaggio: le emozioni quanto sono "realtà" e quanto invece sono metafisiche, "sulle quali si deve tacere"? Chiaramente quello parlava di filosofia, ma effettivamente pensandoci emerge una questione, quanto ci possiamo avvicinare utilizzando le parole a ciò che proviamo? Impulsi elettrici e flussi di ormoni nel nostro corpo. Questo, se non altro. Dev'essere una questione di specializzazione... pensandoci: siamo in grado di descrivere efficacemente un suono? Non con i computer dico, a parole. Con gli aggettivi, i sostantivi, verbi. È estremamente difficile, e questo perché la descrizione di un suono non rientra nelle priorità di. Ma quando si tratta di un immagine... Aspetta. No. Un’immagine può rappresentare qualcosa o rappresentare un non-qualcosa, un non-essere, qualcosa che non può essere descritto. Se... aiuto. Dobbiamo distinguere tra il campo del reale e del non reale. Per reale intendo tangibile, però. È giusto! Se dobbiamo suddividere il mondo in queste due parti ci troviamo ancora al problema iniziale di stabilire se un emozione fa parte dell'insieme delle cose concrete, e quindi rappresentabili o descrivibili, o nella parte della non-realtà (di ciò che c'è ma non è tangibile ma comunque può essere percepito) dove stanno le cose che non riusciamo a descrivere per una questione di inabituatezza (inabitudine?). Ma le emozioni, le sensazioni, i sentimenti ricadono per loro stessa definizione in quest'ultima categoria! E così, quando ci apprestiamo a descrivere queste particolari combinazioni di impulsi elettrici che passano nel nostro cervello, non facciamo altro che approssimare, a parole, ciò che in realtà vorremmo esprimere. Assurdamente meraviglioso. La luna, ora, risplendeva su di loro, brillando gli occhi tremanti di Psicafila. Malinconia urbana, ora la chiamano. Senso di straniamento dalla realtà che ci circonda; d'altronde in un progresso sempre più veloce... abbiamo inventato macchine per volare ma il cervello è rimasto quello di centomila anni fa, ancora oggi qualcuno ha paura degli aerei. Buffo pensare a questo in un aeroporto. Comunque vale per qualsiasi cosa, noi non andiamo allo stesso passo della tecnologia, e arriveremo al momento in cui... Bum. Lo dicevo prima, la singolarità, un enorme buco nero dell'informazione, un muro opaco e invalicabile che ci sbarra la visione di un domani. Asintoto tecnologico. Ragionare sui massimi sistemi, vedere con gli occhi di qualcuno che è esterno, rimuovere i filtri dalle nostre retine, ecco l'unico modo per capire davvero le cose. Infiniti livelli di comprensione, forse, ci sarà un limite a tutto spero? O forse è meglio che non ci sia. Cose complicate. Dovrei scrivere qualcosa su questi argomenti, una riflessione; un gruppo di giovani che cercano rifugio in una bolla di realtà, fuggire da. La metafora della fuga, simile a quella del viaggio. Lo diceva Bob Dylan, it changed my life like it changed everyone's else, in effetti aveva ragione. Fra poco il mio volo. Argomento affascinante il viaggio, da sempre rappresenta qualcosa, penso ai pellegrinaggi, agli esploratori. Andiamo sempre alla ricerca di un luogo, il nostro luogo. Una vita on the road, per cercare noi stessi. Stupendo Kerouac, cercare un posto per noi stessi nel mondo. On the road. Bella la ragazza che si è appena seduta. Capelli rossi... chissà cosa ne penserebbe Kerouac di questi viaggi intercontinentali. Lui il primo ad aver viaggiato. Vorrei essere lui. Attraversare l'America in autostop, coast to coast. Esperienze indimenticabili sarebbero. Chi lo diceva? In fondo si tratta solo di affrontare la vita come una festa, e bisogna sempre ragionare sulla magia che probabilmente, alla fine dei conti, tutto sia fondamentalmente senza senso. Al diavolo! Perché devo prendere questi voli, perché devo vivere di fretta, perché devo bere il caffè da Starbucks, perché devo scrivere racconti così insensati? Io non ci sto. Basta! Voglio scoprire dove ho vissuto tutti questi anni. Ho deciso: girerò per l'Irlanda. Andrò a Belfast, anche. Poi Galway, Letterkenny su nel nord a vedere i mari in tempesta e le altissime scogliere su cui batte sempre il vento fortissimo, Sligo, andrò nelle isole Aran ad ammirare le chiese distrutte e i cimiteri trascurati, andrò a Cork, Kilkenny, la contea di Dublino. E poi andrò in Islanda. Sì! Vedrò i geyser, il sole di mezzanotte, gli immensi spazi, i laghi ghiacciati. Conoscerò persone, ascolterò storie, diventerò un altro... E poi andrò in America, sicuramente, e poi in Italia, Giappone, India, Russia [...]
  
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