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Autore: Lena Mason    24/03/2014    2 recensioni
La Guerra ha visto la Shinsengumi sfaldarsi ed i suoi componenti morire sotto i colpi di fucile e cannone. Hijikata Toshizō ha combattuto con onore anche contro Kazama Chikage che riconoscendone il valore gli ha dato un nuovo nome da oni: Hakuouki. I due combattenti giacciono sotto i ciliegi in fiore mentre una donna piange la scomparsa dell’uomo che amava. È davvero questa la fine che due combattenti si meritano?
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chikage Kazama, Chizuru Yukimura, Hajime Saitou, Nuovo personaggio, Toshizou Hijikata
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo nono

 

La mattina seguente Chikage sentì Miyako uscire di casa molto presto: doveva infatti incontrarsi con il suo nuovo sensei per il primo allenamento.

Non gli dava fastidio che la ragazza si allenasse con quel ragazzo, era irritato dal fatto che non avesse mai chiesto a lui, che era sicuramente superiore ad Hajime Saitou, di allenarla.

Era come se lo ritenesse inferiore ad un essere umano che, seppur eccelso nell’arte della Katana, non era né veloce né resistente come un oni.

Decise di alzarsi e vedere come i due si sarebbero allenati, più per noia che reale curiosità: li trovò nel cortile anteriore uno di fronte all’altra con le katana già sguainate e pronti ad iniziare l’allenamento.

L’oni vide Hajime avvicinarsi alla ragazza e, riponendo la katana, sistemare la presa di lei sull’elsa spostandole le dita nella posizione corretta.

Notò che Miyako evitava di guardarlo in faccia, quasi fosse intimorita o imbarazzata da lui: Chikage si irritò nuovamente nel vedere queste reazioni in lei, che verso un oni della sua levatura non aveva esitato un attimo nel rispondere a tono o sfidarlo con sguardi odiosi.

Non vedeva l’ora che Toshizō si riprendesse così avrebbe ucciso tutti i presenti e se ne sarebbe andato con il suo premio, cioè Chizuru.

Sapeva che un eventuale scontro con Toshizō, Hajime e probabilmente anche Osen, non sarebbe stato una passeggiata, ma lui era Chikage Kazama che otteneva ciò che voleva, con le buone o meno.

Doveva portare Chizuru nel suo palazzo dove, dopo il consenso di suo padre, l’avrebbe fatta divenire sua compagna e con lei salvato la razza degli oni dall’estinzione.

Non poteva fallire o i suoi simili sarebbero stati costretti all’emigrazione verso occidente, dove forse qualche oni femmina era sopravvissuta, oppure, cosa alquanto disgustosa, accoppiarsi con esseri umani per passare almeno qualche gene della loro razza.

La sola idea gli dava la nausea. Il solo pensiero di trovarsi una compagna tra le donne umane lo faceva fremere di disgusto, soprattutto se era una come la ragazza di fronte a lui, messa al tappeto dal suo nuovo sensei che le stava allungando una mano per aiutarla ad alzarsi.

*

Hajime rimase a pranzo, su invito di Asako, la quale informò le sue protette che quella sera aveva una missione: dovevano estorcere quante più informazioni a un uomo di dubbia fama.

«Hanae, tu ti travestirai da maiko, mentre Miyako ti osserverà dall’esterno ed interverrà solo quando sarà il momento. Questa volta non ci sarà Kimigiku-san con voi, quindi prestate attenzione» spiegò la donna, ricevendo cenni di assenso dalle due ragazze.

Miyako era felice di non dover indossare gli scomodi abiti della maiko: il trucco poi le provocava un terribile prurito, così come i prodotti che usavano per tenere i capelli in posa.

Quindi, mentre Hanae si preparava a dovere, lei oziò, sdraiata sotto un albero, riparandosi dalla calura di quello strano aprile.

Sentì dei passi avvicinarsi e vide Hajime prendere posto alla sua destra. Non disse nulla per un po’, fino a quando prese parola:

«Sei molto agile e veloce, ma la tua tecnica è piuttosto basilare. Hai una buona presa sulla katana, ma i tuoi affondi mancano di forza e le parate sono deboli».

La ragazza storse il naso, sapendo bene che quelli erano veri difetti, poiché anche il marito di Asako glieli aveva più volte elencati.

«Il problema è che la katana la uso poco nelle missioni. Uso per lo più kunai e shuriken, poiché permettono di abbattere i nemici da lontano, nascondendosi nelle ombre» spiegò la ragazza, guardando verso l’alto:  lei si era sdraiata, con le braccia dietro la testa sulle radici dell’albero, mentre Hajime si era compostamente seduto con la schiena appoggiata al tronco di questo.

«Non si è un vero guerriero se non si eccelle nell’arte della katana, oltre che nella lotta» le disse.

«Nella lotta non ho grossi problemi» .

«Mostramelo» le disse, alzandosi e invitando la ragazza a fare lo stesso.

Miyako balzò agilmente in piedi con un colpo di reni e dopo essersi sciolta i muscoli si mise in posizione.

Hajime era di fronte a lei, ma non aveva nessuna posizione di partenza particolare: si limitava a stare lì, in piedi.

La ragazza scrollò le spalle e partì in velocità verso il suo avversario: tentò un diretto allo stomaco, bloccato prontamente da una mano del ragazzo che, all’apparenza, non sembrava così forte fisicamente.

Allora la ragazza cambiò direzione con un calcio volto a far perdere l’equilibrio all’avversario, il quale lo evitò saltando.

Una volta a terra Hajime fu costretto ad evitare per un soffio un pugno diretto al viso, seguito da altri:  la ragazza era rapida e sufficientemente potente nei colpi e quindi non peccava in modestia quando diceva che la lotta non era un problema per lei.

Un attimo di distrazione costò  ad Hajime un violento pugno all’addome che, con i muscoli rilassati, si fece sentire mozzandogli il fiato: vedendolo in difficoltà Miyako ne approfittò, dandogli una spinta violenta con un calcio e facendolo cadere di schiena.

In una attimo il peso della ragazza bloccò i suoi movimenti e si ritrovò un kunai puntato alla gola.

Chikage alzò le sopracciglia nel vedere che Hajime era stato atterrato da Miyako e soprattutto per la posizione poco consona in cui si trovavano: la ragazza era a cavalcioni su di lui, piegata verso il basso e con il kunai a toccare la gola dell’avversario.

Il respiro di lei era affannoso e anche quello del ragazzo il quale la fissava, nell’attesa che questa si alzasse.

Come rinsavendo Miyako si alzò di scatto, mentre Hajime lo faceva con la solita calma, ripulendosi gli abiti dalla polvere.

«Spero di non avervi ferito» gli disse.

«No, ma con questo ho compreso che la lotta non è un problema per te. Sei veloce, precisa e sufficientemente potente nei colpi per essere una ragazza».

Miyako sorrise al suo sensei per i complimenti e se non fosse stata così cieca avrebbe notato l’imbarazzo di Hajime e la rabbia di qualcun altro.

*

Il ragazzo si congedò poco prima di cena, poiché aveva un incontro con Osen e Kimigiku, mentre Hanae e Miyako dovevano prepararsi: la corvina indossò la tenuta di kunoichi, coprendosi anche il volto e nascondendo i capelli sotto una maschera.

Rimanevano visibili solo gli occhi: sulla schiena aveva legato la katana, appesi alla cintura vi erano invece i kunai, gli shuriken e la kaginawa*.

I calzari che indossava erano diversi da quelli che aveva indossato in precedenza: ora portava le ashiko, calzature chiodate che aiutavano nelle arrampicate.

La ragazza si congedò prima di Hanae, correndo verso il paese e confondendosi nelle ombre della notte: nessuna di loro si era accorta che Chikage era uscito dallo shoji sul retro della camera che occupava e la stava seguendo.

 

La ragazza si appostò su un albero di fronte alla locanda dove Hanae si sarebbe infiltrata come maiko e rimase in attesa. Fu una presenza alle sue spalle che la fece voltare di scatto, estraendo un kunai dalla cintura.

Quando vide che alle sue spalle vi era Chikage illuminato dai raggi della luna non poté fare a meno di storcere il naso.

«Ancora a seguirmi?».

«Mi pare ovvio. Ora posso vedere quali siano le tue capacità».

«Non capisco la fonte di tanto interesse. Mi pareva disprezzassi gli esseri umani».

«E li disprezzo ancora, ma ci sono delle eccezioni alla regola. Tu e le tue compagne siete dei soggetti particolari e interessanti».

«Non so se sentirmi onorata di tanto interesse o disgustata. Ora fai silenzio, devo seguire i movimenti di Hanae» disse, riprendendo a guardare verso la sala dove, pochi istanti prima, la sua amica era sparita.

Rimasero in silenzio ed immobili per quasi un’ora, prima che Miyako cominciasse ad agitarsi.

«C’è qualcosa che non va. Hanae avrebbe dovuto mandarmi il segnale molto tempo fa» disse a bassa voce, preparandosi per un salto dall’albero direttamente sul tetto basso della locanda.

Atterrò con grazia sulla sommità del tetto, voltandosi poi verso Chikage, il quale con agilità e leggerezza ancora più grandi la seguì.

«Non ho bisogno di aiuto».

«Non sono qui per dartelo» le rispose, facendola sorridere al di sotto della maschera: non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma avere un oni di quella potenza alle calcagna la faceva sentire più sicura. Non che avesse la certezza di un suo intervento qualora ce ne fosse stato il bisogno, ma quella sensazione non passava comunque.

Si sporse dal tetto proprio sopra la sala dove vi era Hanae e sentì distintamente un pianto di donna, che  non era della sua amica: probabilmente era l’altra maiko.

Miyako tornò sul tetto, mordendosi il labbro inferiore, indecisa sul da farsi: se fosse entrata ora e avesse scoperto che la ragazza piangeva per un motivo diverso da quello che temeva avrebbe mandato all’aria la missione.

Poi venne l’urlo.

E fu quello che fece scattare sia lei che, stranamente, Chikage.

Entrambi atterrarono con leggerezza davanti allo shoji e sentirono la maiko che accompagnava Hanae piangere e chiedere pietà.

Miyako non attese oltre: spalancò lo shoji e ciò che vide la fece fremere di rabbia.

Hanae era stata stesa sul tatami e uno dei due uomini presenti le stava aprendo il kimono:  i suoi intenti era palesi e la ragazza non attese oltre.

Persino Chikage era disgustato dal comportamento di quei due e si fece avanti: la sua sola presenza parve spaventarli a morte, tanto che non si accorsero nemmeno della furia nera che li attaccò.

Senza pietà Miyako tagliò la gola di uno dei due, staccandogli quasi la testa da tanta era la forza del colpo. L’altro invece indietreggiò fino alla parete posteriore della camera e si ritrovò di fronte Chikage.

«Non ho alcun interesse verso gli esseri umani, ma il vostro comportamento è troppo riprovevole da non essere punito» gli disse, piantandogli la katana direttamente nel cuore.

Hanae si era rialzata e sistemata il kimono: l’altra ragazza era raggomitolata su se stessa e quando la castana fece per avvicinarsi, Miyako la fermò.

«Dobbiamo andare, Hanae. Se ne occuperà la sua onee-san o la sua oka-san. Andiamo» le disse, trascinandola fuori.

Poiché Hanae sembrava non sapere cosa fare, Chikage l’afferrò senza tanti preamboli e se la mise sulla spalla come un sacco di patate.

Miyako rimase stupita dal gesto, ma gli urli della maiko che si era ripresa dallo shock stava già attirando troppa gente e così saltò sul tetto alle spalle di Chikage e con lui prese a correre verso casa.

*

Hanae rimase in assoluto silenzio per tutto il viaggio lasciandosi trasportare da Chikage senza nemmeno provare a ribellarsi.

Miyako li seguiva, guardando con preoccupazione l’amica: erano kunoichi, è vero, ma rimanevano comunque due ragazze poco più che adolescenti e un’esperienza del genere era terribile per chiunque.

Il solo pensiero di trovarsi in una situazione del genere la fece rabbrividire, atto che non sfuggì a Chikage.

L’oni aveva visto lo sguardo preoccupato, spaventato e disgustato di Miyako quando aveva visto la sua amica in quelle condizioni, così come si rendeva conto che Hanae era sicuramente sotto shock.

Quando arrivarono a casa  Miyako chiamò Asako a gran voce e quando la donna vide le condizioni della sorella si fece brevemente spiegare cosa fosse successo.

«Prepara un the caldo e leggero, Miyako-chan. L’aiuterà a rilassarsi».

La ragazza annuì semplicemente e si avviò in cucina, mentre Chikage rimaneva fermo sulla soglia della stessa, guardandola.

Vide che le mani di lei tremavano mentre prendeva la teiera che per poco non le fuggì di mano:  l’oni sbuffò e con un gesto secco prese l’oggetto dalle mani di lei e, dopo averlo riempito di acqua, lo mise sul fuoco già acceso.

Miyako non parlò mentre l’acqua bolliva, era assente mentalmente.

«Non vedo perché reagisci così. Non è successo a te»

«Lei è mia amica e poi…» fece per dire Miyako, scuotendo poi il capo.

«Cosa?»

«Niente, lascia perdere» rispose a bassa voce, versando poi l’acqua calda in una tazza dove mise le foglie infusione. Dopo aver filtrato la bevanda si diresse a passo lento verso la sala dove Hanae e Asako attendevano.

Quando entrò vide che la ragazza piangeva abbracciata alla sorella minore e, non volendole interrompere, appoggiò la tazza sul kotatsu e uscì.

A testa bassa si diresse verso la sua camera e, preso un kimono, uscì nell’aria fresca della sera in direzione della conca dove lei ed Hanae usavano lavarsi.

Chikage non le aveva mai seguite lì e aspettava sempre che l’ora fosse tarda per lavarsi così da evitare spiacevoli inconvenienti, ma quella volta decise altrimenti.

Giunse alla conca quando la ragazza era già immersa nell’acqua: era ancora immobile e fissava il vuoto, fino a quando l’oni non vide le lacrime che le solcavano il viso.

Cosa poteva mai far piangere una come lei, dura e fredda quasi quanto un oni?

 




*Kaginawa: ancorette unite ad una corda, sia da lancio che per arrampicarsi

 

Sono tornata! Non vi liberete di me *risata malefica*!

Alla prossima!

Lena

 

   
 
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