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Autore: NorwegianWinds    24/03/2014    1 recensioni
Alex è un giovane musicista allo sbando: è appena stato cacciato dalla sua band, i We Love Thighs, e non sa cosa fare del proprio futuro. Tra tostapani molesti, amici fedeli, pornobimbe silenziose, vecchie guide ed ex mogli alla ribalta, riuscirà Alex a ritrovare la propria strada e la propria musica?
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi sveglio è mattina e sono rannicchiato sul divano. Ancora una volta da solo.

Il tavolo è apparecchiato per la colazione e c’è un biglietto di Dawson: “Sono andato a trovare i miei fuori città. Mi dispiace, ma glie l’avevo promesso. Rientro sabato sera. D.”

Spilluzzico svogliatamente qualcosa, stufo del silenzio che regna nella casa, ma sentendomi decisamente meglio rispetto ai giorni scorsi.

Mi torna in mente l’assurda confessione di Debbie. Debbie e Eddie. Assonanza stupida e ridicola.

Ecco perché il mio caro chitarrista ce l’aveva così con me. Chissà per quanto si sono visti.

Oggi l’idea mi risulta un po’ più accettabile. Eravamo giovani, dei ragazzini, quando io e Debbie ci siamo sposati. Vent’anni appena compiuti. Io ero confuso e spaesato. Lei invece era già pronta ad incantare il mondo_ non poteva reggere a lungo con qualcuno come me, indeciso, impreciso, inadeguato insomma.

E Eddie, come mi pare di aver già detto, aveva il suo discreto fascino. Di quelli classici, gli evergreen che fanno impazzire sempre le donne: il rocker un po’ oscuro, un po’ guasto dentro, poeta maledetto. Come non cedere a un uomo così? Per un po’ me ne ero invaghito anche io, da adolescente.

Suona il campanello e mi riscuoto dalle mie riflessioni. Nereide è già qui, precisa e puntuale come io non sono mai stato, placidamente appoggiata alla custodia della sua chitarra, la sigaretta che pende a un angolo della bocca morbida. Adorabile, piccola pornobimba sovversiva. Su di lei sono belli perfino questi clichés visti miliardi di volte.

Quando le apro la porta, sembra sollevata nel vedermi con un aspetto un po’ più decente. Poi squadra la mia maglietta sogghignando - Non sapevo avessi certe preferenze - dice, sarcastica.

E’ una maglietta di Dawson. La osservo. C’è il disegno di un uomo nudo e legato come un salame stagionato. Una scritta nera dice “Bondage Homo League”.

Ridacchio - Beh, mi sembra che tu non abbia mai voluto approfondire la conoscenza sotto quel punto di vista, no? -

- Infatti - replica la ninfetta dei collant di pizzo, aggiustandosi la spallina del vestitino che scivola maliziosamente, - E non ho intenzione di approfondirla neanche adesso. Cominciamo?-

E cominciamo davvero.

Le mostro tutto. Testi, accordi, spartiti.

Lei studia tutto in silenzio per un po’, poi prende la chitarra e inizia a sfiorare le corde, provando l’intro per la prima canzone. In un istante ritrovo le vibrazioni pulsanti e seriche di quando l’avevo sentita suonare il basso.

Ne ha di talento, la ragazzina. E’ la chitarrista che ho sempre sognato di avere. Segue la mia traccia e contemporaneamente crea. E’ quel tipo di musicista che non cerca di spiccare rispetto alla voce, ma che sa che se solo smettesse di suonare un istante, se sbagliasse una sola, piccola nota, tutta la canzone farebbe schifo.

E non sbaglia. Mai. Piuttosto si ferma e mi chiede indicazioni su dei passaggi. Poi riprende. Segue la mia voce, e al tempo stesso segue la sua voce interiore, calda, sensuale, pregna di un erotismo adolescenziale pronto ad esplodere. E la traduce in musica.

Le note galleggiano nell’aria. Dawson aveva ragione. Sono le cose migliori che abbia mai scritto.

Mentre canto sorrido. Finalmente qualcosa di bello che viene fuori da tutto questo schifo. Nereide ascolta e osserva. La percepisco animarsi di una tensione latente che è quasi elettricità. Il suo respiro si fa affannoso, i muscoli si tendono sotto al vestito e ai collant, ha gli occhi lucidi. Finisce la quinta canzone con uno stacco brusco.

- Basta - dice poi, turbata. Si lascia cadere sul divano, ancora ansante, e per qualche minuto non fa che guardare il soffitto. Mi chiedo cosa esattamente l’abbia colpita così tanto, ma so già che non me lo dirà mai. Si passa il braccio sugli occhi, forse per asciugarli. Io la fisso in silenzio; finalmente sembra rendersene conto e si tira su di scatto - Ho fame -.

Durante il pranzo non posso fare a meno di notare una cosa: la mia silenziosa amica si è addolcita. Dice qualche parola di più, ogni tanto sorride perfino. Sarà stata la musica, sarà stato anche il fatto che per la prima volta mi ha visto con un aspetto decente.

Però insomma, sì, si è addolcita. Era ora.

Dopo pranzo si accende un’altra sigaretta. Io la scruto di sottecchi e poi mormoro - Te la senti di continuare o vuoi chiudere qui? -

Nereide mi incenerisce con lo sguardo - Prova a cercarti un altro chitarrista e sei morto - sibila, soffiando fuori il fumo come un piccolo drago.

Bè, che dire, preferisco vivere.

Continuiamo a suonare per tutto il pomeriggio. E poi il giorno dopo. E il giorno dopo ancora. Alla terza sera di prove la sintonia è totale e perfetta. Per la prima volta capisco perché non c’è bisogno di parlare per comunicare davvero. Io e Nereide siamo ormai in simbiosi.

Devo ammetterlo, il mio corpo non risponde con altrettanta precisione a questa sintonia_ ho ancora voglia di prenderla in spalla e portarla di corsa in camera da letto, ma penso che questo sia solo un chiaro segno di sano vigore sessuale. E di astinenza forzata, ovvio.

E’ ormai calata la notte e ci accorgiamo solo alla fine di una canzone che c’è un’ombra che ci osserva. Quando finalmente l’ultima nota si spegne nell’aria, insieme alle sigarette che io e Nereide stiamo fumando, Dawson, o meglio la sua ombra, parla.

E’ inquietante: sembra davvero il suo spettro e non lui. Venuto a scacciare i visitatori molesti dalla sua magione_ in questo caso, il visitatore molesto è chiaramente quella ragazzina che mi mangio con gli occhi e che, seduta con me sul divano, ha steso spavaldamente le lunghe gambe sopra le mie e pizzica ancora le corde della chitarra, incurante della mia erezione. Lo sguardo di Dawson è carico di odio - Adesso inviti pure le tue amiche in casa mia mentre io non ci sono, Alex? Giusto questa ci mancava... -

- Dawson, stavamo solo provando i miei pezzi -

- Non mi interessa. Non mi ricordo di averti dato il permesso di far venire qui gente quando ti pareva. Dimmi, per caso hai anche organizzato qualcuno dei tuoi famosi festini in mia assenza, come ai vecchi tempi? -

- Okay, è ora che io mi tolga di torno - dice Nereide, con una punta di ironia nella voce. E' palesemente divertita. Lei sa quanto me che cosa mi aspetta appena io e Dawson resteremo soli. Una scenata di gelosia bella e buona.

E infatti. Appena la porta si chiude, Dawson esplode - Questo è troppo, Alex! Tu ti approfitti di me e della mia ospitalità! Ma come ti sei permesso? Su che marciapiede l’hai raccattata quella? -

- Dawson, calmati. Davvero, è venuta qui solo per aiutarmi a provare. Avevo bisogno di sentire quelle canzoni, senza vederle semplicemente scritte, e lei sa suonare... -

- Non potevi aspettare il mio ritorno?! Le avrei suonate con te! -

Qui arriva la parte difficile.

- Beh, insomma... Tu te la cavi con la chitarra, ma avevo bisogno... Ehm... Di qualcuno di veramente bravo -

Ecco. Ora sono un uomo morto. Dawson trema dalla rabbia - E mi stai dicendo - sibila, furente, - Che quella mocciosa che si veste come una sgualdrina è “qualcuno di veramente bravo”? E che se la cava meglio di me? Ma non dirmi stronzate. E’ che tu ragioni con l’uccello, Alex, non con la testa! -

- Ma Dawson, l’hai sentita suonare anche tu! E’ brava e lo sai. Avevo bisogno di lei -.

Lo zittisco, anche se solo per qualche istante. Ho ragione io, almeno stavolta, e lo sappiamo entrambi. Ma la gelosia non è razionale. Si prepara il colpo finale.

- Avevi bisogno di lei. Certo. E quand’è che hai bisogno di me, Alex? Quando ti serve qualcuno che ti porti in ospedale, che ti dia una casa per chiudertici dentro, che ti accudisca, magari che ti faccia anche fare una scopata? In poche parole, hai bisogno di me quando ti serve qualcuno da usare a tuo piacimento?! -

Flebile tentativo di obiezione, vostro onore. Obiezione respinta.

- No Alex, lasciami finire, non interrompermi! Era da un po’ che te ne volevo parlare, ma continuavo ad avere fiducia in te, mi dicevo che era un momento difficile e che dovevo avere pazienza, ma adesso ne ho abbastanza. Non ti riconosco più. Sfrutti le persone che ti amano, è un dato di fatto. Le usi quando ti servono e poi le butti via, o non ti preoccupi di ferirle quando ti trovi un giocattolino nuovo. Io ti sto dietro da anni, con tutto l’affetto e l’amore che posso darti, e tu in un mese sei riuscito a farmi più torti che in tutta la vita. E quella ragazzina: stai usando anche lei. Ti sei almeno reso conto degli occhi con cui ti guarda? E’ poco più di una bambina. E quando non ti servirà più, mollerai anche lei.

Io ti amo, Alex, ma a te non potrà mai importare niente né di me, né dei miei sentimenti. Continuerai ad occuparti sempre e solo di te stesso, finché non ti accorgerai di non avere più nessuno intorno -

Dawson si ferma e riprende fiato. A me gira la testa e sento che il colpo finale è andato a segno. Mi mordo con forza un labbro. Il mio amico mi guarda, ormai sull’orlo delle lacrime - E adesso, per favore, prendi la tua roba e vattene via -

- Cosa?! -

- Hai capito quello che ti ho detto. Fuori di qui -. Inizia a raccogliere freneticamente i miei spartiti dal tavolo. Poi prende il mio maglione e la mia giacca e me li lancia addosso. Io cerco di farlo ragionare: Dawson, adesso sei preso dalla gelosia, lo sai che le cose non stanno come dici tu, io ho sbagliato ma parliamone con calma, per favore.

Ma Dawson mi ha già spinto fuori casa, chiudendomi la porta in faccia.

Gli spartiti mi cadono a terra con un fruscio beffardo.

 

Mi ritrovo a correre un’altra volta sotto la pioggia, senza avere una destinazione. Le parole di Dawson continuano a rimbombarmi in testa. Non posso fare a meno di pensare che ci sia qualcosa di vero. Anzi, non diciamo cazzate: è tutto assolutamente, schifosamente vero.

Ho bisogno di bere. Bere roba forte.

Mi infilo nel primo pub e bevo quattro whisky di fila. Poi mi sbattono fuori perché devono chiudere.

Barcollo verso un night club e ordino altri quattro whisky. In mezzo a ballerine stanche dai corpi perfetti e abusati, compongo il pezzo più triste che io abbia mai pensato.

Poi bevo ancora whisky.

Sono ubriaco fradicio ma non sto male. L’importante è non mischiare la roba. Ancora whisky, per favore. Grazie.

Alle cinque del mattino sono rimasto solo io con le mie scartoffie. Spettacolo quanto mai penoso. Il proprietario mi butta fuori senza troppi riguardi. Lo insulto fino a non avere più fiato in gola. Dopotutto, gli ho fatto guadagnare un sacco di soldi con tutti i miei whisky, dovrei almeno essere sbattuto fuori con un po' di riguardo.

Mi avvio barcollando lungo la strada lurida. Adesso sono davvero stanco. E non ho un posto dove andare.

... O forse sì?

Mi guardo intorno. Sono in centro. E so chi abita qui vicino.

Dieci minuti dopo mi appendo al bottone di un citofono finché non mi risponde una voce assonnata - Chi è? -

- Sono Alex. Per favore, aprimi. Per favore -.

 

Debbie spalanca la porta stropicciandosi gli occhi. Le crollo addosso, immergendomi nel suo profumo inebriante, beandomi della camicia da notte di raso sottile. Molto sottile. Mi porta quasi di peso in soggiorno; io mi butto sul divano e la trascino giù con me. Sotto di me, per la precisione.

- Puzzi di alcol dalla testa ai piedi - mi sta dicendo lei, preoccupata, - Sei ubriaco? -

- No... Cioè, sì. Dawson mi ha cacciato di casa e non sapevo dove andare - biascico, - Perciò sono andato in un bar. E in un night club. E ora sono qui su di te... Volevo dire, da te -.

- Oh, Alex. Potevi a venire direttamente qua - replica lei, accarezzandomi il viso. Non capisco cosa intenda dire.

Mi guarda negli occhi annebbiati - Da quando ti ho rivisto, non ho fatto altro che pensare a te... Volevo chiamarti, ma non sapevo se era il caso...-. Mi bacia e sento ancora i brividi freddi dell'altra volta. Poi però la sua mano sapiente discende il mio petto e arriva ai pantaloni.

A quel punto i brividi non sono più tanto freddi.

Uno degli effetti collaterali delle sbronze è che mi viene una voglia disperata di scopare. In questo caso, poi, avevo voglia di scopare prima ancora di sbronzarmi.

All'improvviso, senza che io mi sia reso bene conto di cosa sia successo, Debbie mi sta cavalcando. Dopo tutto il testosterone di Dawson, un corpo femminile ci voleva.

Non so per quanto andiamo avanti, rotolandoci in soggiorno e poi nella sua camera da letto. So solo che a un certo punto, mentre spossato mi fumo una sigaretta, Debbie inizia a fare strani esercizi ginnici.

Scoppio a ridere sguaiatamente - Molto carino, fare ginnastica dopo aver scopato - esclamo, strascicando le parole. Debbie, che da una mezz'oretta sta facendo una verticale contro il muro, ancora completamente nuda, mi sorride

- Noi non abbiamo scopato. Abbiamo fatto l'amore, caro -

- Sì, certo, naturale. Come preferisci tu - mormoro perplesso. Lascio cadere la sigaretta ancora accesa sul pavimento e crollo in coma.

 

 

  
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