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Autore: SusanTheGentle    24/03/2014    11 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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15. Due anni dopo (1 parte)
 
 
Mi catturavi con la tua luce risonante
Adesso sono costretta dalla vita che hai lasciato indietro...
 
 
 
La porta si richiuse alle loro spalle con un tonfo riecheggiante. Le voci  erano sparite istantaneamente, come quando si spegne una radio all’improvviso. I suoni e i rumori adesso venivano dalle fantastiche creature alate che avevano inizialmente solo intravisto.
Man mano che Eustace e Jill avanzavano sull’erba, un passo dopo l’altro, videro che erano davvero farfalle variopinte, enormi, e più in là vi erano uccelli simili a cicogne, bianchi come neve. Di tanto in tanto, questi ultimi intonavano una bellissima melodia.
“E’ la musica più bella che abbia mai sentito” fece Jill a bassa voce, ancora mano nella mano con l’amico.
Eustace strizzò gli occhi al riverbero del sole. Non riusciva a riconoscere il luogo, e dopo un momento ancora fu sicuro di non averlo mai visto prima. Le creature volanti gli ricordavano moltissimo gli Uccelli di Fuoco, ma erano troppo lontane per potersene accertare.
“E se non fossimo a Narnia?” pensò. Il suo pessimismo stava cominciando a farsi sentire.
“Non aver paura” disse a Jill, più per tranquillizzare se stesso che lei.
“Non ho paura. E’ bellissimo” rispose Jill, continuando a studiare il paesaggio, respirando l’aria fresca e pungente che le dava la sensazione di essere in cima ad un’altissima montagna.
Alberi giganteschi crescevano in ogni direzione: sembravano cedri, ma molto più grandi del normale, e dal momento che non c’era sottobosco e quindi non crescevano uno accanto all’altro, le piante non impedivano ai due ragazzi di vedere lontano, nella foresta e anche più in là. Il paesaggio non cambiava: ovunque c’erano terra erbosa e lussureggiante, cielo azzurro a perdita d’occhio, uccelli bianchi e farfalle colorate, le quali si posavano su piccoli fiorellini selvatici troppo piccoli per loro, il cui polline splendeva come l’oro...E il vuoto.
Era una foresta silenziosa e solitaria. Un luogo solenne.
Eustace e Jill camminarono lentamente, sempre mano nella mano, addentrandosi con cautela in quel mondo sconosciuto ad entrambi.
“E così questa è Narnia” commentò Jill, incantata.
“Credo…dovrebbe…cioè, sì” le rispose Eustace, non troppo convinto.
“In che senso, scusa?” chiese lei, improvvisamente allarmata. “E’ o non è Narnia?”
“Ecco… ora non diventare isterica, ok?”
“Isterica? E perché dovrei?”
Lui espirò profondamente prima di riprendere a parlare. “Perché…non so dove siamo. Insomma, non conosco bene il paese di Narnia. Ho visto l’Oceano Orientale e tutte le sue isole, ma di Narnia vera e propria ho visto assai poco, in realtà”
Eustace si guardò attorno, sperando di scorgere le torri di Cair Paravel o qualsiasi altro segno di riconoscimento.
Il ragazzo ebbe un terribile pensiero: e se fossero passati così tanti anni da non permettergli di riconoscere nemmeno il paesaggio? Magari – proprio com’era accaduto a Peter e gli altri durante il secondo viaggio – erano trascorsi secoli, o addirittura millenni. Se cosi fosse stato, se Caspian, Susan e tutti gli altri non c’erano più, chi avrebbero trovato ad accoglierli? Un esercito nemico? Nella migliore delle ipotesi, si sarebbero imbattuti in qualche creatura fatata di buon cuore che li avesse aiutati.
Non che fosse granché consolante, ma meglio di niente…
“Chi glielo dice ai Pevensie che Susan è passata a miglior vita?”  si disse Eustace. “No, no aspetta, non sei sicuro che le cose siano andate così…”
Il ragazzo deglutì nervosamente, scoccando un’occhiata in tralice a Jill. Vide che l’amica si guardava attorno, incuriosita ma ansiosa.
“Toglimi una curiosità, Scrubb: dove mi stai portando se non sai dove siamo?” gli chiese lei in tono accusatorio.
“Ehm…” balbettò Eustace.
Jill si fermò di colpo, lascando la sua mano, mettendosi i pugni chiusi sui fianchi e battendo un piede a terra.
“Sei un impiastro! Potevi almeno accertarti del luogo in cui siamo, prima di farmi addentrare in questa foresta!”
“In effetti è quello che sto cercando di fare: cercare di capire dove siamo!” ribatté lui.
Jill sbuffò, marciando verso un punto in cui il prato digradava verso un piccolo pendio. Eustace la seguiva pochi passi più indietro.
“Non dovevamo allontanarci” protestò lei. “Ora non riusciremo più a tornare al punto dal quale siamo arrivati, ed è tutta colpa tua!”
“Ma sentila! Chi ha voluto venire qui?”
“Ma se non sai neppure dov’è il qui! Io volevo andare a Narnia, non in un posto sperduto dove…”
“Oh! Guarda là!” esclamò Eustace a voce alta, interrompendola.
Jill spalancò gli occhi per la sorpresa, mentre il ragazzo faceva un passo indietro: dove il pendio terminava, si apriva un enorme precipizio.
Jill non soffriva di vertigini, ma Eustace sì. Assurdo per chi è stato un drago e ha volato a decine di metri d’altezza, ma quel burrone era assurdamente profondo…
La ragazza fece un passo verso l’orlo del strapiombo, sbirciando di sotto.
“Jill, no!”
Jill si sentì tirare indietro e si voltò per protestare, notando che Eustace era diventato pallido come un lenzuolo.
Liberò il braccio dalla presa di lui, facendo un sorrisetto e avvicinnandosi ancor più al burrone, camminando all’indietro.
“Jill, non fare la scema!”
“Oh, ma dai!” lei rise, prendendolo un po’ in giro. Ma quando si voltò di nuovo verso lo strapiombo, capì perché l’amico fosse così impaurito.
Nessun dirupo sul pianeta Terra- e in nessun altro mondo- poteva essere paragonato a quello. La montagna sulla quale si trovavano era la più alta che si potesse immaginare, forse addirittura più in alto degli stessi cieli, ed il baratro era profondo dieci, venti volte tanto di quel che si potrebbe immaginare al primo sguardo. C’erano piccoli puntini bianchi in fondo (o quello che i ragazzi pensavano potesse essere il fondo), simili a pecorelle paffute. In un secondo momento, Jill capì che erano nuvole! Incantata, guardò attraverso di esse e vide ancora oltre… Ed ecco la base del crepaccio: era così lontano che foreste, campi, corsi d’acqua, tutto si confondeva sotto la grande coltre di nubi.
C’era tutto il mondo ai loro piedi, nel vero senso della parola. Era assurdo, incredibile, meravigliosamente spaventoso.
Jill voleva fare un passo indietro adesso, proprio come aveva fatto Eustace, ma non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo straordinario. Avrebbe voluto voltarsi ma non riusciva a muoversi, le sembrava di avere le gambe di gelatine e tutto cominciò ad ondeggiare. Evidentemente, quella montagna era troppo alta anche per chi, come lei, non soffre di vertigini.
“Pole? Pole, che diavolo fai?” esclamò Eustace spaventato. “Torna indietro, sciocca!”
La voce di lui sembrava lontana…Jill si sentì afferrare di nuovo, ma era rigida come una statua di pietra.
Ci fu una specie di lotta in cima allo strapiombo. Lei era troppo impaurita e confusa per capire cosa stesse per succedere.
Cercò di liberarsi della presa di Eustace: stringeva troppo attorno al suo braccio e le faceva male. Ci riuscì.
Subito dopo, con un urlo da far accapponare la pelle, Eustace perse l’equilibrio e cadde nel precipizio.
Jill urlò a sua volta, cadendo in ginocchio sul terreno, il quale cominciò a tremare sempre più violentemente mentre un animale gigantesco si avvicinava con grandi falcate sull’orlo della montagna.
Jill, lo sguardo fisso sotto di lei, non vide quale sorta di creatura fosse. La sentì fermarsi a qualche metro di distanza e capì che stava soffiando verso la voragine. Dalle grandi fauci emetteva aria calda e profumata.
Di lì a poco, molto più in basso di loro, un piccolo granello nero si staccò dalla montagna, ondeggiando dolcemente verso l’alto. Jill lo guardò salire sempre più su, fino a che la creatura non soffiò un’ultima volta e il granellino si allontanò a grande velocità, e lei lo perse di vista
Possibile che fosse…Eustace? E quell’essere lo avesse salvato?
Se si, come? Cos’era successo?
Finalmente, la ragazza trovò il coraggio di votarsi verso il grande animale, e lo vide: era un leone, enorme, meraviglioso, splendente.
“Oh mio…Dio”
Era lui! Era proprio lui!
Il Leone, senza nemmeno degnarla di uno sguardo, girò su se stesso e tornò verso la foresta.
Jill scoppiò in lacrime, tremando da capo a piedi, dandosi la colpa di quanto era successo a Eustace.
Se non avesse fatto la stupida, se fosse tornata indietro quando lui le aveva detto di farlo, ora non sarebbe…
Desiderò per un istante di non essere mai venuta fin laggiù.
Dopo molto tempo, il pianto si calmò e infine si spense.
La prima cosa che Jill notò quando si fu calamta, fu che gli uccelli avevano smesso di cantare e tutto era immerso nel silenzio, eccetto un suono leggero ma continuo che veniva da lontano. Acqua, sembrava.
Jill si alzò e si guardò intorno. Del leone non v’era traccia.
Iniziò a camminare dentro la foresta di alberi radi, e prima di quanto si aspettasse raggiunse una radura dove scorreva un torrente spumeggiante, azzurro come il cielo. L’acqua doveva essere purissima.
E là, accomodato proprio sulla riva, le zampe anteriori allungate e la testa eretta, c’era Lui.
Per un momento, l’animale e la ragazza si fissarono. Poi, il Leone chiuse gli occhi, rilassato, emettendo un basso sospiro.
Jill vide l’addome possente alzarsi e abbassarsi. Rimase a fissarlo a lungo, quasi un’eternità.
“Questo è il torrente dove scorre l’acqua della vita. Solo coloro che sono degni possono abbeverarsi” fece la Sua voce, profonda, roca, selvatica; una voce possente, gentile ma ferma, che incuteva un timore reverenziale.
“Puoi bere se hai sete”
Jill si avvicinò al torrente in punta di piedi. Poteva davvero? In effetti, ora che ci faceva caso, aveva una gran sete.
“Non…non mi mangerete, vero?” chiese con un filo di voce.
Lui aprì gli occhi d’ambra e la fissò di nuovo. “Ho fatto un boccone di donne e uomini, bambini e bambine, città e reami, re e imperatori”
La ragazza rimase di sasso. Santo cielo, lo aveva fatto veramente! Lo vedeva nei suoi occhi dorati.
“Hai paura di me, ragazza degli umani?”
“Bè…io….un po’ ”
“E’ giusto” annuì la Creatura, l’ombra di un sorriso sul muso dorato. “Su, adesso bevi. Poi parleremo” le ordinò con estrema gentilezza.
Jill obbedì. S’inginocchiò e bevve, le mani a coppa.
Era la cosa più buona che avesse assaggiato, ed era solo acqua! Non ci fu bisogno di abbeverarsi a lungo, le bastarono pochi sorsi e fu sazia, in forze. Si sciacquò il viso rigato di lacrime e infine si rialzò, mettendosi di fronte al Leone.
Lo guardò solo per pochi secondi: non riusciva a sostenere a lungo quello sguardo. C’era l’infinito nei suoi occhi.
“Tu sei l’ultima e la prima” disse la Creatura con solennità. “L’ultima ad arrivare qui, la prima ad assaggiare quest’acqua. Con te si completa il cerchio”
“Temo di non capire”
“Non c’è bisogno che tu capisca ora. Quando il tempo verrà, tutto ti sarà chiaro. Ma dimmi, adesso, ragazza degli umani: che fine ha fatto il tuo amico?”
Jill si fece molto triste. “E’ caduto dal dirupo… Eustace voleva impedirmi di cadere di sotto. Io stavo facendo la stupida, lo stavo prendendo in giro, e… non so bene come sia successo… Io non volevo, mi dispiace! E’ colpa mia!”
“Il tuo cuore è sincero” sentenziò il Leone. “Non farlo mai più”
Jill scosse il capo. “No, signore”
Buffo chiamare ‘signore’ un animale, ma non sapeva come rivolgersi a Lui. Dopotutto, erano in una foresta, e il Re della foresta è il Leone. Di sciuro, laggiù, quella meravigliosa creatura era l’autorità massima.
Lo sbirciò di sottecchi: la studiava attentamente.
Piano piano, il timore nei confronti del Leone si attenuò, lasciando spazio alla curiosità, e la ragazza sentì che doveva assolutamente chiedergli una cosa.
“Posso farvi una domanda, signore?”
“Chiedi e ti sarà risposto”
“Qual è il vostro nome?”
Egli sollevò la grossa testa, la criniera ondeggiante, raggiante come il sole.
“Io sono me stesso. Io sono colui che è, che era e che sarà.”
C’era un milione di cose non dette in quella risposta, ma Jill riuscì in qualche modo ad interpretarle.
Lui semplicemente era.
“Lascia che ti racconti del tuo amico, ora” proseguì il Leone.
“E’ vivo, vero?!” esclamò ansiosa la ragazza.
“Sì, è sano e salvo. Con il mio soffio ha raggiunto Narnia”
“Posso andare da lui, per favore?”
“Dovrai farlo, poiché Narnia ha bisogno di entrambi voi. Per questo siete stati chiamati”
“Nessuno ci ha chiamati” ribatté Jill, cercando di non sembrare troppo irrispettosa. “Siamo stati noi a chiedere di venire qui”
“Non avreste potuto chiamarmi se io non vi avessi chiamato” disse il Leone.
“Lui ci ha chiamati…” pensò Jill. “Lui! Quindi adesso ci aspetterà una missione? A me e Eustace? Un’avventura a Narnia? Oh santo cielo, non sono ancora pronta!”
“Lo sei” Egli rispose.
Jill sussultò dallo stupore. “Mi avete letto nel pensiero, signore?”
“No: ho letto nel tuo cuore. Non sai che è il cuore a parlare prima della mente?”
La ragazza non fiatò, cercando di riflettere su quelle e tutte le altre cose che Lui aveva detto.
“Non abbiamo tempo da perdere” riprese la Creatura, alzandosi in piedi.
Jill fu costretta ad alzare il capo per poterlo guardare bene. Era altissimo.
“Dovrò darti da svolgere un compito molto difficile.”
“Difficile quanto, signore?”
Per la prima volta il Leone sorrise e la sua breve risata vibrò nell’aria immobile. “Fai davvero tante domande, Jill Pole”
Lei lo guardò a bocca aperta. “Conoscete il mio nome?”
“Ti stupisce?” il Leone le sorrise ancora. “Ora ascolta attentamente ciò che dovrai fare: assai lontano da qui, nella terra di Narnia, ci sono un Re e una Regina molto tristi perché hanno perso i loro figli. Alcuni anni fa furono rapiti e nessuno sa dove si trovino e, soprattutto, se siano ancora vivi. Ma io so che vivono! Ecco, Jill Pole, ti ordino di cercare il principe e la principessa scomparsi e di riportarli dai loro genitori. Bada, potresti anche non tornare da questa missione”
Jill ebbe un tremito. “N-non importa. Lo farò ugualmente”
Il Leone non le aveva narrato nei particolari la storia del Re e della Regina, ma lei sentì che doveva essere una storia molto triste e desiderò ardentemente aiutarli.
La Creatura parve molto compiaciuta. “Il tuo coraggio ti fa onore, Jill Pole. Ed ora, memorizza attentamente quattro cose: quattro segni tramite i quali ti guiderò nella missione. Primo: una volta a Narnia, Eustace incontrerà un caro amico. Deve andargli incontro senza paura di quel che vedrà. Se farà questo, vi sarà di grande aiuto. Secondo: dovrete lasciare Narnia e avventurarvi verso nord, fino a quando non vi imbatterete nelle rovine dell’Antica Città dei Giganti. Terzo: in quella città diroccata troverete una pietra con alcune iscrizioni. Leggetele e seguite alla lettera il messaggio in esse contenuto. Quarto: se troverete il principe e la principessa scomparsi, li riconoscerete perché saranno le prime persone nel corso del vostro viaggio a implorarvi di fare qualcosa in mio nome, il nome di Aslan”
Lo sapevo che era Aslan! Lo sapevo, lo sapevo!
“Ho capito tutto, signore. Ma posso farvi un’altra domanda? Ecco…dovremo far tutto questo io e Eustace da soli?
“Dipenderà dalle circostanze, figliola” rispose Aslan. La sua voce era più dolce adesso. “Può darsi che qualcuno verrà con voi, o può darsi di no. In ogni caso, non dovrete farvi sviare in alcun modo da questo incarico, ne va della salvezza di Narnia. Ora, ripetimi i quattro segni”
Con un po’ di difficoltà, perché ancora confusa da tutto ciò che era successo, Jill obbedì.
Molto pazientemente, il Leone la corresse quando sbagliò, facendole ripetere i segni finché non li imparò a memoria.
“Seguili alla lettera, è di vitale importanza”
“Sì, signore”
“Vieni, adesso”
Jill lo seguì con lo sguardo, mentre lasciava la riva del torrente e si dirigeva verso la foresta. Con una piccola corsa gli fu accanto. Camminarono fianco a fianco, come buoni amici, ed infine si ritrovarono nuovamente sull’orlo del precipizio.
Il Leone le disse di mettersi davanti a lui, e lei lo fece.
“Adesso devi stare ferma. Volerai sul mio respiro e raggiungerai Narnia, proprio come ha fatto il tuo amico Eustace”
“Oohh…” fece lei, ammirata. Da bambina aveva immaginato tante volte di fare una cosa simile. Come sarebbe stato volare nel nulla?
Il Leone la guardò dritto negli occhi e stavolta lei non abbassò lo sguardo.
“Ricorda, Jill Pole: ripeti i quattro segni giorno e notte, in ogni momento, fallo ad alata voce se preferisci, oppure in silenzio. Fallo anche se ti sembra di saperli ormai a memoria. I segni dovranno essere in te, e  dovrai trasmetterli a Eustace e a chiunue sarà disposto ad ascoltari. Ma tu, più di chiunque altro, dovrai rammentarli sempre. Non dovrai distrarti dalla loro importanza, qualsiasi cosa succeda”
“Non lo farò”
“Purtroppo potrebbe accadere. Vedi, su questa montagna tutto ti è apparso chiaro, e hai ascoltato e accettato quanto ti ho detto senza il minimo indugio. Ma giù nel mondo non sarà così. Purtroppo, anche se si tratta di Narnia, per colpa di quei Figli di Adamo e di Eva il cui cuore è oramai irrimediabilmente corrotto, l’atmosfera è stata contaminata dal male e potrebbe confondere i tuoi pensieri. Stai bene attenta, perché ciò che hai imparato quassù, giù a Narnia potresti non ricordarlo. Ecco perché è importante che porti i segni dentro il tuo cuore e non dai retta a ciò che appare ma non è. Ricorda i segni, credici. Il resto è niente. E adesso, Figlia di Eva, addio”
La voce del Leone si allontanò.
Un soffio caldo le arrivò in viso e Jill chiuse gli occhi solo per un secondo. Un altro ancora e li riaprì: la montagna e Aslan erano ormai lontanissimi. Il soffio magico della Creatura era stato così delicato che non si era neppure accorta di essersi sollevata da terra.
E adesso volava. Volava sopra la montagna.
Jill poté vedere quanto immensa fosse in realtà: aveva un’estensione, una profondità e un’altezza praticamente illimitate. Non si poteva capire dove iniziava e dove finiva. Si stupì di non scorgere ghiaccio sui picchi più alti. La vetta estrema era invece celata a qualsiasi sguardo, coperta di nubi, nelle quali splendevano arcobaleni sgargianti.
“Chissà che ci vive lassù?”
Poco dopo, il monte sparì. Attorno a lei si spalancò un’infinita distesa, scura come solo un celo di notte può essere, puntellata di bagliori argentei: le stelle. Poi, la luce tornò e sotto di lei apparve una superficie blu intenso, cosparsa di puntini chiari e scuri: oceani e isole.
Viaggiava a una velocità sorprendete, così che presto, lungo l’orizzonte, comparve la linea scura della terra. La terra di Narnia.
Lande incolte, monti verdeggianti e ghiacciai furono le prime cose che Jill vide; scorse un cancello d’oro nel mezzo di una foresta scura, ma prima di scoprire cosa si celasse al di là di esso, la visuale venne sostituta da  altre praterie e foreste; e ancora vulcani, deserti, rovine di civiltà dimenticate…
Qualche ora più tardi (a lei parvero ore, forse era molto di più) le forme sottostanti iniziarono a diventare più chiare, e Jill cominciò a riconoscere qualche particolare: un branco di cavalli selvatici in corsa, un villaggio, le persone, promontori, un porto, baie e spiagge.
“Sto scendendo” pensò.
Una nuvola le venne incontro dal basso e la investì in pieno…o meglio, fu lei che ci finì dentro, dritta in mezzo. La ragazza si ritrovò avvolta da una foschia umida e gelata, e le mancò il fiato ma solo per un attimo. Quando ne uscì, una luce abbagliante l’accecò. Jill si portò una mano alla fronte, schermandosi gli occhi: il sole stava tramontando, gettando i suoi raggi arancione intenso sulle mura di un fantastico castello dalle mura immacolate.
I rumori che sul monte di Aslan e durante il volo erano stati assenti, ricomparvero all’improvviso e le sembrarono troppo forti.
Scendeva ancora, verso la foce di un fiume, le cui sponde erano ornate da alberi dalle foglie dipinte di colori autunnali. La preoccupava la velocità con la quale sarebbe atterrata, ma non ce ne fu bisogno. Mise piede a terra leggera come una piuma, senza fare il minimo rumore.
Era sola sul prato e poté così guardarsi attorno con calma. Osservò il castello da lontano, il vascello che era appena attraccato al molo, la folla che salutava un uomo vestito di nero che scendeva la passerella, scortato da una decina di altri uomini in armature splendenti.
“Che sia il Re? Forse è colui del quale Aslan mi ha parlato” si disse Jill, facendo un passo avanti sull’erba.
“Psst! Jill! Jill dietro di te” sibilò una voce alle sue spalle.
La ragazza si voltò: dove iniziava il bosco, a pochi metri da lei, dietro una macchia di cespugli, spuntava la testa bionda di Eustace. Il ragazzo le faceva cenno con la mano di avvicinarsi.
“Eccoti, finalmente!” esclamò Jill ad alta voce, correndo verso di lui e gettandogli le braccia al collo. “Mi dispiace, Scrubb, scusami!”
“Ehi, ehi, calma, sto bene…E staccati!”
Il ragazzo l’allontanò bruscamene da sé, ma lei sorrise. Dopotutto, il caratteraccio di Eustace non sarebbe mai cambiato, doveva tenerselo così com’era.
Jill riprese a scusarsi, ansiosa di raccontargli tutto quanto era successo dopo che si erano separati, ma lui non le permise di fiatare, trascinandola in fretta al riparo degli alberi.
“Stattene zitta e buona se non vuoi che ci scoprano”
“Che ci scopra chi?”
Eustace le fece cenno di tacere e indicò il veliero.
“Credo di non capire. Quello non è il Re?”
“Il Re?! No di certo!” sbottò il ragazzo. “Conosco il Re di Narnia, e non mi sembra affatto la sua nave, quella. C‘è qualcosa che non quadra qui.”
“Ascolta...” fece Jill. “Cosa sta gridando la folla?”
“Rabadash!” acclamava il popolo, “Evviva Rabadash, il nostro grande e potente signore!”
“Chi è Rabadash?”. Le pareva di aver già sentito quel nome, ma al momento non ricordava dove…
“Un morto che cammina” le rispose Eustace, il viso pallido e tirato. “Presto, allontaniamoci di qui, prima che ci vedano”
“Scrubb, ti senti bene?” Jill non l’aveva mai visto così arrabbiato e angosciato insieme.
Lui non rispose. La giudò dentro il bosco, lontano dalla foce del fiume, dalla spiaggia, finché la risacca del mare non fu che un lieve fruscio in lontananza.
Eustace si muoveva con una certa sicurezza e questo aiutò Jill a tranquillizzarsi un poco.
Lui conosceva abbastanza bene i boschi attorno a Cair Paravel, avendoli visitati insieme ai Pevensie durante la sua ultima permanenza a Narnia, nel tempo in cui al castello vivevano ancora Caspian e Susan.
Dov’erano il Re e la Regina?, pensò Eustace. Perché Rabadash si trovava a palazzo? E soprattutto, perché era ancora vivo?
Camminarono a passo sostenuto, e quando Eustace decise che erano abbastanza distanti dal castello, si fermarono al riparo di un grosso albero caduto che ostruiva per buna parte la strada. Lo scavalcarono e sedettero sull’erba, appoggiando la schiena al tronco.
Jill cominciava ad aver freddo, ma non se ne curò. Improvvisamente, rammentò i quattro segni di Aslan.
“Scrubb ascolta: quando sei arrivato qui hai visto qualcuno che conosci? Un tuo vecchio amico? Perché se è così, devi andare subito a parlarci”
Lui la guardò alquanto perplesso. “Ma che stai blaterando?”
“Pensaci! Quel Rabadash, forse…”
Eustace la fulminò con lo sguardo. “Rabadash è tutto fuorché mio amico!”
 “Oh!” fece Jill. “Ora ricordo: Rabadash è quel principe del Deserto, vero? Quello che vi ha inseguiti nell’Oceano Orientale”
“Esatto. E’ uno schifoso, un maledetto assassino!”. Il ragazzo espirò, cercando di calmarsi.
Jill corrugò la fronte. “Aspetta, ma non avei detto che Rabadash era morto? L’hai scritto nel tuo libro”
Eustace si prese la testa fra le mani “Era quel che credevo anche io, ma... Non capisco…Rabadash a Cair Paravel…”
“Mmm...D’accordo, allora si vede che non hai ancora incontrato questo tuo amico...bè, meglio così”
Stavano parlando di due cose diverse e continuarono così per un po’, fino a che si voltarono l’uno verso l’altra e in coro dissero: “Scusa, che stavi dicendo?”
“Eustace, ti prego pensaci ancora” ricominciò lei. “Sei sicuro di non aver visto nessun altro che conosci a parte quel Rabadash?”
“No, nessuno. Ma perché insiti tanto?”
“Perché…Aslan, il Leone…lui ha detto che quando saresti stato a Narnia, avresti incontrato un tuo caro amico e avresti dovuto parlare con lui”
Eustace era a bocca aperta. “Hai visto Aslan?!”
La ragazza annuì, un’espressione disperata. “Sì, su quella montagna, dopo che tu sei caduto dal burrone. Mi ha dato un compito da svolgere”
Jill raccontò ogni cosa, cercando di ripetere i quattro segni come meglio poteva. A parte qualche parola, li pronunciò esattamente come li aveva pronunciati Aslan.
“Di certo” dichiarò Eustace alla fine del racconto, “Aslan non si riferiva alla prima persona in assoluto che avessi visto. Perché come ti ho già detto, Rabadash non è affatto mio amico. E poi non l’ho incontrato, l’ho visto da lontano. Per fortuna, lui non ha visto me”
Rimasero in silenzio qualche minuto.
“Dovremo cercare un riparo per la notte” suggerì Jill, stringendosi le braccia intorno al corpo. Indossavano entrambi i cappotti, ma l’aria della sera era veramente pungente.
In quel mentre, ci fu un rumore tra i cespugli. Jill, che stava per dire ancora qualcosa, si fermò a un gesto dell’amico.
“Tu resta qui” le disse Eustace, muovendosi con cautela. “Vado a controllare”
“No, Scrubb, non lasciarmi qui da sola!”
“Sshhtt! Resta nascosta e zitta. Torno subito”
“Ma…ma…”
Jill iniziò a tremare da capo a piedi. Osservò il ragazzo camminare a schiena curva, appiattirsi tra i cespugli, lasciare la protezione del tronco dietro al quale lei se ne stava rannicchiata in posizione fetale. Lo vide sparire, udì i suoi passi allontanarsi, e poi avvicinarsi di nuovo…stava già tornando indietro?
“Eustace?” sibilò Jill, sporgendosi dal tronco.
Senza preavviso, da non si sa dove, un lupo enorme e nero come la notte balzò davanti a lei, ringhiando. I denti affilati, bianchi come avorio, brillavano sinistri al riverbero della luna, così come i suoi occhi.
Jill urlò, forte. Il lupo la imprigionava tra di sé e il tronco dell’albero. Era in trappola.
“Jill!!!” urlò in risposta la voce di Eustace.
“Scrubb, aiutami!”
“Bestiaccia, stalle lontano!”
Il ragazzo si chinò, afferrando un sasso di media grandezza e tirandolo addosso al lupo, ma questo lo schivò.
L’animale fissò gli occhi gialli in quelli azzurri del ragazzo, emettendo un ringhio ancor più forte, come intimandolo a non avvicinarsi o avrebbe attaccato la ragazza.
“Ma gli animali di Narnia non erano tuoi amici?!” esclamò Jill, isterica.
“Gli animali parlanti sì, ma questo lupo è una bestia muta e non è diverso da quelli del nostro mondo”
Eustace raccolse un altro sasso, molto più grande del primo, facendo per lanciarlo di nuovo addosso all’animale, ma qualcosa lo fermò.
Il braccio teso all’indietro, Eusace avvertì un dolore acuto alla mano, e lasciò andare la pietra. La sua mano sanguinava. Se l’afferrò con l’altra e guardò a terra, dov’era piantata la freccia che lo aveva colpito: vibrava ancora.
Se non fosse stato buio, avrebbe subito notato un particolare fondamentale, ma non gli fu possibile.
“Fermati!” intimò una voce di donna.
Eustace e Jill si voltarono a guardarla, ma non la videro in volto: arco e frecce pronti ad essere usati, era avvolta in un ampio e lungo mantello nero, il cappuccio alzato.
Incurante dell’avvertimento, Eustace si chinò e riafferrò la pietra, deciso a finire quel che aveva cominciato.
Un’altra freccia gli passò a pochi centimetri dal volto, piantandosi nel tronco di un albero.
“Fallo e stavolta non mi limiterò alla tua mano” disse la donna, la voce bassa e minacciosa. “Se colpisci il lupo, io colpirò te, e ti farò molto più male di quanto potresti farne tu a lui”
Eustace abbassò il braccio. L’altra fece lo stesso con l’arco e si allontanò da lui, andando verso il lupo e Jill.
Non appena gli diede le spalle, Eustace si lanciò contro la sconosciuta e la sbatté a terra.
Jill gridò di nuovo, coprendosi la testa con le mani quando il lupo balzò in aria, ma non per abbattersi su di lei, bensì su Eustace.
“No!” gridò Jill, schizzando fuori dal suo nascondiglio.
Il lupo atterò il ragazzo, allontanandolo dalla donna.
Ci fu una breve lotta tra umano e animale, e quest’ultimo ebbe la meglio.
Eustace fu sbattuto a terra, picchiò forte la testa contro una pietra, e svenne.
Jill gli fu accanto, singhiozzando di spavento, osservando con angoscia lui, il lupo, la donna, la quale adesso aveva il cappuccio abbassato. I suoi occhi azzurri splendevano anche nel buio.
Le due si fissarono un momento.
La più adulta fece per avvicinarsi ai due ragazzi, una mano tesa verso il giovane steso a terra a faccia in giù.
“Mi dispiace, non mi ha ascoltato”
“Vattene via! Stagli lontano!” gridò Jill, parandosi davanti all’amico.
Il lupo ringhiò ancora in direzione della ragazza.
La donna si inginocchiò accanto a lui, accarezzandogli il pelo nero, mormorandogli parole dolci per calmarlo.
“Va tutto bene, mio caro, non sono nemici”
Jill osservò la scena a bocca aperta: il lupo si stava calmando per davvero. Non sembrava più il feroce predatore di poco prima, ma un cucciolo mansueto che risponde con gioia alle tenere attenzioni della sua padrona. E ora i suoi occhi si specchiavano in quelli azzurri della donna, la quale gli sorrideva amorevolmente.
Quella tipa doveva essere una strega, pensò Jill, e delle peggiori, non c’erano dubbi! Aveva letto molti libri di streghe che usano animali come famigli: lupi, gatti, topi e quant’altro.
La donna si rimise in piedi e provò a parlarle ancora. “Non voglio farvi del male. Fammi vedere la sua ferita”
“Ho detto vattene!” esclamò di nuovo Jill, che di quei due non voleva proprio saperne.
La donna sospirò, rassegnata. “Come volete. Ma fareste bene a trovare un riparo per la notte. Ci sono un paio di grotte qui vicino. Sono sicure, nessuno vi troverà”
Jill seguì ogni suo movimento: ella si rialzò il cappuccio sul viso, recuperò le sue frecce e le rinfilò nella faretra che aveva allacciata dietro la schiena, assieme all’arco. Poi guardò lei e Eustace un’ultima volta, e infine se ne andò con il lupo al fianco, docile come un agnellino.
Quando sparirono in mezzo agli alberi, Jill tirò un sospiro, tornando a concentrare tutte le sue attenzioni su Eustace.
“Svegliati, Scrubb, andiamo!”
Lo scosse un poco e il giovane si ridestò con un mugugno e una smorfia.
“Come ti senti?” chiese Jill.
“Ahi…la mia testa…” Eustace si massaggiò la fronte, dove il sangue si stava gia repprendendo. Poi balzò a sedere, sbattendo le palpebre più volte per snebbiarsi la vista.
“Dove sono il lupo e la donna?”
“Se ne sono andati”
Lui aggrottò la fronte. “Andati? Sul serio?”
“Lo so, è strano. Pensavo il peggio ormai, soprattutto perché quella donna è una strega!”
Eustace scattò sull’attenti. “Che dici, Pole?! A Narnia non ci sono streghe, tranne una che è stata sconfitta molto tempo fa”
“E’ una strega ti dico: tu non hai visto quello che ha fatto con il lupo”
 
 
 
~·~


 
 
Peter, Edmund e Lucy tornarono allo Sperimentale entrando di soppiatto dal cancello secondario.
La scuola era deserta, e poterono così raggiungere senza problemi il cortile sul retro, fino ad arrivare davanti alla vecchia porta dietro la quale erano scomparsi Eustace e Jill.
Si inginocchiarono tutti e tre a terra. Peter e Edmund, estrassero dalle tasche dei cappotti le due coppie di anelli magici, posandoli sull’erba. Solo allora tolsero i guanti.
Lucy porse loro le mani: la destra a Edmund e la sinistra a Peter, stringendole forte.
“Siete pronti?” chiese quest’ultimo agli altri due, che annuirono.
Il Re Supremo si scambiò un’occhiata con il fratello. Insieme, allungarono le mani libere da protezione verso gli anelli gialli.
Lucy chiuse gli occhi. Non vide quel che accadde, non vide il cortile della scuola scomparire all’istante; udì però svanire i suoni del suo mondo, e tutto d’improvviso divenne calmo.
“Puoi aprire gli occhi, adesso, Lu” le disse Peter. La sua voce era stranamente ovattata.
Lucy sentì le mani dei fratelli scivolare via dalle sue. Schiuse le palpebre e la prima cosa di cui si rese conto fu che erano ancora tutti e tre in ginocchio, ma non più sul terreno, bensì dentro un laghetto di acqua limpida. Era piuttosto bassa: anche in quella posizione, arrivava loro appena alla vita.
“Accidenti!” proruppe Edmund balzando in piedi, i pantaloni zuppi.
Quelli di Peter e la gonna e le calze di Lucy, erano nelle stesse condizioni. Ma non appena misero piede sulla sponda erbosa, i loro abiti tornarono asciutti.
Non ebbero quasi tempo di stupirsi di questo che il paesaggio attorno a loro catalizzò tutta l’attenzione su di sé.
La Foresta di Mezzo era un tripudio di verde di tutte le sfumature. Gli alberi erano fitti e frondosi, tanto da oscurare la vista del cielo. Attraverso il fogliame filtrava soltanto una tenue luce verde, ma i ragazzi pensarono che, al di sopra di quel tetto naturale, il sole dovesse brillare in tutta la sua potenza.
Il luogo era silenzioso: non c’erano canti d’uccelli, né frinire d’insetti o rumori di altri animali, e nemmeno un alito di vento. L’unico suono che si udiva era un sommesso scricchiolio misto a un fruscio. I Pevensie non avrebbero saputo descriverlo meglio di così. Di una cosa erano certi: il rumore proveniva dagli alberi. Era il rumore degli alberi che crescevano!
Era una foresta vivente, pensante, primitiva, sospesa nel tempo.
“Fantastico” commentò Lucy a bassa voce, il capo riverso all’indietro.
“Lu, andiamo” le disse Edmund.
La ragazza spiccò una piccola corsa e raggiunse i fratelli.
“Ora come facciamo a trovare il passaggio per Narnia?” chiese.
“L’entrata è in uno di questi” le rispose Peter indicando le pozze d’acqua che li cicrondavano.
Tra i tronchi c’erano dozzine di laghetti identici, uno a pochi metri dall’altro, a perdita d’occhio.
“Digory e Polly hanno detto che lo capiremo da soli. Dobbiamo solo aver fede: Aslan ci guiderà”
Gli altri due annuirono con convinzione.
“Aspettate un momento” fece Edmund, tornando verso il loro laghetto. Si tolse la sciarpa, la piegò e la posò sulla riva. “Se non mettiamo un segno di riconoscimento, sarà impossibile identificare il lago da cui siamo venuti”
“Bravo, Ed” disse Peter.
“A che ci serve?” chiese Lucy.
Il Giusto si avvicinò alla sorella e le tirò la fascia blu sulla fronte, spettinandola. “Per quando dovremo tornare indietro, zuccona”
“Tornare…?” fece lei, risistemandosela.
La voce di Edmund vacillò “Dovremo farlo prima o poi”
“Oh…certo”. Lucy si fece triste all’improvviso.
I Pevensie si cambiarono uno sguardo strano, cominciando a camminare in silenzio tra i laghetti.
Tutti lo speravano, lo desideravano da tanto tempo ormai: rivedere Narnia, le persone amate, gli amici più cari, loro sorella, Aslan… ma più di tutto, restare per sempre.
Anche quella volta non sarebbero rimasti, dunque?  si chiese Lucy.
La voce di Edmund la risvegliò dai suoi tristi pensieri. “Credete che la Foresta di Mezzo abbia una fine? Guardate quanti laghi: ognuno di loro è un passaggio per altri mondi, vero? Quanti ce ne saranno? Quante dimensioni diverse esisteranno?”
“Attento, Ed” lo ammonì Peter. “Ricordati che da uno di questi mondi proveniva la Strega Bianca. In molti di essi potresti trovare qualcosa che non ti piacerebbe”
“Sì, lo so, ma non posso fare a meno di chiedermi: oltre ad altri spazi, si potranno raggiungere altri tempi? Non so, l’Inghilterra dei primi britanni, o l’antica Roma, la Grecia, l’Egitto all’epoca dei faraoni…”
Peter sorrise. “Di certo sarebbero incredibili avventure, ma quel che interessa a noi, al momento, è solo Narnia”
“Guardate là, che cosa strana…” fece d’un tratto Lucy, avvicinandosi a una buca nel terreno.
Un tempo doveva essere stata piena d’acqua, pensarono i tre ragazzi, ma adesso era secca e vuota.
“Il mondo che c’era qui dev’essere scomparso”
“Perché dici così, Lu?” chiese Edmund.
“Non so, ho questa sensazione…”
“Da qui si accedeva al regno di Charn” disse Peter, facendo trasalire gli altri due.
Charn era la terra maledetta della quale era originaria la Strega Bianca.
“Non puoi esserne sicuro”
“E’ l’unico lago in secca, Ed. Dev’essere per forza questo. Ricordi? Digory ci ha parlato di quando Jadis distrusse il suo stesso regno: il lago dove si entrava a Charn si prosciugò, perché quel mondo non esisteva più”
“Allontaniamoci da qui, per favore” disse Lucy, facendo un passo indietro. “Questa fossa mi da i brividi”
Peter e Edmund pensarono la stessa cosa, ma non espressero le loro sensazioni ad alta voce.
A un certo punto, nello specchiarsi sulla superficie di uno degli innumerevoli laghetti, Lucy cacciò un grido, e un sorriso si aprì sul suo viso.
“Aslan! E’ Aslan! Peter, Ed, guardate!”
I ragazzi accorsero, mettendosi ai lati della sorella, osservando il muso sorridente del Grande Leone riflesso nell’acqua.
Aslan li guardò tutti e tre, poi si voltò e iniziò a camminare verso il niente, svanendo in fretta alla vista.
“E’ questo” disse Peter, il primo ad entrare dentro il laghetto.
L’acqua arrivava loro un poco più sopra delle caviglie. Si bagnarono calze e scarpe ma non se ne preoccuparono, certi che, appena a Narnia, i vestiti sarebbero tornati perfettamente asciutti.
La scena fu quasi la stessa dell’inizio: Lucy prese per mano i fratelli; Peter e Edmund infilarono le mani nelle tasche dei cappotti, percependo gli anelli sotto le dita, che subito si attivarono.
Stavolta, Lucy non chiuse gli occhi, e poté vedere la Foresta di Mezzo dissolversi davanti a loro, sostituita da un’altra foresta, dall’aspetto più famigliare.
Il silenzio si riempì di nuovo dei consueti suoni di un bosco, ma le fronde degli alberi non erano più verdi, bensì arancioni, rosse, gialli e marroni. La luce andava via via scemando, doveva essere appena passato il tramonto.
Erano arrivati a Narnia in una sera d’autunno.
Non avevano fatto in tempo a lasciarsi le mani che una grossa cosa bianca planò sulle loro teste.
“Intrusi! Uhu! Uhu! Intrusi! Accorrete, presto!”
Era un gufo bianco, grosso quasi quanto un Nano adulto. Si posò sopra un ramo e continuò a chiamare aiuto.
“Ehi, amico, calmati! Non siamo nemici!” esclamò Edmund, ma servì a poco.
In due secondi furono circondati da una miriade di piccoli animali: coniglietti, lepri, tartarughe, rospi, volpi, scoiattoli, ghiri e altri gufi. Questi ultimi portavano nei becchi lunghe corde spesse con le quali, volando in cerchio attorno ai tre ragazzi, li legarono stretti schiena contro schiena.
Peter, Edmund e Lucy caddero a sedere sul prato.
“Presi! Presi!” esclamarono le creature, saltellando attorno ai tre umani come in una sorta di danza della vittoria.
“Ecco! Così imparerete!” disse un ghiro, facendo un nodo complicatissimo alle corde. “Nessuno verrà più a distruggere il nostro caro Bosco Gufo”
“Ma santo cielo!” proruppe Lucy. “Non ho mai visto creature di Narnia tanto maleducate in vita mia!”
“Ah, perché!” fece il gufo bianco. “Sei un’esperta in creature narniane, per caso? Uhu???”
“Certo che sì, dato che ho regnato quaggiù per ben quindici anni!”
Il gufo saltellò sul ramo, inquieto. “Ma io ti conosco?”
“Lo spero bene! Sono Lucy la Valorosa, Regina di Narnia!”
“Oooohhhh!!!” esclamarono le creature, inginocchiandosi all’istante davanti ai tre ragazzi. “La Regina, Lucy, Re Edmund e il Re Supremo Peter!”
“Uhu! Uhu!” gridò il gufo bianco. “Presto, presto, avvertite Lady Miriel! I Regali Pevensie sono arrivati!”
Alcuni scoiattoli e lepri si mossero immediatamente, correndo di qua e di là per la radura.
I gufi, con becchi e artigli, liberarono i Sovrani.
“Le mie scuse, Vostre Maestà” disse il gufo bianco, aprendo le grandi ali in un elegante inchino. “Non vi avevamo riconosciuti con quegli strani abiti”
“Perdoniamo la svista” assicurò Peter. “Posso sapere come vi chiamate?”
“Uh, certo, uhu: io sono Mastro Pennalucida, al vostro completo servizio”
“Mastro Pennalucida, avete nominato una Lady, poco fa. Potreste ripetermi il suo nome?”
Il gufo si rimise dritto e sorrise. “Certo, Maestà Suprema: è Lady Miriel delle Valli del Sole”
Esattamente in quel momento, nella radura apparve una bellissima donna dai lunghi capelli rossi come fiamme, occhi acquamarina splendenti come gemme preziose. Gli animali si fecero da parte per lasciarla passare.
“Miriel!” esclamò Lucy, ma subito Edmund la fermò dal correre da lei.
La Valorosa gli rivolse un’occhiata interrogativa, poi vide che il fratello sorrideva e capì: non potevano rovinare quel momento, quando finalmente dopo tanto, troppo tempo, Peter e Miriel potevano riabbracciarsi.
Miriel volò letteralmente tra le braccia del Re Supremo, quasi rischiando di farlo cadere a terra, iniziando a singhiozzare forte.
Peter non proferì parola, avvinto da un’emozione troppo frote. Rimase là, nel centro del prato, stringendo la Driade con tutte le sue forze, affondando il viso nei suoi capelli.
“Perdonami se ti ho fatto aspettare tanto”
Miriel scosse il capo. “Non importa, ora sei qui, è questo che conta”
Lucy e Edmund osservavano la scena insieme alle creature del bosco, felici per il fratello maggiore, ma non potendo fare a meno di chiedersi quando, anche per loro, sarebbe arrivato il momento di riabbracciare le persone più care...
Il Giusto e la Valorosa si resero conto solo in quel momento che, dietro Miriel, altre due persone erano sopraggiunte: un ragazzo- ormai un uomo- dalla pelle abbronzata, i capelli scuri e un accenno di barba sul viso; e una fanciulla dai lunghi capelli biondi, di età indefinibile, con grandi occhi blu lucenti come stelle.
Lucy si portò le mani alla bocca e poi gridò, correndo incontro al ragazzo dalla pelle scura.
“Emeth!” la Valorosa gli si gettò tra le braccia aperte.
Emeth non perse tempo, infischiandosene di chiunque, persino dei fratelli di lei: la strinse forte e la baciò.
Edmund avrebbe voluto dire qualcosa, ma decise che poteva rimandare i rimproveri a un altro momento. Il suo pensiero, era solo per lei: Shanna.
Il Giusto e la Stella si guardarono a lungo negli occhi.
Lei gli andò incontro piano piano, con passo leggero, un sorriso stentato.
Non era cambiata. Il viso da ragazzina era sempre lo stesso, ora bagnato da lacrime simili a perle.
Edmund allungò una mano verso quel volto, e poi l’abbracciò all’improvviso, lasciandola stupita da quello slancio che mai si era concesso prima.
Shanna si mise in punta di piedi, rispondendo all’abbraccio, forse un po’ esitante, mettendogli le braccia attorno al collo.
“Bentornato a casa”
 

 
 
 
 
 
In ritradissimo come al solito, ecco il tanto atteso capitolo del salto temporale!
Cari lettori, ormai mi odierete, lo so…..T________T
Però, finalmente sono tornati tutti a Narnia, e si sono visti tutti i protagonisti! Dai, ditelo che siete contenti!!! xD
Ok, il pezzo in cui appaiono Susan e Caspian-lupo è di poche righe, e vi confesso che sto pensando a un modo per farli incontrare ancora...rischio di andare fuori trama, ne sono consapevole... voi che ne pensate?
So che Night&Day ha risvolti più tristi e più cupi rispetto a Queen, e mi rendo conto che non a tutti può piacere, soprattutto il fatto che i Suspian non sono molto presenti come coppia... Ma come ha detto la mia DLF, “si assapora molto meglio la felicità se si è faticato per conseguirla!” , così come voi assaporerete al meglio le scene Suspian dopo tutto quello che stanno passando! ;)
 
Ci tengo subito a precisare che il pezzo iniziale - quello di Jill, Eustace e Aslan - non è tutto farina dle mio sacco: ho attinto moltissimo dal libro de "La Sedia d’Argento". E anche la descrizione della Foresa di Mezzo è presa da "Il Nipote del Mago". Ritengo opportuno riportare certe parti quasi identiche a come le ha scritte Lewis. Non è plagio, vero???
 
E con questo dubbio...Passiamo ai ringraziamenti:

 
Per le preferite: Aesther, aleboh, Araba Stark, battle wound, english_dancer, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, G4693, GregAvril2000, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, lucymstuartbarnes, lullabi2000, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, piumetta, Queen Susan 21, Robyn98, Shadowfax, SweetSmile, TheWomanInRed, ukuhlushwa, Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark,Cecimolli, Halfblood_Slytherin, mishy , Queen_Leslie, Zouzoufan7
 

Per le seguite: Araba Stark, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, ChibiRoby, cleme_b, ecate_92, fede95, FioreDiMeruna, Fly_My world, Fra_STSF, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, katydragons, Lucinda Grey, lucymstuartbarnes, Mia Morgenstern, niky25, Omega _ex Bolla_, piumetta, Queen Susan 21, Revan93, Shadowfax, Zouzoufan7
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, Joy_10, lucymstuartbarnes, LucyPevensie03, piumetta, Queen_Leslie,  Robyn98 e Shadowfax
 
Angolino delle Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo dedicherò un po’ di spazio alle coppie Petriel, Shandmund e Lumeth!!! Ci sarà una bella scena tra Peter e Miriel, preparatevi fan del Re Supremo!!! ;)
Eustace e Jill si incontreranno con Peter, Ed e Lu, e partiranno alla ricerca dei Suspian, dei quali nessuno sa più nulla da ben due anni! Inoltre, ci prenderemo un po’ di tempo per far narrare a Emeth, Miriel e Shanna, come sono andate le cose a Narnia in questo arco di tempo.
Probabilmente farò vedere anche i bambini, e farà la sua comparsa un nuovo personaggio.

 
Anche per questa volta è tutto!
Come sempre, qui sulla mia pagina facebook trovate gli aggiornamenti di Night&Day e della mia short-fic A Fragment Of You.
Vi ringrazio ancora tutti quanti, continuate a seguirmi, mi raccomando!!!
Un bacio grande,
Susan♥
   
 
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