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Autore: Black Mariah    25/03/2014    6 recensioni
"Eppure, era fortemente tentato di ritornare da lei, di dirle che non aveva mai provato niente prima di allora, prima che lei gli avesse fatto scoprire quanto bene ci si sentisse a tenere ad una persona.
Guardò lo schermo del cellulare e cedendo per la prima volta alle tentazioni digitò il numero di Caroline, infrangendo la sua promessa."
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ok, lo so, non ho scuse per un mese e mezzo di silenzio, quando vi avevo promesso che avrei aggiornato subito. Purtroppo in questo periodo sono successe tante cose, ventimila esami (di cui un altro venerdì) e come se non bastasse mi è venuta una dermatite da stress ai piedi e alle mani che mi ha bloccata per un po' di tempo, quindi vi chiedo scusa se vi ho fatto aspettare così tanto! Spero che questo lunghissimo capitolo (ben 14 pagine di word, mi sono superata) sia di vostro gradimento! E' ispirato alla 1x14 di Originals, ma con le carte un po' mischiate in tavola! Correte a leggere, ci vediamo a fine capitolo!



Quando Klaus aprì gli occhi, la prima cosa che avvertì fu un forte odore di marcio. L’aria attorno a lui era pesante e con poca facilità gli entrava nei polmoni. Respirare era molto doloroso, quella tortura fisica gli sembrava partire dal centro dello stomaco per poi espandersi per tutto il petto. Il cuore sembrava atrofizzato, i polmoni indolensiti, ed un perenne e costante bruciore gli penetrava fin dentro alle ossa. Gli occhi gli bruciavano al solo aprirli, e una volta che ci fu riuscito, non riuscì a mettere a fuoco il posto dentro cui si trovava. C’era poca luce attorno a lui che penetrava flebile da dentro le finestre. Le pareti erano degradate, con intonaco e calcinacci che a stento rimanevano attaccati, ed in quel momento che si era risvegliato del tutto, l’odore di stantio e umido sembrava essere aumentato.
Cercò di muoversi. Sentiva sotto di sé il freddo di una barella metallica. Gemette  quando cercò di alzare leggermente la spina dorsale e il dolore al centro dello stomaco tornò più forte di prima.
Il pugnale che aveva nel petto l’aveva gettato in uno stato catatonico, in un limbo infernale in cui tutto ciò che riusciva a fare, era provare dolore, un massacrante e mortale dolore.
L’ultima cosa che ricordava era l’attimo in cui Sophie gli aveva conficcato il pugnale di Papa Tunde nel petto, poi per lui era calato il buio ed era caduto in un vortice di pene fisiche e mentali che mai aveva provato prima di allora.
Tutta quella sofferenza gli stava annebbiando la mente, non riusciva a pensare, stava solo vivendo impassibile lo scorrere di quegli attimi eterni e non riusciva a capire né dove si trovasse, né chi potesse essere l’artefice di tutto quello.
Improvvisamente sentì dei passi avanzare verso di lui. Repentinamente qualcuno gli liberò i polsi dalle fibbie di cuoio con cui erano stati fortemente fissati al tavolo, e gli sembrò che quella stessa persona stesse sfiorando l’epicentro della sua tortura fisica. Le dita fredde ma allo stesso tempo lisce che lo toccarono, lo spinsero ad aprire gli occhi ed inaspettatamente, si trovò davanti una donna dai capelli rossi che mai ebbe visto prima di allora.
Genevieve si girò e si diresse verso un tavolino lì vicino. Prese tra le mani un bisturi e rigirandoselo tra le dita, quasi come stesse provando piacere nel farlo, si avvicinò ad un Klaus agonizzante e spossato.
-Non preoccuparti, non sono io che voglio farti del male, voglio solo aiutarti- disse con voce roca e quasi seducente.
L’ibrido cercò di mettere a fuoco maggiormente la figura che aveva davanti agli occhi, ma lo fece a fatica. Senza battere ciglio la strega sollevò il bisturi e con poca gentilezza lo inferse nel busto dell’uomo, il quale trattenne a stento un lamento quando la lama gli penetrò nella carne.
Con un colpo secco e deciso la rossa incise lo stomaco di Klaus, e con foga e sangue freddo, penetrò dentro di lui con una mano per potergli estrarre il pugnale dalle viscere.
Klaus non sopportò più il dolore, era la cosa più atroce che gli avessero inferto fino a quel momento. Un lamento, un ringhio, un vero e proprio urlo, gli uscì da dentro, e con tutta la forza che aveva in corpo urlò per il dolore.
Al suono di quelle urla Genevieve sembrò godere, e con più velocità e sempre meno accortezza, vagò con la sua mano tra gli organi dell’Originale. Improvvisamente sentì al tatto la durezza del pugnale stregato, lo afferrò e lo estrasse con tutta la forza che le era possibile. Guardò l’arma completamente insanguinata con grande soddisfazione, e con un sorriso meschino guardò Klaus perdere nuovamente i sensi per il dolore.
 
Caroline si destò di soprassalto. Un urlo disumano l’aveva spaventata a morte e l’aveva fatta risvegliare da un profondo sonno.
Quasi terrorizzata si guardò attorno, spaesata, inconsapevole di dove si trovasse, e   vedere quella stanza enorme, piena di vecchi tavoli metallici arrugginiti, con finestre rotte e con vetri infranti, le fece gelare il sangue nelle vene.
Si alzò di scatto, ma un impedimento di cui non si era accorta le complicò i movimenti: era incatenata.
Iniziò a respirare veloce, cercando di fare mente locale riguardo ciò che era successo precedentemente e del perché si trovasse lì: il Mystic Grill, Matt, Tyler, il parcheggio e poi…una sconosciuta dai bellissimi capelli rossi, e dopo il nulla.
-C’è nessuno?- urlò cercando di liberarsi dalle catene. –Chi diavolo sei?- aggiunse con più foga. Le faceva male la testa, aveva freddo, e aveva paura. Dove diavolo era finita? Ingenuamente si tastò le tasche dei jeans alla ricerca del cellulare, ma non trovò nulla. Come avrebbe fatto? E soprattutto come sarebbe uscita da quella situazione? E perché vi era capitata? Si era accorto qualcuno della sua assenza?
Per quanto assurda e poco ottimale fosse quella situazione cercò di pensare razionalmente, ricacciando con forza le lacrime quando l’idea di essere stata abbandonata da tutti la sfiorò.
Si guardò attorno con più lucidità cercando di capire dove si trovasse: la luce entrava dalle ampie finestre, quindi per fortuna doveva essere mattina o al massimo mezzogiorno inoltrato; il grande salone era pieno di armadi scassinati, rotti e marci, accompagnati da innumerevoli tavoli di metallo e da letti con materassi ingottiti e logori. Le pareti erano rovinate, lasciate all’azione corrosiva e degradante del tempo. Le sembrava di aver già visto un posto del genere, ma non vi era mai stata: pensò profondamente a che cosa le ricordassero quei letti in ferro battuto e quei tavoli, e improvvisamente ci arrivò: era un ospedale.
Un’idea del genere le attanagliò maggiormente lo stomaco. Non c’erano ospedali come quello a Mystic Falls, ma soprattutto, non c’erano ospedali abbandonati nel suo paese, nemmeno vicino al college. Quest’idea la confortò e la terrorizzò allo stesso tempo: era riuscita a capire cosa fosse quel luogo tetro e da brividi, ma allo stesso tempo era palese che non si trovasse a Mystic Falls, né tantomeno nelle sue vicinanze.
“Fantastico” pensò sconfortata e impaurita “Dove diavolo sono?”
Era quello tutto un piano degli stessi uomini che avevano preso il sangue di Elena e Stefan? Dei Viaggiatori? O era tutta opera della Augustine?
Cercò di liberarsi con forza da quei catenacci che la tenevano ancorata al muro: sembravano indistruttibili. Scosse le pesanti catene e iniziò a strattonare e a tirare il moschettone che le teneva fissate alla parete, ma senza successo.
Continuò a sporgersi e a cercare di tirare gli anelli metallici con tutta la forza che le restava: i polsi le si erano addirittura spaccati e un grande dolore la colpì.
Improvvisamente sentì un altro urlo, più disumano del primo che l’ebbe ridestata, e le si rizzarono i peli per il terrore.
Chi stava gridando? Ma soprattutto, che cosa gli stavano facendo se era stato in grado di urlare in quel modo quasi ferino? E cosa avrebbero fatto a lei? Chi c’era dietro tutto ciò?
Con foga, spinta dalla paura, sradicò dalla parete la catena e, incurante del dolore e del sangue che le stava uscendo dai polsi, iniziò a correre senza la minima idea di dove andare.
Il suo corpo si schiantò contro un’alta e robusta porta di legno, che però colpita in pieno si aprì, facendo barcollare e perdere l’equilibrio alla vampira che finì a terra, trascinata dal peso delle catene.
Il pavimento era pieno di vetri e non appena si accasciò al suolo, quei cocci la tagliarono e graffiarono ovunque, faccia compresa, e quando Caroline sentì il sangue rigarle il volto, non si trattenne e scoppiò in un pianto di rabbia e di paura.
-Chi sei? E che diavolo vuoi da me?- urlò, cosciente del fatto che nessuno le avrebbe dato risposta.
-Tesoro, da te non voglio niente- rispose improvvisamente e inaspettatamente una voce femminile di fronte a lei.  
Caroline alzò lo sguardo non fidandosi del suo udito e si trovò davanti un lunghissimo corridoio, pieno di mobili e vecchi scaffali gettati a terra.
Una figura slanciata e sinuosa stava procedendo a passi svelti verso la sua direzione, e man mano che si avvicinava, la vampira potè vederla meglio: era una donna che non aveva mai visto, di colore, con dei lunghi capelli ricci e neri che le ricadevano fluenti davanti il petto e che sembravano muoversi al ritmo sostenuto dei passi che stava facendo.
Celeste procedeva sicura verso il punto in cui la bionda era caduta, e più si avvicinava, più la sua soddisfazione cresceva: doveva concederselo, inserire anche quella preziosa e inaspettata pedina nel suo scacchiere di vendetta e dolore, era stato davvero diabolico e allo stesso tempo geniale.
Prima di allora non aveva avuto modo di conoscere né tanto meno di vedere quella fantomatica ragazza. Trovò davanti a sé una vampira bionda, con gli occhi celesti, lineamenti gentili e armonici, quasi però comune. A dir la verità rimase un po’ delusa dalle sue sembianze in generale: si sarebbe aspettata qualcuna di più vistosa, di più particolare, e magari anche qualcuna che sapeva reggersi in piedi.
La strega avanzò ancora e a Caroline bastò per poterla scorgere meglio: notò subito il suo andamento fiero e anche l’acceso rossetto rosso che le tingeva le labbra.
-Chi sei? Sei una Viaggiatrice?- chiese più convinta la vampira, cercando di alzarsi
–E che cosa vuoi da me?- aggiunse.
Si era quasi rimessa in piedi, ma una forza invisibile e opprimente, la costrinse a ripiegarsi su se stessa e farle cedere le ginocchia. La ragazza si ritrovò di nuovo a terra, con le mani immerse nei frammenti di vetro e sporche di sangue.
Celeste protese il braccio e solamente con la forza del pensiero rimise di nuovo giù la vampira.
-Ti facevo un po’ più forte, sai?- disse la nera con un tono di schernimento, continuando a tenere il braccio proteso e a mantenere un contatto visivo con Caroline.
Quando le arrivò abbastanza vicino da poterla guardare meglio, si chinò su di lei e le sollevò il viso, mimandone solamente il gesto.
La vampira sentiva ancora una forza pressarle sulla schiena, e intuendo che quella che aveva davanti fosse una strega, cercò di non ribellarsi per evitare ulteriori colpi magici.
-Non mi conosci, è inutile che ti dica chi sia- aggiunse Celeste, incontrando lo sguardo impaurito ma temerario di Caroline. Non aveva voglia di perdere tempo con lei.
La strega rimase qualche secondo a scrutarla incuriosita, con uno sguardo pensieroso e corrucciato.
-Sei una ragazzina…- fece  poi con tono quasi incredulo, cercando di capire come mai, proprio quella che aveva davanti, era diventata un tassello molto importante del suo piano di vendetta.
-Cosa avrei dovuto essere?- chiese velenosa Caroline, non curante della situazione di netto svantaggio nei suoi confronti. Avrebbe voluto solo capire che cosa stava succedendo e cosa le volevano fare.
-Una donna, e per donna intendo una donna vera, matura…- rispose Celeste ancora confusa. –E poi avresti dovuto essere più forte…Senza che io ti abbia fatto niente, ti sei fatta mettere K.O. da una porta…- aggiunse con una risatina.
-Sono inciampata- ribattè Caroline, davvero confusa dalle parole di quella donna.
Se non si aspettava un come lei perché mai l’aveva rapita?
La vampira cercò di alzarsi, ma a quel punto Celeste la bloccò nuovamente a terra.
-Ma che diavolo vuoi da me? Non ti ho mai visto! E dove mi hai portata? Perchè mi hai rapita?- chiese lamentandosi. Le lacrime stavano prepotentemente premendo contro le sue palpebre ma fece di tutto per non farle uscire: non voleva farsi vedere da quella donna piangere, la quale la stava addirittura schernendo per le sue fattezze e per la sua giovane età.
-E poi che ti aspettavi?- aggiunse chinando il capo.
Celeste si chinò maggiormente su di lei e con un cenno di mano, le liberò i polsi da quelle grandi manette.
La vampira provò un grande sollievo e una sensazione di freschezza, i polsi le dolevano e il sangue aveva iniziato addirittura a solidificarsi, ma senza quelle pesanti zavorre, stava decisamente meglio.
Caroline guardò la strega leggermente confusa: perché le aveva slegato i polsi da quelle catene?
La sensazione di sollievo però durò qualche secondo. All’improvviso Celeste si alzò e con una mano distesa verso il corpo di Caroline iniziò di nuovo a camminare verso la direzione da cui era venuta.
La vampira sentì un’ulteriore forza strattonarla e trascinarla per terra: la strega la stava portando con sé, ma la stava letteralmente strattonando e strascicando sul pavimento. Fu investita da qualsiasi tipo di oggetto appuntito: vetri, bottiglie rotte, attrezzi chirurgici e paletti pieni di schegge. Una addirittura le entrò in una guancia causandole un dolore atroce, ma riuscì a togliersela. I vetri le causavano tantissimo male, addirittura sentì tagliarsi la pancia e sentì i jeans strapparsi al ginocchio.
Mentre quel folle trascinamento andava avanti senza sapere dove si stessero dirigendo, sentiva il rumore dei tacchi della donna colpire con forza il pavimento, sentiva il rumore dei vetri muoversi a causa sua e poi sentì la donna dire qualcosa.
-Vediamo quanto il grande e potente Niklaus Mikaelson impiegherà a capire che tu sei qui- commentò Celeste, piegando le labbra in un ghigno.
 
-La mia ferita non guarisce- fece Klaus guardando la fasciatura che la donna dai capelli rossi gli aveva premurosamente fatto qualche minuto prima.
-Ci vorrà un po’- rispose Genevieve con un sorriso –E’ a causa della magia nera contenuta nel pugnale- aggiunse facendosi più vicina all’ibrido.
-Tu sei una di loro. Delle quattro streghe resuscitate- commentò l’uomo con voce roca e stanca. Benchè non avesse più il pugnale dentro di sé a torturarlo, il dolore che stava provando era ancora vivido dentro di lui, e aveva gli occhi stanchi, bruciavano. In realtà avrebbe solo voluto riposare, anzi, magari prima avrebbe voluto vendicarsi di quell’affronto, e poi avrebbe voluto riposarsi bevendo un po’ di sangue.
-Perché mi stai dimostrando gentilezza?- aggiunse senza troppi giri di parole. Avrebbe anche potuto essere debole per quelle pene inferte, ma non avrebbe mai perso il suo spirito da stratega e da cacciatore.
La donna sembrò lusingata da quella domanda, e senza farsi troppi problemi si sporse verso l’ibrido e lo penetrò con le sue iridi di ghiaccio. L’impulsivo fratello di Elijah l’aveva sempre affascinata, e fin dagli anni venti, fin dal lontano 1919, aveva desiderato essere notata da lui, magari riuscirgli a strappare un sorriso malizioso.
Si avvicinò con fare felino e prendendogli il viso tra le mani, rispose con delicatezza e dolcezza, cercando di cogliere e di sfruttare a proprio vantaggio quell’attimo di debolezza.
-Tu non mi hai fatto niente- rispose con sincerità la strega, la quale rabbrividì sentendo la barba di Klaus sotto le dita. – E sinceramente vederti in questo stato…non può che farmi pena- aggiunse, avvicinandosi maggiormente a lui e sfiorandogli quasi le labbra.
Per un attimo l’ibrido fu colto alla sprovvista, non aspettandosi tutta quella fisicità dalla rossa, e quasi ne rimase colpito. Si trovava in una situazione che mai gli era capitata prima di allora: era in un vecchio ospedale, debole e dolorante per una ferita causatagli dalla magia nera,  con un’attraente strega dai capelli rossi, fautrice di quel piano, ma sostenitrice della sua incolumità.
-Allora volta le spalle a loro…e unisciti a me- disse Klaus con tono di ovvietà, cogliendo la palla al balzo e cercando anche in quel momento di portare a termine i suoi giochetti di potere. –Potrei ricompensarti in modi che non puoi nemmeno immaginare- aggiunse per essere convincente.
Genevieve era profondamente attratta da quelle parole e non riusciva a smettere di sfiorare ed accarezzare il viso dell’ibrido, il quale sembrava rilassarsi sotto il suo tocco delicato.
Fece un grande sorriso e prese il mento dell’Originale tra le mani, e guardando perversamente le labbra di Klaus rispose –Stai offrendo ad una insignificante come me un accordo? Ne sono lusingata…Ma prima, dovremmo risolvere una questione che riguarda tua sorella- continuò con voce calda e sensuale la donna. Desiderava Klaus da un secolo, letteralmente, e probabilmente dopo che gli avrebbe mostrato quello che era successo in passato se lo sarebbe ingraziato a tal punto, da diventare l’unica certezza nella sua vita.
-Tu non sei una preoccupazione per Rebekah- commentò Klaus indispettito e curioso allo stesso tempo. –E se provi a farle del male…- aggiunse assumendo un tono minaccioso.
-Che fratello protettivo- commentò Genevieve allontanandosi –Peccato che tutta la tua dedizione, non valga la sua lealtà-
A quelle parole Klaus tacque qualche secondo, che cosa voleva dire?
-Sai, io posso farti vedere…- continuò la rossa -…Posso farti conoscere chi è veramente tua sorella e che cosa ha tramato alle tue spalle. Non sono  nuova ai tradimenti di Rebekah, e nemmeno tu-
Klaus la osservò silenzioso raccogliendo le idee, titubante sul da farsi, ma soprattutto se fidarsi di quelle parole.
Genevieve si allontanò qualche secondo da lui e si sporse lungo un tavolino per prendere una coppetta in legno.
L’odore di sangue ridestò Klaus dal suo limbo infernale e la strega, fingendosi gentile e affabile, lo indusse a bere.
Non appena deglutì e ingerì quella linfa vitale, il suo corpo ebbe uno spasmo, accompagnato dalla sensazione di fiamme e calore che aveva nella trachea.
-Tua sorella ha avuto uno spiacevole incidente con i lupi mannari- commentò la donna guardando l’ibrido torcersi dal dolore –Il suo sangue potrebbe non esserti molto gradito-
Klaus gemette e ulteriormente indebolito da quel colpo basso e infimo, cercò di muoversi e liberarsi, ma evidentemente mentre era svenuto precedentemente per il dolore, la strega l’aveva di nuovo immobilizzato con le cinghie.
-Mi dispiace- fece Genevieve con uno sguardo quasi triste e sincero –Ma è l’unico modo per farti vedere- aggiunse,  portando le mani sulle tempie dell’Originale.
Klaus cadde nuovamente in un sonno profondo, ma questa volta era diverso. Non stava dormendo, sembrava essere desto, sembrava stesse sognando.
Le pareti dell’ospedale si trasformarono, accogliendo quadri, arazzi e affreschi di cui Klaus non ricordava l’esistenza. Tutto attorno a lui si fece più vivo e  più gioioso e fu catapultato in un’epoca che aveva dimenticato, che aveva rimosso cercando di non soffrire più.
Le immagini scorrevano veloci di fronte ai suoi occhi, e lui sembrava essere un silenzioso spettatore di tutta quella storia celatagli fino a quel momento. La musica, l’aria di festa, i vestiti, lo riportarono alle ultime propaggini della prima decade del secolo, a quel lontano 1919, quando lui e la sua famiglia scapparono per paura di Mikeal, lasciandosi alle spalle una New Orleans in fiamme e prossima alla distruzione.
 
 
Celeste scaraventò Caroline a terra e si chinò su di lei. Era intenta a portare quel piano a conclusione, aspettava la sua vendetta da quasi due secoli. Era piena di rancore, di rabbia, di risentimento nei confronti dell’intera famiglia Mikealson e in particolare dei due fratelli grandi. Klaus avrebbe avuto quello che meritava, avrebbe pagato per tutte le deplorevoli azioni commesse nel corso di un millennio.
Nell’impatto Caroline battè la testa contro il pavimento e per qualche minuto la sua vista rimase annebbiata. Riusciva solamente a vedere l’immagine sfuocata di quella donna che si muoveva lentamente davanti a lei, e all’improvviso vide tra le sue mani una siringa contenente un siero giallognolo.
Alla vista di quell’ago lungo e spesso, la vampira rabbrividì. Possibile che quella donna, quella strega, fosse un membro della Augustine e volesse fare esperimenti su di lei? E poi le era davvero sembrato di sentire il nome di Klaus prima?
Tutto quel vortice di pensieri sparì quando vide Celeste conficcarle l’ago nella spalla e premere lo stantuffo della siringa.
La strega non aveva ancora finito il suo lavoro, che già quel liquido aveva iniziato a fare effetto: la bionda sentì un bruciore tremendo al braccio per poi provare la stessa sensazione sparsa in tutto il corpo. Quei sintomi non le erano nuovi purtroppo e immediatamente capì di cosa si trattasse: veleno di licantropo.
-Sta’ ferma- sentenziò Celeste tenendo Caroline ferma per un braccio, e con soddisfazione premette completamente la siringa, non risparmiandone nemmeno una goccia.
Non appena estrasse l’ago, un naturale sorrisetto di compiacimento le si stampò sul volto, e gettando la siringa a terra parlò.
-Sai, c’è qualcosa di perversamente affascinante e romantico in tutto ciò- iniziò a dire alzandosi e lasciando Caroline agonizzante a terra.
Si era superata, doveva ammetterlo. Era da un po’ che teneva sott’occhio Klaus e tutti i suoi movimenti, e quando venne a sapere dai suoi infiltrati che si era allontanato da New Orleans nel bel mezzo della lotta contro le streghe e dopo il rito del Raccolto, non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe stata in grado di scoprire. Le avevano detto che l’ibrido e sua sorella si erano diretti entrambi in un paesino in Virginia per non si sapeva quale motivo, e dopo aver ripercorso un po’ la storia dei fratelli Originali, non le fu difficile capire perché si erano recati in quel posto. Le scoperte fatte dopo però, quelle sì, erano state davvero sconvolgenti.
Klaus si era allontanato con la scusa di andare a godere della morte della Doppelganger e invece si era ritrovato ad andare da una ragazza, da quella ragazza che le stava di fronte. Le aveva dimostrato gentilezza, pietà, sentimento, amore. Tutte cose che nessuno aveva visto, né tanto meno creduto, che lui potesse avere.
-Il veleno di licantropo del tuo fidanzato ti scorre nelle vene- aggiunse, non mostrando un minimo di risentimento –E dato che te l’ho iniettato direttamente nel sangue, ti rimangono circa due ore di tempo prima che tu muoia-
Caroline si sentì morire, non c’era via di scampo dal morso di un lupo mannaro e dal suo veleno, e sicuramente sarebbe morta prima di trovare una soluzione.
E poi di quale fidanzato stava parlando? Di Tyler? E poi come aveva fatto a procurarselo, se l’ultima volta che ebbe visto il ragazzo si stava beatamente divertendo con Matt sul bancone del Mystic Grill?
Celeste si chinò maggiormente su di lei, godendo infinitamente dello sguardo catatonico e terrorizzato della vampira. Le prese la testa per i capelli e strattonandola si portò il suo viso vicino.
-Immagino tu sappia di aver bisogno di Niklaus per sopravvivere…- continuò quasi sussurrando.
Caroline iniziò a respirare affannosamente. Il veleno era già iniziato ad entrarle in circolo e la bruttissima sensazione di paralisi dei muscoli aveva già iniziato a diffondersi.
Che cosa centrava Klaus in tutta quella storia? Soprattutto lei che cosa centrava con tutta quella faccenda? Non riusciva ancora a capire che cosa le fosse successo e perché, ma in quella situazione mortale, decise di non pensarci. Doveva trovare una soluzione per sopravvivere, alla svelta.
-Lui è in giro da queste parti, dovresti iniziarlo a cercare…E’ messo maluccio come te, ma è molto arrabbiato, quindi fa’ in fretta. Trovalo prima che lui trovi Rebekah, altrimenti scoprirai a caro prezzo quanto la vendetta abbia valore per lui- terminò di dire alzandosi.
La bionda stentava a credere a quelle parole. Davvero Klaus era lì con lei? In quell’ospedale abbandonato? Ed era ferito anche lui? Erano sue quelle urla che aveva sentito prima?
Tremò e perse nuovamente l’equilibrio sotto il suo stesso peso, ma a fatica, cercando di ignorare la sensazione di bruciore che le permeava il corpo, si rimise in piedi. Adesso Celeste le era di fronte, con il suo sguardo rilassato e meschino, leggermente illuminato dalla luce del sole che filtrava dalle persiane marcite.
-Ah, e un’altra cosa- fece la strega prima di andarsene – Questo è il mio ultimo regalo, prima che ti lasci- fece, schioccando le dita.
Caroline la guardò confusa: che stava facendo? Di che regalo stava parlando?
Non fece in tempo a formulare le domande che la donna iniziò a camminare lungo il corridoio, sparendo nel nulla.
Improvvisamente la vampira sentì un ringhio alle proprie spalle, un rumore gutturale proveniente da dietro. Ci mise qualche secondo per capire da dove provenisse, e poi si girò.
Le gambe iniziarono a tremarle, e lottando contro lo stordimento, il bruciore e il veleno in circolo, iniziò a correre.
Non credeva che la cattiveria di quella donna si potesse spingere fino a quel limite, e sbattette più volte le palpebre per cercare di capire se quello che le era davanti fosse vero.
Appena si mosse, la creatura di fronte a lei digrignò i denti, mostrandole lunghe zanne affilate. Un ululato, un ringhio, un ruggito furono emessi dal lupo nero e sporco di sangue, che senza aspettare un attimo iniziò ad inseguirla.
-No, no, no!- urlò Caroline avanzando quanto più veloce possibile. La gamba in cui precedentemente si era ficcata la scheggia di vetro le faceva male, e la costringeva a zoppicare e a procedere a tentoni. La bestia era dietro di lei, ad una distanza che si accorciava sempre di più man mano che procedeva in avanti, e poteva sentire su di lei quasi l’alito dell’animale.
-Klaus!- iniziò ad urlare senza pensarci due volte –Klaus!- ripetè disperata. Aveva bisogno di lui, avrebbe dovuto trovarlo o sarebbe morta nelle prossime ore.
Il corridoio che stava percorrendo sembrava non finire mai, quasi ogni momento si girava per controllare a che distanza fosse il lupo, e si sentì morire quando quest’ultimo fece un balzo e la raggiunse atterrandola.
Il peso dell’animale la schiacciò a terra e istintivamente cercò di immobilizzargli le fauci per evitare di essere ulteriormente morsa.
Il lupo, nero come la pece, si dimenava, cercando di colmare la distanza con il viso della ragazza poter portare a termine il suo compito, ma Caroline raccolse tutte le energie per poterglielo evitare.
Mai le era capitato di trovarsi così vicino ad un lupo, di affrontarlo a quella distanza quasi inesistente. Le zanne del licantropo continuavano ad essere digrignate e la creatura continuava a ringhiare inferocita, quasi fosse quello il suo unico scopo.
La vampira girò leggermente la testa per poter allontanarsi maggiormente da quegli enormi canini velenosi, e vide vicino a sé un coccio di vetro. Senza pensarci due volte e cercando di tenere il più lontano possibile il lupo con il braccio che non le faceva male, prese il vetro con l’altro braccio, in cui Celeste le aveva iniettato il veleno, e decisa, glielo conficcò al lato del collo.
Il lupo lasciò la presa e lei riuscì a sfilarsi da sotto strisciando e poi  rimettendosi in piedi. Quella creatura era enorme, sudicia, quasi mostruosa, ma per fortuna quel vetro sembrava le avesse fatto guadagnare un po’ di tempo.
Iniziò di nuovo a correre ancora più malconcia  e indebolita di prima. Il veleno stava continuando ad agire,  e non solo sentiva bruciare ogni fibra del suo corpo, ma aveva iniziato a sudare, a sentire freddo, e a momenti alterni forti spasmi di dolore le attraversavano la schiena e in particolar modo le gambe.
Continuò a correre, lottando per la vita, lottando per se stessa. Doveva trovare Klaus, ma quel corridoio sembrava non finire mai.
Gridò ancora il nome dell’Originale, immaginandosi invano che lui apparisse lì da un momento all’altro, ma davanti a lei continuava ad esserci solo quella maledetta distesa di pareti sudice e crollanti, che terminavano con una porta ad una cinquantina metri di distanza.
Raccolse tutte le forze che le erano rimaste per poterla raggiungere e per poter seminare il lupo mannaro, ma una macabra sorpresa la attendeva.
Nella foga di fare il più veloce possibile, inciampò in una brandina che si trovava gettata a terra e cadde sul pavimento, cercò di rimettersi velocemente in piedi, ma quando guardò dietro per vedere se il licantropo fosse ancora a terra agonizzante, ciò che vide fu sconvolgente: il lupo non era più solo.
Una coppia di licantropi stava procedendo verso di lei, con fare ferino, da cacciatori, cercando di non fare il minimo rumore per non spaventare la preda.
A quella vista Caroline non resistette e scoppiò in un pianto di disperazione mista a rassegnazione: sarebbe morta lì dentro, da sola, senza che nessuno le avesse fatto in tempo a spiegare cosa stesse accadendo. Non avrebbe più rivisto Stefan, Elena, Bonnie, Matt, Tyler, e perché no, anche Damon. Nessuno di loro avrebbe mai saputo cosa le fosse successo, sempre se qualcuno si fosse mai accorto della sua assenza e sempre se fosse mancata veramente a qualcuno. 
I lupi erano ad una ventina di metri da lei e stavano avanzando sempre più pericolosamente. Emettevano ringhi e versi mentre procedevano verso di lei. Le loro fauci digrignate sembravano ancora più spaventose allora che erano in due, e Caroline dovette prendere repentinamente una decisione. Non avrebbe saputo difendersi da entrambi quei lupi, così decise di provare con l’ultimo, estremo sforzo.
Si asciugò le lacrime mostrando a quelle creature tutto il coraggio che aveva, e iniziò ad indietreggiare lentamente.
Quando il secondo lupo, quello grigio, si preparò per spiccare un balzo verso di lei, decise di usare i suoi poteri di vampiro e di dirigersi verso la porta.
Il piano funzionò a metà: purtroppo era troppo debole per procedere velocemente come era solita fare, e riuscì ad arrivare ad una decina di metri dalla porta. Fortunatamente riuscì a scappare e a schivare il lupo che, se ci avesse messo solo qualche secondo in più, le sarebbe balzato addosso.
La vampira, nell’atterrare e ancorare i piedi al pavimento, cadde nuovamente sbilanciando tutto il peso del corpo sulla gamba ferita. Arrivò a pochi metri dal suo traguardo, e senza rinunciare alla sua libertà, strisciò fino ad aggrapparsi alla porta.
I lupi l’avevano quasi raggiunta benchè fossero stati colti alla sprovvista dal movimento veloce della ragazza, e senza perdere tempo iniziarono a correre famelici contro di lei.
Caroline si aggrappò alla maniglia della porta che si aprì, facendole perdere l’equilibrio e gettandola in parte in un’altra stanza. La coppia di licantropi spiccò insieme un ultimo balzo per raggiungere la bionda, ma quest’ultima con le ultime forze rimaste, continuando a strisciare, si portò totalmente al di là del corridoio e una volta entrata nella nuova ala, spinse con la schiena la grande porta di legno, chiudendola.
I lupi andarono a sbattere contro di essa e l’impatto generato dai loro corpi causò un tonfo sordo. Caroline fu spostata dal rinculo del colpo, ma rimettendosi in piedi, riuscì a bloccare la porta spingendovi sopra un vecchio armadio e alcuni mobiletti.
Rimase qualche secondo a guardare quella montagna di mobili e legno, e sospirò. Ce l’aveva fatta, era riuscita a bloccare due lupi mannari. Era ancora viva.
La prepotente scarica di adrenalina causata dalla paura, iniziò a perdere i suoi effetti, e non passarono che qualche decina di secondi che si sentì nuovamente cedere.
Aveva seminato i lupi, era vero, ma aveva ancora il veleno di licantropo in circolo. Tutto quello sforzo non aveva fatto altro che peggiorare le sue condizioni: si sentiva spossata, debole; la gola era arsa e aveva un disperato bisogno di bere, acqua o sangue era indifferente, aveva bisogno di qualcosa che le rinfrescasse le viscere.
Fece qualche passo a ritroso, guardando ancora a fatica la sua opera, e poi si incamminò. Le immagini iniziavano a diventare sempre più sfuocate e la luce iniziava a darle sempre più fastidio.
La stanza in cui era entrata non era molto diversa da quella che si era lasciata alle spalle, era un altro corridoio a cui dai lati si affacciavano le varie stanze.
Continuò a procedere, intenta a raggiungere la punta di quell’altro corridoio, sperando che quel labirinto potesse avere una fine.
-Non puoi nasconderti da me, Rebekah!- sentì improvvisamente urlare da qualche parte in fondo alla stanza.
Quella voce la risvegliò, le ridiede un briciolo di forza. La conosceva, l’aveva riconosciuta, era la sua voce, la voce di Klaus, l’aveva trovato.
-Klaus- iniziò a dire, cercando di dare alla sua voce la parvenza di un urlo –Klaus!- urlò più forte, disperata, aggrappandosi all’ultima speranza che aveva di rimanere viva. –Klaus!- continuò, fino a sentire la gola in fiamme.  
Iniziò a camminare più veloce, quasi a correre per quanto la gamba ferita glielo permetteva. Doveva trovarlo, doveva fargli capire che anche lei era lì.
Cambiò direzione, entrando in un altro corridoio, buio e sperduto, ma finalmente lo vide. Klaus era a metà di esso, che procedeva a passo svelto, tenendogli le spalle. Possibile che non riusciva a sentirla?
-Non puoi neanche scappare- continuò a dire Klaus seguendo la sorella. Il sangue di Genevieve l’aveva reso più forte, più stabile, non era ancora al suo stato ottimale, ma era cosciente e lucido abbastanza da essere padrone delle sue capacità. Avrebbe ucciso Rebekah con le sue stesse mani, l’avrebbe punita per quell’affronto, per il peggiore dei tradimenti che aveva mai ricevuto. Chiamare suo padre per poterlo uccidere affinchè lei e quell’altro sporco, ingrato, traditore di Marcel potessero vivere la loro storia d’amore…era troppo anche per lui.
Rebekah svoltò l’angolo scendendo nel seminterrato dell’ospedale e quando lo stava per fare anche lui, una voce lo fermò improvvisamente.
Doveva essere un qualche strano effetto collaterale della magia nera del pugnale, non c’era altra spiegazione, non avrebbe avuto senso altrimenti. Lei non poteva trovarsi davvero là, nel suo mondo, in mezzo a quella faida tra streghe e vampiri, ma soprattutto in quel luogo di morte e tradimento.
-Klaus!- sentì di nuovo chiamarsi. Era un lamento, un urlo soffocato, un gemito di disperazione, e quando si voltò per verificare con i suoi occhi, rimase quasi scioccato: Caroline. Caroline era lì, che procedeva a tentoni, quasi correndo verso di lui.
Era irriconoscibile: aveva i vestiti strappati, logori, sporchi di sangue, era piena di escoriazioni e tagli sul viso e sulle mani, i capelli disordinati che le ricadevano sul petto, gli occhi gonfi e arrossati, ed un orrendo colorito cadaverico.
L’ibrido chiuse e riaprì gli occhi più volte per poter capire se quella che aveva davanti era davvero lei e non solo un’allucinazione, ma solo quando la vampira si gettò tra le sue braccia, ebbe la conferma che era tutto reale.
Caroline senza pensarci due volte si gettò tra le braccia dell’Originale. Un petto marmoreo e saldo la accolse e quasi si sentì sollevata. Ce l’aveva fatta, era riuscita ad ingannare la morte proprio all’ultimo, proprio quando aveva perso ogni speranza.
Klaus d’altro canto era rimasto immobile, scioccato, incredulo di vederla lì, di averla tra le sue braccia. Allora che la guardava da ancora più vicino era quasi irriconoscibile con tutti quei tagli. Era letteralmente moribonda.
-Klaus, devi aiutarmi- disse a fatica Caroline ma con la sua consueta foga. Iniziò a parlare a raffica per quanto la gola, ancora in fiamme, le permetteva: non era rimasto molto altro tempo.
-Una strega mi ha rapito, mi ha portato qui…ho bisogno di te, del tuo sangue, mi ha iniettato del veleno di lupo mannaro…- iniziò a dire tra un lamento e l’altro. Per lo sforzo cedette sulle sue ginocchia e sarebbe quasi caduta se Klaus non l’avesse sorretta.
L’Originale stentava a credere a quella storia: non capiva cosa lei ci facesse lì, non capiva perché era in quelle orribili condizioni, ma soprattutto non voleva che lei lo vedesse in quel momento, proprio quando era furioso e rabbioso con sua sorella.
Stava perdendo tempo, Rebekah sarebbe scappata se lui avesse temporeggiato ancora, doveva inseguirla, fargliela pagare, ma allo stesso tempo non poteva farlo se c’era anche Caroline di mezzo. Non voleva mostrarle il suo lato da animale, il suo lato da mostro…Eppure andava fatto, per la sua dignità, per il suo orgoglio, per la sua anima.
-Ti prego, Klaus…- gli disse di nuovo la vampira gemendo –Sto morendo…- disse lamentandosi, aggrappandosi alle braccia dell’ibrido.
A quelle parole Klaus fu come ridestato da un sogno, e solo allora sembrò capire: era stato tutto un piano delle streghe. Avevano rapito la sua Caroline per metterlo in condizione di scegliere tra il suo orgoglio e l’infatuazione per quella ragazza bionda che aveva davanti.
Furono attimi lunghissimi.
Dentro di sé stava succedendo il finimondo, un vortice di emozioni contrastanti. Non sapeva che fare.
Doveva salvare Caroline, ma allo stesso doveva andare a cercare Rebekah: non poteva temporeggiare ancora, altrimenti sarebbe scappata, ma non poteva nemmeno aspettare, altrimenti Caroline sarebbe morta.
La ragazza guardò l’ibrido e vi lesse una strana espressione: il biondo era combattuto, era scioccato, forse ancora incredulo di vederla lì, tra le sue braccia, probabilmente in condizioni pessime e spaventose, ed era ancora immobile, non aveva emesso alcun un suono e sembrava essere in uno stato di trance.
Esausta la vampira si accasciò lentamente, appoggiandosi sul petto dell’Originale perdendo i sensi.
Klaus emise un ringhio soffocato, maledicendo tutte le streghe che avevano architettato quel piano diabolico. Scosso quasi da una scarica elettrica, uscì fuori i canini e recidendosi il polso, lo portò alle labbra di Caroline.
-Andiamo, bevi- fece scuotendo il viso della vampira –Bevi- ripetè più convinto, come se fosse un ordine piuttosto che un soffocato e speranzoso desiderio.
Caroline sentì il sangue dell’ibrido sulle labbra e si ridestò, attratta da quella linfa salvifica e vitale. Senza pensarci, iniziò a succhiare tutto il sangue che poteva, e man mano che lo assaporava e ingoiava, sentiva i suoi muscoli rilassarsi e il suo corpo riprendere le sue consuete attività naturali.
Ne prese ancora, quanto bastava per rimetterla in forze e per far sparire del tutto la sensazione di bruciore attorno al cuore e nella gola. Pian piano sentiva di nuovo i suoi parametri vitali ristabilirsi e potè rimettersi in piedi sulle sue stesse gambe.
Klaus vide il colorito di Caroline passare dal livido al rosato, colorarsi nuovamente e assumere il suo consueto colore, quasi come quello di una bambola di porcellana.
La ragazza sospirò e l’ibrido capì che non aveva più bisogno di lui, così le staccò il polso dalle labbra.
Le prese il viso tra le mani, accarezzandole i capelli scompigliati e sporchi di polvere. Che cosa avevano fatto alla sua povera Caroline?
Le escoriazioni e i graffi stavano lentamente guarendo e il suo volto stava ritornando ad essere di nuovo liscio e fresco come se lo ricordava.
Anche in quella situazione così difficile incatenò gli occhi a quelli celesti della ragazza: riuscì a vedere la fiamma ardente della vita ritornare a brillare, a bruciare più vivida che mai.
-Stai bene?- chiese con voce roca, continuando ad accarezzare il viso di Caroline.
La ragazza rabbrividì sentendo di nuovo la sua voce, e portandogli le mani al petto gli rispose.
-Mi hai salvato…- disse a voce bassa, con un tono di gratitudine che mai aveva usato con lui –Grazie- aggiunse, sporgendosi per dargli un bacio, ma non fece in tempo a poggiare le sue labbra su quelle dell’ibrido, che Klaus sparì dal suo campo visivo, piegandosi in due sulle sue stesse ginocchia.
L’Originale emise un urlo disumano e si abbandonò alla oramai familiare sensazione di ricevere il pugnale stregato nello stomaco, amplificata dall’effetto sorpresa.
Caroline vide Klaus accasciarsi al suolo e perdere i sensi, e quando alzò gli occhi per capire cosa fosse successo, trovo di fronte a lei, alle spalle dell’ibrido, il più grande dei fratelli Mikealson.
Elijah era sbucato alle loro spalle, con la velocità sovrannaturale si era impossessato del pugnale di Papa Tunde, e sfruttando la distrazione del fratello, l’aveva conficcato nuovamente nel petto dell’ibrido.
La vampira guardò con occhi persi L’Originale maggiore, e sconvolta da quel gesto, rimase totalmente immobile alla sua vista.
-Caroline…- mormorò Elijah riconoscendola e guardandola con totale sorpresa e incredulità –Che diavolo ci fai qui?- aggiunse, spostando il suo sguardo dalla bionda al fratello agonizzante a terra. 


 
***
Bene, bene, bene! Eccoci arrivati alla fine di questo capitolo. Vi è piaciuto? Spero di sì perchè ho adorato scriverlo, è uscito fuori in soli due giorni, sono orgogliosa di me!
Cosa ne pensate al cambiamento che ho dato agli eventi? Mi sono complicata un po' la vita, vero? :P
Klaus è stato messo alle strette, costretto a scegliere tra il perdere Caroline e il vendicare il tradimento subito tra Marcel e Rebekah: probabilmente se Elijah non fosse intervenuto, dopo aver curato Caroline, sarebbe sceso comunque nel sotterraneo! 
Spero di postare la settimana prossima dopo che avrò dato quest'altro esame, ma nel frattempo correte a lasciarmi una recensione! Voglio sapere che ne pensate di questo capitolo, che io ho adorato! 
A proposito ringrazio infinitamente tutte le ragazze che mi hanno lasciato le precedenti recensioni e tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/da ricordare! E mi scuso se ho lasciato a metà la lettura di alcune storie, cercherò di recuperare tutto. Voi intanto avvisatemi e ricordatemi!

xoxo M.

 
   
 
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