Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    26/03/2014    8 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Capitolo 29

Promesse infrante

Jade era seduta di fronte a un’enorme specchio dalla cornice argentata, dove erano incise rose che si intrecciavano continuamente in un groviglio infinito. La regina osservava il suo riflesso evidentemente sovrappensiero, mentre alle spalle Jackie era intenta a pettinarla con gran cura e paziente precisione. Teneva nella mano la spazzola d’avorio e guardava di tanto in tanto lo specchio, immaginandosi al posto della Regina di Cuori. Si, le sarebbe piaciuto vivere nel lusso, anche se sapeva che a causa della sua condizione sociale non le sarebbe mai stato possibile, però agognava qualcos’altro con molta più intensità, il potere. Era tutto ciò che voleva, e il pensiero di poter reggere sulle sue mani un intero regno la eccitava terribilmente. Osservò la miriade di pietre preziose gettate alla rinfusa sul ripiano in legno subito sotto lo specchio, e storse di poco il naso, per poi tornare a dedicarsi completamente al suo lavoro. Jade alzò la mano per ordinarle di smettere, e si alzò con grazia, senza interrompere quel contatto visivo, finendo poi per sfiorare lo specchio.
“Pensi che ci sia davvero un varco dietro uno specchio?” domandò poi scioccamente, facendo sgranare gli occhi alla sua domestica personale. “Non credere che sia pazza” sibilò subito dopo, con il suo tipico accenno di disprezzo.
“Non lo credo affatto, vostra maestà, solo non capisco il senso della vostra domanda” si difese la donna, facendo un passo indietro.
“La leggenda dice che la seconda volta Alice passò attraverso uno specchio per raggiungere il Paese delle Meraviglie. Lei non era di questo mondo” spiegò la regina, scandendo bene ogni singola parola, ancora completamente ammaliata dallo specchio e soprattutto dal suo riflesso.
“Mia signora, non penso proprio che attraversando uno specchio ci sia un altro mondo. Non penso nemmeno che si possa attraversare uno specchio, a dire il vero” rispose con assoluta sincerità Jackie, prendendo un calice dorato posto sulla mensola sopra il camino della stanza, tempestato di smeraldi e rubini.
“E’ questo il tuo problema, non pensi” ribatté acidamente la regina, mentre l’altra, rossa in viso per quel non troppo velato insulto, riempiva con mano tremante il calice della medicina, prescritta dal medico di corte, contenuta in un piccolo recipiente color verde bottiglia. Senza che la vedova Vargas se ne accorgesse, prese una fiala dalla tasca e ne versò parte del contenuto velocemente, per poi avvicinarsi alla padrona e porgerle con dolcezza la medicina. Jade la guardò con sufficienza quindi le strappò di mano il calice e bevve tutto d’un fiato. Sembrò rilassarsi di colpo, e il suo sguardo freddo e crudele si addolcì quasi all’istante. Solo dopo seppe che quel cambio improvviso era dovuto a quello che le avrebbe detto.
“Che ne pensi del mio Leon? Non è perfetto?” domandò curiosa. Jackie alzò gli occhi al cielo, quando fu sicura di non essere vista. Ogni sera la regina le faceva sempre quella domanda: era così fiera della macchina senza sentimenti che era riuscita a creare. Davvero era orgogliosa per aver strappato l’anima ad un giovane ragazzo che viveva appieno la sua adolescenza, caratterizzata dall’innocenza? Nonostante ciò era d’accordo sul fatto che quel giovane Vargas fosse il guerriero perfetto, adatto sia per il clima di terrore che intendeva instaurare la regina, sia per i suoi scopi che ancora non erano emersi a galla.
“E’ un degnissimo erede” rispose con semplicità, facendo sì che Jade sorridesse ancora più felice. Quella donna era ormai sul bilico della follia, sospettosa perfino della sua stessa ombra. Era proprio questa la sua continua paura, che le aveva fatto credere persino che il giovane Leon un giorno l’avrebbe spodestata, a farle prendere dure decisioni, che l’avevano segnata profondamente. La notte aveva gli incubi, tormentata dal ricordo del marito defunto. Colpe su colpe l’avevano resa vanitosa, convinta che la sua bellezza esteriore avrebbe adombrato e nascosto ciò che conservava nella sua anima corrotta. E proprio servendosi di quelle paure, di quelle piccole manie e fissazioni aveva messo a punto il suo piano per avere Jade nelle sue mani. L’avrebbe manipolata come un burattino, a suo piacimento.
“Nessuno prenderà il mio posto!” sibilò con aria ammaliante la regina, senza nascondere un sorrisetto irritato. Prese la corona poggiata con cura su un cuscinetto di velluto rosso e la strinse al petto. “La corona è solo mia”. Aveva pronunciato quelle parole con una tale avidità da farle pensare che in passato quella donna dovesse essere stata perfino più subdola e ambiziosa di lei. Chissà con quale raggiro aveva fatto credere all’allora giovane Javier Vargas di provare amore nei suoi confronti, quando era chiaro che Jade amasse solamente se stessa. La parola ‘erede’ non le era piaciuta affatto, e la reazione ne era la prova. Il solo pensiero di invecchiare e di non essere più in grado di regnare la mandava in bestia, e la rendeva ancora più pazza e pericolosa.
“Ma certo che no, mia signora” la rassicurò Jackie, facendo un lieve inchino, per poi prendere un portacandele e dirigersi nella sua stanza in modo da lasciare che la regina potesse riposare. O almeno quello avrebbe lasciato credere a Jade, perché era sicura che quella notte stessa il suo piano avrebbe avuto inizio.
Richiuse la porta e si avviò per il buio corridoio illuminato fiocamente solo dalla sua candela, la cui fiamma lottava per non essere spenta dagli spifferi che giravano voraci. Le ombre si proiettavano al suo passaggio, dalle forme sgraziate e allungate, per poi essere nuovamente immerse nell’oscurità. Sentì un rumore di passi dietro di lei, e si girò incuriosita, con il cuore in gola: chi mai avrebbe potuto girare per il castello a quell’ora?
“Lara” salutò infine, tirando un profondo sospiro di sollievo nel vedere che si trattava solo della serva fissata con il principe Vargas.
“Ho bisogno del tuo aiuto…Leon continua a ignorarmi, per non dire che mi disprezza, ed è tutta colpa di quella serva, Violetta! Non la sopporto più, devi aiutarmi a liberarmene, ti prego” sussurrò Lara, attenta a non farsi sentire. Aveva pedinato la donna fino agli appartamenti della regina, e aveva aspettato che uscisse per poterle poi chiedere il suo aiuto. Ma rimase a bocca aperta quando Jackie scosse la testa seria.
“Non avrai un bel niente! Sei stata sciocca a impulsiva ad agire in quel modo. Quel patetico piano del labirinto…hai agito senza i miei suggerimenti, e adesso ti meriti tutto ciò che ti sta capitando. Leon ha capito che sei stata te a cercare di incastrare Violetta, e probabilmente sospetta di te anche per la questione del busto del padre. Non hai alcuna speranza, cerca piuttosto di fare il tuo lavoro in silenzio, e di non dargli altri motivi per farti decapitare. Ne hanno anche troppi”.
Lara strabuzzò gli occhi, e cominciò a tremare come una foglia, al pensiero di essere decapitata. Deglutì sfiorandosi il collo, non riuscendo a immaginarsi priva della testa. “Ma…tu non glielo permetterai, vero?” chiese con un fil di voce, spaventata per un possibile rifiuto.
“Cercherò di aiutarti, sebbene non lo meriti…ma se mai avrò bisogno di un aiuto pretendo che tu mi restituisca l’enorme favore” sibilò Jackie, allontanando la candela dal  volto della giovane serva, per non doverne guardare la patetica espressione sofferente. Stupida ragazzina, e pensare che le stava anche simpatica. Ma aveva completamente perso la testa per il principe, e risultava un anello debole nel suo futuro piano, qualcuno di cui non si poteva fidare. Nonostante tutto, però, provava una gran pena per Lara, il cui cuore spezzato le aveva impedito di agire a mente fredda, portandola a commettere una vera e propria sciocchezza.
“Farò tutto ciò che vuoi, lo sai, di me puoi fidarti!” esclamò sollevata Lara, fiondandosi tra le braccia della donna, e abbracciandola forte. Jackie osservava la scena con un accenno di disgusto, ma la lasciò fare, puntando la sua attenzione a tenere in equilibrio la candela.
“Brava ragazza, anche perché ormai non hai alcuna speranza con Leon…senza il mio aiuto almeno”. Una luce di speranza si accese in Lara a quelle parole, e non appena la donna le fece cenno con la mano di tornare nella sua stanza, accolse l’ordine al volo, biascicando ancora ringraziamenti su ringraziamenti. Ovviamente lei non aveva alcuna intenzione di fare alcunché per l’amore impossibile della giovane, ma aveva bisogno di tenersela buona, e non aveva fatto altro che dirle quello che voleva sentirsi dire. La strada per il potere era ormai spianata, solo una persona ancora rendeva il suo piano incompleto: Violetta. Non aveva messo in conto il legame che la legava a Leon. Pensava che si fosse trattato di un semplice invaghimento, ma si era sbagliata di grosso, perché più tentava di allontanarli più sembravano uniti. Non aveva alcune esperienza in fatto di amore, né intendeva averne, ma era abbastanza certa che sarebbe stata un’ardua sfida separare quei due. Una sfida da cui non poteva esimersi in alcun modo.
 
Violetta presidiava insieme a Lena alla colazione quella mattina, e avvertiva la tensione perfino dagli angoli più remoti di quell’enorme salone. Concentrò la sua attenzione sul lampadario di cristallo appeso sopra il tavolo da pranzo, per evitare i continui sguardi di Marco, che sembrava non aver affatto rinunciato alla sua opera di conquista, anzi era più agguerrito e determinato di prima. A questo si aggiungevano le occhiate furiose di Leon, che stringeva la forchetta come se si trattasse del collo del mago. Per poco non gli sarebbe scivolata dalla mano per la forza che ci stava mettendo. Nel frattempo Antonio e Jade si scambiavano i soliti formalismi che si usavano a palazzo, ma era chiaro a chilometri di distanza che non vi era nulla in quelle parole gentili che potessero di fatto risalire al vero. Jade sorrideva con i denti stretti, e di tanto in tanto riprendeva Leon per qualche comportamento che lei riteneva irrispettoso, come la sua espressione imbronciata.
“Leon, devi essere più cortese e accogliente nei confronti dei tuoi ospiti” esclamò ad un certo punto, dall’altro capo della tavola, senza ottenere alcuna risposta. Fece finta di nulla e tornò a conversare con il suo ospite d’onore. Lei e il figlio occupavano i due capi opposti, Antonio sedeva alla destra della regina, poiché era evidente che i due avevano quasi lo stesso potere, mentre Marco era alla sinistra del principe. Sembrava aver completamente dimenticato il brutto episodio alla biblioteca, sebbene ogni tanto si limitasse a rimanere in silenzio, come se rimuginasse a qualcosa di importante. Violetta ad un cenno della regina si avvicinò ai due ragazzi in modo da portare via i piatti con gli avanzi del pasto, e quando fece per prendere quello di Marco il ragazzo le sfiorò la mano in modo talmente audace da farla arrossire, tutto sotto gli occhi di un furioso Leon, che di lì a poco avrebbe potuto scatenare un vero inferno.
“Avete dimenticato questo” le disse il mago con aria furba indicando un calice dorato.
“Potreste avere ancora sete…” rispose a bassa voce Violetta con lo sguardo basso, non riuscendo a sostenere quella situazione tanto opprimente. Rifletteva bene su ogni parola da dire per cercare di non risvegliare la gelosia di Leon, anche se per quello bastavano a sufficienza gli atteggiamenti fin troppo galanti di Marco. Il ragazzo negò prontamente e le offrì il calice. Non appena Violetta l’afferrò da esso fuoriuscì una rosa bianca, richiamata dalla magia. Leon scattò in piedi all’improvviso, afferrando i lembi della tovaglia con le mani, così da costringersi a non dare inizio a una rissa ben poco dignitosa.
“Che ti prende, Leon? Mi sembri strano…” osservò la regina, inclinando lievemente il capo, con un pezzo di pane ancora nella mano affusolata. Leon fissò per qualche secondo il vuoto davanti a sé, quindi si riscosse e si grattò il capo con aria poco regale.
“Ecco, io…avevo pensato di fare un’escursione a cavallo nel pomeriggio dopo gli allenamenti di stamattina, e mi chiedevo se Marco volesse accompagnarmi” spiegò il principe con naturalezza. La sua idea era stata geniale, almeno per un pomeriggio avrebbe tenuto lontano quel sanguisughe dalla sua Violetta. Non ce la faceva più a vederlo corteggiarla tanto apertamente. Aveva i nervi a fior di pelle, e sentiva il cuore pulsare sangue all’impazzata impedendogli di pensare lucidamente. Marco accettò entusiasta l’invito dell’amico, sottolineando il suo interesse a vedere come erano cambiati i dintorni del castello dai giorni dell’infanzia.
“Vado ad allenarmi” concluse Leon con un mezzo inchino, uscendo poi a passo svelto dalla sala. Si diresse velocemente al campo di allenamento, senza guardare in faccia a nessuno, pensando che in quel modo avrebbe potuto sfogare alla perfezione la sua rabbia. E pensare che un tempo quel damerino di Marco era stato perfino suo amico! Adesso non riusciva a provare un minimo di quell’antico affetto nei suoi confronti, sentendosi minacciato in continuazione. Provocazioni su provocazioni di giorno in giorno rischiavano di farlo impazzire. Erano passati solo tre giorni dal suo arrivo al castello, eppure contava con ansia i giorni rimanenti, nella speranza che lasciasse ben presto la tenuta di Cuori, prima che lo facesse lui in maniera tutt'altro che educata e diplomatica. Si tolse il giacchetto di pelle, che lanciò su un ciocco di legno ai lati dal campo, quindi si diresse in una piccola casetta di legno, che svolgeva il ruolo di armeria. Infilò la chiave che portava sempre con sé nel lucchetto arrugginito, e quando sentì lo scatto, si precipitò all’interno. Prese una spada addossata alla parete e cominciò a farla ruotare, testandone la presa e la pesantezza. Annuì soddisfatto della scelta, e già si immaginava a sferrare colpi su colpi su un manichino imbottito di sabbia pensando che si trattasse di Marco, quando notò in disparte, lontano dalle altre armi, un oggetto particolare. Era l’arco che aveva tenuto in mano Violetta quella mattina in cui le aveva insegnato a tirare con l’arco. Sospirò piano, e si avvicinò piano a quel cimelio tanto importante, ricco di ricordi belli quanto nostalgici. Così si era innamorato di Violetta, così aveva detto addio al vecchio Leon, era tutto partito da una notte trascorsa in preda una febbre delirante, e dai numerosi tentativi di Humpty di avvicinarli. E adesso che si sentiva così scoperto,  così privo di difese, emergevano i ricordi più strazianti del suo passato, sotto forma di frammenti.
‘Leon venne portato nella sala del trono, confuso’
Si, si sentiva confuso come non mai. La avvertiva ancora adesso quella paura mista a sgomento.
“Conducetelo nelle segrete”
La voce di Jade, sua madre…le guardie che lo trascinavano via, in cella, dove avrebbe trascorso due anni della sua vita.
“Madre! Perché? Che vi ho fatto, madre?”
“L’ho fatto perché ti amo Leon, e voglio il tuo bene”
Sangue.
Odio.
Buio.
Si ritrovò ai piedi di quell’arco, in ginocchio, respirando a fatica. Sentiva ancora il senso di oppressione, e si portò una mano al cuore, che sembrava essersi fermato di colpo.
“Non voglio…” piagnucolò quasi, portandosi le mani alla testa per allontanare voci inesistenti che gli parlavano, o forse urlavano.
“Non è difficile. Devi ucciderlo”
Una volta.
Due volte.
Poi imparò a non provare più nulla.
“Leon?”.
Una voce lo fece riemergere da quella spirale di tenebre in cui stava lentamente scendendo, e d’un tratto gli sembrò di tornare a respirare di nuovo. Il cuore tornò a battere al suo ritmo abituale, mentre il suo colorito pallido si riaccese all’istante. Era ancora inginocchiato, e non aveva osato voltarsi. Sapeva benissimo di chi si trattava, e farsi vedere in quello stato non gli piaceva per niente.
“Leon?”. Ancora quella voce che lo chiamava, che ancora una volta lo salvava. Sembrava che fosse destinato ad essere salvato da Violetta. Non pensava di poter arrivare a dipendere così tanto da un altro essere umano, e invece eccolo in silenzio, pronto a sentirsi chiamare nuovamente per udire la sua dolce e rassicurante voce. Sentì una mano fragile accarezzargli piano la spalla, e trovò la forza per alzarsi, senza riuscire ancora a voltarsi.
“Lo so che non avrei dovuto seguirti in questo posto, ma mi eri sembrato strano, e volevo accertarmi che stessi bene” disse Violetta con tono supplichevole. Non poté certo vedere l’accenno di sorriso che si era dipinto sul volto del principe, nel sapere della preoccupazione della ragazza nei suoi confronti.
“Invece è stato un bel gesto da parte tua”. Mentre parlava si voltava a scatti fino a incontrarne lo sguardo a un palmo dal naso. Nei suoi occhi leggeva tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento, e la strinse a sé senza alcun preavviso, lasciandole poggiare la testa sul petto. Aveva un gran bisogno di quell’abbraccio, un sospiro di sollievo gli uscì dalla bocca, mentre il peso che sentiva nel suo cuore svaniva così come era arrivato. Violetta si separò dall’abbraccio e gli accarezzò la guancia con tenerezza.
“Sento che c’è qualcosa che mi nascondi” sussurrò la ragazza, leggendo la conferma ai suoi dubbi nell’improvvisa freddezza del principe di fronte alle parole appena pronunciate.
“Ma voglio che tu sappia che non sei da solo. Ci sono io con te, e posso aiutarti” aggiunse, senza smettere di sfiorargli la guancia, ipnotizzata da quel gesto. Leon anche sembrava completamente attratto, non solo dalle carezze che gli stava facendo, ma anche dal modo in cui lo guardava. Non era abituato a essere l’oggetto di preoccupazione e affetto di qualcuno, e non si sentiva mai abbastanza all’altezza, non si sentiva mai completamente degno di essere amato. Violetta voleva dimostrargli il contrario. Cominciò a muovere qualche passo in avanti, facendola arretrare. Poggiò la fronte contro la sua, e si fermò solo quando fu sicuro che la ragazza non potesse più procedere indietro, a causa della spessa parete in legno. Senza smettere di guardarla con la mano chiuse la porta dell’armeria, e le accarezzò i capelli con un sorriso malinconico. Per la prima volta Violetta non aveva paura di quel sorriso, come non aveva paura di rimanere sola in un luogo isolato in compagnia di Leon. Sapeva che non le avrebbe più fatto del male, ci avrebbe messo tranquillamente la mano sul fuoco.
“Mi stai già aiutando, più di quanto tu stessa immagini” soffiò ad un centimetro dalle sue labbra, socchiudendo gli occhi. Sentì le mani di Violetta serrarsi intorno al collo, spingendolo ancora di più verso di lei; sembrava agire inconsciamente, poiché, nonostante tutto, aveva ancora quel lieve rossore sulle guance dettato dal pudore e dalla vergogna. Era uno degli aspetti che più lo facevano impazzire, e senza nemmeno rendersene pienamente conto si ritrovò a baciarla con passione, intrappolandola alla parete con il suo corpo. Il sapore delle labbra di Violetta lo stordiva quasi, impedendogli di pensare lucidamente. Non aveva chiuso la porta a chiave, qualcuno avrebbe potuto entrare e coglierli in flagrante, ma era più forte di lui, non riusciva a resistere alla continua tentazione di vederla, senza però poterla nemmeno sfiorare con un dito, per non destare sospetti. Razionalmente doveva separarsi, non lasciare che si lasciassero andare in quel modo, e sperava che Violetta trovasse quella forza che a lui mancava, ma il tempo passava e nessuno aveva mostrato la minima intenzione di interrompere quel momento unicamente loro. Leon fece scendere le mani lungo i fianchi, accarezzandoli piano, mentre Violetta stringeva la presa sul suo collo, cercando una vicinanza sempre maggiore, nonostante i loro corpi ormai fossero incollati da molto tempo. 
“Leon…” sussurrò appena lei, non appena si furono separati, e prima che Leon cominciasse a darle tanti piccoli baci sulla guancia, scendendo pericolosamente lungo il collo. Mentre rendeva il collo oggetto delle sue dolci attenzioni il principe Vargas si ricordò di quell’incontro, del modo in cui aveva tentato di corromperla, di rovinarla. Continuava a pensare che non si sarebbe dovuto meritare una seconda opportunità con quella ragazza, eppure gliel’aveva concessa. Il sapore della sua pelle era come un ricordo affievolito dal tempo che si riaccendeva all’improvviso, gli era rimasto impresso fin da subito. La dita di Violetta affondarono nei suoi capelli stringendoli timidamente. Leon risalì con decisione lasciando baci sempre più intensi e ricchi d’amore, fino a poggiare la fronte contro quella della ragazza, con gli occhi socchiusi, e il fiato corto. Sentiva le mani stringersi sulle sue spalle, e una voce calda richiamarlo da quell’intimità tanto sognata.
“Non avrei mai pensato di stare così con te…” disse Violetta, con un velo di incertezza. Era anche emozionata, lo capì dal brivido che le aveva attraversato il corpo mentre parlava. L’aria vibrava sulle sue labbra, ne avvertiva il fiato caldo, dolce e invitante. Senza aspettare oltre tornò a baciarla, questa volta con più impazienza e ferocia. Violetta rispondeva al bacio con pari ardore, anche se si sentiva ancora fin troppo impacciata e a disagio. Quando sfiorava anche solo il corpo di Leon arrossiva violentemente e si ritraeva, come se si fosse pentita di quel gesto. Perciò quanto poggiò la mano sul petto del principe, facendo leva per allontanarlo, e sentendo il battito del suo cuore a una velocità spaventosa, la ritrasse di scatto, vergognandosi di se stessa per i continui timori che aveva. Per di più, nonostante il cambiamento di Leon, aveva paura del suo temperamento insolito, del modo in cui allontanava tutti, nella speranza di nascondere qualcosa. Come se leggesse i suoi pensieri Leon si separò aprendo di scatto gli occhi.
“Che succede?” mormorò con aria incerta, osservando la mano di Violetta, ancora sollevata a mezz’aria.
“Niente, io…” cercò di spiegare diventando rossa fino alla punta delle orecchie, cosa che fece sorridere Leon teneramente. Prese la sua mano, e la portò nuovamente sul petto, all’altezza del cuore.
“Chiudi gli occhi”.
Violetta eseguì gli ordini, e sentì il viso di Leon avvicinarsi all’orecchio, lo poteva dedurre dal fatto che le soffiasse piano sul lobo. Più si avvicinava più Violetta percepiva i battiti di Leon aumentare di intensità. Si fecero più sordi e più rapidi, e mentre prima riusciva a scandirne il ritmo, adesso non ne era più in grado.
“Adesso capisci?” le soffiò all’orecchio con voce roca. Si allontanò lentamente, e i battiti tornarono regolari. Violetta riaprì gli occhi, e lo guardò confusa.
“Mi succede perché tu mi provochi emozioni che non avevo mai provato. Emozioni che mi spaventano terribilmente, ma allo stesso di cui non riesco a fare a meno” spiegò accarezzandole i capelli con aria assente, mentre evitava il suo sguardo per non doversi sentire giudicato in alcun modo. Per lui era difficile cercare di far capire a qualcun altro ciò che provava, soprattutto perché anche lui faceva fatica a rendersene conto.
“Non pensavo che potessi dire queste cose…soprattutto non credevo le avresti dette a me” disse Violetta, sinceramente stupita, e incapace di aggiungere altro.
“In verità non pensavi le avrei mai dette a un qualsiasi essere umano, ammettilo” scherzò il giovane, piantando un palmo sulla parete a un centimetro dal suo viso. Stava cercando di sdrammatizzare, per nascondere l’essenza della sua anima che era celata in quelle parole.
Violetta scoppiò a ridere, e Leon si incantò a guardarla: aveva una dolcezza innata, che risplendeva nei suoi occhi, e si diffondeva dal suo sorriso. Non c’era un particolare del suo viso che non ritenesse perfetto, e degno di essere immortalato per sempre.
“Forse un tempo lo pensavo, ma adesso…è così strano, Leon. Prima eri diverso, e adesso d’un tratto sembri un’altra persona. Faccio ancora fatica a crederci…”.
Leon accennò un sorriso, che scomparve al pensiero di qualcosa. Un appuntamento che aveva quel giorno e che non poteva proprio rimandare.
“Nel pomeriggio devo andare a cavallo con Marco” disse più a se stesso che a Violetta, storcendo il naso, e concentrandosi su come avrebbe cercato di allontanare nuovamente il mago dalla ragazza che in quel momento gli prendeva il viso tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi.
“Leon, non commettere sciocchezze” esclamò seria.
“E’ lui che mi provoca con tutte quelle moine nei tuoi confronti. Io non ci sto ad essere trattato come un imbecille qualunque!” rispose Leon adirato, senza però smettere di fissarla intensamente. La presa sul suo viso si indebolì trasformandosi quasi in una leggera carezza. Fece finta di non aver sentito e scosse la testa, al solo pensiero che il principe avrebbe potuto commettere una follia che poi gli sarebbe costata cara.
“Ti chiedo di promettermelo: non voglio che tu faccia niente a Marco. E prima che tu dica qualcosa, non è perché provi qualcosa nei suoi confronti…lo dico per te”. Leon ascoltava attentamente, e quindi annuì sconfitto.
“Te lo prometto”. Il silenzio accompagnò quella promessa, e Violetta lo abbracciò di slancio, per poi stampargli un bacio sulle labbra.
“Grazie Leon! Grazie” mormorò al settimo cielo, rincuorata dal fatto che non avrebbe dovuto stare in pensiero per quello che sarebbe potuto accadere in sua assenza.
“Lo faccio solo per te” borbottò lui, sorpreso per quella dimostrazione di gioia, ma anche appagato da quel bacio e quell’abbraccio.
“Però promettimi che stasera dopo quella tortura che mi aspetta ci sarai tu ad aspettarmi. Voglio stare un po’ da solo con te” disse con tono supplichevole, prendendole le mani. Violetta accettò l’invito allegramente.
“Ti aspetto al salone principale allora. Quando sarà buio” le disse, lasciandole piano la mano, mentre si allontanava.
Violetta sgattaiolò quindi fuori dall’armeria, e lui aspettò qualche minuto prima di uscire, in modo da non destare sospetti se qualcuno fosse nelle vicinanze. Avrebbe mantenuto la parola, nonostante tutto era sempre stato un uomo d’onore, e non avrebbe torto un capello a quel maghetto da quattro soldi. Ma il desiderio di dargli un bel pugno in faccia si ripeteva con insistenza nella sua mente.
 
Le luci della notte avevano avvolto interamente il castello, illuminato dalle solite torce lungo i corridoi. Violetta conversava tranquillamente con Lena nella stanza, guardando di tanto in tanto fuori dalla piccola finestra, per vedere se fosse già notte fonda.
“Dovresti desistere dalla tua idea di fuggire dal castello. Andrai incontro a morte certa, e ci tengo troppo a te…non voglio perderti” disse Lena, catapultandola di nuovo con la mente, che vagava lontana, tra quelle quattro mura.
“Starò attenta, Lena, non devi preoccuparti…” cercò di consolare l’amica, che tentava di nascondere la lacrime con orgoglio. Non voleva perdere la sua compagna di stanza, la prima persona con cui si fosse trovata bene in vita sua. Era sempre stata trattata male al castello, allontanata da tutti per il semplice difetto di essere fin troppo sincera, tanto da dire sempre ciò che pensava anche quando poteva essere pericoloso. Era stato il padre a insegnarle a non mentire mai, e a non sottomettersi al volere di qualcuno che non fosse la regina solo per compiacerlo.
“Sei la mia famiglia, adesso” le disse, scoppiando poi a piangere. Violetta per la prima volta capì la sua amica, e si sentì una sciocca ad aver tenuto in così poca considerazione i suoi sentimenti. Si alzò a circondò le spalle della minuta Lena con un braccio attirandola a sé.
“Non piangere…io non ti abbandonerò. Non lo farò” sussurrò accarezzandole piano il capo con l’altra mano.
“Quindi non lascerai più il castello?” balbettò la ragazza, tra un singhiozzo e l’altro, asciugandosi la lacrime con la manica del vestito.
“No, non lo farò” rispose con semplicità Violetta, alzandosi dal letto, e dandole le spalle. Le mancava la sua vita, ma d’altronde non se la sentiva di abbandonare tutto in quel modo. Non voleva abbandonare Leon, che sembrava dipendere così tanto da lei, e non voleva lasciare Lena, che la vedeva quasi come una madre. Insieme si facevano forza, e senza di lei, aveva paura che Lena non avrebbe mai più fatto uno dei suoi meravigliosi sorrisi e avrebbe perso la vitalità di sempre. Il suo sacrificio le sembrava giusto, e mise da parte la sua felicità per dedicarsi alle persone che amava. Nonostante l’affetto provato nei confronti del padre, altre persone avevano più bisogno di lei in quel momento.
Non appena fu sicura che si fosse addormentata, Violetta uscì fuori dalla sua stanza, lisciandosi le pieghe di un semplice vestito color turchese. Aveva quasi raggiunto il salone principale, e fremeva dalla voglia di correre incontro al suo Leon, e farsi cullare dai suoi abbracci. I passi risuonavano sordi, mentre un alone spettrale avvolgeva il corridoio. Sentì qualcuno parlare a voce alta con un tono concitato in prossimità dell’ingresso, e poi un colpo che la fece sobbalzare. Con il cuore in gola rallentò l’andatura dei passi, osservandosi le caviglie che tremavano. Quel rumore inquietante le rimbombava ancora in petto, e più avanzava più si ripeteva di tornare in camera. Spinse la porta che dava sull’ingresso, e non appena varcata si portò una mano alla bocca inorridita. Avrebbe voluto urlare, ma non ci teneva a peggiorare la situazione. Gli occhi le iniziarono a pizzicare, mentre le mani gelide sul viso coprivano la sua espressione terrorizzata. A metà della grande scalinata, in piedi con lo sguardo fisso sul vuoto, Leon appariva sconvolto con la mano che stringeva lo scorrimano in marmo. Sembrava completamente imbambolato, una statua di marmo.
“Leon…” mormorò lei, senza muovere un passo. Leon la guardò con una freddezza glaciale, mentre nei suoi occhi si leggeva il panico più totale.
“Io…non volevo” disse con un filo di voce, reggendosi in piedi a stento. “Non volevo”.
Ai suoi piedi, sul pavimento, riverso per terra, con il corpo in una posizione sgraziata, innaturale, c’era il corpo di Marco. Sembrava una marionetta priva di vita, i cui fili erano stati tagliati improvvisamente. La luce della luna illuminava la due grandi rose che si intrecciavano, testimoni di quell’orribile misfatto. Schizzi da sangue sembravano volerle intaccare, ma era tutto inutile, anzi le rendevano ancora più superbe, e le davano un’aria letale insieme alle tenebre della notte.
Cosa aveva fatto Leon? Perché non aveva mantenuto la promessa?








NOTA AUTORE: Tzan, tzan! Eccomi con un nuovo e inquietante capitolo...o meglio, il finale è inquietante! Comunque in questo capitolo conosciamo meglio il personaggio di Jade, e il perché della sua vanità, unito ad un'avidità che stupisce la stessa Jackie (tra parentesi la partaccia fatta a Lara mi è piaciuta un sacco...ecco, Lara, basta fare danni e stattene buona ù.ù Anche se pare che Jackie non voglia il bene dei Leonetta :/). La donna, che in alcuni momenti addirittura rasenta la follia per la sete di potere, è fin troppo fragile in fondo, psicologicamente volubile, e proprio su questo si affiderà il piano della subdola Jackie. Ma soprattutto la regina del lavoro fatto al suo Leon...che lavoro? Il passato di Leon verrà fuori con ogni probabilità nel prossimo capitolo, per ora abbiamo solo una serie di flash, quando il principe si chiude nell'armeria, dopo aver quasi dato di matto per la gelosia, di nuovo! xD Povero Leon, che si sente sempre più inghiottito nel passato, non fosse per Violetta, che definisce sua salvatrice. I due si concedono un dolce momento (hfvghc3frc *^*), e poi Violetta si fa fare una promessa, che il principe alla fine decide di accettare. Una promessa che però sappiamo nel finale non viene mantenuta. Violetta scopre Leon in cima a metà scalinata, mentre ai suoi piedi sul pavimento giace Marco...vivo o morto? Questo ancora non lo sappiamo. Fatto sta che qualcosa è successo...qualcosa che potrebbe anche mettere a rischio i rapporti con il Brucaliffo! Un mistero che verrà svelato nel prossimo capitolo quello del finale, che ci lascia un po' perplessi. Davvero Leon ha agito in quel modo rompendo così la promessa? E perché uno abituato a uccidere a destra e a manca rimane tanto sconvolto da quella situazione? Per la promessa? O c'è anche dell'altro? Lo scopriremo nel prossimo capitolo...grazie a tutti voi che mi seguite e continuate a leggere questa storia un po' particolare...e alla prossima! :P 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai