Film > Suicide Room
Segui la storia  |       
Autore: Pachiderma Anarchico    27/03/2014    1 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"La gente è intrappolata
  nel passato.
  Io non faccio eccezione, e non illudetevi:
  nemmeno voi." 
(C. Palahniuk)



CAP. 2


 

Dominik -1 aprile-

Ogni singolo occhio di ogni singolo viso di ogni singola persona presente nell'aula si posa su di me con sorpresa, perplessità, incredulità.
Sono sorpresi nel vedere qualcuno che non si faceva vivo, nel senso letterale del termine, da quasi un mese; perplessi nello sconvolgimento totalmente inaspettato di un giorno cominciato nel modo più normale possibile; increduli del fatto che sia tutto intero e che abbia ancora le mie facoltà mentali e motorie per recarmi a scuola e non solo, anche per camminare tra i banchi.
Ed è proprio quello che faccio, mi dirigo velocemente verso l'unico posto libero, che non è quello che ho lasciato quando decisi che detestavo questo posto. Non che adesso lo ami, ma già il fatto che la professoressa si sia limitata a sorridere e a continuare il suo monologo senza esordire con imbarazzanti "bentornato" e domande del tipo "C'è la possibilità che tu tenta di ammazzarti se vai in bagno da solo?", gli fa guadagnare sicuramente punti. Forse non ho detto neanche buongiorno, così, per dimostrare che mi ricordo persino come si parla, ma la mia attenzione era stata momentaneamente catturata dalla vista di due banchi vuoti esattamente uno in perfetta simmetria con l'altro.
Per un attimo l'immagine dei residenti di quei due banchi avvinghiati in qualche aula didattica deserta mi lampeggia davanti agli occhi come un faro nel buio di una scogliera, ma la ricaccio immediatamente indietro nello scompartimento della mia mente in cui sono rinchiuse le cose che non mi devono minimamente interessare. Mi concentro invece nel leggere ciò che l'insegnante ha scritto sulla lavagna elettronica: "Romeo & Giulietta: morti per amore o libertà?"
Vi ho mai detto quanto ami l'ironia della sorte?
E grazie a questo brillante sarcasmo che sembra possedere il destino, passo il resto della lezione di letteratura inglese non perdendomi neanche una parola sull'amore appassionato (o distruttivo) dei due innamorati protagonisti, tra bisbigli e sussurri che senza troppa difficoltà giungono sino alle mie orecchie.
Dopo due ore di vivace discussione sul perché i due amanti abbiano preferito uccidersi piuttosto che vivere l'uno senza l'altro e un'ora sull'interessantissimo argomento della geometria quantistica applicata all'architettura ideologica, il suono tanto atteso, desiderato, amato della campanella sembra volermi urlare, con il suo squillare acuto e prolungato "Esci da lì il più in fretta possibile", e le do retta, alzandomi e fiondandomi fuori dalla classe mentre i corridoi si riempiono di gente chiassosa e sorridente, lieti del momento d'aria e in attesa della pausa quanto me.
Attraverso lo stesso corridoio baciato dall'affluenza di studenti, e se mi guardo intorno quasi posso vedere una ragazza mora seduta a terra con un portatile tra le gambe intenta a mostrare al suo cavaliere il vestito che indosserà al ballo o una delle tante giornate di sole in cui una decina di ragazzi, tra cui uno con una liscia chioma nera, stanno comodamente tutti ammassati su una panchina sotto i raggi timidamente caldi della prima primavera.
I ricordi, la finta normalità, quello che non è più mio sono come belve feroci in attesa tra la selva, pronte a balzare fuori in ogni momento sulla preda ignara delle loro mosse. Mi sento come braccato, cacciato dalle sensazioni e dai deja voi di un diciottenne che ha percorso questo stesso corridoio con la riga fitta ed enigmatica del nero intorno agli occhi, un jeans abbassato a mostrare i boxer, anch'essi dello scuro colore, e una pistola nella tasca della felpa in stile gotico, lasciando credere di essere intoccabile perché protetto dall'ennesima maschera che quel diciottenne si è trovato a portare.
Adesso la situazione si ripete con la differenza che non ho il nero a delineare il contorno dei miei occhi, ma occhiaie evidenti sulla pelle candida del viso provato e l'aspetto tutt'altro che simile a quello di un angelo caduto bandito dal Paradiso per essersi rifiutato di sottostare alla legge divina, ma più simile a quello di chi è troppo stanco per ricominciare.
Sento gli stessi sguardi indagatori di allora sulla schiena, le stesse parole mormorate a voce volutamente alta al vento, gli stessi commenti privi di sostanza.
Il mio di sguardo, invece, è puntato come un mirino di precisione su un punto indefinito dinnanzi a me e non ha intenzione di abbassarsi, girarsi, scendere a compromessi con un altro bersaglio.
Svolto l'angolo.


 

Aleksander -1 aprile-

Era fin troppo semplice, bastava fingere un malore qualunque, trovare la scusa più banale e al quasi campione di Judo era consentito praticamente tutto, anche portarsi dietro una propria compagna di classe con il pretesto dell'aiuto in caso di bisogno.
E così, simulando un comune mal di testa seguito dal tocco di classe di un normale capogiro, io e Karolina ci slinguazzammo in infermeria per tre ore in cui saremmo dovuti stare con il culo incollato su delle sedie a chiederci come facesse la professoressa di letteratura inglese a non morire asfissiata per mancanza d'aria dopo i suoi interminabili sproloqui. La ragazza, invece, ebbe la brillante idea di far fingere al ricoperto di gloria Aleksander Lubomirski una qualche mancanza per poterci toccare e strusciare in santa pace.
Quello si che era un modo più divertente di passare il tempo.
Almeno fino a quando la campanella non ci persuase ad interrompere una più che gradevole "lezione di anatomia" per andare a socializzare con i nostri simili. Quegli stronzetti staranno già ridendo e spettegolando sul dove e il come avessimo fatto.
Mentre Karolina si preoccupa di alzarsi il Jeans e io la cerniera dei pantaloni, faccio mente locale sugli allenamenti che mi aspettano nel pomeriggio e su chi dovrò spalmare a terra per dimostrare ancora una volta di essere il migliore.
Appena varchiamo la soglia dell'infermeria un coro di voci canzonatorie ci investe, ridacchiando e scommettendo sulla nostra breve gita e pretendendone i particolari più "interessanti". Non che ci sia molto da dire, baci e toccatine, di certo non all'altezza dei film mentali che hanno partorito le loro menti perverse, ma per accontentarli ingigantisco un po' il tutto mentre ci dirigiamo al bar affamati come cavalli a giugno. Mi concedo dal gruppo per passare, insieme al mio caro, ficcanaso, importuno amico Misha Martens, dalla segreteria, dove mi aspetta una comunicazione riguardo il campionato nazionale di Judo di quest'anno, quando la sua voce acuta e beffarda mi giunge fastidiosamente chiara attraverso la confusione generale dei corridoi pullulanti di anime e la moltitudine di esclamazioni che si sovrappongono l'una sull'altra.
-Sai chi è ricomparso dall'aldilà in tutto il suo charm?-
Mugolo una qualche risposta giusto per fargli credere che tengo il filo del discorso e non lo sto ignorando, cosa che in realtà sto facendo felicemente.
Lui schiude le labbra, allontana quello superiore da quello inferiore, apre la bocca pronto per spiattellarmi in faccia l'ultima notizia che è palesemente contento di essere uno dei primi a conoscere e io decido proprio in questo preciso momento di voltare il viso verso di lui.
Avrei voluto sentire la risposta, credetemi, avrei voluto che Misha fosse stato un tantino più veloce, che io avessi messo una gamba davanti all'altra un tantino più lentamente, che il destino non avesse deciso di giocare con me proprio in quel millesimo di secondo, perché gli finì completamente addosso, con la noschalance di un lottatore di Rugby.
Rovino a terra accompagnato dal sottofondo musicale di un colpo sordo e la mia mancata prontezza di coscienza mi fa rimanere senza fiato per due secondi, poi inizio a nominare con solenne chiarezza tutti i santi del Paradiso sperando vivamente che, chiunque sia andato in collisione con me per non avere ben presente come si fa a mettere un cazzo di piede davanti all'altro, abbia fatto la mia stessa fine stendendosi sul pavimento.
Qualcuno, tra le molte anime che ora volgono i loro occhi da questa parte, mi aiuta ad alzarmi, probabilmente Misha, più col pretesto di trattenermi perchè consapevole che, se mi trovo in un giorno tranquillo, scaricherò solo un torrente di termini più o meno coloriti contro l'energumeno che non è capace di aggirare un angolo senza uccidere qualche ignaro passante, e che in giorni “meno” tranquilli.. beh, meglio per il suddetto energumeno starmi accortamente alla larga.
Appena alzo lo sguardo, gonfio della celeberrima gloria che so mi investe e della stizza per avermi fatto sembrare un mezzo scemo davanti a mezza scuola, il torrente di termini più o meno coloriti cede inevitabilmente il posto ad un fiume in piena di sbigottimento con conseguente espressione attonita che deve essermi comparsa sul viso nel cruciale instante in cui mi rendo conto che l'”energumeno”con cui mi sono scontrato colando a picco come il Titanic ha la pelle di porcellana, gli occhi di un amletico azzurro oceano, le ciocche scure come il nero a mezzanotte che gli ricadono sulla fronte in un preciso disordine, e che è Dominik Santorski.
L'unico e solo coglione che riesce a sembrare il capo del mondo in pieno possesso delle sue facoltà mentali anche andando in giro come un dark-gotico-makeuppato psicotico.
Mi sollevo cercando di sembrare il meno deficiente possibile mentre l'esterrefatto l'ascia il posto al ritrovato controllo della situazione che tentava disperatamente di sfuggirmi di mano.
Il rapido susseguirsi delle azioni non mi impedisce, in ogni modo, di notare le ombre scure sul suo viso, come buchi neri incastonati nella via lattea, il cambiamento della pelle, persino di qualche tono più chiara di quanto la ricordassi, e la luce, che una volta adornava i suoi occhi rendendoli enigmaticamente unici, scomparsa quasi del tutto o occultata dal torbido di quell'azzurro.
Solo un mese fa avrei giurato di poterci vedere la vita vorticare nelle sue iridi come sottili e brillanti filigrane d'oro.
Ora invece, o nascosta o svanita, scorgo solo la luce fredda e pungente come minuscole schegge di ghiaccio che i suoi occhi riservano personalmente e solamente al sottoscritto, prima di prendere la borsa scivolata dalla sua spalla nell'impatto e di oltrepassarmi senza tante cerimonie.
La lucidità che sopraggiunge l'attimo dopo il suo avermi dato le spalle mi dice manifestamente che sono stato fermo, di sasso, a fissarlo impalato, che sono sembrato un perfetto idiota, e che sembro tutt'ora un perfetto idiota, mentre il bastardo ha risposto con dei riflessi così veloci che hanno buttato i miei nel cesso. E sempre la stessa disgraziata lucidità mi porta a riversare tutta la frustrazione del catartico momento su quell'allocco beota di Misha mentre lo spingo indelicatamente, con la percentuale di pazienza pari a zero, a raggiungere gli altri.
Non ci metto molto a comunicare a tutti i presenti la notizia, cercando di capire se l'effetto che farà a loro sarà lo stesso di quello che ha fatto, o forse sta ancora facendo, al sottoscritto.
Alla notizia del ritorno del Dark la figura bionda di Magda Kisowkoz e quella tutt'altro che tranquilla di Joanna Saska emettono un fischio al limite tra il divertimento e la malizia e Asher Brown, quasi meccanicamente, scatta con gli occhi impenetrabilmente scuri su Karolina, intenta a compare una Coca.
Non aveva mai accettato, mai digerito e mai superato che la cara, voluta, appetitosa Karolina fosse andata al ballo con il felpato, introverso, illeggibile Dominik, per giunta scendendo allo “squallido accomodamento di chiederglielo lei stessa se l'avrebbe onorata della sua presenza quella sera”; mi pare ancora di sentirle le sue ripetitive e persistenti parole sparate a tutto volume col tono più acido che le sue corde vocali riuscissero ad effettuare. E da quel momento inutile specificare la sua insofferenza verso il moro e la costanza con cui aveva fatto carte false pur di gettare fumo o fango su di lui, non solo agli occhi della ragazza, ma di tutto l'universo conosciuto, in modo che nessuno si ricordasse che Karol aveva preferito l'ermetico Dominik allo sfavillante Asher.
Ma noi c'è lo ricordavamo, e proprio in memoria di questa rimembranza tutti, nello stesso istante, come di tacito accordo, ci scambiamo occhiate furtive attraverso le ciocche di capelli o da sotto le visiere dei cappelli.
Sembra quasi che questo giorno abbia preso una piega inaspettatamente interessante, come se la routine grigia costellata da tracce di blu appartenenti al nervosismo pre-esame di stato e qualche cenno di giallo posseduto dai pettegolezzi, dalle scenate dei professori, dalle serate tra un cerchio di birre e uno di amici, dalle ambizioni e dai progetti di una vita dei quali senti perennemente il fiato sul collo, quel grigio, solito e banalmente abituale, si sia mischiato con qualche singolare colore, perchè adesso è venato da sottili sfaccettature di rosso, ma non quel rosso corallo, di fronte al quale ti viene da sorridere per la lucentezza della sua gradazione, e neanche il rosso bordeaux, arcano e quasi impenetrabile alla vista e ai sensi, no.. Questo giorno si è dipinto improvvisamente del rosso più vivo e ardente, una tonalità verso la quale non puoi non sentirti veemente attratto, perchè è il rosso del cielo al tramonto, il rosso di quello stesso cielo all'alba, il rosso dei rubini, il rosso dei sontuosi petali di una rosa scarlatta, il rosso del fuoco, il rosso del sangue.
Karolina ci raggiunge con una lattina in mano, mentre il mio cervello è occupato a fare il poeta, e due cannucce per dividerne il contenuto con Magda, che prevedibilmente sta già allungando una mano per appropriarsene.
-Cosa sono questi sorrisetti?-
-Ma come Karol, non lo sai?- rimbecca subito Joanna, che puntualmente non perde neanche la più misera occasione di beffeggiare chiunque sappia un pettegolezzo meno di lei. -La tua fiamma è tornata.-
-La mia che?-
Karolina ci guarda tutti, me compreso, aspettando un chiarimento che non arriva, e che io certamente non mi impegno a darle.
Tutta la mia concentrazione è sulla bella sigaretta che tengo in bilico tra l'indice e il pollice della mano destra, o almeno a fingere che la mia mente sia tutta li, sulle spirali di fumo che si camuffano con l'aria, perchè in realtà non mi sto perdendo una sola parola. Perchè tutto a un tratto il loro discorso mi pare più importante della mia bella sigaretta?
-Non lo sa..-
-Non lo sa proprio..-
-Wow che colpo..-
Quando Karolina minaccia di annaffiarci tutti con la Coca Cola e il flusso di esclamazioni si interrompe di colpo, capiamo che la sua pazienza sta arrivando al limite tollerabile e i limiti di Karolina è bene non oltrepassarli mai.
-La tua fiamma..- ricomincia fastidiosamente qualcuno.
-Che palle- mormoro prima di allontanare la sigaretta dalle labbra e annunciare con stizzita esasperazione: -Dominik Karolina, Dominik. Hai presente quello con cui sei andata al ballo, quello con cui mi ci sono avvinghiato la lingua, quello che si è vestito da emo gotico, quello che ho sputtanato su mezzo Facebook, quello con..- “cui ho flirtato in classe dopo quella particolare, elettrica sera”. Non lo dico.
E non so il perchè.
Sarebbe così semplice completare l'opera, aggiungere del piccante su un piatto già cosparso di pepe, conquistare le occhiate ammirate e luccicanti di invidia del gruppo che cadrebbe ai miei piedi, sbandierare ai quattro venti con calcolata noncuranza un accaduto che ormai metterebbe sotto una luce ancora più malsana il dark, senza che quella luce di scherno tener minimamente conto che c'ero anche io tra quei banchi in quel momento, che avevo iniziato io a provocarlo in quella classe, che volevo vedere io il suo viso se gli avessi solo appena accennato a quella notte, quando assaggiai le sue labbra, labbra che lui si leccò con dosata lentezza in un giorno successivo, l'attimo prima di schiudersi in un luminoso sorriso.
Karolina si guarda furtivamente intorno, quasi in trepida attesa di vederlo passare, mentre il viso bronzeo di Asher si rabbuia ulteriormente.
Li osservo con un'attenzione che nessuno sospetterebbe poter avere origine da me e so esattamente, tra un tiro di sigaretta ed un altro, che ne avremmo viste delle belle, e considerando che sul campo adesso c'era anche Santorski, di belle davvero.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Suicide Room / Vai alla pagina dell'autore: Pachiderma Anarchico