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Autore: kiara_star    27/03/2014    4 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap19
L' ultima lacrima



XIX.





Si era chiusa alle spalle la porta del bagno ed era scivolata a terra nascondendo il viso fra le mani.
Cosa aveva fatto? Come aveva potuto ricaderci di nuovo?
Per quanto la mente le gridasse quanto fosse sbagliato, quel corpo sembrava non volere altro. E ne avrebbe voluto ancora se non fosse andata via.
Sbatté un pugno sul pavimento ringhiando con rabbia e vergogna.
Strinse forte le ginocchia eppure non poteva non sentire ancora i brividi e il desiderio scorrere nella sua carne.
La sua mano ancora umida. Ancora il suo odore, ancora il suo piacere che avrebbe voluto sentire scorrerle dentro fino a impazzire.
Cercò aria ma sembrava respirare veleno. La gola si stringeva ogni volta che ispirava e fu costretta a lavarsi il viso con l'acqua fredda più volte.
Alzò gli occhi al suo riflesso provando disgusto e biasimo per se stessa.
Ripensò a tutti quei secoli trascorsi a sfuggire da quel desiderio, a obbligarsi a guardarlo e vedere solo un fratello da proteggere e amare. Ripensò a tutte le donne con cui aveva tentato di annegare quel bisogno, ripensò agli occhi di Loki che divenivano più freddi e lontani.
Ripensò alle notti bianche e al rosso del sangue in battaglia, con cui calmare un altro tipo di fame.
E poi era sfumato.
Ogni pensiero, ogni brama, era semplicemente sfumata e Thor aveva deciso che era stato solo un lontano sogno di due ragazzini, che ormai non aveva più importanza.
Jane aveva chiuso per sempre ogni dubbio, e fra le sue braccia aveva trovato dolcezza e passione, quiete e vita. Jane lo completava, completava quel cuore ferito di Thor.
E allora perché era bastato rivestire quella pelle per trovarsi a sentire che non era trascorso un solo singolo giorno? Perché per quanta sabbia fosse caduta in mille clessidre, non sarebbe mai bastata a non farla fremere sotto le sue carezze, sotto le sue parole, sotto il suo semplice sguardo?
Un'intera eternità non sarebbe mai bastata per impedirle di voler sentirsi morire una volta ancora nelle fiamme di quel peccato.
Abbassò gli occhi sul freddo lavabo sentendo la testa esplodere.
Rivide il viso sudato di Loki, risentì i suoi respiri e le sue mani sulla pelle. Ogni ricordo colpì il cuore e poi lo stomaco, e scese fino a battere forte nel suo stesso ventre, scese più in basso finché fu costretta e stringere ancora gambe e occhi, a stringere fra i denti ogni bisogno di chiamare forte il suo nome e supplicarlo... Supplicarlo come la sgualdrina che forse era sempre stata.
Era tutto perso, tutto era andato in frantumi.
Erano in fuga verso il niente, senza una casa dove tornare né amici a cui chiedere aiuto.
Erano soli e privi di salvezza.
Quando ritrovò il suo sguardo lucido contro la lastra riflettente, Sigyn capì che per loro due non ce n'era mai davvero stata nessuna.


Uscì dal bagno che ormai c'era solo silenzio.
La stanza era vuota, il letto intatto.
La cucina, messa in ordine, illuminata solo da una tenue luce.
Sul divano, Loki dormiva con il viso di chi sogna solo incubi, con la fronte aggrottata e le labbra troppo strette.
La notte avvolgeva ancora ogni cosa e la stanchezza stava chiedendo tregua anche a lei.
Ma come poteva chiudere gli occhi e dormire? Come poteva chiudere gli occhi senza sapere cosa avrebbe trovato ad attenderla?
Raggiunse la cucina e aprì il rubinetto dell'acqua riempiendo un bicchiere fino all'orlo.
Mandò giù un unico sorso respirando forte quando poggiò il vetro sul ripiano.
Con la coda dell'occhio vide il tavolo sgombro e lo stomaco quasi si contorse nel suo addome.
Cercò ancora sollievo nell'acqua quando udì i passi alle sue spalle.
Non si voltò e fissò il bianco delle mattonelle lucide.
«Domattina tornerò allo S.H.I.E.L.D.» enunciò senza dargli modo di dire nulla. «È giusto così.»
«È una tua scelta, se mi permetti, molto stupida. Ma libera di fare cose stupide per quanto mi riguarda.»
Sorrise contro il niente. «Le cose stupide sembrano essere quelle che mi riescono meglio» sospirò quasi più a se stessa.
«Usa pure la mia camera per riposare.»
«Non serve» sentenziò riuscendo finalmente a voltare la schiena per guardarlo. «È casa tua. Dormi nel tuo letto e io riposerò sul divano.» Cercò di non respirare a ritmo del suo battito per quanto doloroso fosse spingere giù i polmoni. «E domattina metterò fine a questa storia.»
Anche se era più che certa che Tony non avrebbe più tenuto fede alla sua parola di attendere l'alba. Perché avrebbe dovuto dopo che era stata lei a tradire per prima la sua? Quale lealtà doveva essere riservata a chi non ne era degno?
«I tuoi amici non ti possono aiutare, lo sai.»
«Neanche tu, o sbaglio?» Restò seria al suo piccolo sorriso. «Mi sembra altrettanto inutile stare qui, a questo punto.»
«E qual è il tuo piano? Sentiamo.»
«Prendermi le responsabilità delle mie azioni, anche se questo vorrà dire accettare lo sguardo deluso dei miei compagni.»
«Oh, come sei nobile...»
Serrò la mascella al suo palese sarcasmo.
Loki la guardava con la solita falsa tranquillità, con il solito falso sorriso, e il solito falso atteggiamento distaccato.
Aveva avuto ragione: ormai riusciva a scindere con facilità le sue menzogne dalla sua verità.
«Avrò tanti difetti, ma la codardia non è, né sarà mai, uno di questi» ribatté fermamente e lui assentì con ironia.
«Certo... Perché scappare da questa casa non è da codardi.»
«Io non sto scappando da niente né da nessuno!»
«No?... Eppure a me sembra tutto il contrario.» Fece pochi passi verso di lei e Sigyn sentì che avrebbe voluto farne uno indietro, ma il mobile alle sue spalle glielo impediva e il suo orgoglio era un ostacolo ancora più insormontabile. «A me sembra che tu voglia uscire il più veloce possibile da quella porta, sperando che ciò basti a lasciarti dietro ogni pensiero poco morale che ti sta affollando la testa in questo momento.»
Deglutì ma finse un sorriso. «Io non sono come te.»
Quando ormai le fu di fronte anche le labbra di Loki erano piegate in un sorriso della medesima onestà.
«Allora perché non hai affondato quel coltello nel mio collo?»
«Sei folle se credi che ti avrei ucciso per evitare di...» Non riuscì a terminare e sentì il viso accaldarsi per mille sensazioni diverse. Vergogna, rabbia... desiderio.
«Ah, quindi mi stai dicendo che ti ho ricattato? Che ti ho preso contro la tua volontà?»
«Non mettermi in bocca parole che non ho pronunziato!» Lo spinse sul petto ma Loki recuperò subito il passo che aveva perso e tornò a fronteggiarla senza cedimenti.
Era insostenibile, il suo sguardo e la sua stessa presenza, era insostenibile il pulsare di quel cuore e la vertigine che le provocava.
«Era sbagliato allora tanto quanto lo è adesso...» affermò con sofferenza. «Perché vuoi riportare a galla quell'illusione?»
«Perché nella mia vita non ho avuto altro che illusioni.» Non c'era più arroganza nelle sue parole, non c'era più distacco nei suoi occhi. E faceva male. «Mi si chiede perché ne sono il Signore eppure si conosce così chiaramente la risposta... Tutti voi la conoscete.»
«Ogni illusione si dissolve alla fine»
Loki sorrise. «E sai cosa resta dopo?»
Non sapeva rispondere, non voleva farlo.
Cosa resta dopo, fratello? Cosa resta quando l'illusione crolla e la verità punge gli occhi fino a farli lacrimare sangue?
Ma Loki non le lasciò risposta mentre si allontanava silente.
«Se domani avrai intenzione di andare, va' pure. Ti chiedo soltanto di farlo prima che mi svegli.» Un ultimo sguardo. «Sarà più difficile che te lo impedisca.» E un ultimo sorriso. «Buonanotte.»
Poi restò sola.


Nel momento in cui Sigyn poggiò il capo contro il divano, sapeva bene che non sarebbe uscita da quella porta. Sapeva bene che l'alba sarebbe giunta senza che lei potesse fare nulla per evitarlo. Sapeva che avrebbe lasciato che anche l'ultima briciola di dignità e rispetto si frantumasse inesorabilmente.
Sapeva che da Asgard non avrebbe avuto aiuto, che anche la Terra glielo avrebbe negato.
Sapeva che quando avrebbe riaperto gli occhi, il sole sarebbe stato alto e forte e non avrebbe più potuto nascondere niente, non avrebbe potuto più nascondersi da nessuno, neanche da se stessa. Sapeva che avrebbe ritrovato quelle sensazioni e quella rabbia, e la paura e la vergogna.
Sapeva che quando avrebbe aperto gli occhi, avrebbe rivisto quelli di Loki e li avrebbe visti grati per non avergli voltato le spalle, per essere rimasta a reggere quell'illusione.
Abbassò le palpebre e si addormentò.
Nei suoi sogni stanchi, trovò Hela a sorriderle.



*



Linn si era svegliata che era mattina. Dalla finestra trapelava una luce d'oro e arancio; l'alba di Midgard era bella come quella di Asgard.
Steve non era nella stanza, non era con lei. Steve non era tornato.
Si tirò a sedere passando le dita sugli occhi gonfi.
«Buongiorno.»
Sollevò immediatamente lo sguardo e il sorriso che incontrò fu ancora più luminoso di quel sole.
«Buongiorno.»
Steve se ne stava poggiato contro l'arco della porta, con una candida maglia in dosso e una tazza che fumava fra le mani.
Le si avvicinò e gliela porse.
«Caffè?»
Era così strano quel momento, era così bello.
Assentì con il capo e la prese dalle sue mani bevendone un sorso.
«Grazie...» sospirò stringendo la ceramica fra le mani.
«Dormito bene?»
Annuì ancora imbarazzata, come se ci fosse ancora spazio per l'imbarazzo; come se non avesse tremato fra le sue braccia per un semplice bacio, come se non si fosse sentita morire per tutti quelli che ne erano seguiti; come se non avesse dormito sul suo letto sognando di averlo accanto a stringerla e a baciarla ancora.
«Tu hai dormito, Steve?» chiese sentendosi un po' stupida. Ma Steve le sorrise e si sedette accanto a lei.
Sentì ancora una volta i brividi sulla pelle per la sua vicinanza.
«Non ne ho avuto tempo, ma ho chiuso gli occhi un'ora scarsa. Per me è abbastanza.»
Solo quando guardò il suo viso così vicino, Linn scorse la stanchezza e il pallore, scorse i pensieri e le preoccupazioni piegare la sua fronte e i dubbi attraversare le linee del suo volto.
«Siete riusciti a...» Non continuò, temeva la risposta.
«No, non li abbiamo ancora trovati.» Le rispose comunque lui perdendo un po' di sorriso.
Si sentiva così in colpa per il sollievo che provò.
Tenne la tazza con una sola mano e con l'altra cercò la sua.
La strinse forte osservando le loro dita che si intrecciavano. Avrebbe voluto sentirle per sempre avvolte nelle sue.
«Linn... quello che è successo ieri... io... quello che voglio dire...»
Scosse il capo sorridendo dolcemente.
«Non dire niente, Steve.»
E Steve non disse più niente. La guardò con i suoi occhi stanchi e la baciò di nuovo.
Linn sentì il sapore del caffè anche sulle sue labbra, il sapore dolceamaro di quel sentimento che batteva senza tregua nel suo petto.
Allungò la mano per poggiare la tazza sul piccolo ripiano accanto a letto, senza smettere di respirare contro la sua bocca.
«Steve...» sospirò sorridendo felice come non lo era mai stata.
Ancora un bacio, ancora le sue braccia attorno al suo corpo, ancora il profumo della sua pelle e i suoi capelli fra le dita.
«Devo tornare dalla squadra...» Gli sentì mormorare eppure restò lì ad abbracciarla forte.
«Lo so» rispose guardando il suo viso e accarezzandolo piano. «Hai dei doveri.»
Steve sospirò a chiuse gli occhi poggiando la fronte contro la sua.
«A volte mi sembra di non avere altro... Dovere e obblighi...»
«È il destino di un eroe.» Lo vide sorridere divertito. «Ho sentito i soldati chiamarti così.» Gli confidò sorridendo e sentì di nuovo le sue labbra sulle proprie.
«Steve?»
«Dimmi.»
Prese un respiro e spense ogni sorriso.
«Il principe Thor... lui è fedele a questo mondo.» Anche Steve tornò serio e allentò appena il suo abbraccio. «Non dubitarne mai, qualsiasi cosa possa accadere, tu non dubitare mai della sua lealtà e della sua amicizia.»
«Che stai cercando di dirmi, Linn?»
Quando le braccia di Steve sciolsero del tutto l'abbraccio, Linn prese le sue mani con fermezza.
«Voglio dire che un eroe resta sempre un uomo e che può sbagliare. Voglio dire che anche se ti sarà difficile comprendere le sue azioni, sappi che le ha compiute perché le riteneva giuste.»
«Far evadere Loki non era giusto.»
«Per Midgard non lo era, perché il dolore che ha causato è tanto e imperdonabile, e io non dovrei neanche avere il diritto di proferire parola in merito, ma Steve, ci sono ragioni per cui poteva essere giusto, ragioni che magari ti risulteranno inaccettabili, ma se il principe ha scelto di seguire quelle ragioni, lo ha fatto privo di cattivi intenti.»
Nello sguardo di Steve lesse qualcosa che le fece male, ma che sapeva avrebbe visto.
«Tu sai qualcosa. Non è così?»
Non rispose e Steve lasciò le sue mani e si alzò.
«Per favore, Linn, dimmi che tu non sai cosa c'è davvero dietro tutta questa storia!»
«Se Lady Sigyn avesse ritenuto che il principe fosse una minaccia per Midgard, non lo avrebbe mai aiutato nella sua fuga.» Si levò in piedi a sua volta non riuscendo a cancellare dagli occhi di Steve la sua diffidenza.
«Dove sono?» le chiese.
«Non lo so.» Fu sincera eppure non fu creduta.
«Linn, dimmi dove sono in questo momento.»
«Non lo so, Steve! Te lo giuro!»
«E cosa sai?»
Senti le lacrime bruciare eppure le trattenne dinanzi alla fermezza con cui Steve la stava fronteggiando, e Linn sapeva di meritare i suoi sospetti.
«So che ovunque siano adesso, è lì che dovrebbero essere e che nessuno dovrebbe cercare di riportarli qui.» La sua sincerità fu ripagata dalla delusione che Steve lasciò trapelare sul suo volto stanco.
Non tentò di fermarlo quando sia avviò alla porta.
«Non allontanarti.»
Quando sparì dietro la porta, Linn guardò il caffè che ancora fumava e lasciò andare una sola piccola lacrima.



*



Natasha si passò una mano fra i capelli sentendo che la pesantezza di quella notte non aveva allentato la pressione per un solo istante. Ma non c'era tempo per il riposo, né per un bagno caldo, né per una vodka gelata da mandare giù con un'imprecazione categoricamente in russo.
«Sei ancora in tempo per non farlo, Tony» sibilò con tono stanco.
Ma Tony non le rispose, restò poggiato contro il muro a guardare la porta della sala.
«Dirglielo non ci aiuterà a ritrovarli» aggiunse poi.
Quando erano rimasti soli, Tony le aveva confidato che sapeva, che aveva udito quella verità prima dalle labbra di Linn e poi da quelle di Loki, che era stata Sigyn a confermargliele.
Tony le aveva fatto i complimenti per lo stomaco di ferro e le aveva dato della stronza per non aver ritenuto necessario informare anche loro di tutta quella storia.
Anche Nick sapeva, perché Tony gli aveva mostrato le immagini delle riprese della stanza di Loki e gli aveva fatto ascoltare le sue parole.
Qualsiasi reazione avesse avuto il direttore, aveva deciso di affrontarla nel silenzio del suo studio.
«Siamo una squadra, non è così? Non è così che vi piace parlare? “I vendicatori come bravi amichetti che difendono in mondo”... Beh, a questo punto mi sembra il minimo lavare i panni sporchi fra amichetti.»
«Capisco che ti sia sentito tradito dal suo comportamento ma-»
«Se pensi che lo faccia per vendicarmi, ti sbagli. Ormai abbiamo superato la linea del personale, Natasha. Siamo oltre ogni linea tracciabile.»
«Sì, ma se tu adesso dici loro tutta questa storia ne traccerai una che non si potrà oltrepassare.» Condannerai Thor per sempre.
Tony respirò a fondo ma non sembrò cambiare idea. Natasha aveva tentato ma aveva compreso da subito che sarebbe stata un'impresa dal sicuro fallimento.
«Thor ha deciso di tracciarla, non io. E tutti devono avere il diritto di vederla. Tutti, compreso Steve e i suoi ideali da cattolico. È dura, fa schifo, è una situazione del cazzo, ma è questa situazione, e io sono stanco di nuotare nel torbido!... Lo sono tutti.» Lo vide prendere ancora un respiro. «Li sto solo mettendo nella posizione di sapere e scegliere. È democrazia, Romanoff. Solo questo.»
Scosse il capo con un sorriso ironico.
«No, Stark, stai solo lanciando l'ennesima ordigno sperando che ci siano abbastanza detriti da coprire la superficie.»
Tony aprì le braccia con l'espressione di chi ormai non ha più copioni da recitare.
«Certe abitudini sono dure a morire.»
Tony era irremovibile, la sua decisione era stata prese, e benché ormai fossero solo Clint e Steve gli unici a ancora allo scuro, Natasha sapeva che il capitano ne sarebbe uscito distrutto, perché ciò che Tony non sembrava voleva capire era che ormai non si trattava solo di Thor, adesso c'era anche Linn, e mezzo S.H.I.E.L.D.  aveva visto ciò che era accaduto in quel corridoio, mezzo S.H.I.E.L.D.  aveva visto gli occhi con cui Steve guardava quella ragazza, e Steve sarebbe stato distrutto due volte.
Un tempo non avrebbe provato certi sentimenti, un tempo sarebbe stata gelida e distaccata, ma un tempo non aveva avuto una famiglia da proteggere e a cui chiedere protezione.
Quella famiglia stava perdendo pezzi lentamente ma inesorabilmente. Quando Tony avrebbe portato alla luce quella verità, forse non sarebbe più stato possibile rimetterli insieme.



*



Non credeva possibile che avesse detto una cosa simile, non credeva davvero che Linn potesse avere una tale fedeltà verso Loki da ritenere la sua fuga qualcosa di giusto.
Eppure era coscia dei suoi crimini, era consapevole di quali azioni scellerate e folli avesse compiuto ai danni del loro pianeta e ai danni di Thor, eppure era ancora lì, pronta a difenderlo.
Perché?
E perché faceva così tanta rabbia rendersene conto?
Cosa celava davvero quella fedeltà?
E se non fosse stata fedeltà? Se fosse stato altro?
Attraversò i corridoi con foga senza neanche badare agli agenti che per poco non travolse.
«Scusa.» Si voltò per scusarsi velocemente con l'uomo che stava per mandare a terra e si accorse che era Clint.
«Capitano, tutto ok?»
Annuì con finta sicurezza.
«Sì, stavo... stavo cercando Stark. Ha detto che doveva parlarmi.»
Cercò di accantonare i suoi pensieri, cercò di reprimere sul fondo dello stomaco la sensazione acida che stava risalendo dalla gola.
«Allora andiamo dalla stessa parte.» Barton lo affiancò e ripresero il passo.
Tony aveva detto loro che le riprese della stanza non avevano svelato molto, che però  in qualche modo Thor aveva aiutato Loki a guarire – nel dirlo però aveva usato il nome di Sigyn.
Non gli aveva mostrato però le immagini che erano state visionate solo da Fury. Da ciò che aveva riportato Natasha, Fury aveva scelto di chiudersi nel suo studio senza voler essere disturbato da nessuno.
Steve non aveva avuto modo di chiedergli altro. Dopo la loro litigata, era stato impossibile anche solo guardarsi a vicenda.
Eppure adesso temeva che il direttore avesse avuto ragione: Linn poteva sapere qualcosa che non aveva ancora detto.
Fu di nuovo rabbia.
«Come sta?» Alla domanda di Clint gli lanciò uno sguardo veloce.
«Chi?»
«La tua ragazza asgardiana.»
Per poco la saliva non gli andò di traverso.
«Sta bene e non è la mia ragazza.» Dirlo però gli fece provare una spiacevole fitta all'addome.
«Non è quello che si dice in giro.» Il tono di Barton era divertito eppure non gli provocò un solo sorriso. «Pare che tu abbia dato spettacolo ieri nei corridoi del ventiduesimo piano.»
Deglutì ricordando bene quel momento.
«È questo che fate qui? Vi impicciate della vita privata della gente?» brontolò acidamente e Clint sorrise ancora.
«Steve, c'erano tre telecamere a riprendere la scena. Se vuoi limonare in segreto cercati un luogo meno video sorvegliato... Ti pare?»
Non ribatté e lasciò che ancora un po' di imbarazzo scaldasse il suo viso stanco.
«Ad ogni modo,» riprese a parola Clint, «spero vivamente che Tony abbia una pista o un qualche indizio per portarci da loro, perché altrimenti dovrete darmi ragione: non sono più qui sulla Terra.»
«E dove pensi che siano, ad Asgard?» chiese.
«Non lo so, ma Sigyn ha parlato di un luogo dove Loki l'ha portata per mostrarle il corpo di Thor. Dalle sue parole sembrava che non fosse propriamente qui sulla Terra, magari è su qualche altro pianeta o roba simile.»
«Spiegami perché tu e Stark continuate a chiamarlo “Sigyn”... Anche Linn...» spezzò il discorso per non dover ricordare la loro ultima conversazione.
«Perché io credo che quella ragazza non sia davvero Thor. Forse mi farò confondere da quel corpo, ma qualcosa mi dice che Thor e Sigyn sono davvero due persone diverse.»
Scosse il capo con un sospiro.
«Non ha senso quello che dici, Clint.»
«Sarà, ma sono convinto che Loki la pensi più o meno così.»
Giunsero nella sala dove Stark li stava aspettando, quando entrarono l'uomo era in compagnia solo della Romanoff.
«Bruce?» chiese Steve senza preoccuparsi di convenevoli.
«Bruce sta ancora smaltendo la dose di sonnifero. Non ti preoccupare, c'è la Foster con lui.»
Tony sembrava condividere lo stesso animo.
Non c'era ironia né sarcasmo né voglia di fare show.
Il comportamento di Thor aveva sorpreso tutti, ma di certo era stato Tony  quello più coinvolto. Steve aveva saputo della sua idea di farlo parlare con Loki, e sebbene non approvasse i suoi metodi, era certo che Tony aveva fatto ogni cosa solo per risolvere la situazione. Non poteva rimproverargli nulla.
«Allora? Novità?»
Fu prima silenzio, lungo e denso.
«Direi che più che le novità dovrebbero interessarci gli eventi passati.» Tony fu dapprima criptico come al suo solito, eppure stavolta sembrava non essere per volontà di attirare l'attenzione quanto per una palese difficoltà, un disagio che non riusciva a comprendere.
«A cosa ti riferisci?»
Ancora un silenzio, poi venne la verità.
«Mi riferisco al tempo in cui Thor e Loki si divertivano a fare i fidanzatini. Ecco a cosa mi riferisco.»



*



Loki non c'era, quando si era svegliata, Loki non era in casa.
Il sole filtrava appena dalle tende chiuse, eppure un raggio raggiunse i suoi occhi colpendoli forte. Sigyn si coprì prima con la mano e poi fu costretta a sollevarsi per sfuggire al bagliore.
Sul divano, una piccola coperta.
Non era stata lei a prenderla. Era facile intuire chi l'avesse poggiata sulle sue gambe nude.
Provò una strana sensazione, un misto agrodolce che la fece sospirare.
Non voleva chiamare il suo nome, ma aveva bisogno di sapere dove fosse, se ci fosse ancora.
La cucina era vuota, la porta della sua camera ancora chiusa.
Si avviò piano e la spinse con un palmo.
All'interno c'era sole e c'era ordine. Il letto rifatto con maniacale precisione: tipico di Loki.
Saettò con gli occhi alla porta del bagno ma fu il rumore che provenne da quella d'ingresso ad attirare la sua attenzione.
Loki entrò con una busta di carta fra le braccia, i capelli stretti in una coda e sul viso un paio di lenti da vista, le stesse che aveva indossato la sera prima.
«Pensavo non ti svegliassi più.» Un piccolo sorriso mentre gettava le chiavi sul solito mobile e poggiava sul tavolo della cucina la busta.
Non disse nulla, non era capace di dire nulla.
Ogni sensazione, ogni emozione, ogni timore era rimasto dentro di lei nonostante la notte, nonostante la voce di Hela e le sue mani calde, nonostante la decisione di restare.
«Ho preso della frutta. Qui ho solo cibo in scatola per via della facilità di conservazione. Come immaginerai, non ho il tempo di rifornire quotidianamente la dispensa di ogni casa.» Le parole scivolarono sulla lingua di Loki come fossero burro fuso, senza un cedimento, senza un'esitazione. «Non preoccuparti: non mi ha visto nessuno, o meglio, nessuno ha visto Loki.» Ancora un sorriso.
Guardò silente le sue labbra piegarsi, il suo maglione grigio, i suoi capelli legati, i suoi occhiali appuntati sul naso.
No, non sembrava Loki, eppure era sempre lui.
«Hai fatto colazione?»
Lo osservò ancora in silenzio, poi scosse il capo. «No» rispose semplicemente.
«Ho del caffè. So che lo gradisci.»
«Non ho fame.» Cercò una normalità, cercò un equilibrio, cercò di restare stretta a quel filo senza cadere. Eppure le sue mani scivolavano ogni secondo di più.
Loki iniziò a tirare fuori dalla busta delle mele, delle arance e altre cibarie, finché non poggiò sul tavolo una piccola scatola rettangolare.
La osservò a distanza, ferma ancora sulla soglia della cucina sentendo lo stomaco brontolare, ma incapace di afferrare almeno una mela dalla cesta in cui le stava sistemando.
Dannato orgoglio, dannata paura.
«Cos'è?» Fu tutto ciò che riuscì a chiedergli distogliendo l'attenzione dal frutta e riportandola sulla scatola. Non sembrava contenere cibo.
«Questa?» Loki la prese con una mano e gliela porse. «È per te.»
«Per me?»
«Sì, prendila.» Non lo fece. Continuò a guardarla senza muovere un passo. Fu Loki ad avvicinarsi e a porgergliela di nuovo. «Non è una tagliola per lepri, fidati.»
La sua ironia non era d'aiuto, il suo sorriso non lo era, la sua vicinanza non lo era.
Raccolse la scatola solo perché era l'unico modo per farlo allontanare.
Aspettò che raggiungesse di nuovo il tavolo e poi studiò attentamente l'esterno prima di aprire la confezione.
«Ma che-» Quello che ne tirò fuori erano semplicemente degli slip bianchi. Di pizzo. Da donna.
«Sono di tuo gusto?»
Non sapeva se ridere, urlare o sfondargli il cranio.
«Ma come ti è saltato in mente?» Fece un po' tutte le cose, sebbene fosse conscia che la scatola che gli tirò contro avesse poca possibilità di ledergli la testa.
Loki si abbassò per evitarla e la guardò con straordinaria tranquillità.
«Le preferivi rosse?»
Era esterrefatta.
«Rosse?... Avrei preferito ci fosse davvero una tagliola in quella scatola!»
Guardò la stoffa che stringeva fra le mani con sdegno.
«Ieri mi era parso di capire che-»
«Cosa? Che volessi indossare queste?» chiese ancora strattonando per l'ennesima volta gli slip fra le dita.
Era un incubo, un terribile e ridicolo incubo.
Si passò una mano sul viso prendendo fiato.
Di male in peggio.
Come poteva fare un gesto simile? Con quale logica si presentava con un tale regalo dopo ciò che era accaduto quella sera? Dopo ciò che si erano detti e come se lo erano detti? Dopo il modo in cui si erano lasciati quella notte?
Loki era illogico, imprevedibile, folle, snervante, irritante e... Era...
Era semplicemente Loki.
Le labbra si piegarono da sole prima che una debole risata le salisse dalla gola.
«Degli slip...» mormorò mentre sentiva l'ilarità aumentare. «Mi hai comprato davvero degli slip da donna?»
Lo guardò scuotendo il capo incapace di non sorridere divertita, e quell'assurdo, inopportuno divertimento, contagiò anche lui.
«Erano in saldo.»
Rise più forte scuotendo il capo.
«E che significa?»
Loki scosse la testa a sua volta.
«Non ne ho idea. È qualcosa che dicono spesso in questa città.»
Si coprì ancora il viso per soffocare altre risate ma non ne fu capace.
Quando anche Loki iniziò a ridere gli lanciò contro anche gli slip.
«Potresti almeno ringraziarmi.» Le sospirò afferrandoli al volo.
«Non ne ho la minima intenzione! Piuttosto dovrei scuoiarti vivo per avermi arrecato una simile offesa!» Non c'era rabbia, non c'era alcuna minaccia c'era solo ancora una volta quell'inopportuna semplice ilarità.
«Offesa? Ti ho invitato a indossarle non a toglierle.»
«Loki!» Sentì il viso bruciare e stavolta non era per colpa delle risate. Loki fece ondeggiare gli slip sull'indice e sorrise ancora.
«Sicura di non volerle almeno provare?»
Ancora fiamme sul volto.
«Potrei legartele al collo e strangolarti. Sì, quello lo proverei volentieri.»
Il sorriso sul viso di Loki assunse un'altra luce, i suoi occhi assunsero un'altra intensità e Sigyn sentì un brivido solcarle la pelle.
«Mh... Suona erotico.»
La gola si strinse e ogni divertimento divenne imbarazzo.
Scostò lo sguardo con necessità quando quella piccola parentesi di assurda familiarità si sgretolò presto.
L'ennesima illusione che svaniva irrimediabilmente.
Udì lo schiarirsi della sua voce.
«Vado a prenderti dei pantaloni più comodi, tu... beh, mangia qualcosa.»
Annuì in silenzio mentre le passava accanto e la superava per dirigersi nella sua camera.
Quando alzò gli occhi sulla cesta vide accanto i piccoli slip bianchi.
Ci fu ancora un piccolo assurdo sorriso.
Sigyn non si accorse del corvo che la guardava poggiato sul ramo dell'albero di fronte la finestra.



*



Bruce si lavò il viso e chiuse l'acqua del rubinetto. Si asciugò con un asciugamano e sospirò contro la stoffa.
Tony gli aveva mandato un piccolo messaggio, solo tre parole eppure pesavano come una lunghissima sentenza: tocca a te.
Non avrebbe voluto avere quel compito, odiava dovere essere lui a doverle dire una cosa simile ma non aveva altra scelta.
Jane doveva sapere, sapere anche l'ultimo tassello di quell'intricato gioco. Avrebbe dovuto essere Thor a confessarglielo, avrebbe dovuto essere lui a prendersi l'onere di guardare i suoi begli occhi sgranarsi e perdersi in quella verità.
Thor aveva deciso di non essere lì, aveva lasciato scegliere a Sigyn e lei aveva scelto Loki.
Jane non sarebbe mai uscita indenne da quella storia.
Bruce stava per fare qualcosa di crudele e malvagio, al suo confronto, Hulk sembrava solo un ragazzino discolo.
Frantumare il cuore di qualcuno che ami era molto più crudele del radere al suolo un intero quartiere di una metropoli.
Indossò i suoi occhiali e uscì dal bagno.
Jane lo aspettava poggiata contro il tavolo della scrivania.
«Come ti senti?» Gli chiese e lui finse un sorriso.
«Meglio.» Lei non dovette credergli perché non rispose a quel sorriso. «Grazie per esserti presa cura di me stanotte... Spero di non aver russato.»
«No, non hai russato, in compenso hai sbavato parecchio.»
Arrossì a quella confidenza ma Jane sorrideva, finalmente, e allora andava bene.
Sentì i palmi inumidirsi mentre metteva in fila una serie di parole nella testa; preparava risposte a prossime domande, risposte che non sapeva minimamente dove andare a cercare.
«Jane... senti, devo parlarti.»
Si bagnò le labbra e giocherellò con le dita delle mani.
Per fortuna l'agitazione non era un innesco per l'altro, altrimenti sarebbe già venuto fuori per spaccare tutto e tutti.
«Riguarda Sigyn?» Sentirle usare quel nome gli fece capire che forse le domande non sarebbero state molte, che qualche risposta Jane l'aveva già trovata.
Annuì e la raggiunse.
«Sai dove sono?»
«No, li stanno ancora cercando e Clint pensa che potrebbero non trovarsi più qui sulla Terra» le rispose.
«È stato rilevato qualche valore che ci porta a credere che sia stato aperto il ponte per Asgard?»
Scosse di nuovo la testa. «No che io sappia, ma quello che voglio dirti non ha a che fare con la loro fuga di stanotte.»
Prese un respiro e guardò quegli occhi attendere e temere.
Bruce non aveva il coraggio né la volontà di andare avanti ma doveva farlo. Adesso che anche Steve e Clint avevano saputo, doveva farlo, e conosceva bene Jane da sapere che avrebbe preferito mille volte morire sotto quella verità piuttosto che restare nella fittizia culla di un dubbio. Perché un uomo di scienza ha il vizio della curiosità, ogni ricerca nasce semplicemente dalla volontà di uscire da un limbo di ignoranza, per quanto stordente possa esserne poi la scoperta.
«Sigyn... Thor ti avrà detto della prima volta in cui è stato... Beh, una donna?»
«Un po' in ritardo ma sì, l'ha fatto.» Un piccolo sorriso. «Se stai per dirmi che è stato anche un cavallo non credo di poterlo accettare con la stessa facilità.»
«Non sono pratico dei miti, ma mi pare che quella storia riguardasse Loki, anche se non ho la certezza.»
Nelle risate di entrambi trapelava però l'angoscia e la paura. Quando si spensero, Bruce raccolse ancora aria nei polmoni e Jane incrociò le braccia sul petto.
«Cosa devi dirmi, Bruce? Niente giri di parole, per favore.»
Deglutì. «Niente giri di parole... ok, va bene.»
No, non andava bene ma era la sua decisione e lui l'avrebbe rispettata.
«Si tratta di Thor e Loki, di Sigyn e Loki...»
Le parole restarono ferme sulla lingua.
«Bruce?... Dimmelo.»
Si vestì di silenzio e poi assentì.
«Quanto lo ami, Jane?»
Quella domanda le inumidì appena gli occhi.
«Quanto non credevo di esserne capace, Bruce...»
Pregò soltanto che fosse abbastanza.



*



Quando Steve entrò nella stanza la seconda volta, Linn tremò per la violenza con cui la porta si aprì e poi si chiuse.
Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando l'aveva lasciata lì, ma non credeva fosse così tanto da trasformare la sua espressione. Cosa era accaduto?
«Steve?»
La stava guardando con gli occhi troppo spalancati e le labbra socchiuse e mille respiri furiosi ad alzargli con ritmo forsennato le spalle.
«Steve?» Lo chiamò ancora temendo per quel comportamento. Temendo che potesse portarle notizie di orribile natura.
Avrebbe voluto avvicinarsi, avrebbe voluto sfiorargli il viso e chiedergli se stava bene, cosa era accaduto per offuscare il suo azzurro, ma qualcosa le diceva che se mai avesse fatto un solo passo, Steve avrebbe schiacciato via ogni sua carezza.
La sua gola sussultò quando fece lui il primo passo, e poi un altro e un altro ancora finché non le fu di fronte.
«Dimmi che si sbaglia...» La sua voce era debole, fratturata, un suono che le fece male. «Dimmi che Tony si sbaglia, Linn.»
«Cosa-»
Le afferrò entrambe le braccia con troppa forza ma lei sapeva non le avrebbe fatto del male, perché nei suoi occhi Linn lesse solo dolore, lesse una preghiera e non una minaccia.
«Dimmi che non è così...»
Le sue labbra tremarono e fu costretta a stringerle fra i denti.
Non c'era bisogno di chiedere, non c'era bisogno di sapere oltre, nel suo viso c'era ogni domanda, nelle lacrime che bagnarono quello di Linn, Steve vide tutte le risposte.
«Oddio...» La lasciò andare per portarsi le mani fra i capelli e darle le spalle. «Oddio!»
«Steve, ti prego... non... non giudicare.» Nascose il tremore della sua bocca dietro alle dita mentre il velo umido scendeva impossibile da arrestarsi.
«Giudicare?... Linn... questo è...» Ogni parola si spezzava accompagnato da un respiro affannoso.
Quando rivide gli occhi di Steve i suoi divennero ancora più d'acqua.
«È inaccettabile.»
Scosse il capo incapace di dire alcunché.
«Come hanno potuto... come... mio Dio... Thor... come ha potuto farlo?»
«Steve...»
«Era questo che volevi dirmi stamattina, non è così? Quando mi hai chiesto di non dubitare?» Lo smarrimento lasciò il posto alla rabbia e Steve sembrava guardarla come non aveva mai voluto che lo facesse. «Volevi dirmi che dovevo credere alla sua amicizia anche quando avessi scoperto che si era portato a letto suo fratello?»
Premette forte il palmo contro la bocca ma non riuscì a trattenere un solo singhiozzo.
Eppure Steve non sembrava avere intenzione di calmarli smettendola di osservarla come fosse la più grande delle delusioni.
«Tu lo sapevi, tu sapevi di questa storia disgustosa e non mi hai detto nulla...»
«Non volevo mentirti, volevo solo... io...»
«Volevi essere fedele a quel verme? Al tuo principe?» Quasi urlò, quasi anche i suoi occhi di cielo divennero acqua. Ma i soldati non piangono, i soldati stringono i denti e vanno avanti, e affondano la lama finché il corpo trafitto non smette di dibattersi. «Cosa mi impedisce di pensare che anche tu non faccia parte del suo piano? È per questo che mi hai supplicato di salvargli la vita, non è così?»
«Ti prego, Steve!»
«Siamo tutti burattini, siamo tutte pedine nelle mani di quel folle!» Steve non l'ascoltava più, non voleva più farlo. «E Thor è della sua stessa pasta.»
«No, no, non dire questo!» Lo raggiunse stringendo forte le sue braccia, non coprendo più lacrime e tremore, non coprendo più la colpa e la vergogna per quel segreto che gli aveva negato. «Tu non hai idea di cosa voglia dire trascorrere anni, secoli della tua vita a vedere qualcuno morire dentro giorno dopo giorno! Non sai cosa voglia dire guardare i suoi occhi spegnersi e divenire pietre per colpa tua!» Ogni parola fu una goccia di sangue, fu una lacrima cremisi per troppo tempo tenuta dentro. «Non sai cosa abbia passato il principe Thor né quello che abbia dovuto affrontare il principe Loki! Non puoi giudicare il loro sentimento! Credi sia stato semplice? Credi che non ci sia stata la stessa vergogna e lo stesso disgusto che stai provando adesso? Credi che vivere una vita così lunga rispetto alla vostra renda i rimpianti più lievi?... Li rende solo più forti e condiziona ogni altra scelta che tu possa compiere, Steve! Incolpa pure me per averti taciuto tutto ma non dare colpa a chi ha soltanto amato.»
Tirò su con il naso e lasciò andare le sue braccia.
«Non vi è colpa ad amare...»
Steve non rispose, non le asciugò il viso né la guardò ancora. Si diresse verso la porta e l'aprì.
Non le donò neanche uno sguardo, neanche una parola e uscì.
Il suo addio fu silenzioso.





ஐஐ





Quella mattina era iniziata in modo strano. Non aveva mai creduto alle sensazioni, alle sciocchezze come presentimenti e cattivi presagi, eppure Sif, sapeva, sentiva che qualcosa stava per accadere. Temeva, in verità, che fosse già accaduta.
Qualcosa la colpì alla coscia: era stato il piatto della spada di Fandral.
«Concentrazione, Sif.»
Gli sorrise facendo ruotare l'elsa della sua nel palmo.
«Mi stavo solo riprendendo dalla tua lentezza nell'affondo, Fandral.»
«Uh... nessuna donna si è mai lamentata dei miei affondi.»
Il suo sorriso spavaldo le fece scuotere il capo.
«Parla meno e pensa a non ricadere con il sedere nella polvere.»
Avanzò con scatto rapido, portando il colpo al fianco. Fandral lo bloccò con la lama e tentò a sua volta di colpire.
Non gli lasciò spazio né tempo.
Contrastò con facilità ogni attacco e con altrettanta difficoltà provò a portarne a segno uno.
La danza di lame però fu interrotta dal suono di una marcia che giungeva da lontano.
Si voltò a osservare, al di là dei bagliori del sole, le aste e i vessilli in avvicinamento ai cancelli.
Dall'arena si aveva una buona visuale; i simboli raffigurati sugli stendardi erano di facile riconoscimento.
«Ne sapevi qualcosa?» Udì la voce di Fandral mentre il marciare diveniva più forte e il suono di un corno saliva alto nel cielo.
Una squadra di non più di una dozzina di soldati, dalle divise grigie e pesanti, si muoveva in direzione dei cancelli; alle loro spalle, due cavalli bianchi trasportavano una carrozza d'oro e gemme.
«Che ci fa qui?» chiese più a se stessa.
«Non sapevo che Odino avesse in programma un incontro diplomatico con Vanaheim» disse Fandral.
Sospirò osservando lo squadrone arrestarsi dinanzi ai cancelli.
«Non credo che Odino sapesse del suo arrivo.»
«Visita di piacere?» Alla sua domanda lo guardò sollevando un sopracciglio.
«L'altezzosa Freyja che lascia il suo bel palazzo per porgere visite di piacere?»
Fandral scrollò le spalle scostandosi poi una ciocca bionda dal viso con il dorso di una mano.
«Cosa posso saperne... Di certo se ci fosse in ballo una questione di grave entità si sarebbe saputo, e Odino avrebbe immediatamente richiamato Thor.»
«Forse neanche il Grande Padre ne è a conoscenza.»
Quel fastidio allo stomaco con cui si era svegliata, quel disagio senza spiegazioni che l'aveva accompagnata da qualche giorno, tutto si amplificò nel momento in cui i cancelli furono aperti e la guardia reale di Odino scortò Freyja e la sua armata fino al palazzo.
«Abbandona le preoccupazioni, bella Sif. Non son questioni di cui curarsi adesso.»
Fandral le sorrise ancora invitandola a riprendere la lotta.
«In caso di necessità sguaineremo le spade e mostreremo a chicchessia il valore di Asgard.» Un inchino beffardo e un altro sorriso. «Ora bada solo ai miei affondi, perché ho intenzione di mostrarti i migliori.»
«Se maneggiassi la lama come pronunzi lusinghe saresti un guerriero abile almeno due volte più di adesso.»
«La mia fama di spadaccino lotta spesso con quella di amatore, e ancora oggi nessuna delle due riesce a prevalere sull'altra. Una cosa è certa, mia buon'amica: un  giorno, per una o per l'altra, verrà di certo ricordato il mio nome.»
Riuscì a strapparle un sorriso, sebbene nessun pensiero inquieto lasciò la sua mente.
Riprese la posizione e stese il braccio destro che impugnava la spada.
«Dimentica le parole adesso, spadaccino amatore, e lascia che siano le armi a parlare.»
Ancora un inchino.
«Ai tuoi comandi, Lady Sif.»
In lontananza, i cancelli si chiudevano al passaggio della carrozza.
Durante tutta la loro sfida, la strana sensazione non volle però abbandonare il cuore della guerriera.











***












NdA.
Tony ha sganciato la bomba e ha fatto ovviamente danni. E mentre Linn si trova a fare i conti con la reazione di Steve, Loki tenta di riconquistare la sua bella con regali imbarazzanti =\\\=
Scusatelo, è un po' fuori allenamento.
Intanto su Asgard abbiamo visite...

Piccolo avviso: il prossimo aggiornamento sarà fra due settimane, questo perché ho voglia di completare l'altra long che ho attualmente in corso ^^
Dal prossimo aggiornamento, poi, riprenderanno le pubblicazioni con cadenza settimanale.
Perdonatemi se approfitto della vostra pazienza.
Siete i lettori migliorissimi del mondo tutto >////<
Vi voglio bene!
Kiss kiss Chiara
  
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