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Autore: GhostFace    27/03/2014    1 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Passavano gli anni. Il mondo si spopolava sempre di più, tra i morti per cause naturali e quelli ammazzati nelle stragi poste in essere dai cyborg; naturalmente, vigeva una certa ritrosia nel mettere al mondo i figli, per cui anche la procreazione avveniva in misura limitata. La situazione era disperata al punto che persino chi praticava da anni la via del crimine diventava restio ad uccidere, e spesso anche i criminali più crudeli evitavano di assassinare le proprie vittime; la vita era tristezza, incertezza e precarietà. Anche i due nemici dell’umanità, 17 e 18, a volte si annoiavano, nonostante la grande potenza di cui erano dotati permettesse loro di attuare le fantasie più folli.
Trunks cresceva, e diventava più alto, più atletico, più forte. Imparò presto a controllare lo stadio di Super Saiyan, anche se gli ci volle qualche tempo ed un certo impegno, come era capitato a Gohan sotto la guida di Mr. Popo. Il mezzo Saiyan più giovane si sentiva motivatissimo, e questo si doveva all’influenza benigna di Gohan: infatti, tra i due mezzosangue si era radicato e consolidato sempre più un profondo legame di amicizia. Trunks era entusiasta di ciò, perché Gohan era il suo primo vero grande amico, nonché il suo secondo legame affettivo realmente profondo - dopo, chiaramente, quello con sua madre.
Il figlio di Bulma e Vegeta era instancabile e, sotto la guida del maestro, acquisiva maggior senso di responsabilità e maturità. Da Gohan aveva acquisito una visione realistica e disincantata del mondo e della propria missione, e il bambino sognatore andava trasformandosi in un ragazzo premuroso e serio… A poco a poco, i racconti di Gohan e Bulma gli andavano mostrando una visione di Vegeta più realistica, sicché il ragazzino imparò che suo padre aveva avuto un lato oscuro: non era più solo il mitico guerriero che aveva immaginato. Ciononostante, Trunks non perdeva la voglia di fantasticare, di tanto in tanto: specialmente quando i due combattenti si ritagliavano dei momenti di pace per spezzare lo stress fisico e mentale della loro attività, che iniziava di prima mattina e si concludeva al sopraggiungere del buio. Nella loro utopia mentale, lui e Gohan sognavano un mondo di pace; una realtà in cui Gohan avrebbe coronato le sue ambizioni  accademiche e Trunks avrebbe affiancato sua madre alla guida della Capsule Corporation. A volte l’oggetto delle fantasticherie era il futuro in un mondo di pace, ossia quello che ormai fra loro avevano denominato “il SOGNO”; ma altre volte il figlio di Vegeta continuava ancora a pensare a come sarebbe potuto essere conoscere di persona il Principe dei Saiyan. Una volta tornò a casa dagli allenamenti chiedendo a Bulma di raccontargli di più sui misfatti compiuti dal padre, a cui Gohan quel giorno aveva accennato di striscio; del resto, Bulma e Gohan erano d’accordo sul fatto che poco per volta si poteva iniziare ad informare Trunks sulla vera natura dei Saiyan, e quindi di suo padre. «Il tuo defunto papà? Uhm…» iniziò a rispondere la madre, soppesando le parole per non delineare l’immagine di un mostro. «Si è permesso ogni genere di peccato… ma non era male del tutto. Era molto orgoglioso, e di conseguenza non mostrava mai la propria premura… ma io lo capivo.»
Gli anni passavano anche per Bulma, la cui bellezza giovanile cominciava ad essere sopraffatta da qualche piccola ruga ai lati della bocca; ciononostante, nulla la fermava. Centesimo dopo centesimo, grazie anche al riciclaggio dei materiali usati, stava riuscendo a rimettersi in piedi economicamente, andando al di sopra della mera sopravvivenza economica, e racimolando risparmi. La sua soddisfazione era quella di riuscire a mandare avanti il business delle capsule per garantire a sé e al figlio una vita quotidiana serena almeno economicamente, sotto il profilo dei bisogni primari come la casa, gli abiti e il cibo, se non altro. Trunks la considerava un modello di intraprendenza.
Anche Gohan crebbe e si rinforzò. Alto, imponente, muscoloso, con le spalle larghe e forgiate da infiniti allenamenti; portava un taglio di capelli corto e pratico. Quando si metteva a torso nudo, sarebbe stato arduo riuscire a contare le decine di cicatrici che solcavano il petto e la schiena, collezionate nel corso di pochi altri scontri occorsi in quegli anni terribili, battaglie nelle quali si catapultava sul campo per salvare qualche povera vita umana e distrarre i nemici, tenerli impegnati, soddisfare la loro voglia di divertimento. Tutte quelle volte, si era sempre precipitato sul posto pur sapendo di non essere ancora in grado di batterli, ma sapendo anche che i due cyborg lo avrebbero lasciato vivo in vista della battaglia successiva. Era un azzardo ma, nel corso degli anni, funzionava sempre.
Trunks notò poco per volta dei cambiamenti nel suo maestro. Gohan diventava sempre meno allegro, più ombroso, e spesso rimaneva assorto e sovrappensiero; non mancava però di andare a trovare sua madre e suo nonno, ancora vivi, ultimi veri legami con la vita relativamente serena di un tempo. Continuava a sperare in un futuro di pace, ma ogni tanto Trunks aveva l’impressione che la fede del maestro vacillasse, come se cominciasse a non crederci più fino in fondo. Le sensazioni di Trunks avevano un fondamento di verità, e di questo anche il figlio di Goku si rendeva conto; poi però si risollevava, e realizzava come quell’atteggiamento negativo fosse alquanto sterile. A quel punto ripensava alle figure importanti della sua vita, e andava avanti. Il rigore di Piccolo e Chichi, la determinazione della piccola Videl e di Bulma, il coraggioso realismo di Crilin, la sublime serenità di Mr. Popo, l’indefettibile sorriso di nonno Belze, dello Stregone del Toro, e di suo padre Goku… e Trunks, l’amico, l’allievo devoto che lo osservava come un marinaio guarda un faro, in una notte oscura priva di stelle. Come poteva rinunciare ed abbattersi, quando la sua vita era costellata da tante e tali influenze positive?
Nel tempo gli incontri tra Gohan, Trunks e i due cyborg si intensificarono, divennero più frequenti. Ormai Gohan non cercava più di stare nascosto, anzi: sapeva che un incontro li saziava a sufficienza da placare per qualche tempo la loro sete di distruzione, e addirittura a volte li cercava quando riceveva notizia del luogo preciso ove poteva rintracciarli: così teneva a bada i nemici. Non sempre si portava dietro Trunks, poiché non gli andava a genio l’idea che il ragazzino si mettesse nei guai: ma a seconda delle circostanze, non sempre poteva tenerlo a freno  - e, quando Trunks si presentava, era festa per i cyborg. In quei casi, se non altro, i nemici avevano la bontà di limitarsi ad umiliare il ragazzino pestandolo di botte, senza mai mandarlo all’altro mondo. A volte, invece, arrivando troppo tardi, con l’aiuto dell’allievo si premurava di soccorrere i pochi superstiti e i feriti dell’ultimo attacco. Le battaglie tra i Saiyan ed i cyborg si riducevano a semplici scaramucce, ma tanto bastò affinché Trunks maturasse profondo odio e disprezzo nei confronti dei due distruttori del pianeta. I miglioramenti di Gohan ora erano visibili; i cyborg, per sopraffarlo, dovevano sfoderare altre tecniche speciali e più complesse rispetto a quelle usate nei primi tempi. Iniziavano a vederlo come un nemico ostico, non più come un semplice passatempo dilettevole.
 
Un giorno, i due guerrieri si stavano confrontando in uno dei loro soliti duelli, durante una seduta d’allenamento quotidiano. Trasformato in Super Saiyan, Gohan lasciava che il suo allievo, meno forte di lui, anch’egli nello stadio di guerriero dorato, lo bersagliasse di attacchi corpo a corpo; in tal modo, lo costringeva a mantenere un ritmo d’attacco elevato. «Bene! Sei diventato davvero bravo, Trunks!» si complimentò Gohan soddisfatto, quindi propose: «Per oggi basta così.» Trunks si fermò, ansimando sudato.
«Rispetto a quando abbiamo iniziato, sei migliorato moltissimo, Trunks…» commentò il figlio di Goku, compiaciuto della potenza combattiva raggiunta dal suo più giovane amico. Seduti su una rupe rocciosa, i due amici iniziarono a chiacchierare, scambiandosi i propri pensieri. «Secondo me, se ci alleniamo insieme, tra qualche tempo riuscirai persino a superare il mio livello…»
«Sarebbe magnifico…» replicò Trunks, gratificato dal complimento. Poi la mente del ragazzo corse veloce indietro nel tempo. Quante cose erano cambiate in quei pochi, lunghi anni! Quando aveva cominciato ad allenarsi, non sapeva davvero nulla del mondo in cui viveva; invece ora conosceva fin troppo bene la tragica realtà, e si impegnava a combatterla e cambiarla. Quando lo aveva conosciuto, Gohan aveva due braccia, come tutti; invece ora… «Se i senzu non si fossero estinti, il tuo braccio sarebbe tornato come prima…»
«Già.» sorrise Gohan. «È inutile piangerci sopra… la cosa importante è che io sia riuscito a sopravvivere fino ad ora…» Sul suo volto illuminato dal sole, risaltavano le cicatrici generosamente elargitegli dai cyborg.
«Sai, Gohan… mia madre dice sempre che, quando indossi quella tuta, sembra che tuo padre sia tornato tra noi!»
«Quando mia madre me le diede, mi augurò che papà mi stesse vicino e mi aiutasse a vincere questa dannata guerra. Mettendomi la sua tuta, speravo di diventare forte almeno come lui… anche se sono riuscito persino a superarlo, devo ammettere che non è stato così facile.» affermò con un sorriso malinconico, scrollando le spalle.
All’improvviso, i due amici udirono un fragore assordante ormai tristemente riconoscibile. Voltando di scatto la testa, i due meticci rimasero costernati: una gigantesca sfera di energia giallo-arancio travolgeva la zona più integra della Città dell’Ovest… anche se la Capsule Corporation era in una zona del tutto diversa, Trunks non poté trattenere un urlo di stupore: «I cyborg?! Sono tornati di nuovo qui! Hanno distrutto la città!» Prima che Trunks finisse di pronunciare queste parole, altre due esplosioni minori travolsero due punti diversi della grande metropoli. Mentre una quarta esplosione tuonava nell’aria, Gohan sentì il cuore battergli forte, più forte delle deflagrazioni: i nemici erano lì, e quegli attacchi suonavano per lui come altrettanti insulti e provocazioni. Se fossero stati più distanti, egli avrebbe agito con maggiore circospezione; ma sentirli a così breve distanza mentre distruggevano una città così grande, fra le meno disastrate al mondo, dove peraltro abitavano Bulma e Trunks… no, non poteva lasciarli fare.  Non stavolta. «Maledizione! Non posso assolutamente perdonarli!! Adesso basta… è ora di finirla. Stavolta sono intenzionato a fare sul serio, e mi sento in grado di riuscirci! LI SCONFIGGERÒ!» Liberò completamente la sua aura e si trasformò in Super Saiyan.
Trunks quindi gridò con voce nervosa e tremante: «G-Gohan! Come pensi di fare a vincerli senza un braccio?? Due nemici di quel calibro, poi!!»
Erano trascorsi circa sei anni da quando Gohan aveva perso il braccio: da quella volta aveva dovuto adattarsi a combattere con l’unico braccio superstite; ormai, quel modo di combattere era diventato il suo stile abituale: riusciva ad emettere persino la Kamehameha, potente come se fosse stata eseguita nella forma tradizionale. Il giovane uomo si sentiva ormai più forte dell’ultimo Vegeta; anzi, aveva la certezza di aver superato il defunto Principe dei Saiyan. Se se la giocava bene, almeno uno dei due cyborg sarebbe stato distrutto quello stesso giorno.
«Sai bene che quello del braccio non è più un handicap, Trunks! Quanto a te, stavolta rimani qui! D’accordo??» decise Gohan, temendo che le cose avrebbero potuto prendere una piega più pericolosa del solito e i cyborg, nell’ardore del combattimento, non si facessero scrupoli nel ferirlo in modo letale. Trunks, però, non era tipo da lasciarsi persuadere così facilmente. Evidentemente, a giudicare dai genitori che l’avevano messo al mondo, la cocciutaggine era una dote ereditaria: «No!» esclamò. «Se vai tu, vengo anch’io!»
Stavolta era troppo importante che Trunks rimanesse illeso, quindi il giovane uomo decise giocare sporco. Voltò di scatto la testa fissando un punto imprecisato del cielo, oltre le spalle di Trunks, come se nell’azzurro o fra le nuvole avesse intravisto qualcosa di sorprendente. Il ragazzino, stranito dall’improvvisa reazione dell’amico, si voltò altrettanto di scatto; Gohan, senza alcuna esitazione, lo colpì con un colpo netto del taglio della mano sulla nuca. Risultato: Trunks stramazzò senza sensi, Gohan lo afferrò e lo posò delicatamente sul suolo. “No… stavolta tu non verrai. Perdonami: se anche tu dovessi morire, chi difenderebbe la nostra Terra? Tu sei l’ultimo guerriero che ha la possibilità di sconfiggere quei cyborg. Stavolta sono abbastanza sicuro di me, per la prima volta dopo tanti anni… ma se dovesse accadermi qualcosa, vorrei che almeno tu restassi in vita, Trunks, per completare la nostra missione. Ti chiedo perdono…” disse fra sé Gohan, lanciando un’ultima occhiata all’allievo, con lo spirito tartassato dal batticuore.
In quel preciso istante, un lampo attraversò la sua mente. Ebbe un flashback: lui, bambino, che implorava Piccolo di collaborare per affrontare gli stessi cyborg. Piccolo che acconsentiva alla sa richiesta insistente. Piccolo che gli sferrava un pugno alla pancia a tradimento, Gohan che subiva un altro colpo e poi il buio.
Una delle frasi che ai bambini capita più di frequente di sentirsi ripetere è: “Un giorno, quando sarai più grande, capirai.” Fu quello il momento in cui Gohan ricevette l’illuminazione e, ripensando a quell’episodio decisivo della propria infanzia, pensò commosso: “Ora capisco… Piccolo.” Subito il guerriero dorato si mise in volo, dirigendosi alla volta dei nemici, lì dove un’ultima esplosione era appena avvenuta e centinaia di frammenti di vetro schizzavano dalle finestre. “Mi batte il cuore come non mai… O la va o la spacca… anzi deve andare per forza! Per Piccolo, per mia madre, per Trunks, per Videl… per tutto il mondo!”
 
Il giovane posò piede per terra, e cercò di individuare dove fossero di preciso i due nemici privi di aura: non che fosse poi troppo difficile… bastava seguire la scia dei botti.
Quel giorno, 17 sembrava particolarmente nervoso ed aggressivo. Una buona parte dei quartieri della città era andata in fumo, e quel che ne restava era uno squallido deserto grigiastro da cui emergevano resti di fabbricati bruciati come antiche macerie.    
«Smettila, 17. Qui ormai non c’è più nessuno!» intimò la sorella, mentre il cyborg lanciava un'altra sfera energetica. «Andiamo verso nord: lì troveremo i posti dove si nascondono gli esseri umani.»
«Perché non andiamo più piano? Quando avremo distrutto tutto, non avremo più nulla con cui divertirci.» propose 17. Persino uno scellerato come lui si rendeva conto che i loro divertimenti di quegli ultimi quindici anni circa stavano lentamente svuotando il pianeta di ogni forma di vita umana.
18, solitamente meno impulsiva del fratello, se ne uscì con la seguente lagnanza: «Tsk… non vedo l’ora di annientare tutto quanto…» Alle sue spalle, dallo spazio vuoto tra due blocchi di cemento crollati, un uomo di mezza età emergeva a stento, ferito e dolorante, implorando faticosamente aiuto. La donna, senza smettere di voltargli le spalle e senza degnarlo di uno sguardo, fece saltare in aria l’uomo e i blocchi circostanti con un raggio sparato dal dito indice, per poi proporre: «Per divertirci, potremmo fare un gioco! Quello in cui si investe la gente con la macchina!»
Mentre sorrideva alla proposta di 18, 17 venne colpito alle spalle da un calcio a gambe unite proveniente dall’alto. Gohan aveva fatto la sua entrata in scena, scaraventando il nemico fra le rovine e così dichiarando guerra aperta contro le due creature. L’urto lacerò i vestiti del cyborg maschile; poiché non era la prima volta che ciò si verificava, 18 schernì il fratello sghignazzando. 17 si mostrò risentito dall’affronto, non tanto per l’attacco in sé quanto per la sua valenza provocatoria: «Ma allora è un vizio! Sai quanto mi piaceva, questo vestito? Non posso perdonare chi me lo distrugge. Guarda che non è resistente come i nostri corpi… Accidenti, me ne restano soltanto altri quattro!»
Adesso, il mezzo Saiyan e il cyborg maschile si fissavano: il primo aveva lo sguardo carico di rancore; il viso del secondo, invece, esprimeva insolente sarcasmo. «A proposito, Son Gohan, ne è passato di tempo... è già un anno dall’ultima volta, non è vero? Non credevo fossi ancora vivo… con uno come te è proprio il caso di dire che “chi non muore, si rivede.”»
«Mi sono allenato affinché non possiate sconfiggermi facilmente come l’altra volta. Questa volta sarete voi a vedervela brutta!»
«“Ce la vedremo brutta”? Eheheh…» ridacchiò il cyborg. «Mi spiace tanto deluderti, ma nelle battaglie precedenti non abbiamo mai usato più di metà della nostra vera potenza.» mentì poi, al solo scopo di ingenerare panico nel meticcio.
«…C-cosa?!» esclamò Gohan, che da parte sua era convinto di aver intuito i limiti della potenza avversaria, benché sapesse di non essere mai riuscito a spingerli a combattere al massimo. Possibile che fossero davvero tanto forti? Ora le sue certezze cominciavano a vacillare… e dire che si era presentato sul campo di battaglia a viso scoperto, senza sotterfugi, convinto di avere buone possibilità. 17 pensò bene di rincarare la dose, battendo il ferro finché era caldo. «Questa volta non potrai sfuggirmi e non avrò misericordia… MORIRAI.» E con queste parole, il cyborg maschile diede il via alla battaglia, balzando contro l’avversario, sotto lo sguardo malignamente sorridente della sorella. 17 sferrò un colpo di karate con il braccio destro, che Gohan riuscì ad evitare scansandosi indietro all’ultimo momento. Nell’eccitazione del momento, il figlio di Goku non tenne d’occhio 18, che contemporaneamente schizzava da dietro per attaccarlo. Prima di trovarsi coinvolto in un intreccio di attacchi incrociati, Gohan capriolò agilmente verso l’alto e lanciò una sfera di energia, come diversivo per sollevare un nuvolone di polvere che oscurò la visibilità per diversi metri in linea d’aria; il giovane sfrecciò in linea retta verso l’alto, inseguito e raggiunto dai gemelli come due segugi da caccia. Questi ultimi generarono una sfera d’energia da ciascuna mano, e le lanciarono contro il mezzo Saiyan con l’intento di indebolirlo. Poco prima di essere raggiunto dai loro colpi, Gohan attivò rapidamente una barriera spirituale azzurrina contro cui le sfere esplosero, finendo neutralizzate. Non poté tirare il fiato, che si trovò assalito da un pugno di 18, che riuscì a parare, ed un paio di attacchi da parte di 17: una martellata a due mani, ricevuta alle spalle, e un calcio in rotazione all’altezza del dorso, che lo spedì dritto al suolo. I due cyborg incalzavano: prima che lo raggiungessero, Gohan si rialzò di scatto e, con un paio di giravolte all’indietro, si portò in posizione per sferrare un attacco decisivo: «Kame… hame… HAAA!!» I due cyborg risposero emettendo un’enorme onda di energia a due mani; entrambe le onde confluirono in un unico attacco che contrastò con decisione l’onda azzurra del Saiyan mezzosangue. Il confronto era serrato; lampi di luce rischiaravano l’intera zona. Gohan strinse i denti, con una vena pulsante sulla sua fronte, segno più che tangibile del suo sforzo; attinse per un attimo ad un impeto straordinario. Con tale mossa, riuscì a sbalzare 17 e 18 all’indietro di diversi metri: non c’era occasione migliore per attaccarli. Il figlio di Goku si innalzò, pronto a colpirli con violenza dall’alto; ma 17, poco prima che quegli agisse, lanciò un raggio di energia dorata. Sorpreso da quell’attacco, Gohan si scansò sulla propria destra e riuscì ad evitarlo; divenne però bersaglio di un pugno dell’androide. Spinto all’indietro dalla potenza di 17, il giovane si diede lo slancio saltando all’indietro su varie macerie, sempre più in alto, imitato dal nemico; bersagliò la creatura di Gero con molti colpi di energia, che 17 respinse uno dopo l’altro finché infine non venne colpito. Nel frattempo, la donna cyborg volle attaccare il giovane mezzosangue a suon di pugni; Gohan riuscì a difendersi ed infine ad acchiapparla per la caviglia, scagliandola energicamente contro il tetto a cupola di un fabbricato.
“Non me la sto cavando male… ma è molto faticoso reggere questi ritmi. Non credevo fosse così dura…” pensava Gohan, in leggero affanno. Ebbe qualche momento per riprendere fiato, mentre i due nemici si rimettevano in piedi sistemandosi i capelli. I loro sguardi erano a dir poco glaciali, e di certo le loro menti cibernetiche non stavano elaborando sentimenti positivi nei confronti del ragazzo. I gemelli si scambiarono un’occhiata gelida ed un cenno di assenso del capo, mentre Gohan, con la fronte imperlata da gocce di sudore, manteneva un’espressione sicura di sé. I due partirono all’attacco, iniziando una raffica incontenibile, lunghissima, di calci e pugni che Gohan provava ad evitare, con alterna fortuna; poi il giovane guerriero si portò in avanti e ruotò su sé stesso, preparandosi a lanciare un nuovo attacco.
«Colpo del sole!!» urlò allora Gohan, e un mare di luce bianca abbacinante come quella del sole offese i nervi ottici dei cyborg. Questi ultimi, anziché restare fermi sul posto ad imprecare come la prima volta, si spostarono in direzioni opposte: «Sei un idiota, giovane Son!» lo ingiuriò 18. «Noi non potremo usare la vista per trovarti, ma tu non puoi inseguirci entrambi!»
Gohan rimase sbigottito: aveva dato per scontato che i nemici si sarebbero lasciati sopraffare dalla rabbia per quel brutto tiro; invece, avevano ideato una controstrategia difensiva e diversiva. Infatti, i due si separarono, ed il figlio di Goku fu costretto a lanciarsi all’inseguimento di 18, che giudicava correttamente come la più debole tra i due. “Sarebbe un buon risultato toglierne di mezzo almeno uno! Soprattutto prima di sprecare ulteriore energia…” Dunque allungò il braccio in avanti, e iniziò a mitragliare la nemica con una raffica continua di colpi di energia, iniziando ad arrecarle seri danni. Purtroppo per lui, il suo vantaggio fu temporaneo: durò tanto quanto la cecità provvisoria dei due. Senza farsi attendere, infatti, 17 – riacquistata la vista - si scagliò all’inseguimento di Gohan, lo afferrò per il braccio e lo allontanò con forza spingendolo via dalla sorella. Quindi quest’ultima colpì il mezzo Saiyan con una violentissima spallata allo stomaco, che gli fece sboccare una discreta quantità di sangue; subito dopo, suo fratello eseguì una rotazione su sé stesso e, con un ultimo calcio sulla nuca, sbatté Gohan dritto al suolo. A quel punto, il figlio di Goku cominciò a sentirsi lento, spossato, dolorante... sentiva che, se non avesse agito subito mettendo a segno un attacco determinante, avrebbe perso completamente la partita. Facendo leva sulle ginocchia e sul braccio, si rimise in piedi, tentando di elaborare mentalmente una strategia vincente.
«Non ne hai ancora avuto abbastanza, pivello??» domandò 17, piombandogli sulla schiena con una ginocchiata, e poi risalendo a mezz’aria.
Il cielo, che si era andato oscurando di enormi nubi nere, ruggì con la sua voce tonante: stava per avvicinarsi un diluvio. «Adesso basta… concludiamo qui la partita, 17.» dichiarò 18. «Questa battaglia mi ha proprio scocciato.» Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere.
Gohan sgranò gli occhi, terrorizzato; i suoi abiti erano pieni di strappi; la sua pelle, di lividi viola, graffi ed escoriazioni. “N-no… non d-devo morire… non posso… non voglio…” pensò, cercando di rialzarsi ancora una volta. Ma fu troppo tardi: rallentato, provato dal duro scontro, nel tentativo di rialzarsi Gohan venne trafitto lungo tutto il corpo da decine e decine di raggi energetici, che lo bombardarono e tartassarono lungamente. Ustionato e sanguinante, il giovane venne martoriato, senza mai smettere di lanciare a squarciagola un unico, prolungato urlo di sofferenza. In quegli ultimi istanti, la sua mente visualizzò tutte le persone che nella sua vita avevano avuto un ruolo… quando si rese conto che da adesso il suo amico e allievo Trunks sarebbe stato veramente da solo, si sentì straziare il cuore. Alla fine, 17 e 18 emisero due potenti esplosioni: con questi attacchi, posero fine alla vita di Gohan, il figlio di Son Goku.
«Abbiamo fatto bene a stroncarlo ora… se avessimo aspettato, la prossima volta ce la saremmo vista proprio brutta.» affermò 18, mentre contemplava il cadavere del giovane che crollava verso terra.
«Parla per te. Credo che fosse ancora ben lontano dal mio livello, mentre tu eri in difficoltà.» replicò 17. «Ad ogni modo, è un peccato essere stati costretti a sopprimerlo. Per fortuna ci resta ancora il figlio di Vegeta. Forza, andiamocene via da qui… questa pioggia mi dà fastidio.» disse, ravviandosi i capelli bagnati.
 
Un po’ di tempo dopo Trunks, che era rimasto privo di conoscenza sotto la pioggia che ancora perdurava, sulla nuda roccia dove Gohan lo aveva lasciato, si risvegliò. Disorientato, con gli occhi socchiusi, si domandò: “Che succede?” Poi riannodò le fila dei propri ricordi: «Go… Gohan!» Si alzò in piedi di scatto, e lanciò uno sguardo sulla città. «I cyborg… stavamo per attaccarli e poi… buio totale! Oddio, Gohan… non lo percepisco più! Non avverto più la sua aura! Che sarà successo??»
Schizzò in volo in fretta e furia verso la città, incurante del diluvio; la sorvolò in lungo e in largo sperando di trovare l’amico privo di conoscenza, ferito ma non in modo letale, come era accaduto altre volte negli ultimi anni. Trovato: Gohan era lì, disteso sopra alcuni massi, accanto ad un vecchio bidone di lamiera vuoto; Trunks gli sollevò il busto, reggendogli la schiena. «Ti prego, parlami… rispondimi! GOHAAAN!!»
Ma Gohan non poteva più rispondere: era inerte, la sua espressione era vuota, con gli occhi sgranati, bianchi, privi di vita. Alla vista del cadavere del suo maestro, il guerriero che più di tutti aveva sofferto, colui che aveva sacrificato anni di vita, sogni, aspirazioni per salvare l’umanità dalla rovina… Trunks cominciò a tremare. Le lacrime scendevano incontrollate dai suoi occhi, e si mischiavano con le gocce di pioggia sul suo viso. Il quattordicenne urlava, si disperava, singhiozzava, batteva i pugni sull’asfalto, si passava le mani fra i capelli, ma nulla di tutto ciò gli avrebbe restituito il suo amico.  
Infine, Trunks chiuse con le dita gli occhi di Gohan. “Perché, Gohan?? PERCHÉ TE NE SEI ANDATO VIA IN QUESTO MODO?? Perché non mi hai permesso di aiutarti…? Dicevamo sempre che avremmo realizzato il nostro sogno… insieme! E ora come farò…? Come faremo tutti noi??” si domandò Trunks, scoppiando a piangere ancora più forte.
Adesso, il figlio di Vegeta era del tutto solo nella lotta contro i due mostri assassini. Si rese conto di ciò, e di colpo si sentì vuoto ed abbandonato a sé stesso, così come vuoto ed abbandonato ad un tragico destino gli apparve il mondo circostante.
 
Qualche ora dopo, in un’altra dimensione, parallela all’universo dove viveva Trunks ma nella stessa linea temporale, un gruppo di figure dall’atteggiamento sinistro e malvagio si stagliava davanti ad un misterioso portale che congiungeva i loro luoghi natii con il pianeta Terra. Gli esseri, confabulando fra loro nell’idioma tipico della loro patria, erano curiosi di conoscere il mondo che li attendeva dall’altra parte dell’accesso.
Si sentivano eccitati nell’apprestarsi a varcare il portale. Alla fine, l’unica figura femminile della combriccola dichiarò a voce squillante, strisciando tutte le S che la sua lingua incontrava lungo il cammino: «Vamos a salir from this place de dolor, sufrimiento y mal! Nuestra evil home… la dimensiòn demoniaca! Andale!»
«Vàmonos.» le fece eco uno dei suoi compagni, serio e minaccioso.
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE.
Da questo capitolo avrete notato che il metodo che ho scelto di seguire è stato di prendere il capitolo originale del manga ambientato nel futuro e riutilizzarlo come bozza di partenza, rileggendolo ed integrandolo in base alle vicende narrate nei capitoli precedenti, in modo da creare un racconto omogeneo. Per onestà confesso che le parti più calde del capitolo (ossia tutto quanto concerne l’ultima battaglia di Gohan) sono scopiazzate senza pudore né ritegno dal relativo capitolo del manga e dall’episodio dell’anime, a cui però ho aggiunto un po’ di farina del mio sacco giusto per dare un po’ di originalità. :-D
Capitolo un po’ meno lungo di quelli a cui vi ho abituati da un po’ di tempo a questa parte, ma intenso. Abbiamo dovuto dire addio ad uno dei protagonisti del mondo del futuro, il che non è poco. Inoltre, volevo concludere lasciandovi in sospeso con questo finale misterioso… vi ha incuriositi? Seguitemi nella prossima puntata! Poco per volta, ci avvicineremo alla conclusione. :-)
Per dare l'addio a Gohan, che ci ha accompagnato per così gran parte della storia, ho fatto questo disegno che riepiloga tutte le fasi della sua vita.
  
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