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Autore: GhostFace    04/04/2014    1 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quell’orribile giorno Trunks, solo e disperato come mai era stato prima d’allora, rimase fermo per diverso tempo nel punto dove aveva trovato il cadavere del maestro; a pensare, rimuginare, soffrire, con lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi arrossati. La sparizione improvvisa della salma, avvenuta poco dopo, non lo stupiva: in base ai racconti di Gohan e di sua madre, infatti, ai defunti era concesso di conservare il corpo, qualora avessero vissuto da veri guerrieri all’insegna dell’eroismo. Gohan in vita aveva certamente rispettato tali condizioni, quindi sicuramente aveva acquisito un siffatto status privilegiato. Da quando aveva scoperto che il suo amico aveva abbandonato il mondo dei vivi, Trunks aveva pianto fino a non avere più lacrime, ed anche di più. Se ne stava con la schiena piegata e il viso fra le mani a rimeditare l’accaduto di quel giorno, finché non avvenne qualcosa di sorprendente: un portale dimensionale di forma ellittica si aprì nell’aria, proprio sulla strada, allargandosi sempre più fino a superare la misura adatta al passaggio di persone umane, davanti agli occhi attoniti dell’adolescente. La prima figura che ne uscì fu un essere femminile, seguito da uno sparuto drappello di esseri guardinghi, fra cui un esagitato che cominciò a scorrazzare curioso e frenetico a destra e a sinistra dissociandosi subito dagli altri.
«Holla, gringo!» furono le prime parole pronunciate dalla ragazza. Trunks la osservò stralunato con tanto d’occhi, meravigliato da quell’incredibile fenomeno, che lo distrasse dallo stato d’animo che lo affliggeva; poi si focalizzò sull’aspetto fisico della nuova arrivata, che non aveva molto di umano. Aveva lunghi capelli lisci che arrivavano a coprirle le scapole, rossi come il sangue, e gli occhi erano dello stesso colore, mentre la carnagione era arancione chiaro; doveva raggiungere un’altezza simile a quella di Trunks; si sarebbe potuta definire anche carina per i parametri umani, se non fosse stato per le orecchie appuntite con dei ciuffetti di pelo sulla cima, i canini aguzzi e un paio di cornetti sulla fronte, e una coda da leonessa che terminava in un ciuffetto di peli rossi. Indossava una canotta nera, un berretto nero con il marchio “Evil”, un giubbetto blu con le maniche bianche e shorts blu e un paio di scarpe di tela malandate e slacciate. L’aspetto complessivamente era poco più che adolescenziale;  aveva un’espressione astuta, sottolineata dal contorno nero dei suoi occhi.
«Ho-holla?» ripeté Trunks, ancora con il viso tra le mani, inarcando un sopracciglio, stranito, asciugandosi gli occhi per non mostrare segni di debolezza interiore a quegli estranei.
«Encantada to meet ya!» disse la ragazza stendendo la mano in avanti per ricevere un cinque. «Yo soy la lìder de nuestra gang, y ma nombre is Tia! Yo soy… La Tia!» concluse trionfalmente, strisciando le S della frase.
«Ci avessi capito una parola…!» replicò Trunks, aggrottando le sopracciglia.
Uno degli altri personaggi che la accompagnavano si fece avanti e mollò una pacca infastidita sul braccio della ragazza. Aveva l’aspetto di un giovane snello dai corti capelli biondi, la pelle pallida, la fronte spaziosa e un’espressione da furbetto, con una luce che gli brillava negli occhi chiari contornati di nero. Segni particolari: due corna lunghe e sottili gli sbucavano dalle tempie. Indossava un completo formale elegante blu con tanto di giacca e cravatta nera, e mocassini neri.
«Non puoi parlare nel nostro slang, e pretendere che ti capisca! Estùpida!» la rimproverò concludendo la tirata con un insulto bonario pronunciato in quella che sembrava essere la loro parlata.
«Tienes razòn!» riconobbe la ragazza, chiudendo gli occhi e mordendosi la lingua in un’espressione imbarazzata, grattandosi la testa. «Scusami, gringo! Dicevo… io sono la lìder della gang e mi chiamo Tia… La Tia! Dammi un five!» disse allungando la mano.
Trunks non concesse il saluto, ma si alzò in piedi, diffidente. «Chi siete? Cosa volete? Perché mi chiami “gringo”?» incalzò stringendo i pugni. «Occhio che non sono dell’umore per gli scherzi, oggi…»
«“Gringo” è il vocabolo con cui dalle nostre parti chiamiamo voi umani… a proposito, sei un umano, vero??»
«Sì… ma voi cosa siete? Alieni?» domandò a sua volta Trunks.
I componenti del gruppetto scoppiarono a ridere. «Ma no!» rispose La Tia. «Siamo demoni!»
«…E al di là del portale da cui siamo entrati c’è la nostra casa, ovverosia la dimensione demoniaca.» precisò il demone in giacca e cravatta, il quale parlava senza l’accento caratteristico della sua amica. «Mi chiamo Stinson.»
«This place serìa Gringolandia? That’s una mierda!» Queste parole venivano dal più piccolino del gruppo, un demone dall’aspetto fanciullesco e dalla pelle arancione, la cui testa tonda era coperta da una maschera di cuoio scuro che lasciava intravedere solo gli occhi ancora più scuri, neri come il peccato; erano poi visibili il naso, la bocca dai canini aguzzi, e un paio di piccole corna. La pelle, come si notava, era arancione. Indossava canottiera e pantaloncini e portava, legata alla schiena, un’ascia bipenne.
«Che ha detto?» domandò allora Trunks.
La Tia rispose: «Chiede se questa è davvero la dimensione della luce in cui vivete voi gringos… noi la chiamiamo Gringolandia… in effetti è brutta e malridotta, mi aspettavo di meglio.» Già…  ovunque si voltasse lo sguardo, si notava come la città circostante fosse ridotta ad un cumulo disordinato di macigni e polvere, ovvero ciò che restava degli imponenti fabbricati urbani.
«Ma dove hai la testa, estùpida??» domandò Stinson. «In quanto lìder del gruppo, dovresti presentarci al nostro nuovo amico.»
«E perché?» chiese La Tia. «Siamo demoni, non siamo tenuti a rispettare le buone maniere e la buona educazione… mi sembra logico! Altrimenti saremmo dei santi!»
«Non ci sto capendo nulla!» protestò Trunks. «Volete dire che esiste una dimensione demoniaca? Un regno delle tenebre dove vivono creature malvage e infide? E voi sareste fra questi??»
«Ad esta question vorrei rispondere io.» intervenne un altro giovane demone, alto e dal fisico asciutto, con tono di voce professorale che contrastava con il suo look: indossava un cingi-lombi di tela color pergamena e logore scarpe marroni; aveva la pelle viola, le labbra spesse e treccine rastafariane sul capo. Anche lui parlava strascicando la S. «Mi chiamo Makvel, e sono un intellettuale dell’oscurità.» Così si definì, anche se a giudicarlo dal suo aspetto nessuno lo avrebbe mai qualificato come un uomo di cultura.
«Sentitelo, come se la tira!» lo schernì Stinson, che lo ascoltava in posa elegante accarezzandosi la cravatta.
Makvel lo ignorò e proseguì, ostentando la propria cultura, con la postura di un consumato docente universitario. «Come recita la somma Costituzione della dimensiòn demoniaca, “La dimensione demoniaca è un regno assoluto fondato sulle forze del caos, del dolore e della devastazione. La sovranità appartiene al Re dei demoni, che la esercita nelle forme della violenza, della forza, dell’inganno e della sopraffazione.”»
«Ma… è orribile! Siete sicuramente dei portatori di guai e di delinquenza!» esclamò Trunks indignato.
«Capisci?» replicò La Tia compiaciuta. «Questa è la bellezza dell’essere demoni… sono cose che voi abitanti del mondo della luce non potete apprezzare!» A queste parole, il piccoletto che prima si era lamentato incrociò le braccia e fissò Trunks con maggiore odio.
«Io non ho mai sentito di demoni che irrompono nella vita di tutti i giorni per seminare il caos! Sono solo racconti mitologici!» ribatté Trunks scettico. «E poi non mi sembrate affatto potenti! Come mai saltate fuori proprio adesso? Cos’è quel portale??»
«Che modo di fare aggressivo… Me gusta!» commentò Stinson. «Makvel, fai la tua lezioncina sul portale demoniaco… tanto lo sappiamo tutti che non chiedi di meglio che fare sfoggio di cultura.»
L’intellettuale portò un braccio dietro la schiena e con l’altra mano cominciò a gesticolare teatralmente, da buon docente. «Vedi, gringo… la dimensiòn demoniaca è una sorta di spazio parallelo rispetto al mondo della luce in cui vivi tu. Una specie di universo nell’universo che si estende tanto quanto il vostro spazio. Sul nostro mondo, regna incontrastato il Signore dei demoni… sul vostro, le ipocrite divinità buoniste.»
Trunks ascoltava la spiegazione: probabilmente le divinità a cui si riferiva erano quel re Kaioh di cui aveva sentito parlare da Bulma e Gohan, e altri esseri simili a lui.
«Normalmente questi due mondi vivono una existencia parallela e indipendente, anche se il sogno di tutti i demoni è invadere la dimensione della luce e trasformarla in un inferno di caos e sofferenza gratuiti. Esistono però numerosi portali che li collegano, creati da esperti di magia nera in combutta coi nostri sovrani. A ciascuno corrisponde una zona del vostro spazio. Non è facile aprirli: questo perché è necessaria una forte dose di energia negativa.»
«Energia negativa?» ripeté il figlio di Bulma.
«Esattamente. Ogni portale è dotato di un contatore che raccoglie e convoglia tutta l’energia derivante da dolore, sofferenza, angoscia, malvagità ed altri sentimenti edificanti che vengono generati proprio da voi, esseri umani… o gringos, come vi chiamiamo dalle nostre parti.»
«Edificanti, sì.» assentirono con il capo La Tia e Stinson.
«Non credo di capire…» accennò Trunks.
«Non è difficile, come concetto!» continuò Makvel. «Ascolta… Il mondo della luce è pieno di gente egoista, infingarda, ipocrita, bastarda… non siete quei santerellini che amate proclamare. Ogni volta che viene commessa una cattiva azione, ogni volta che si generano dolore e sofferenza… questo scatena una certa quantità di energia che funziona come carburante e, accumulandosi, permette di aprire quei portali. Erano secoli che il nostro non si apriva, perché era guasto…»
«… però il nostro Makvel, che è una pantegana di biblioteca…» intervenne La Tia «Su uno dei suoi mattonazzi ha trovato un modo per riattivare il nostro portale.»
Makvel, compiaciuto dal riconoscimento della propria genialità, continuò la spiegazione: «Ultimamente abbiamo tenuto sotto controllo il contatore perché, da una quindicina di anni a questa parte, abbiamo notato un aumento notevole dell’energia negativa prodotta.» Trunks intuì che ciò coincideva con la comparsa dei cyborg sulla Terra: l’ondata di stragi da loro commessa, e il clima di angoscia e caos che avevano generato, avevano sicuramente contribuito a riempire abbondantemente il contatore del portale.
«Oggi, poi, si è raggiunto il max power…» spiegava Makvel. «Un’ultima ondata di dolore più forte delle altre ha riempito del tutto il contatore demoniaco.» E questo coincideva con gli eventi di quel giorno: prima la sofferenza di Gohan, ma poi soprattutto il dolore indicibile che Trunks aveva provato alla scoperta della morte del giovane eroe.
«Y estamos aquì para verte sufrir.» sentenziò minaccioso il piccolo demone con l’ascia, anche se Trunks non lo capì.
«¡Lo tengo!» esclamò La Tia come illuminata da chissà quale rivelazione. «You are la fuente!»
«La fuente?!» ripeté Trunks, sempre più incredulo.
«La fuente… la sorgente dell’ultima ondata di energia.» spiegò ancora Makvel. «Hai sofferto molto, ti si legge dagli occhi rossi. Ecco perché il portale si è aperto proprio ora e proprio qui davanti a te.»
«Cosa ti è successo, gringo?» chiese La Tia, quasi premurosa e rammaricata.
«A parte il fatto che mi chiamo Trunks… ma il fatto che mi chiamiate gringo non è il mio problema principale. Ora vi racconto.» iniziò l’adolescente, mettendosi di nuovo a sedere. Iniziò il suo lungo e penoso racconto sulla piaga infernale che affliggeva il pianeta Terra; la banda dei giovani demoni ascoltava con preoccupazione e stupore: ora che finalmente erano nella dimensione dell’universo che avevano sempre sognato di visitare, nulla era come avevano sempre fantasticato. Al termine del suo resoconto, Trunks li guardò sarcastico e li avvisò: «È per questo che mi alleno severamente ogni giorno, in modo da diventare presto in grado di distruggere quelle macchine. Quindi, se pensate di portare qua un’orda di demoni distruttori… ci andrete di mezzo anche voi, come tutti gli esseri umani. 17 e 18 vi sterminerebbero tutti. A meno che non siate forti a sufficienza da affrontarli, e allora si scatenerebbe una guerra.»
Alla fine di questa incredibile storia, i demoni convennero sul fatto che Trunks era proprio il classico bravo ragazzo, il prototipo di essere umano che si erano immaginati di incontrare. «Non temere, di questo non devi preoccuparti. Per il momento nessun altro a parte nosotros sa che il portale è attivo… ci siamo tenuti tutto per noi e, uscendo, abbiamo coperto l’ingresso, camuffandolo per non dare nell’occhio. Siamo proprio degli egoisti a tenerci tutta per noi una novità simile, vero? Senza dire nulla ai nostri simili!!» chiese La Tia, compiaciuta per il proprio egoismo.
«Certo che voi umani fate proprio schifo.» masticò fra i denti Makvel per poi sputare per terra. «Usare la scienza per creare armi di distruzione in grado di mettere in discussione l’existencia de la gente y del mundo. Quale popolo nell’universo sarebbe così loco?»
«Vedi, Trunks…» disse Stinson. «Noi demoni immaginiamo sempre il regno della luce come un luogo felice, dove gli alberi offrono frutti gustosi e succosi, gli uccellini fanno cip cip, il sole splende gioioso nel cielo baciando coi suoi raggi i seni floridi e prosperosi e i culetti delle belle gnocche intente a crogiolarsi sulle spiagge… poi, dopo tanto tempo di attesa, riusciamo a fare visita a questo posto e troviamo… questo?» concluse con una smorfia di disprezzo, indicando col palmo disteso della mano lo spettacolo deprimente che il passaggio di 17 e 18 aveva lasciato.
«Whatta mierda.» commentò secco il demone più piccolo.
«A proposito…» disse La Tia additando il suo amichetto che aveva appena parlato. «… lui è il piccolino del gruppo, Niku Daemon, ma non aspettarti saluti da lui, perché ti odia.»
«Ma perch-» stava per chiedere Trunks, stupito, nel sentirsi dire che quel giovanissimo demone a lui sconosciuto lo odiava. D’improvviso, però, si sentì un frastuono di terremoto, come se qualcosa stesse mettendo sottosopra i macigni e le rovine presenti a poche decine di metri da loro.  
«Di nuovo i cyborg?!» si domandò Trunks, allarmato, mentre il terreno vibrava sotto i suoi piedi. «D-di solito non visitano la stessa città del giro di poche ore!» Anche i quattro demoni erano preoccupati: di certo, non erano entrati in quella dimensione per morire in modo atroce!
Ad un certo punto, però, si sentì un urlo che fece loro tirare un sospiro di sollievo. «CRAZY TORNADOOOOOOO!» Dal cumulo di macerie avanzò rapidamente una figura dalla pelle di un grigio azzurrato e dai capelli neri sparati; la bizzarria era che dalla vita in giù non si distinguevano le gambe, ma solo un piccolo tornado azzurro che, spostandosi, sollevava pennacchi di polvere dal terreno. Sopra la testa reggeva con le braccia un enorme blocco che, in precedenza, aveva fatto parte di qualche palazzo.
«Giusto, ci eravamo scordati di quell’idiota…» ricordò Stinson.
«Tutte le gang di amigos hanno un tonto, e lui è il nostro. Si chiama Lokoto ed è fuori di testa.» spiegò La Tia.
«¡Mirate que bonito!» gridò il nuovo arrivato che, fermatosi a distanza ravvicinata, mostrò di avere una coda glabra e gli occhi di due colori diversi: uno verde e l’altro rosso; l’arcata della fronte era priva di sopracciglia, e sotto gli occhi aveva delle occhiaie. Andava in giro in mutande nere. «Questo raro esemplare di ciottolo di Gringolandia… uhm…» si fermò un attimo a riflettere reggendo il blocco con una sola mano, e portandosi l’indice dell’altra alle labbra. «…è molto raro! Finisce dritto nella mia collezione di ciottoli!»
«Veramente si chiama “blocco di calcestruzzo”…» puntualizzò Trunks interdetto.
«Io non do calci agli struzzi! Quindi si chiama ciottolo!» disse Lokoto. Sulle fronti dei presenti colò un vistoso gocciolone di sudore.
«Bene, le presentazioni le abbiamo fatte tutte.» disse La Tia. «Ora dobbiamo capire cosa fare in questo mondo devastato, visto che non abbiamo mezzi per spostarci su un altro pianeta del regno della luce che sia più allegro e vivace…»
«Se qualche gringo non avesse voluto generare questo disastro…» disse Stinson, rimarcando il tono di rimprovero sulla parola “gringo”.
«Sentite chi parla… se non sbaglio, siete demoni!» fu replica contrariata di Trunks. «È nella vostra indole causare problemi al prossimo e macchiarvi di peccati!»
«Sì, ma vedi, gringo…» spiegò Makvel. «Nessun demone, NESSUNO, sarebbe tanto malvagio da costruire delle armi in grado di mettere a repentaglio la sua razza di appartenenza.»
«Però la nostra malvagità è fuori discussione!» ci tenne a precisare La Tia. «Io per esempio mento sempre, sono una bugiarda patentata! Ieri per esempio ho detto una bugia, sostenendo di avere la febbre alta per non andare a scuola; in realtà avevo solo 37 e mezzo, che non è nemmeno febbre! Tanto lo sanno tutti che la scuola serve solo ad essere disertata, mica per imparare qualcosa! Oppure l’altra volta ho scorreggiato in pubblico e poi ho dato la colpa al mio ragazzo!»
«Se menti sempre, allora anche questa è una menzogna… quindi in realtà dire che menti sempre è una falsità, quindi non menti sempre.» ragionò Trunks pensieroso. La ragazza demone non ci capì nulla.
«Tu, per esempio!» esclamò allora il Saiyan mezzosangue puntando il dito verso Stinson, nel tentativo di mettere in dubbio l’effettiva cattiveria di quegli strambi personaggi. «Tu mi sembri un tipo molto distinto…!»
«Ti ringrazio per averlo notato. Adoro vestire completi in giacca e cravatta perché li considero la mia uniforme nella lotta quotidiana contro i buzzurri che ci circondano.» spiegò il giovane demone con voce chiara e convinta. «E poi, le persone che vestono in questo modo sono spesso le più false e criminali... pensa ai politici e ai ricchi industriali! Cosa c’è di più infame che intortare di chiacchiere i poveri fessi?»
«Ma allora sei solo un cialtrone! Un ciarlatano!»
«Certo… come tutti gli uomini in giacca e cravatta!» rispose Stinson socchiudendo gli occhi e accarezzandosi con soddisfazione il nodo della cravatta. «E poi ho un altro vizio: mi piace trattare le donne come oggetto di piacere!»
«Malvagissimo!» ribatté Trunks sinceramente sbalordito. «E tu? Sei un intellettuale, dovresti essere una persona intelligente!» domandò quindi a Makvel, che aveva già dato prova di una certa cultura approfondita, nonostante fosse all’apparenza un giovane.
«La cultura può essere usata in modo malvagio.» spiegò pacatamente il demone dalla pelle viola. «Io ho rubato un sacco di libri nel corso della mia vita; poi, da uno di questi, ho imparato a dire le parolacce e le bestemmie contro i Kaiohshin in un sacco di lingue straniere... ed ero poco più di un bebè.»
«E tu, piccolo?» chiese infine Trunks, abbassandosi un po’ e parlando con tono benevolo.
«Yo quiero kill ya.» rispose il bambino con un tono raggelante. Pur non capendo il significato, Trunks non ebbe dubbi sulla natura crudele delle parole del bambino.
A questo punto Trunks non si sarebbe nemmeno preso la briga di interrogare Lokoto, il quale avrebbe dato di certo una risposta assurda. Quest’ultimo però aprì bocca di propria iniziativa, senza essere interpellato, asserendo con fierezza: «Io sono amico del mostro che sta sotto il mio letto, e do retta alle voci dentro la mia testa!»
“Ma questo non è essere malvagi… è essere matti!” pensò il figlio di Vegeta.
«Adesso ti sarai convinti che siamo proprio malvagi, eh?» domandò La Tia, portandosi le mani ai fianchi. Niku Daemon approfittò di quel momento per strattonare il giubbetto della ragazza: aveva una richiesta e la formulò nella loro misteriosa lingua, talché Trunks non poté comprenderla.
«Ay Trunks, Niku avrebbe una proposta da farti… dice che vuole combattere contro di te.»
«Un duello? Non so se può reggere il confronto…» obiettò Trunks prima di accettare.
«Pure Niku dice che non sa se puoi reggere il confronto con lui! Ma il vero motivo per cui è venuto qui è che era curioso di affrontare un essere umano… e siccome hai detto che sei l’unico capace di affrontare gli stessi mostri che hanno causato questo casino, dice che ti trova un avversario interessante.»
Alla fine Trunks accettò, e i duellanti si ritrovarono faccia a faccia, fissandosi negli occhi, mentre la gang lanciava incitazioni verso l’amichetto. C’era qualcosa che inquietava Trunks, in quel demone bambino: non solo per il fatto che era totalmente all’oscuro delle sue abilità e del suo stile di lotta, ma anche per via del suo sguardo. Lo sguardo tagliente e sinistro di un piccolo demone che non aveva ancora pronunciato un vocabolo comprensibile alle orecchie di Trunks. “Ad ogni modo… davanti ad un avversario del tutto ignoto, massima cautela…”
Niku si slanciò contro Trunks, sferrando un pugno diretto al volto; repentinamente, il mezzo Saiyan parò l’attacco intercettandolo con il proprio avambraccio. Con l’altro braccio, Niku lo colpì col taglio della mano, e Trunks accettò di incassarlo, per farsi un’idea della sua forza; il bambino lo colpì con un calcio alla pancia, ma Trunks lo afferrò per la caviglia e lo scaraventò al suolo senza troppo impegno, temendo di fargli del male.
«Ehi, Niku…» disse Trunks con fare amichevole. «Usa la massima potenza! Voglio vedere fin dove arriva…!»
“Mi sembra molto sicuro di sé, quel gringo… e pensare che, per noi tutti, Niku è un mostro irraggiungibile, nonostante sia piccolino!” pensò La Tia, per poi gridare all’amichetto, portandosi una mano al lato della bocca: «Ay, Niku! Maxima powa!»
Il bambino si rialzò, digrignando i denti stizzito. Decise di impegnarsi a fondo, e balzò in avanti mirando al basso ventre di Trunks con la punta del piede; all’ultimo momento, Trunks si scansò a massima velocità, facendo sì che il piccolo demone rovinasse a terra capriolando al suolo per un paio di giri. Niku rialzò gli occhi scrutando il nemico con lo sguardo furioso, come umiliato: neanche un suo pugno o un suo calcio era giunto a destinazione. Spiccò allora un balzo e, capriolando in aria, sganciò l’ascia che portava allacciata sulla schiena e ne brandì il manico con due mani, provando a fendere l’avversario con l’affilata lama lucente; l’ascia bipenne sibilò un paio di volte, ma Trunks indietreggiò velocemente, senza mai dare al nemico l’occasione di colpirlo. Alla fine il bambino provò a calargli l’arma sulla testa, ma fu inutile – Trunks bloccò l’arma con una mano, prima che giungesse a destinazione; poi strappò l’arma dalle mani di Niku e la gettò terra. Sul momento il piccolo rimase spiazzato; poi, combattivo come un tigrotto famelico, ripartì all’attacco. Trunks decise di farla finita: con un pugno più potente dei precedenti, ma naturalmente non mortale, colpì il bambino allo stomaco sbattendolo a terra. Stinson comprese che doveva sussistere un vero e proprio abisso tra le due forze combattive, per cui suggerì di concludere il duello: «Pequeño, that’s suficiente!» Il bambino si imbronciò, scontento; poi raccolse l’ascia e se la allacciò nuovamente addosso con la cinghia.
“Anche la scaramuccia più insignificante può dirci qualcosa sull’avversario, diceva Gohan…” pensava nel frattempo Trunks. “Ad esempio, riguardo a questo bambino qualcosa non mi torna: a vederlo così, avrà tre-quattro anni; ma il suo livello è abbastanza alto, per la sua età…”
I suoi pensieri vennero interrotti da Stinson, che gli rivolse un gentile invito: «Perché non ti fai un giro da noi? Il portale si chiude dopo ventiquattro ore dalla sua apertura!»
«In effetti mi avete incuriosito, a forza di parlarmi della vostra patria…» mormorò Trunks, dando mostra di star riflettendo sull’invito. Ma se fosse stata una trappola? Stava parlando con dei demoni: non c’era molto di cui fidarsi. Aveva un grande vantaggio, da parte sua: l’elevato livello combattivo. Valeva la pena di far leva su di esso per incutere timore nei suoi interlocutori, e far loro comprendere che, se non era in grado di battere 17 e 18, la sua forza non era assolutamente da sottovalutare: «Tenete presente una cosa! La forza che ho appena usato per difendermi dagli attacchi del vostro amichetto…» disse con un tono che voleva essere minaccioso, con tanto di sorrisetto malefico «… era mille volte più debole del mio massimo! Sappiate che posso fare…. ehmm… un macello, se mi ci metto! Avete capito bene??» chiese, sforzandosi di apparire quanto più cattivo possibile.
«Woow!!!» esclamarono i demoni in coro: in particolare a Stinson, a La Tia e a Lokoto scintillavano gli occhi dall’eccitazione. «Ma allora non sei solo fortissimo, ma anche molto cattivo!!! Maravilloso!!»
«Con este credenziali, sarai sicuramente il benvenuto nella nostra patria.» commentò Makvel con tono dottorale, mentre Niku rimaneva scontento ed imbronciato.
La reazione dei demoni convinse Trunks ad accettare l’invito: per quanto diffidasse, non riusciva a vedere un pericolo concreto nel loro modo di agire.
                         
Varcato il passaggio, il gruppetto emerse attraverso un angolino nascosto da un cumulo di erbe secche e pietre, approntato per occultare l’accesso per la Terra. Lokoto sparì per un po’ dalla circolazione: vorticando le gambe, scappò a nascondere il suo prezioso “ciottolo” terrestre, che era riuscito a trascinare forzandone il passaggio attraverso il varco. Guidato dagli altri demoni, Trunks cominciò ad aggirarsi per le vie del quartiere in cui vivevano e in cui, come apprese, erano nati. Sullo sfondo di un cielo giallo pallido illuminato da una lontana stella rosso cremisi, il “barrio”, come lo chiamavano i giovani demoni, era costituito da una numerosa serie disordinata di rozze casupole basse, più o meno ampie, che sorgevano lungo ampi stradoni tratteggiati in modo alquanto grossolano, senza asfalto, coperti di terra di color giallo ocra. I fabbricati erano grezzi e, ad occhio, si sarebbe detto che fossero costruiti in materiale vagamente argilloso o di pietra non particolarmente dura, di color sabbia. Passeggiando per le vie del barrio, Trunks vedeva qua e là gruppetti di demoni d’ambo i sessi delle età più svariate, giovani, vecchi e bambini, talvolta simili d’aspetto, altre volte differenti fra loro; una varietà di tipi e di facce che superava nettamente quella degli esseri umani. Stavano seduti per terra, su rozze sedie o pietre malamente sbozzate che erano usate come sedili, oppure in piedi, ad imprecare, fumare, ubriacarsi o giocare d’azzardo e scommettere su ogni stupidaggine, oppure lanciarsi apprezzamenti pesanti o insulti. Ovunque risuonava la musica da strada, rap o reggaeton, le cui liriche (che Trunks non comprendeva…) altro non erano che testi maledetti e dannati che inneggiavano al vizio e al peccato. Il figlio di Vegeta non aveva mai visto un centro abitato così brulicante vita, dunque gli veniva spontaneo chiedersi se la sua Terra fosse mai stata vivace come quel luogo, prima dell’avvento dei cyborg.
«Come avete detto che si chiama, questo posto?» domandò Trunks.
«“Dark Matador”… praticamente è un sobborgo periferico della grande contea che fa capo a City de los Demones.» spiegò Makvel.
«Dark Matador…» mormorò a voce bassa il mezzo Saiyan. “Non capisco nulla di ciò che dice la gente per strada, parlano tutti la loro lingua… ci sono certe facce da sberle, poi, e altre che te le raccomando proprio!” pensava Trunks lanciando sguardi a destra e a sinistra. “Però non riesco a provare ripugnanza… a modo suo, tutto qui ha un suo fascino… forse perché sono attratto da tutto questo movimento per le strade, che per me è insolito.”
Poi riaffiorò nella sua mente una domanda che avrebbe voluto porre fin da prima. Abbassando il volume della voce, si rivolse alla ragazza demone: «Tia, volevo chiederti… Ma perché il piccoletto ce l’ha tanto con me? E perché non mi rivolge la parola?»
«Perché è un demone guerriero, quindi è aggressivo e violento per natura… ha una naturale ostilità verso i non demoni.»
Niku non prestava attenzione alla conversazione, ma Makvel sentì domanda e risposta, e si inserì nella conversazione per fornire una delle sue spiegazioni: «Devi sapere che, fra i demoni, esiste una classe sociale di rango nobiliare composta da demoni particolarmente portati per la guerra. Hanno per nascita un’elevata potenza e una particolare attitudine per apprendere le tecniche di combattimento. Prendi il nostro Niku, per esempio… è poco più di un marmocchio in fasce, eppure per tutti noi delle classi sociali inferiori è un mostro inarrivabile. Questo perché appartiene alla famiglia Daemon… ma in una zona di provincia come la nostra non è facile incontrarne di simili, perché quando crescono vanno a vivere nelle grandi città, dove circolano molti soldi e i vizi più riprovevoli. Qui però siamo alla periferia della dimensiòn demoniaca. Infatti, il portale collega punti simili di due mondi paralleli: quindi, ad un pianeta periferico come il vostro, corrisponde un’area periferica come la nostra… Ecco cosa siamo noi: demoni di periferia!» spiegò Makvel. Quando si perdeva nelle sue delucidazioni, difficilmente smetteva di parlare, anche a costo di risultare noioso.
«Naturalmente il top del mondo dei demoni è il nostro Re! Il sommo Darbula!» spiegò La Tia con un ghigno. «Un formidabile guerriero…»
«… nonché una nobile icona di finezza e classe aristocratica prettamente demoniaca.» aggiunse Stinson.
«Comunque il fatto che non ti rivolga la parola non c’entra niente con le sue origini aristocratiche. Non ti parla perché sa parlare solo lo slang della nostra provincia; è ancora pequeño … tiene solo quattrocento anni!»
«“Solo”…? Io ne ho quattordici… sono un neonato in confronto a voi!»
«Per forza, siamo longevi… siamo demoni, e la malvagità non muore mai!»
«Eh… purtroppo lo so…! Ma non ti fa paura frequentare un tipetto così poco raccomandabile? La sua forza in confronto alla mia è nulla, ma per voialtri potrebbe essere letale!»
«Jajajaja!» rise la ragazza demone. «Non dire cretinate! Non ci torcerebbe un capello… siamo demoni, come lui! E poi è così… lindo, quando parla di sangre e di uccidere con quegli occhioni neri e con quel testone tondo.» disse con occhi sbrilluccicosi, come se parlasse di un peluche pacioccone e morbidoso, o di un cucciolo in cerca di coccole. «Me lo godo finché è così piccolo e carino, e resterà così per appena mille anni… crescono così in fretta questi bimbi… Niku, poi, è destinato a diventare un bestione super fisicato!»
A quel punto i nostri sentirono uno scalpiccio di zoccoli equini al galoppo per le strade della città. Una creatura a quattro zampe galoppò frenando proprio alle spalle del gruppetto.
«Ay, my puta!!» gridò una voce di giovane uomo, che La Tia riconobbe prontamente e con entusiasmo. «Te la vuoi fare una cavalcata??»
Trunks osservò il nuovo arrivato: un curioso demone centauro; fino alla vita assomigliava in tutto e per tutto ad un comune ragazzo umano, salvi i canini acuminati. Aveva il fisico atletico; indossava un casco da motociclista, bracciali con le borchie e un giubbetto smanicato di pelle; dalla cintola in poi, iniziava la parte equina del suo corpo, coperta da un pelame lucido e baio, con la coda castano scuro.
«Holla, tesorrooooo!!» lo invocò La Tia. «Stavo tanto fresca, senza di te!» disse, intendendo viceversa che aveva sentito la sua mancanza. Ovviamente le dichiarazioni di affetto erano un concetto alquanto controverso, fra i demoni; un “ti voglio bene” era quanto di più lontano vi fosse dalla loro concezione di attrazione sentimentale. La ragazza demone fece una capriola e saltò in groppa al centauro, mettendo le mani attorno al suo addome.
«Holla! Ti cercavo, perché qualcuno in giro mi ha detto che ti aveva visto…»
«Mira…» disse abbassando la voce per non farsi sentire da tutto il circondario. «… abbiamo portato un gringo per mostrargli il barrio. Trunks, lui es Cid, il mio hombre.» Poi, rivolgendosi al suo fidanzato, la ragazza demone iniziò a raccontare: «Sai, mi querido, Gringolandia es una mierda… e la colpa è tutta degli umani.»
«Beh, non me ne frega.» disse il centauro con noncuranza, scrollando le spalle. «Tanto los gringos mi stanno sulle scatole. Encantado, mi chiamo Cid.» A quel punto il centauro si immerse nei suoi pensieri, e sembrò ragionare su qualcosa di serio, con la mano sul mento; poi guardo l’umano e disse semplicemente: «Una quinta abbondante, direi.»
La Tia provvide a spiegare: «Sai, Trunks… il mio hombre ha un potere speciale: riesce ad indovinare la misura del seno delle donne, anche se non le ha mai viste prima.»
«Infatti mi riferivo a tua madre, gringo.»
A quelle parole, Trunks diventò rosso dall’ira; lo afferrò per il bavero del giubbetto, furioso: «Sei un porco! Tu mia madre non devi nemmeno azzardarti a menzionarla! Capito bene, maniaco pervertito??»
«Ma no! Non fargli male, Trunks! Non lo hace para evil!» disse La Tia, sbalzata dalla groppa del suo ragazzo. «Cioè, essendo un demone fa tutto per male… ma non è il caso di prendersela, non è che abbia voglia di conoscere tua madre!»
«Certo…» soggiunse Cid. «… se devo guardare altre ragazze che non siano la mia Tia (e le guardo, eccome), devono essere demoniette di prima qualità…! Non a caso mi chiamano lo stallone!»
«… e scommetto che, in quanto demone, tradisci di continuo la tua ragazza. Una vera e propria cattiveria!» concluse Trunks con aria di sfida. Quel centauro non gli stava affatto simpatico, quindi pensava di metterlo in imbarazzo davanti alla sua ragazza.
«Sei proprio un cretino, gringo! Il tradimento non è una forma di malvagità, è solo una vigliaccata… e nessun demone che voglia definirsi degno di tale nome agirebbe da vigliacco verso la propria donna, ficcatelo bene in testa.»
«Eso es cool!» commentò La Tia con gli occhi a forma di teschietto e due metri di lingua fuori dalla bocca.
«Una pelea…» fece notare Niku a Cid, puntando l’indice della sua manina verso la piazza.
«Mirate, gente! Hay una pelea in da square!» Ossia, tradotto nella nostra lingua, era scoppiata una rissa in piazza… era necessario catapultarvisi, come appunto fecero Cid e Niku. «Pelea??? In da square??» ripetè Lokoto, che arrivava giusto allora turbinando come un tornado, come suo solito. «Ay caramba!!»
Nella piazza, infatti, una caotica ammucchiata di demoni ragazzini ed adolescenti se le stava suonando di santa ragione: senza alcun criterio, ciascuno riempiva di botte e calci altri demoni in maniera del tutto arbitraria, alla cieca, vociando ed imprecando in modo confusionario.  
«Ha tremila anni e si comporta ancora come un ragazzino di duemila, ma ditemi voi! È per questo che lo detesto!» sogghignò la ragazza demone riferendosi al suo ragazzo centauro, mentre dei teschietti viola le svolazzavano attorno alla testa.
«Io non partecipo mai a queste sciocchezze…» osservò Stinson con espressione sprezzante. «… mi si sciupa il vestito.»
«Vale anche per me… questi passatempi sono sempre all’insegna dell’ignoranza.» aggiunse Makvel, con altrettanto disprezzo.
«Goditi lo spettacolo, Trunks! Noi tre dobbiamo discutere una cosa importante… da demoni, quindi è off limits per te!» annunciò La Tia, per poi spostarsi a confabulare tanto sommessamente quanto animatamente con i due compañeros. Trunks rimase in disparte, seduto per terra, ad ammirare lo spettacolo della rissa che, dopo qualche minuto, cominciava a risultare noioso.
Alla fine della conversazione, mentre la rissa in piazza era ancora in corso, i tre giovani demoni si voltarono nuovamente verso il Super Saiyan. Fu Stinson a parlare a nome del trio: «Trunks, ciò che ti proponiamo è… un’avventura! Una missione all’altezza della tua grande forza!!»
 
Poco dopo, terminata la rissa, dopo una discussione, i demoni riuscirono a persuadere Trunks ad accettare la loro proposta. Si prepararono dunque alla partenza, senza ulteriori esitazioni: oltre al mezzosangue, tutti i componenti del gruppetto lo avrebbero accompagnato. Stinson, Makvel, La Tia, Lokoto e Cid accostarono le mani alle rispettive bocche e gridarono all’unisono con quanto fiato avevano nei polmoni: «NUBE DI PIOMBOOOOOOOOOOOO!!!» A quel richiamo, una grande nube nera dai riflessi di una pesante tinta grigio-violacea sfrecciò secondo una traiettoria sinuosa, a tutta velocità, ingrandendosi sempre più fino ad arrivare davanti ai nostri, i quali prontamente balzarono addosso ad essa.
«Ma… è eccezionale!» commentò Trunks ridacchiando. Quella doveva essere la versione negativa e demoniaca della nuvola che tempo addietro era stata usata come mezzo di trasporto da Goku e Gohan!
A conferma di ciò, Makvel lo informò: «Purtroppo per te, questa nube può accogliere solo chi ha un cuore malvagio.» 
«Infatti qua da noi è un mezzo di locomozione molto diffuso fra i demoni!» precisò Stinson.
«Però significa che tu non puoi salirci, perché sei buono, eroico e generoso…» dedusse Cid calcando con sufficienza quegli aggettivi.
«Non temete! Come vi ho detto, so volare e penso di poter reggere il confronto con il vostro mezzo! Ihihih…» sorrise Trunks furbetto, inorgoglito dalle proprie capacità di guerriero.
La Nube di Piombo iniziò a viaggiare immediatamente, a velocità sostenuta, seguita a ruota da Trunks che volava al di sopra di essa. A La Tia, che gli chiese perché fosse così sorridente e fiducioso, il figlio di Vegeta rispose: «Perché mi fa piacere riportare un po’ di giustizia nella dimensione demoniaca, e mostrarvi che si può combattere per restituire ai legittimi proprietari qualcosa di cui siano stati ingiustamente privati!»
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE
Questo capitolo e quelli che seguiranno (non molti, in realtà) costituiscono una breve deviazione rispetto alla storia principale, prima della parte finale. Non temete, non sarà una cosa del tutto fine a sé stessa, perché influirà sulla storia principale! In mezzo cercherò anche di farvi fare qualche risata, che male non fa mai… :-)
Come avrete capito, la dimensione demoniaca è il regno governato da Darbula, a cui si accenna in maniera molto vaga solo all’inizio della saga di Bu, senza che poi venga mai descritta o mostrata. Io ne sto dando una mia visione ma, volendo, uno potrebbe inventarsi qualsiasi cosa! Per la visione del modo di pensare e di agire dei nostri giovani demoni, mi sono ispirato al manga Sandland, sempre di Toriyama, in cui compare addirittura Darbula nei panni (ingigantiti) del Grande re dei demoni Satana.
Perché i demoni hanno una parlata spanglish (misto spagnolo+inglese)? Perché, essendo originari di un quartiere periferico come una sorta di ghetto, ho voluto pensare che facciano parte di una comunità provinciale, con un modo di parlare geograficamente limitato al loro ambiente ristretto. Perché proprio lo spanglish? Ennesima ispirazione di Terminator: ad un certo punto i protagonisti trovano sostegno nella loro missione presso una comunità di ispanici. :-)
  
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