«guarda,
te lo dico
con tutta la cortesia che mi è possibile riservarti
considerata la situazione
in cui ci troviamo a causa tua…»
«sta’ zitto!»
«sei
la prova
vivente che Einstein aveva ragione nell’asserire che
l’umana stupidità è senza
ombra di dubbio infinita».
«la
colpa di tutto
questa è tua razza di-»
«errata corrige: la
colpa è di un certo Robin Mask che alla partenza
dall’Inghilterra si
è infilato di nascosto nella stiva del mio aeroplano -e
ringrazio il Signore
che fosse pilotato automaticamente o avresti coinvolto persone innocenti in
questo incidente- ed ha aspettato lì fino al mio viaggio di
ritorno
dall’Australia per decidere di sabotare i motori. Non
pensando che così facendo
avrebbe coinvolto anche sé
stesso nell’incidente,
non solo il sottoscritto. E
la cosa veramente comica…»
«ti
ho detto di
stare zitto!!!»
«…è
che nella scena
da film modello “ti espongo il mio Piano Malvagio”
hai perfino dichiarato di
avere intensamente pensato addirittura tre
mesi e mezzo per
riuscire a partorire una simile idiozia.
Per fortuna che lo sciocco
avrebbe
dovuto essere Suguru Kinniku! Confrontato a te è il nuovo
Stephen Hawking».
«però in parte ha funzionato visto che sei qui anche tu! E senza
cellulare!»
«e
anche questo per
colpa di chi? Ricordamelo. Ah, già: di nuovo tua».
Ed eccoli
lì, su un
canotto gonfiabile espansibile fatto di un materiale brevettato
Lancaster
Technology , dispersi non si sa dove nel Bacino di Wharton, con Robin
-bagnato
fradicio- che remava a mano perché costretto da Howard
Lancaster -perfettamente
asciutto- che gli stava puntando contro la pistola e nonostante
l’aria
tranquilla ed apparentemente assente Mr. Mask sapeva benissimo che il
suo ex
amico avrebbe potuto sparargli in mezzo agli occhi in una frazione di
secondo.
Un’altra
cosa comica
era che in realtà Howard non riusciva ad essere veramente nero
di rabbia
nei confronti di Robin. Perché quest’ultimo
evidentemente preso dalla frenesia
di fargli pagare cara quella faccenda della flebo di antidolorifico
staccato -e
proprio perché pieno di furia vendicativa incapace di
pensare a qualcosa di più
sofisticato o almeno più intelligente nonostante il tempo
trascorso- aveva
fatto qualcosa di così completamente
stupido da risultargli
addirittura
divertente, nonostante Howard stesso fosse rimasto coinvolto.
Nascondersi
nella
stiva ed aspettare addirittura il viaggio di ritorno -ma
perché poi?!- per
azionare il detonatore che avrebbe fatto esplodere i motori
dell’aereo, non
tenendo in considerazione il fatto di esserci sopra.
Cioè.
No.
Fantastico.
Se
proprio voleva
utilizzare una bomba perché non una più potente,
e da far esplodere a distanza?
Ah, ma certo: e poi per la scena della rivelazione del Piano Malvagio
come
avrebbe fatto?
“…e
adesso la
pagherai, precipitando insieme a questo maledetto aeroplano!”
“ed
anche insieme a
te, Robin”.
“eh…?”
“non
so se l’hai
notato ma ci sei anche tu qui
sopra. Quindi è logico
che se
l’aereo precipita ed io precipito anche a te
succederà lo stesso”.
“!”
“hai
già azionato
il countdown”.
“…”
“e
magari non puoi
nemmeno fermarlo”.
“…”
Howard
aveva preso
in mano una valigetta con dei documenti cartacei riguardanti il viaggio
d’affari appena compiuto e tirato fuori da sotto il sedile
qualcosa che a prima
vista sembrava un k-way. “permettimi di dirti che sei veramente stupido”.
Poi si
era sentito
il rumore dell’esplosione, l’aereo aveva iniziato a
precipitare, Howard aveva
rapidamente aperto il portello approfittando dell’occasione
per far fare all’ex
collega quello che aveva definito “il volo della
vergogna”* , per poi lanciarsi
giù a sua volta premendo un pulsante
sull’apparente k-way che durante il volo
si era espanso e trasformato in un canotto
con tanto di due paracadute.
Perlomeno non si sarebbe rovinato il completo, contrariamente a Robbie
ed il
suo povero Armani blu scuro.
L’ammaraggio
era
stato quasi dolce e privo di scossoni, e a quel punto si trattava
soltanto di
chiamare qualcuno, visto che per fortuna il suo cellulare essendo
direttamente
collegato ad uno dei tanti satelliti di sua proprietà che
galleggiavano
nell’orbita attorno alla Terra “prendeva”
in qualunque zona.
Solo che
poi aveva
visto Robin annaspare nell’acqua e si era ricordato che il
suo ex amico sapeva
giusto stare a galla, se era in una giornata buona.
“la
voglia che ho di
lasciarti lì…”
Nonostante
ciò però
Mr. Lancaster si era messo una mano sulla coscienza decidendo di andare
a
tirare fuori dall’acqua il suo “vicino di
casa”, che per divincolarsi
-“preferisco annegare che essere in debito con
te!!!”- aveva fatto cadere
nell’acqua il suo cellulare.
E adesso
erano
davvero isolati. Non poteva chiamare aiuto, e non poteva nemmeno
telefonare a
moglie e figlia per dire loro che stava bene nonostante
l’ammaraggio
improvviso.
“schifos-”
“comincia
a remare Robbie o giuro su quel che vuoi che ti sparo in mezzo agli
occhi, getto il tuo
cadavere in acqua e chi s’è visto
s’è visto. Sono stato chiaro?”
Ecco
com’era
andata.
«…per
salvarti,
oltretutto».
«nessuno
te l’aveva
chiesto! Meglio morire annegato che dovere la vita ad una iena come
te» si
voltò brevemente a guardarlo «perché
diamine l’hai fatto?!»
«cosa?»
«salvarmi!»
«un
po’perché
contrariamente a quel che pensi non sono proprio un mostro, un
po’perché l’idea
che tu fossi in debito col sottoscritto mi divertiva e soprattutto
perché mi
serviva della bassa manovalanza da mettere “ai
remi”…fermo dove sei, lo sai che
ho una mira perfetta» lo minacciò, vedendo che
stava per alzarsi
e saltargli addosso nonostante la pistola ed il rischio di finire di
nuovo
nell’oceano «parafrasando un vecchio proverbio,
“hai voluto l’ammaraggio? Ora
rema!”…cielo, non mi sei utile nonostante tu abbia
ancora il cellulare in tasca
visto che quel dispositivo non è uno della mia casa
produttrice e dunque qui
non prende» scosse la testa «se anche tu come me
sopravviverai a tutto questo
vedi di aggiornarti».
Nonostante
fosse
Howard la vittima e quello che aveva perso l’aereo in quel
sabotaggio, tanto
per cambiare risultava sempre il più tranquillo. Tanto in
occasioni del genere
dare di matto era qualcosa di completamente inutile, ed era sicuro che
a breve
qualcuno l’avrebbe fatto cercare, esplorando il Bacino di
Wharton a tappeto, e
con i mezzi che sapeva di avere a disposizione, che lui e Robin fossero
ancora
in acqua o fossero approdati da qualche parte sarebbero stati trovati
senz’altro. L’unica cosa che gli dispiaceva era che
sicuramente la sua famiglia
si sarebbe preoccupata a morte. Sperava solo che sua moglie, sua madre
e sua
suocera avrebbero tenuto per loro la cosa, così da non far
allarmare Emerald
per un nonnulla. Quel periodo in particolare non era decisamente
adatto,
considerando che era il primo viaggio di piacere che lei e Connors
facevano
come coppia.
E
considerata la
destinazione era un viaggio decisamente importante…
«piantala
di
fingere che questa situazione non ti faccia né caldo
né freddo!!!»
«e
chi
finge?...rema, rema» Howard osservò
l’orizzonte. E aguzzando la vista gli parve
di vedere…«ah-a! Terra!
Laggiù!» indicò un punto davanti a loro
«a
quanto pare ci è andata bene».
«…ma
dove la vedi
la terra?! Non c’è niente lì!»
«c’è,
c’è, solo che
tu avresti dovuto mettere gli occhiali
già…ventiquattro anni fa, sbaglio?»
«non
ti riguarda.
Iena».
«si,
si, quel che
ti pare» si tolse la giacca e rimanendo con la camicia e
tirando su la manica
destra «continua a remare, Robbie, che
forse riuscirai a sopravvivere
all’esperienza».
«Lancaster,
se non
la smetti ti prendo e ti tengo la testa sott’acqua
finché non anneghi».
«ah,
ma dai, ti
gambizzerei immediatamente alla prima mossa e probabilmente saresti tu
a fare
quella fine» anche lui iniziò a remare
«...altrimenti al tuo ritmo arriveremmo
domattina. Ma pensa tu…da quando in qua il capitano della
nave deve remare?»
«primo,
questo è un
gommone, secondo, chi ti ha eletto capitano?!»
«la
selezione
naturale direi, visto che l’artefice di questa seccatura non
sono io ma tu».
«sia
chiaro che una
volta arrivati a terra…»
«da
quel che vedo
sembra un’isola» puntualizzò Howard.
«quel
che è! Una
volta lì, ognuno per la sua strada!»
«ottimo.
Non avrò
una palla al piede di cui occuparmi e ci sono ottime
probabilità che tu muoia
senza che io abbia alcun rimorso di coscienza, visto che sei stato tu a
volere
fin da subito “ognuno per la sua strada”. Quindi se
morirai di fame e sete, o
cadrai in qualche crepaccio, o qualche animale feroce ti
mangerà o, ancora,
verrai inghiottito da qualche mostro anfibio non sarà un mio
problema. Io avevo
la pistola e diversi caricatori, ma non è colpa mia se tu
sei testardo».
«chiudi
il becco
uccellaccio del malaugurio, sarò io a
sopravvivere, mentre tu morirai o
rimarrai confinato su quell’isola per sempre!»
«ne
dubito. Al
contrario di te, io ho molte persone che mi vogliono bene,
s’interessano della
mia salute e mi faranno sicuramente cercare. Considerata la grandezza
dell’area
in cui cercarmi presumo che ci impiegheranno un paio di settimane, ma
non è un
problema. E probabilmente quando recupereranno la scatola nera
dell’aereo e ti
sentiranno esporre il tuo “piano malvagio”
moriranno dal ridere. Già…quanto ti
conviene tornare a casa sapendo che finirai al fresco, Robin?»
«e
tu con me,
perché se c’è la parte in cui espongo
il “piano malvagio” c’è anche
quella in
cui dico che tu mi hai staccato la flebo di antidolorifico».
«ahahah.
Perché a
manipolare una registrazione ci vuole molto, mh?» mancavano
circa duecento
metri all’isola, che da lì si era rivelata per
quello che era: decisamente
grande, con una fittissima e sterminata vegetazione, e di forma quasi
conica al
centro cosa che ne denunciava l’origine vulcanica
«ah, però. Se il vulcano
fosse inattivo sarei quasi per comprarla e costruirci un paio di
alberghi…»
Ma Robin
non badava
più ai progetti di Howard, avendo visto una grotta
nell’ammasso roccioso che
delimitava la spiaggia, sulla sinistra. Sulla destra, vicino
all’altro ammasso
roccioso, c’era qualche palma da cocco.
Bastava e
avanzava.
«è
mia!»
esclamò, buttandosi giù dal canotto e correndo
verso la grotta «questa è la mia
grotta e questa è la mia spiaggia, vattene di qui!»
Howard
fece
approdare il gommone sulla spiaggia, prese la giacca, scese con quella
e la
valigetta e premendo un sottile pulsante fece nuovamente comprimere il
canotto.
«nessun
problema,
non intendevo certo rimanere in questo fazzoletto di sabbia»
disse l’uomo
tranquillo «buona fortuna».
E dopo
aver scelto
la strada sparì nella vegetazione, pensando che Robin Mask
fosse proprio
sciocco. Che pensava di fare rimanendo lì, dove non sembrava
esserci nemmeno
una sorgente di acqua potabile e con giusto qualche noce di cocco da
mangiare?
Bah. Già guardandosi attorno man mano che avanzava vide un
sacco di alberi da
frutto come quello dei litchi, dei frutti del pane, delle banane,
aranci, lime,
anche lì varie palme da cocco e quant’altro.
Gli
passò perfino
davanti un pollo selvatico!
Se avesse
trovato
una sorgente d’acqua potabile sarebbe stato a posto; quella,
il cibo, una
rudimentale casetta su un albero -costruita con attrezzi che avrebbe
dovuto
fabbricarsi, ma passi- ben in alto ed era a posto. Inoltre essendo
un’isola
vulcanica non era da escludere che ci fosse qualche sorgente termale da
qualche
parte.
E Robin
era rimasto
nella grotta! Oh, buon cielo. Evidentemente non aveva mai giocato a The
Sims 2
Island*.
“spero
che ad Hammy
vada meglio che a me. Di certo la compagnia è migliore!
Spero di trovare almeno
un paio di scimmie, meglio loro che Robin tutto sommato”.
Che
situazione
assurda. Mai in tutta la vita avrebbe mai pensato che potesse
succedergli una
cosa del genere. Tanto più insieme a Robin.
Pensando
all’ex
amico si voltò un attimo indietro.
Era
veramente
giusto lasciarlo solo in quella minuscola spiaggetta? Indubbiamente
essendo
come lui un chojiin avrebbe ben resistito a fame e sete, ma
perché subirle se
si poteva evitarle?
Scosse la
testa.
Quel
testardo
avrebbe preferito morire che accettare ancora il suo aiuto, e lo sapeva
benissimo. Quindi…perché stare a pensarci su?
Riprese a
camminare.
“indubbiamente
le
cose sarebbero state diverse, se non ci fossimo detestati. Innanzitutto
non
saremmo qui. E se per qualche altro motivo ci fossimo finiti,
l’avrei convinto
a venire con me” colse un frutto del pane
“avrò di che raccontare alla mia
principessa, perlomeno…ma io ce l’ho ancora il
registratore digitale?...ah! yes.
Ottimo”.
«primo
giorno
sull’isola, Hammy» disse dopo avere acceso
l’apparecchio «dopo l’ammaraggio -e
credo ti saresti messa a ridere se avessi visto la scena di me e quello
sciocco
sul gommone- eccoci approdati. Robin ha scelto di rimanere
lì su quella
spiaggetta, nella grotta. Secondo me ha sbagliato; sto andando verso la
parte
interna dell’isola, segnando gli alberi con il coltellino
così da non perdere
la strada, e posso assicurarti che qui sembra esserci davvero di tutto.
Non
preoccuparti che possa succedermi qualcosa; io sono sempre armato.
Magari ti
porterò qui, una volta tornato…»
Registrare
quella
sorta di diario di bordo per Emerald era un altro valido aiuto.
Dell’altro,
oltre alla propria sicurezza, che lo indiceva a pensare “si,
accidenti, io la
rivedrò”.
«non
sarà un
viaggio divertente quanto quello che stai facendo adesso insieme a
Michael ma
credimi, ne vale la pena» continuò «se
trovassi qualche nocciolo sarebbe il
massimo…mh…una scimmia. Giusto poco fa stavo
riflettendo che sia meglio la
compagnia di una di queste piuttosto che del vecchio Robbie, e credo
che
saresti d’accordo con me. Che dici,
sopravviverà?...a parte gli scherzi, mi
auguro che anche lui ne esca vivo e che quella grotta non sia la tana
di
qualche bestia feroce. D’accordo che lui con le bestie feroci
ha dimostrato di
andare d’accordo…ma sto divagando. È il
dodici aprile. Solo le ore undici e
ventidue antimeridiane. E va tutto bene».
:: Washington
DC, periferia ::
Più
o meno sempre
in quel periodo dell’anno oltre che in quello natalizio, a
Michael Connors
venivano concesse -a seconda di quanto c’era da fare- due o
tre settimane di
totale libertà nelle quali l’ex mercenario soleva
tornare a Washington dalla
propria famiglia.
Quell’anno
le
settimane erano tre, d’altra parte il suo attuale ed unico
dovere era
sincerarsi che ad Emerald non accadesse niente. E di certo non aveva
problemi
ad adempiere a tale compito…
«quindi
è qui che
vivevi».
…visto
che aveva
portato con sé la ragazza.
«si.
Ho bei ricordi
di questo posto, avendo rotto le ossa a parecchia gentaglia in questo
quartiere!» disse con un sorrisetto che svanì poco
dopo «…era gentaglia,
davvero, credimi. Appena arrivati nel quartiere pretendevano di dettare
legge».
«Mikey…non
ti devi
giustificare» disse Hammy con assoluta sincerità
«se gliele hai date un motivo
doveva pur esserci, ed è meglio darle che
prenderle».
Il
soldato la
guardò con un sorriso.
«non
hai poi tutti
i torti miz».
Aveva
colto
quell’opportunità che lei gli aveva offerto,
diventare migliore per lei e con
lei. Nonostante Emerald stessa non capisse cosa ci fosse da migliorare.
E non
poteva dire
di essersi pentito, tutt’altro.
In quel
periodo
avevano proceduto come avevano stabilito, a piccoli passi. Avevano
iniziato ad
uscire “come coppia”, da soli o -per dimostrarle
che lui non si faceva
problemi a frequentare nessuno o quasi- con le ragazze del suo gruppo
o,
ancora, con i lottatori della Muscle League. Anche se quello era
successo
giusto un paio di volte, e l’atmosfera era stata decisamente
tesa, ed Emerald
infine aveva capito che forse era meglio andare da sola, quando usciva
con
loro.
E
contrariamente a
Kevin, Michael non l’aveva mai stressata riempiendola di
chiamate. Sapeva di
non avere niente da temere sul fronte “possibili
tradimenti”, si fidava di lei,
e se mai si limitava ad un sms ogni tanto, giusto per sapere se si
stava
divertendo.
Connors
non era uno
di quelli che pensava “avere una relazione con una ragazza=
chiuderla in casa”.
Era necessario che un rapporto si basasse anche sulla fiducia, giusto?
Ed Hammy
non gli
mentiva praticamente mai. Anche quando era serata di tango col suo
Nemico
Numero Uno faceva sempre in modo di uscire con qualcuno dei suoi amici prima
dell’orario di inizio, così quando
diceva a Michael “esco con la
combriccola” non era una bugia. Ovviamente avrebbe preferito
dirgli la verità,
ma…nonostante fosse un uomo intelligente, come anche suo
padre Howard,
probabilmente non avrebbe capito il motivo per cui lei e Warsman ogni
tanto si incontravano
di sera per andare a ballare.
«solo
una cosa mi
lascia perplessa…»
«dimmi».
Hammy
guardò i
palazzi fuori dal finestrino, mentre l’auto -con Eminem a
palla, nemmeno a
dirlo. Va’ a sapere come riuscivano a sentirsi!- mangiava la
strada.
«si
era detto di
andare a piccoli passi, e nonostante sia molto felice di poter stare
con te
anche nel tuo “periodo di
libertà”…insomma…»
si massaggiò la nuca «ma sei
sicuro che i tuoi vogliano davvero conoscermi?»
Connors
annuì. «eh
si».
Aveva
contattato la
sua famiglia quattro giorni prima di partire, per dire loro che sarebbe
tornato
a casa tre settimane. E fin lì tutto ok.
Poi aveva
detto
loro di avere una relazione con una ragazza da quasi tre mesi e mezzo,
e lì era
“scattata la tragedia”, in senso buono
però. Erano saltati tutti su a chiedere
chi fosse, come fosse, e soprattutto “come ha fatto ad
acchiapparti?! E chi ci
sperava più? Pensavamo saresti rimasto uno sciupafemmine a
vita!” e “ma è una
cosa seria?”.
E
nonostante la
politica dei piccoli passi Michael aveva detto loro la
verità, ossia che si,
era una cosa molto seria. Non una delle sue
relazioni da tre giorni al
massimo, non qualcosa da toccata e fuga.
Ed ecco
che
l’avevano ricattato col dire “o torni qui con
lei…o non tornare affatto!” e
lui, con un po’di imbarazzo a dire il vero -il che era
stranissimo per uno come
Connors- le aveva raccontato tutta la faccenda e le aveva proposto di
andare a
Washington insieme a lui…
“mi sa che ti
toccherà cedere al ricatto
Michael!...ma davvero vogliono…?”
“finora
sei l’unica
con cui abbia fatto sul serio. Nonché la ragazza con cui
sono stato insieme più
tempo! Mi sa che i miei parenti avevano perso la speranza che io mi
impegnassi
seriamente con una ragazza…ovviamente non sei tenuta a farlo
per forza, solo se
vuoi, al caso dico loro di non rompere ed ecco fatto.”
…ottenendo
in
risposta un si.
«sinceramente
sono
un po’agitata».
«aah,
tranquilla, i
miei vecchi sono gente alla mano».
Alla mano
e anche
dalla mente aperta per accettare “serenamente”
l’idea di avere un figlio ex
mercenario e che tuttora lavorava nell’esercito di un privato.
“è
la prima ragazza
che porto in casa mia…!” pensò.
Infatti
tutte
quelle con cui era stato, beh, era sempre successo o in casa loro, o in
un’auto, o…dove capitava. Ma non aveva mai fatto
oltrepassare a nessuna di
quelle ragazze la soglia della casa in cui fino ai sedici anni
-età in cui era
entrato nell’Accademia Militare- aveva abitato con la propria
famiglia. Come se
fosse stato un luogo “sacro”.
«ok,
se lo dici
tu».
«anche
quei regali
non sarebbero stati necessari».
«non
arrivo a mani
vuote se sto ospite tre settimane in casa di qualcuno!»
Giusto
anche
questo.
«forse
un’orchidea
rara da diecimila sterline è un
po’troppo».
«ma
ai tuoi
dovrebbe piacere. L’hai detto tu che sul dietro casa hanno
una specie di mini
vivaio».
«e
anche il
cellulare a tema Pac-Man per mio fratello è un
po’troppo. Comunque sono
convinto che gli
piacerà» vide uno
spiazzo dove parcheggiare e si fermò. La vedeva piuttosto
tesa, e non gli
piaceva quando era tesa; Emerald doveva stare più tranquilla
e serena possibile
«andrà tutto bene, non vedo perché
dovrebbe andare diversamente» le disse
accarezzandole delicatamente una gamba «tranquilla,
ok?»
Lei alla
fine
annuì. «d’accordo. Quanto manca
all’arrivo?»
«un
paio di minuti
per arrivare al negozio, un altro paio di minuti per arrivare a
casa».
I
genitori di
Connors infatti avevano una pasticceria/panetteria in quel quartiere
periferico. E nonostante la crisi da che era stata aperta aveva sempre
continuato ad andare bene, perché il pane e i dolci erano
ottimi e non
costavano nemmeno un’esagerazione.
«capito…ma
che
succede laggiù?»
Aguzzando
di poco
la vista Emerald aveva notato uno di quei classici quartetti di
gentaglia
avvicinarsi ad un ragazzo che camminava da solo e circondarlo. E la
cosa non
deponeva affatto bene, perché tutti e quattro erano
più grossi di lui.
«dove?»
«lì.
Quattro
teppisti hanno circondato un ragazzo…»
Appena
Connors
diede un’occhiata al punto indicato da Emerald scese
rapidamente dell’auto.
«ma-»
«quello
è mio
fratello» la informò
velocemente «resta qui» disse per poi procedere
verso il gruppetto a grandi passi, scrocchiandosi le nocche e facendo
un forte
fischio «non avete niente di meglio da fare che infastidire
mio fratello, voialtri?»
«e
tu che diavolo
vuoi?! Fila v-»
Il tizio
non fece
in tempo a finire di parlare che si trovò col naso rotto.
«ehi
ma che diavolo…»
allibì un altro.
«se
hai tanta
voglia di menare le mani ti accontentiamo, non c’è
problema!» dalla faccia e l’atteggiamento
quello sembrava il capetto «ragazzi, addosso!»
Ma
proprio quando
furono sul punto di attaccarlo l’uomo che aveva dato
l’ordine si trovò ad
essere afferrato e sbattuto con violenza contro il muro da Emerald, che
di
restare in macchina non aveva avuto la minima voglia.
«quattro
contro
uno, molto leale» commentò «anche se
sareste sicuramente andati a finire male
ci state facendo perdere tempo» lanciò
l’individuo a terra, colpendolo con un
bel calcio dritto alla schiena mentre era ancora “in
volo” e con un altro di
seguito in pieno viso «e a me perdere tempo non piace,
soprattutto con gente
come voi».
«ma
che te l’ho
detto a fare di rimanere in macchina, eh miz…»
sospirò il soldato
«voialtri, spargete pure la voce che Apocalisse è
tornato» disse ai due del
gruppetto ancora sani.
«Apocalisse!»
«”Apocalisse”?»
Emerald sollevò un sopracciglio con un sorrisetto.
«non
è un soprannome
che mi sono scelto io» si giustificò Connors.
Ma i due
tipacci adesso
non guardavano più lui, quanto piuttosto il ragazzo a cui
prima avevano tentato
di fare del male.
«quindi
se lui è
Apocalisse, e questo è suo
fratello…» disse piano uno dei due, per poi
scambiarsi una rapida occhiata e correre via più velocemente
che potevano.
Michael
sbuffò leggermente.
«non è durata molto. Perdonami per
l’incidente, Hammy…»
«scherzi?
Ha movimentato
la giornata».
Disse
così, ma più
che pensare a quanto era accaduto Emerald era concentrata su altro.
Ossia sul
fatto che i due fratelli Connors non si somigliavano per nulla, se non
in pochi
tratti del viso. Michael aveva la pelle abbronzata, quella di suo
fratello era
bianchissima, e senza lentiggini; Michael aveva dei folti capelli
castani, i
suoi invece erano anch’essi completamente bianchi. E poi
c’era la corporatura
magra, ed il fatto che…il fratello di Michael ci
arrivava ad almeno 1.70 di
altezza? Hammy pensava proprio di no. E poi non dimostrava
affatto i
ventuno anni che aveva quanto piuttosto sedici, diciassette, o
già di lì.
E per
finire c’erano
quegli occhi impari che aveva, uno marroncino ed uno azzurro
chiarissimo, che…beh
a dirla tutta Emerald non
sapeva da che
parte guardare! Ma era di certo una questione di abituarsi. Tutto
sommato il
modo di vestire alquanto eccentrico del ragazzo -specialmente quei
pantaloni e
quel berretto con Pac-Man- era la parte meno strana di tutto il
“pacchetto”.
E
parlando di cose
strane…perché Michael adesso che quelli erano
stati sistemati non aveva nemmeno
chiesto a suo fratello se era tutto ok? Non che quest’ultimo
sembrasse
spaventato a dire il vero, però…oh,
vabbè.
«allora…Hammy
questo è Zachary, mio fratello. Zeke questa è la
mia ragazza, Emerald».
“Zeke”,
non “Zak”. Ma
Connors gliel’aveva detto, ad Emerald, che Zachary odiava
essere chiamato in
quel modo.
«piacere
di
conoscerti Z-»
Non
riuscì a finire
la frase che il ragazzo le era già “saltato
addosso” per abbracciarla e
salutarla con due baci sulle guance. Che dire, sembrava uno affettuoso!
«finalmente
mio
fratello porta a casa una ragazza! Tra tutti qui non ci speravamo
più. Se l’hai
acchiappato devi essere una speciale un bel po’»
disse Zachary con un gran
sorriso «oltre che bella».
«capito
perché ti
dicevo di stare tranquilla?» disse Michael ad Emerald che
nonostante la
sorpresa iniziale apprezzava molto i tipi espansivi come Zeke e
indubbiamente
adesso si sentiva più rilassata.
«guarda,
più chiaro
di così non si può!...e, Zeke, ti ho portato un
regalino…»
«sul
serio?»
«eh
si. Spero che
ti piaccia» disse Hammy tirando fuori dal marsupio un
pacchetto, che il ragazzo
scartò immediatamente.
«un…cellulare!
Nuovo
modello!!! A tema Pac-Man!!!»
urlò Zachary per poi voltarsi verso il
fratello ed indicare Emerald «sposala. Adesso.
Subito».
«buono
lì! Ci conosciamo
da tredici anni ma stiamo insieme solo da tre mesi e mezzo!»
«si
Zeke, io e
Michael non abbiamo fretta. Vogliamo andarci piano, ecco. E poi non mi
sento
granché di sposarmi visto che ho un anno meno di
te…»
«da
parte tua è
comprensibile non avere fretta di sposare Lentiggine, tutto
regolare» l’albino
fece una linguaccia al fratello, che aveva fatto una smorfia
«no, a parte gli
scherzi sono contento che tu abbia voluto venire qui a Washington. Solo
una
cosa, qual è il tuo rapporto con gli animali che
strisciano?»
«…eh?»
«gli
animali che
strisciano. Bruchi, vermi, bisce, larve…serpenti».
Emerald
lo guardò
perplessa. «non sono una grande amante…»
«perfetto
allora! Dov’è
la macchina? Andavate in pasticceria? Se mai vengo anche io che ho
fame!»
«già
ma tu non
dovevi essere proprio in pasticceria a lavorare?»
«mattinata
libera
fratellone».
«ah
ecco…comunque…la
macchina è là».
Appena
indicata l’auto
Zachary si avviò velocemente verso di essa, seguito da
Emerald e Michael. La ragazza
guardava perplessa l’ex mercenario. «sembra a
posto, ma…cos’era quella faccenda
degli animali che strisciano?»
Connors
fece un
gesto come a dire “dopo”.
«dovrò dirti un paio di cosette in seguito, mi
sa».
«non
mi avevi detto
che qui sei conosciuto come Apocalisse» Hammy
ridacchiò «”Apocalisse”, that’s
incredible.»
«è
che ne ho
combinate tante, da piccolo…e non solo da piccolo, a dire il
vero» ammise, con
la consueta sincerità che le riservava «ad ogni
modo ti ho vista piuttosto
stupita quando hai visto Zachary».
«è
che non vi
somigliate affatto. E poi…non mi avevi detto che
è albino. Non che sia un
problema, eh. Ma non me l’aspettavo».
«nella
mia famiglia
ci sono stati dei casi di albinismo -non recentissimi- in entrambi i
rami. Nulla
di sorprendente».
«piccionciniiiiiih
vi sbrigate?!»
Ad
Emerald venne da
ridere un’altra volta. «che tipo
però!...ma devo chiederti una cosa».
«dimmi».
«è
vero che sei
andato lì subito quando hai visto quei quattro tizi che
l’avevano circondato,
ma in realtà non sembravi preoccupato».
Connors
occhieggiò
il fratello e fece il suo “sorrisetto da schiaffi”.
«precisamente,
e in
queste tre settimane capirai perché. Perché io
sono Apocalisse…ma lui è Armageddon!»
«ma
chi, Zeke?»
allibì Emerald.
«oh
si. Ma te l’ho
detto, ne parliamo dopo, e man mano capirai quel che intendo. Non che
per te
costituisca un pericolo, ovviamente».
“Apocalisse
e
Armageddon…chissà che avrebbero detto a riguardo,
tra tutti. I ragazzi, le
ragazze…il Sorcio, poi…”
E dalla
Pantegana
Pazza di Madre Russia finì a pensare un attimo a Kevin.
Lasciarlo
era stato
difficile, ma…chiusa una porta, si apre un portone. E adesso
come adesso
Michael non le aveva dato motivo di rimpiangere il suo ex fidanzato.
Certo, man
mano che la rabbia nei suoi confronti era sbollita ovviamente si era
augurata
che nella situazione in cui si trovava avesse un sostegno adeguato,
ma…poco
altro. La rottura era recente, che ogni tanto ricollegasse qualche
fatto
attuale con dei ricordi della sua precedente relazione non era poi
così strano,
no? In fin dei conti con quel ragazzo era stata insieme diversi mesi,
era stata
innamorata di lui, ed anche quella era stata una cosa seria. Poi che
fosse
finito tutto a carte quarantotto era un altro discorso, ma gli augurava
di
riuscire a trovare la serenità e soprattutto di non ripetere
gli errori che
aveva commesso con lei, altrimenti avrebbe fatto la fine di suo padre
Robin.
«e
dai che ho
fame!...Emerald, tu sei una che mangia?» Zeke le diede
un’occhiata «mh, mica
tanto…»
«non
mette su un
grammo ma è un pozzo senza fondo» lo contraddisse
Michael.
«buono
a sapersi, perché
i nostri dolci sono i più buoni della
città».
«addirittura!…effettivamente
ho un po’fame» disse la ragazza salendo in macchina
con Zeke.
«ed
ecco come la
Connors Bakery finì sul lastrico» Michael
salì sul posto del guidatore
«andiamo…»
:: Tokyo
::
«quindi
Hammy è
davvero partita con quell’idiota di uno yankee?»
Eh no, a
Terry
Kenyon continuava a non piacere Michael Connors, nonostante fosse
uscito con
loro un paio di volte, insieme ad Hammy naturalmente.
«eh
si!» annuì
Roxanne.
«parte
tre
settimane e staranno a casa dei genitori di lui. E per fortuna che
avevano
parlato di piccoli passi!» Jacqueline sollevò un
sopracciglio «di questo passo
tornerà da sposata».
«io
non credo,
Hammy è sempre Hammy e quello non sembra tipo da volersi
sposare» disse Jeager.
«a
pensarci bene
però non è poi chissà cosa. Non parlo
delle eventuali nozze, eh» specificò Crea
«parlo dell’andare a Washington insieme a lui e
conoscere i suoi. In fin dei
conti lui ed Emerald si conoscono da tredici anni, e Connors la
famiglia di
Hammy la conosce benissimo; tutto sommato si tratta di
un…andare a pari!»
«a
beh, anche
questo è vero».
«io
però sono
ancora perplesso» si intromise Meat «lei e Kevin
Mask avevano faticato
moltissimo per riuscire a mettersi insieme, non mi sembra ancora
possibile che
possano essersi lasciati. E che Emerald possa essersi messa con un
altro dopo
neanche una settimana».
«chiodo
scaccia
chiodo» disse Dik Dik con solennità «e
poi se si erano sbaciucchiati nel bosco
l’americano non doveva esserle indifferente già da
prima».
«è
una cotta
infantile, da quel che ha detto a noi» rivelò
Fiona «che adesso sembra essersi
concretizzata».
«si,
ma lasciare
Kevin proprio in questo periodo…» disse piano
Chichi «a me sinceramente è
dispiaciuto molto anche per lui, nonostante da quanto ho capito la
colpa della
rottura sia stata sua».
«le
ha fatto le
valigie e l’ha cacciata di casa senza motivo, vedi tu! Io
avrei sfondato la
porta e gliele avrei tirate in testa» Kirika finì
-con sommo dolore di Kid che
ululò come un lupo ferito- l’ultima lattina di
Cola «ha fatto benissimo a
piantarlo, mamma morta o non mamma morta».
«ma
lui come sta
adesso?» Kid aveva ancora i goccioloni di lacrime penzolanti
dagli occhi «ne
sapete niente?»
«a
detta di mamma
non bene».
«ma
se io l’ho
visto giusto ieri con una ragazza!» esclamò il
texano.
«…mora
con gli
occhi verdi?»
Terry
ammutolì. Cavoli,
era vero. «si».
«appunto.
Per i
primi tre mesi è stato chiuso in camera sua, poi a un certo
punto ha iniziato
ad andare in giro e portarsi a casa quattro o cinque ragazze diverse la
settimana, tutte more con gli occhi verdi».
«quello
a casa mia
non è un segno di ripresa. Piuttosto è un grido
di aiuto» mormorò Meat «e
quanto a Warsman…»
«sempre
a detta di
mamma cerca di stargli vicino ma alla fine non può fare
molto».
«già,
ma una cosa:
quindi Kevin adesso, sapendo di avere sua madre viva su
Nettuno, non è
ancora andato da lei?»
«non
che io
sappia».
«come
si fa ad
essere così presi da sé stessi da non andare a
cercare la propria madre che per
vent’anni ha creduto morta? Io rimango»
allibì Wally «se la mamma fosse la
mia…»
«si
beh…Kevin Mask
adesso è una persona che sta male. Non so se sia davvero
giusto dare giudizi su
quel che fa o non fa, perché non trovandoci in una
situazione come la sua non
possiamo sapere cosa faremmo noi al suo
posto» disse Fiona, zittendo
tutti quanti.
«o
beh…vedremo un
po’come si mettono le cose, no?»
Warsman
non era
tornato a vivere da Kevin. Il ragazzo non gliel’aveva
chiesto, lui non si era
offerto. Ed avevano perfino discusso, di recente.
“guarda
che stai
sbagliando”.
“perché?!
Sono single
e faccio quel che mi pare, non voglio più stare a struggermi
perché lasciato da
una stronza”.
“già,
peccato che
le ragazze che ti porti a casa siano tutte more con gli occhi verdi.
Come Emerald”.
“fatti
gli
affari tuoi”.
Kevin
aveva
cominciato a fare così appena saputo che Hammy aveva
iniziato una relazione con
l’americano. Una cosa estremamente seria, a quanto pareva.
“e
se non l’avessi
scoperto da solo probabilmente Emerald non l’avrebbe detto
nemmeno a me”.
Infatti
lo aveva
scoperto per caso un mese prima, vedendoli baciarsi su una panchina in
un
quartiere vicino a quello di Shibuya, nel quale lui si era recato per
andare a
fare spesa. Nel supermercato di quella zona c’era
un’offerta, e in tempi di
crisi era meglio approfittarne, no?
Aveva
telefonato
alla ragazza la sera stessa, chiedendole di incontrarsi, cosa che era
avvenuta tranquillamente
perché “Mikey non ha problemi se esco da sola o
con degli amici, ovviamente,
dato che non è uno schizzato paranoico”.
Flash non
poteva
dire di essersi sentito poi così bene alla notizia
nonostante in quel periodo,
per l’appunto, non avessero avuto problemi ad incontrarsi.
Il fatto
era che…lei,
con lui!
Proprio con lui!
L’americano
a
stringerla, baciarla, abbracciarla, farci l’amore…
“ne ho viste di
cose brutte in guerra ma questa le batte
tutte”.
Proprio
quel
bastardo.
“però
per noi non è
cambiato niente, visto. Anzi, abbiamo meno difficoltà ad
incontrarci di quante
ne avessimo prima”.
Eppure
sapere che
stavano insieme lo aveva…come dire? rattristato, irritato? E
anche altro, che
non avrebbe saputo definire.
Un conto
era che
stesse con Kevin o qualcun altro, chiunque altro, ma con
Connors…poi per
carità, quella puttanella poteva fare quel che le pareva,
però gli seccava. E parecchio.
Forse proprio perché Michael l’aveva torturato e,
tra l’altro, era tra quelli
che anni e anni prima gli avevano dato la caccia.
“e
poi checché
Kevin ne dica, sta male. Ma male veramente.
Considerava quella ragazza l’amore
della sua vita, non è qualcosa che si può
cancellare con un colpo di spugna”
pensò “e idem lei. Anche con Kevin era una cosa
seria, mi risulta difficile
credere che l’abbia dimenticato così di punto in
bianco. E non mi ha nemmeno
risposto quando le ho chiesto da quant’è che lei e
Connors stanno insieme!”
E adesso
erano
entrambi a Washington.
Per tre
settimane, a
Washington, dai genitori di LUI. Con la benedizione paterna,
per giunta.
Già,
Lancaster
doveva essere contento adesso che aveva ottenuto quel che probabilmente
aveva
sempre voluto, Kevin ed Emerald lontani e lei con suo uomo di fiducia.
E tutto
senza che lui muovesse realmente un dito, perché Kevin si
era rovinato
benissimo da solo. L’unica cosa buona era che anche tutti gli
altri soldati
erano finalmente andati via dal quartiere, già da tre mesi e
mezzo.
Pensare
che lui,
sciocco, aveva creduto che anche l’americano se ne fosse
andato e si era
perfino concesso un intimo “evviva”.
E invece
no. Aveva solo
cambiato posto.
In tutti
i sensi…
* l'isola in cui sono naufragati i nostri due capofamiglia, per la cronaca, è ispirata moltissimo al modello dell'isola numero tre in quel videogioco per ps2. Quindi ci si trova più o meno di tutto, alberi da frutto di ogni tipo, spezie, frumento, caffè, polli selvatici, perfino dei cinghiali.
Bam! Ed ecco un paio di altri piccoli colpi di scena, con Howard e Robin su un'isola deserta (decisamente avrebbero preferito un altro tipo di compagnia!) e Hammy&Michael-andiamoci-piano-Connors a Washington.
Più l'ingresso di Zeke (Zzik, si pronuncia così), ovviamente, del quale vi lascio un'immagine creata con questo gioco qui http://www.azaleasdolls.com/game_geekboy.html