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Autore: Blue Eich    30/03/2014    2 recensioni
Hello, friends! Mi chiamo Siena Kiku, ho tredici anni e due sogni nel cassetto.
La mia vita cambiò radicalmente quando papà decise d'iscrivermi all'accademia migliore di Ferrugipoli: la Formation Ability Academy. Non perché pensava al mio futuro, ma come punizione. Mi aspettavo un collegio – senza suore – dallo stile di vita meccanico e gli studenti seriosi, invece sbagliavo…
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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- Questa storia fa parte della serie 'Distance: doesn't matter'
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Distance: doesn't matter.

26. Animo da cavaliere

 

Mi ero ripresa bene dall'episodio dell'alfabeto. Quella sera Jeanne bussò alla mia stanza in veste di portavoce della Michaelis: «Tra due settimane sarai interrogata sull'alfabeto italiano, inglese, francese, russo, spagnolo, giapponese e coreano.»

Deglutii scioccata, mentre l'albina disponeva sulla mia scrivania sette schede di pronuncia con le ventotto o più lettere. Sotto allo spazio libero di quello italiano c'era la scritta: “Buon divertimento, cara!~” e la firma elegante di quel demone di professoressa. In quel momento non seppi se ridere o piangere e venne fuori un'unione delle due emozioni grazie alla quale salì la preoccupazione di Leila nei miei confronti.

 

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Ero seduta con fierezza alla tastiera dell'aula musica e suonavo a volume basso, sperando di non attirare l'attenzione quando mi sfuggiva una nota errata. Tra un brano e l'altro parlavo con Scarlett, ascoltando più o meno tutta la vita del suo cantante preferito. A gambe incrociate sulla moquette, invece, c'erano Leonard e Crystal con le loro chitarre. In piedi, Jeanne accordava il suo elegante violino, infastidita dal caos generale. Anche Elia, in fondo alla sala, non sembrava gradire che altri suoni molesti coprissero il suo flauto di Pan. Il resto della classe usava il flauto soprano, chiacchierando frivolamente.

Il pezzo che eseguimmo per ultimo, con la Merodi che usava una matita a mo' di bacchetta per scandire il tempo, fu l'allegretto di un film.

Finita la lezione della mia materia preferita, schiacciai il pulsantino rotondo per spegnere lo strumento non mio.

«Siena, hai un minuto?» mi chiese la prof dalla criniera indomabile, squadrandomi con attenzione, come se fossi un'adulta al suo pari.

Portai le braccia dietro la schiena, accennando a Shinx di correre in classe con Kira che l'aspettava poco più avanti e i miei compagni. «Certo, cosa c'è?»

«L'altro giorno girovagavo su internet, e ho trovato… La canzone che fa per voi

«Voi?» Alzai un sopracciglio, stranita. Quel voi poteva significare tante combinazioni. Io e Scarlett, io e Jeanne, io ed Elia, io e…

«Tu e Leonard» ammise la prof, guardandomi con un pizzico di divertimento attraverso gli occhiali da vista. «Ci vediamo giovedì alle prove per i dettagli!» E sia la porta che il pupazzetto dalla schiena maculata sulla sua borsa sbatterono.

Mi sedetti sullo sgabello del pianoforte. Il biondo non avrebbe accettato neanche se glielo avesse chiesto il preside con gentilezza. Dall'episodio alfabeto lo incrociai solo una volta nei corridoi: mi biascicò un impacciato «scusa…» e poi nient'altro.

 

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«Chi ne vuole un po'?»

Tutti accorsero alla cattedra, dove la Carter stava spezzando una barretta di cioccolato in cubetti di uguale dimensione. Al sabato era bello l'intervallo con lei perché parlava come una di noi e aveva la risata facile.

Francesco amava i dolci più di qualsiasi cosa, perciò si sporse dietro a Crystal e il Tepig di Anastasia che agitava la zampa.

Anche io e Naomy ci mettemmo in fila, finché sentimmo un dubbioso odore amarognolo nell'aria.

«È fondente?»

«Sì.» Sbuffò, delusa. «Odio il cioccolato fondente, mi sa di catrame… Non che io l'abbia mai assaggiato.»

Annuii comprensiva. «Idem.»

«Che schizzinose!» commentò Leonard, senza però acidità, piuttosto fu un'osservazione passeggera.

«Già.» Miky sgranocchiò la sua parte come se avesse i dentini di un Dedenne. «L'importante è che sia cioccolato!»

«Mi piace come ragioni!» esclamò l'altro, stringendole la mano in segno d'intesa.

La blu annuì con una smorfia mentre io scrollai le spalle.

 

Noi femmine passavamo circa dieci minuti negli spogliatoi. Rimiravamo le nuove scritte di bianchetto sui muri, chiacchieravamo del più e del meno scambiandoci fazzoletti, caramelle e deodoranti.

«Sei tutta bianca» osservai, stupita. Stavo facendo a mia cugina una mezza coda, che la donava un'aria più carina.

Quando ebbi finito appoggiai la gamba sulla panca e lei mi allacciò le stringhe delle sneakers di tela. «Non è niente.»

Sorrideva, ma i suoi movimenti erano un po' più fiacchi della norma. Chikorita la guardava con un musino dispiaciuto, aiutandola anche nei gesti più semplici come il mettere la felpa sull'appendiabiti. Miky era obbligata a fare un'assenza al mese, andando all'ospedale per misurare i globuli rossi nel sangue, carenti, ma a volte prendeva il problema alla leggera e saltava la visita.

Come sperato dalle nostre compagne, andammo all'aperto. Nel cielo azzurro le nuvole si mantenevano basse e striate. Delle strisce di scotch delimitavano gli angoli del campo. Un prato in salita si estendeva, conducendo a un pianerottolo con un ciliegio e una fossa di sabbia.

Mentre noi correvamo, ammassati due a due, i Pokémon erano liberi di giocare ad acchiapparello o nascondino nel campetto di sopra.

Gino ci chiamò a raccolta, quando gli sembrò di averci torturati scaldati abbastanza. «Bene, oggi introduciamo un esercizio nuovo.»

Ci mancavano solo le contorsioni o verticali, peccato per lui che io sarei stata avvantaggiata in tal caso, perché ero campionessa di ginnastica artistica.

Lo seguimmo fino a una quercia imponente situata a est del pianerottolo di svago, dove il ciliegio dava un senso di armonia. L'altezza di essa non aveva nulla da invidiare ai grattacieli di Austropoli. Da un ramo pendeva una corda intrecciata, con un anello di ferro all'inizio e uno alla fine. Ondeggiava ai comandi del vento, come galleggianti bicolore in mare aperto.

«Dovete arrampicarvi e poi tornare giù, avete presente dei Chimchar?» spiegò il professore. «Grande Kiku, vieni qua» ordinò poi, con un cenno del capo.

In un flash mi ricordai del pomeriggio passato con Micaela al Parco Divertimenti di Sciroccopoli, alcuni anni fa. Appena prima che la ruota panoramica decollasse era scesa di corsa, con una mano sulla bocca e l'altra sulla fronte. A fine giro l'avevo trovata sulla panchina, con un bicchiere d'acqua tra le dita. “Non ce la faccio, scusa” aveva detto, mortificata.

«N-No, prof, non me la sento…» sussurrò infatti, pallida pallida come un fantasma.

«Grande Kiku, se non fai l'esercizio ti metto uno.» Sorvolando il fatto che uno non era un voto concesso dal regolamento scolastico, nessuno ebbe il coraggio di difenderla.

«Prof, ma lei non…» Solo Federico avanzò di un passo con un palmo teso, poi lo ritrasse.

Miky, in shorts e maglietta bianchi, chiuse gli occhi. Strinse i denti e mise le mani l'una davanti all'altra, finché al posto della corda non sentì il freddo dell'anello a triangolo. Solo allora deglutì e aprì una palpebra, per poi richiuderla subito.

Tutti la fissavano dal basso, straniti dalla paralitica lentezza dei suoi movimenti.

Ma lei non trovò il coraggio di muoversi. Anzi, strinse di più le ginocchia alla corda tremolante e presto il suolo sottostante si bagnò delle sue lacrime silenziose.

«Ma ci è o ci fa?» sbraitò Federico. «Quella ragazza è anemica, ha le vertigini e lei la manda là sopra?!»

Non ricevette risposta, solo un silenzio di disagio.

Le mie compagne dicevano continuamente “poverina!” mentre i maschi, da bravi egoisti, si lamentavano che stessimo perdendo l'ora.

«Ehi, calma!» Federico prese il comando della situazione e spalancò le braccia, guardandola, rassicurante come non mai. «Salta, giuro sul sole che ti prenderò!»

Ecco, si era già scordato della stupida scenata di San Valentino. Secondo la sua affermazione il sole si sarebbe spento, se avesse mancato la presa. E Miky si sarebbe rotta tutte le ossa. Scambiai uno sguardo d'intesa con Shinx: questo non era per niente rassicurante.

«N-Non ce la faccio…!» rispose la ragazza, senza fare alcuna mossa. La corda oscillava come la bandiera d'istituto e avevo il terrore si spezzasse da un momento all'altro, anche se lei era più leggera del gambo di una margherita.

«Oh, andiamo! Ti fidi di me?»

La rosa sentì un rossore avvamparle nelle guance. Annuì lentamente, prendendo un respiro intenso. Poi lasciò alla gravità il potere di trascinarla giù, ritrovandosi entro poco avvolta dalle braccia accoglienti di Federico. Fece un sorrisetto spossato e l'ultima cosa che vide, prima che la vista le si annebbiasse, fu il volto del suo cavaliere.

La classe esplose in applausi di meraviglia, come quando un pompiere salva uno Skitty dal ramo di un albero o un cittadino insignificante soccorre una bambina durante un incendio.

Chikorita accorse e chinò la foglia verso Derry, umile, come a ringraziarlo di aver protetto la sua padroncina. Non era intervenuto apposta, per dargli una buona occasione di rimediare ai suoi errori.

 

 

 

Angolo Autrice
Hiya!
Ho cercato di rendere bene la scena Fede-Miky e ci ho fatto parecchi ritocchi.
Comunque specifico: Miky piangeva perché ha paura dell'altezza ed è svenuta perché negli ultimi tempi ha smesso di farsi controllare l'anemia :)
La proprietaria di Derry ora avrà il coltello sguainato contro di me per il troppo fluff. Beh, scusate l'assenza causa internet, vedrò di aggiornare di nuovo un po' più presto! Byeee
-H.H.-

 

   
 
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