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Autore: Kveykva    30/03/2014    3 recensioni
Eragon è nelle terre oltreconfine, Arya in Alagaesia quando arriva una notizia sconcertante: degli elfi hanno trovato un incantesimo in grado di risanare Vroengard dai suoi gas nocivi, e sarà presto pronta per allenare i nuovi cavalieri e i nuovi draghi. Quindi se Eragon tornerà in Alagaesia come sarà la sua vita con Arya? Cosa nascerà fra loro?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Fìrnen, Saphira | Coppie: Eragon/Arya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Svuota la mente. Svuotala-

Gli occhietti a mandorla di Faelis si socchiusero ancor più, per lo sforzo della concentrazione.

La piccola bocca era digrignata, e le mani delicate si torcevano l'una con l'altra continuamente.

-Non così. Non devi diventare nervoso.

-Ce la faccio.- disse a fatica l'elfo, come se provasse un enorme fatica ogni volta che pronunciava una parola.

-No, per oggi abbiamo finito. Va' a riposarti.

-Ci riesco!.- grugnì Faelis.

Eragon mantenne la calma, il viso sereno, quasi con assenza di espressione ma il suo tono non ammetteva repliche:

-Ho detto basta. Faelis se continui così sarà solo controproducente. Vedrai, col tempo ci riuscirai, ma ora sei stanco e sono convinto che quei lividi abbiano bisogno di un bel massaggio.

Concluse un po' più dolce, accennando ad un breve sorriso.

Il bambino borbottò qualcosa, s'inchino, e si incamminò verso il palazzo.

Eragon bevve un altro po' del suo infuso di menta, e attese.

Dopo un quarto d'ora, eccolo. Il sole, morente, stava per cadere dietro le montagne.

Il rosso che irradiava, tingeva tutto di sfumature cremisi.

Si alzò con calma, e si stiracchiò per bene.

Si era allenato tutto il giorno con Faelis, e dopo così tanto tempo ammise che era davvero fuori forma, ma per quanto fosse stato cauto aveva inflitto al bimbo più lividi di quanti volesse.

Quattro anni senza un combattimento vero, metterebbero fuori gioco chiunque.

Erano passate due settimane dall'arrivo dell'elfo.

Arrivato era crollato, svenuto sul suolo, appena aveva poggiato piede sul Maegisti.

Si era svegliato due giorni più tardi. Eragon lo capiva: persino lui aveva faticato ad arrivare, e si stupiva di come il piccolo avesse potuto sopportare un simile viaggio.

Anche Ere era arrivato sfinito, e Saphira l'aveva accudito tutto il giorno come un madre col proprio bambino, mentre Eragon curava le piccole ferite che si erano procurati nel viaggio.

Dopo che i due si erano svegliati, avevano mangiato, e si erano ristabiliti completamente Eragon e Saphira porsero loro alcune domande: se Faelis era già pratico di combattimenti con spada, o se combatteva con qualche arma in particolare, e, soprattutto, se sapeva schermare la propria mente.

Con sorpresa di Eragon, il bambino fece segno di no: la cosa stupì molto il Cavaliere, pensando che ogni bambino elfo dovesse saperlo fare, e pensando che a tutti venisse insegnato.

Trovava Faelis un ragazzino molto brillante, ostinato, e puntiglioso, ma nel complesso un ottimo cavaliere, tutto da formare certo, ma con buone capacità.

Quindi, aveva prestabilito che gli allenamenti sarebbero stati così: la mattina avrebbero studiato l'antica lingua nonostante Faelis ne fosse, ovviamente, già pratico, mentre dopo il pranzo, avrebbero combattuto e lavorato sulla mente.

Era ormai tardi, ed il sole era ormai scomparso. L'aria frizzante della notte premeva contro la pelle di Eragon, dandogli i brividi.

Si accinse a tornare verso Palazzo Elves, quando qualcosa lo distrasse. Si rigirò, coi riflessi pronti e scattanti, già con Brisingr sguainata a metà dal fodero: un piccolo oggetto stava arrivando lontano, ma Eragon non capiva ancora cosa fosse, nonostante la sua vista acuta.

Mano a mano che si avvicinava, Eragon la riconobbe ed ebbe un tuffo al cuore.

Lasciò cadere Brisingr al suolo, cosa che mai avrebbe fatto in circostanze normali, e cadde sulle ginocchia: la piccola nave di steli d'erba gli atterrò sul palmo aperto della sua mano.

Era sua, lo sentiva. Se la ricordava perfettamente: eccellente ed impeccabile in ogni suo dettaglio.

Era la barca che Arya aveva costruito quella notte. La notte di ritorno dai Varden, dall' Helgrind.

Attento a non disfarne neanche un pezzo,la osservò ancora più attentamente: poteva ancora vedere le lunghe e abili dita di Arya mentre la costruiva.

La tenne stretta a se' ancora per un istante, un instante pieno di ricordi, di quando tutto era perfetto o quasi, un ricordo dove almeno, accanto a lui, c'era lei.

Con un soffio, la lasciò andare. Fu come lasciare andare una parte di se'.

La piccola nave veleggiò per qualche altro minuto poi, si dissolse nell'orizzonte buio, ed Eragon ne riuscì più a scorgerla.

Dopo un minuto, il ragazzo era già arrivato a Palazzo Elves, dove Saphira lo attendeva nella loro grande ed immensa stanza.

-Stai bene piccolo mio?

Eragon le inviò le immagini di quanto accaduto qualche minuto prima.

Saphira non nascose una certa sorpresa, ma cercò di infondere nel loro legame mentale quanto più affetto provava, per consolarlo.

-Verrà il giorno in cui vi rincontrerete, non perdere mai la speranza.

L'Ammazzaspettri non replicò, ma nonostante fosse felicissimo della vicinanza con Saphira sentiva che una parte del suo cuore era lontana, lontana, nel verde della Du Wendelvarden.

Si cambiò e si accoccolò accanto alla dragonessa.

Ad un tratto sentì la blusa che aveva indosso diventare rovente. In fretta estrasse il piccolo oggetto bollente , e riconobbe la collana donatagli un tempo lontano, che aveva il potere di impedire a chi la indossasse, di venire divinato.

Chi lo stava divinando? Perchè?

Decise in un attimo: si tolse la collana e la gettò lontana. Chiunque lo stesse divinando, buono o malvagio che fosse, non avrebbe di certo tratto nessun vantaggio a vederlo accanto a Saphira, in un ignota terra.

Provò a ritoccare l'oggetto ma scoprì che era ridiventato di una temperatura normale.

Si tranquillizzò, e fece per schiacciare un pisolino quando venne interrotto, nuovamente.

Sentiva una coscienza premere sulla sua, in modo eccessivamente forte come se si trovasse a pochi metri da lui, eppure non c'era assolutamente nessuno.

Eppure lui la conosceva. Conosceva benissimo quella coscienza.

L'aveva percepita miliardi di volte, e attraverso essa aveva individuato lei.

Lei. Era Arya.

Lasciò un piccolo spiraglio, nella sua mente, sentì subito Arya entrarci.

-Abbiamo bisogno di te Eragon...

Era la sua voce, ma lontana, lontana,che svanì appena dopo aver pronunciato quella frase

-Cosa? Arya?! Perchè? Ma tuu..cosa...ma..

-Vieni da me Eragon, vieni da me..

Dopo le poche parole, la coscienza di Arya si ritirò da quella di Eragon e svanì in un nanosecondo.

Eragon era stupefatto, felice a dismisura, ma con un crescente senso di sospetto.

Arya non lo avrebbe mai distolto dal suo lavoro di maestro, per nessuna ragione. Eppure l'aveva fatto.

E sapeva che non poteva essere un imbroglio, perchè nessun mago, per quanto potente possa essere, può ricreare l'essenza di una coscienza non propria.

Saphira era sbalordita come lui.

Dopo tutti quegli anni...venirlo a cercare. Perchè?

Eragon ne era convinto: doveva tornare. E con lui ovviamente anche il piccolo Faelis.

Ma come avrebbe fatto ad allenare i nuovi Cavalieri? Sarebbe dovuto ritornare nelle terre oltre confine una seconda volta?

Il debolissimo equilibrio mentale creatosi col passare degli anni era appena stato piegato. E se fosse tornato in Alagaesia si sarebbe definitivamente spezzato.

Eppure lo sapeva: sapeva che quella era la cosa giusta da fare.

Non si consultò nemmeno con Saphira, perchè sentì che condivideva tutte le sue idee: chiamarono Faelis e gli spiegarono a grandi linee il progetto. Il ragazzino non nascose una certa sorpresa, ma aveva fiducia nei suoi maestri e acconsentì, andando a fare immediatamente le valigie.

-E' ora piccolo mio?

Passò un minuto, dopo la domanda delle dragonessa, un minuto di silenzio. Infine Eragon rispose:

-E' ora. 

 

  
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