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Autore: ailinon    06/07/2008    2 recensioni
Nel lontano rinascimento, un ragazzo con una grande e sola passione: la poesia e la lettura.
La sua vita a Firenze, lo condurrà a conoscere molti personaggi importanti.
Dalla sagace intelligenza di Pico, alla filosofia di Marsilio.
Dalla gioia di vivere di Giuliano de Medici, alla grandezza di Lorenzo il magnifico, suo fratello.
Fino alla superbia della famiglia de Pazzi.
Ma uno su tutti saprà cogliere l'essenza del suo animo...
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Capitolo 7 – LA FERITA

Capitolo 7 – LA FERITA

 

I due uomini camminarono l’uno accanto all’altro, in silenzio, lungo il chiostro della chiesa di san Lorenzo.

Era ormai sera, e una tremula luna brillava nel cielo sopra Firenze mentre rientravano alla biblioteca medicea.

Ad Angelo il padrone sembrava pensieroso. O forse nostalgico. Non avrebbe saputo decidere quale dei due.

Arrivati alla ripida scalinata che conduceva al primo piano dell’edificio, stava quasi per chiedergli cosa lo impensierisse, quando l’uomo si fermò, aggrappandosi al corrimano in pietra.

Il volto sudato e sofferente.

 «Signore! State male?!» domandò Angelo, afferrandolo per paura che cadesse.

«La gamba…» ansimò Goffredo a denti stretti.

Il quattordicenne si preoccupò.

Non l’aveva mai visto così sofferente.

Figuriamoci tanto da lamentarsi!

 «Aggrappatevi a me. Vi porto in camera»

E benché sembrasse assurdo, l’uomo gli obbedì.

Il quarantenne sembrava non riuscisse neanche a posare lievemente il proprio peso sulla gamba dolente.

Arrivarono alla camera, arrancandovi in qualche modo.

Angelo aveva il fiatone quando lo lasciò sul letto.

Goffredo ci arrancò sopra, tenendosi l’arto dolorante. Gemeva.

 «Signore! Cosa posso fare?!»

«Olio…Olio di iperico…»

«Iperico?»

«Nello studio… Nei cassetti… Serve per i massaggi…»

«Corro!» rispose il ragazzino, scivolando fuori e lanciandosi nello studio del padrone.

Aprì la cassettiera e frugò disordinatamente fino a trovare un flaconcino di vetro etichettato come olio di hiperycus.

Lo prese e tornò in camera.

«Eccolo signore! Co-Cosa devo fare?»

Il Belardi, che nel frattempo aveva sfilato la calzamaglia, si stava massaggiando la gamba.

«Angelo! Devi spalmare l’olio e poi premere dal basso verso l’alto, così…» gli mostrò, premendosi il polpaccio. Si morse le labbra.

Il servitore annuì, inginocchiandosi sul letto.

Aprì la bottiglietta e sussultò alla vista della lunga cicatrice che attraversava, in un taglio trasversale, l’intero polpaccio.

Era un taglio molto profondo, che evidenziava e rattrappiva l’intero muscolo.

Prese a spalmargli l’olio e manipolargli la gamba, tenendo per sé le sue domande.

 «Con più forza ragazzo!»

«Sissignore!»

Per un lungo momento i due rimasero in un silenzio cupo, interrotto solo da qualche sospiro di sollievo del quarantenne.

 «State meglio, signore?» domandò Angelo, con i muscoli delle braccia doloranti.

Notando la sua fronte increspata dalla preoccupazione, Goffredo gli scompigliò giocosamente i capelli: «Meglio. Non ti preoccupare. Ora passerà in un momento»

  «Vi… Capita spesso?»

«Quando cammino molto» e tentò di non dare a vedere che per molto intendeva quel breve tragitto, da palazzo Medici e ritorno.

 Angelo, inginocchiato davanti a lui, annuì lentamente. Poi scandì: «Signore… Ma come vi siete fatto un simile taglio?»

 Goffredo rise: «Ah! E’ il divertimento di un vecchio nemico»

«Come?!»

«Per non farmi più partecipare alle battaglie, pensò bene di tentare di tagliarmi i tendini. Per mia fortuna lo fermarono prima che ce la facesse con entrambi»

«Signore!» Angelo non riuscì a trattenersi e si aggrappò all’uomo, abbracciandolo: «Perché vi fece una cosa così tremenda?!»

«Forse… Perché io gli feci tagliare una mano, a quel traditore!» rise Goffredo, dandogli delle pacche sulla schiena per quietarlo.

Angelo si scostò, asciugandosi velocemente gli occhi. «Signore?! Ma eravate un soldato?»

«Pensavo ormai tu lo sapessi» ribatté l’altro.

«Io… L’avevo intuito ma… Non ne ero sicuro»

«Hai davanti il capitano di ventura Goffredo de Belardi, ex comandante delle truppe mercenarie dei Medici»

Il ragazzino lo guardò a bocca aperta. Allora era quello il motivo per cui l’uomo era così severo ed inflessibile!

“Far tagliare una mano al nemico… Doveva essere terribile!” pensò. Eppure riguardando quella brutta ferita, si rese conto del perché l’uomo non potesse più essere un soldato.

Abbassò il capo.

Malgrado il carattere inflessibile, voleva bene a quell’uomo che aveva badato a lui in tutto quel tempo.

Il quarantenne gli posò una mano sul capo: «Avrei proprio voglia di leggere qualcosa… Che ne dici

«Si. Andrò a prendervi il libro, signore! Che volete leggere?» scattò il fanciullo, mettendosi in piedi.

Goffredo si accomodò meglio sul letto: «Bah… Potrei anche osare ascoltare qualche d’una delle poesie che leggi sempre tu…» e lo guardò divertito.

Angelo titubò un secondo poi, la sua bocca si aprì in un sorriso luminoso: «Si, signore!» esclamò sparendo dietro la porta della camera.

***

Goffredo si grattò il mento, quasi a disagio.

Angelo si era addormentato praticamente addosso alla sua spalla, sdraiato nel suo letto. I capelli castani, abbandonati sul cuscino. La bocca socchiusa mentre respirava come un uccellino.

Lo guardò un secondo, poi distolse gli occhi.

Troppo tardi per mandarlo via.

Allungò una mano a cercare le pesanti coltri, e le tirò addosso ad entrambi.

Scosse il capo: “Ah vecchio, come ti sei ridotto! Ad obbedir ai sentimenti di un bambino... Altro che poderoso soldato!” gli venne da ridere, mentre chiudeva gli occhi, sistemandosi meglio nel letto.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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