Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hirriel    30/03/2014    7 recensioni
They say hope begins in the dark, but most just flail around in the blackness, searching for their destiny.
The darkness, for me, is where I shine.
(Richard B. Riddick)

Judal non si aspettava niente da quel viaggio nel sud d’occidente; Kougyoku si doveva sposare e lui la doveva accompagnare, punto. Non sarebbe dovuto succedere proprio nulla di anormale a parte gli occasionali bisticci e il fastidio arrecato dall’insopportabile caldo del territorio. Senonché gli rotolò davanti una piccola ragazzina con le guance paffute e gli occhi torbidi.
Il suo nome? Lilith.
E la quantità di problemi che portò fu indirettamente proporzionale alla sua altezza.
INTERROTTA
Genere: Dark, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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6. Lontana da casa lontana dal cuore

Halima era felicemente vecchia. Non rimpiangeva la sua vita da giovane, nonostante qualche volta le dispiacesse di non avere più l’euforia che vedeva  negli adolescenti o la forza che i ragazzi sapevano tirar fuori. Comunque, Halima era indubbiamente felice della sua vecchiaia, credeva di aver passato una vita tranquilla, niente di speciale, come voleva lei. I primi amori, la tristezza e le delusioni, erano tutte cose su cui era già passata e, nonostante non avesse un uomo con cui trascorrere la propria vecchiaia, non le importava. Perché aveva Lilith.
 
Lilith era l’esatto opposto di lei da giovane: energica, dinamica, forse anche un po’ negativa e scontrosa, ma era proprio quello che le piaceva della ragazza. Con lei era finalmente riuscita a costruire una se stessa severa e capace, che cercava sempre di rimediare ai guai combinati da quella ragazzina a cui si era tanto affezionata e che le sembrava tanto sola.
Si erano incontrate circa tre anni prima, Halima era andata in un'altra città perché stava per portare a termine l’ultimo grande affare della sua vita: aveva deciso di dare via casa sua e comprarsi un piccolo negozio, dove poteva vendere tutti i gingilli che le piaceva tanto collezionare fin da bambina; ma la casa la voleva un certo mercante che era sempre in viaggio, così era dovuta partire per concludere l’affare.
E nella città di Kashgan aveva incontrato una ragazzina di circa tredici anni, bassa e malnutrita, ma con uno sguardo che sarebbe stato capace di spaccare una montagna. Lilith in un primo momento le aveva detto di andarsene e l’aveva minacciata di derubarla e Halima le aveva risposto che non aveva niente con sé e che sarebbe stato inutile rubare a una vecchia. Si ricordava perfettamente l’occhiata sconcertata che la giovane le lanciò, fu grazie a quella che prese una decisione. Rimase più tempo del previsto in quella città, portando da mangiare a quella piccola dai capelli spinosi, fino a che anche Lilith si affezionò a lei; non sapeva bene perché lo avesse fatto, aveva semplicemente intuito che tra lei e la bambina si fosse creato una sorta di legame. Non lo aveva mai detto a Lilith –alla ragazza non piaceva molto parlarne- ma voleva credere che il destino le avesse fatte incontrare.
Poi, l’anno prima, a causa di tutti i disordini che stavano mettendo il mondo sottosopra, Halima l’aveva convinta a venire nel suo paese, così si sarebbero potute prendere cura l’una dell’altra. Lilith acconsentì e si trovò una baracchetta dove tenere i suoi pochi averi, trasferendosi definitivamente in quel paese.
 
Ma Halima sapeva che non sarebbe durato molto, l’animo della ragazza era libero e forte, ad un certo punto si sarebbe sicuramente annoiata di stare ferma in quel luogo.
 
Passò un anno prima che quel momento arrivasse, e quando Lilith le disse che voleva andarsene, lo fece in una maniera tanto tranquilla e semplice che Halima rinunciò a tutti i discorsi che aveva preparato per convincerla a rimanere. Si fece promettere solo una cosa: risolvimi questo puzzle e ti aiuterò ad andartene. Era un vecchio puzzle di legno con pezzi piccolissimi e tutti uguali, l’aveva trovato quando aveva più o meno l’età di Lilith e non era mai riuscita a risolverlo. Ma stranamente ci si era affezionata e prima di morire voleva vederlo compiuto.
 
Halima non si sarebbe mai aspettata che la sua piccola se ne sarebbe andata così d’improvviso, senza dire niente. Era semplicemente scomparsa ed era stato inutile cercare in tutte le viuzze dell’emporio, setacciare le mura della città, il boschetto, le case disabitate, la strada principale dove di giorno si tenevano i grandi commerci. Non c’era. Lei e il Magi avevano tentato dovunque, perfino nei posti più improbabili, dove magari Lilith andava a riposarsi o si nascondeva quand’era arrabbiata.
 
«Cazzo!» beh, ognuno esternava la propria preoccupazione come poteva. Quella del Magi, si palesava a suon di imprecazioni «È impossibile che sia semplicemente scomparsa, deve averla presa qualcuno!» erano tornati nella bottega. Halima pensava che il ragazzo se ne sarebbe andato appena lei fosse entrata nel suo negozio, ma con sua grande sorpresa lui l’aveva seguita e si era seduto al centro della stanza, continuando a proporre posti dove Lilith poteva essersi cacciata, a imprecare e occasionalmente massaggiarsi le tempie.
 
L’anziana signora strinse i pugni «Dovresti andartene.» disse, in tono freddo.
 
Il giovane si voltò verso di lei e alzò un sopracciglio «Cosa?»
 
«È quasi l’alba, se davvero vuoi continuare a cercare Lilith, è meglio riposarsi prima.» le parole le uscivano vuote e meccaniche, non sapeva neanche lei perché stesse dicendo quelle cose. In quel momento voleva semplicemente rimanere sola e poter sguazzare nel dolore. Lilith non doveva andarsene in quel modo. Probabilmente aveva ragione Judal, la ragazzina era stata presa da qualcuno e, se davvero era successo, sarebbe stato praticamente impossibile ritrovarla. Avevano cercato per tanto tempo, avevano perso tanto tempo, e chiunque l’avesse presa si era potuto nascondere in tutta tranquillità.
 
Judal la valutò per un lungo istante, poi si rimise in piedi, avvicinandosi lentamente «Ma non mi dire.» sussurrò, le labbra che si piegavano in un ghigno sardonico «Ti stai arrendendo? Sul serio? Oh, che mossa assolutamente imprevedibile da parte di una debole e inutile vecchia, davvero non me lo sarei mai aspettato!»
 
«Non sono stata io quella che l’ha lasciata sola in quel bosco.» sibilò Halima, con un tono di voce che non credeva di avere.
 
Il Magi sentì lo stomaco stringersi in una morsa spiacevole, ma non lo fece notare «Mi stai accusando? Scusa se ho pensato che se la sapesse cavare da sola.»
 
«Era ubriaca. L’hai fatta ubriacare e poi l’hai lasciata lì! Perché?!» la voce le tremò «Ora se n’è andata e probabilmente non tor-»
 
Judal la bloccò prima che potesse terminare, la strattonò per la maglia, avvicinandola al suo viso «Giuro che se ti metti a piangere ti ammazzo.»
 
«Vattene.» gli ordinò Halima, con un tono più fermo.
 
Lui ringhiò per la frustrazione, lasciandola andare e voltandosi verso l’uscita. Aprì la porta, ma si bloccò, indugiò per qualche istante,  poi si girò di nuovo verso la vecchia «Lei non è niente! -sibilò- Solo un altro stupido rukh, un'inutile anima come tutte le altre!» un piccolo angolo della sua mente si chiese se con quelle parole stesse cercando di convincere se stesso. Si chinò di nuovo verso la vecchia, gli occhi che assomigliavano due tizzoni ardenti per quanto era arrabbiato «Chiediti di chi è la colpa di tutto questo. A quanto pare era destino che  finisse così. Quello da incolpare qui non sono io se le cose sono state decise fin dall’inizio!» si sentiva uno stupido. Sembrava quasi che stesse cercando di scaricare la responsabilità su qualcun altro, come se il peso di quell’avvenimento fosse troppo pesante per le sue spalle. Non disse altro, anche se aveva molte cose che gli turbinavano in testa. Uscì con violenza dalla stanza, lasciando l’anziana signora in piedi, a fissare il punto dov’era scomparso, desiderando di non averle mai detto quelle cose.
 


«COSA AVETE FATTO?!» il risveglio di Lilith non fu dei migliori. L’urlo furioso e preoccupato di un ragazzo fu la prima cosa che sentì e che la fece praticamente balzare fuori dal letto. La seconda cosa che avvertì fu un grande mal di testa, che le provocò un forte capogiro e le appannò lo sguardo, costringendola a stendersi di nuovo.
 
La ragazza gemette e si massaggiò le tempie, cercando di riordinare i pensieri. La prima cosa che notò fu il letto: aveva le lenzuola e le coperte finemente decorate, pregne di aromi di cui non sapeva dire la provenienza, sembravano essere state appena pulite, non si ricordava neanche l’ultima volta che aveva toccato qualcosa di così morbido. Inoltre era rialzato da terra, incastrato su una struttura di legno (capito? Come quelli che si vedono nei negozi più importanti ma che nessun povero si potrebbe mai sognare, lei era già tanto se possedeva un materasso da stendere al suolo!) e aveva un cuscino così morbido che ci si poteva sprofondare il viso. Quando il martellino alla testa si attenuò, cominciò a guardarsi intorno, ancora troppo confusa per poter essere impaurita o preoccupata.
Non era una stanza molto grande, c’era semplicemente il letto, un piccolo comodino con una lampada ad olio e un mobiletto attaccato alla parete, intarsiato di arabeschi blu e oro. Anche le pareti erano decorate, i colori si riflettevano opachi nella penombra della stanza.
 
Fu in quel momento che Lilith cominciò a spaventarsi.
 
Quella non era una stanza che si trovava nelle abitazioni comuni, doveva essere di qualche ricco o benestante e tutto ciò era molto sbagliato. Che diavolo ci faceva lei lì?
 
Sentì delle voci che parlavano concitate dietro la porta, una sembrava molto arrabbiata. La ragazza non ci stette a pensar su, brandì la lampada ad olio come un’arma e si avvicinò di soppiatto alla porta cercando di origliare la conversazione, ma era evidente che se ne fosse persa un pezzo.
 
«Pensavate male!» non si era sbagliata, era la voce di un ragazzo e sembrava star parlando con un altro paio di persone.
 
«Non si arrabbi! Stava lì, in mezzo al bosco e lo sembrava davvero, pensavamo di farle un fav-»
 
«Ah sì? Bene, ora andiamo a spiegarle come stanno le cose, immaginatevi quando si sveglierà…»
 
Ah beh, stavano parlando di lei probabilmente. Il punto era che non le interessava, voleva semplicemente uscire da quel posto e tornare da Halima. Forse quelle persone erano pericolose, cosa volevano farle?
 
Fu così, che appena la porta si aprì non ci pensò molto a sbattere la lampada in testa alla prima persona che le si parò davanti. Sentì solo un gemito sorpreso e poi un grassone si accasciò al suolo, svenuto. Si lanciò verso le altre due figure, diede una gomitata nella pancia al ragazzo e schiacciò forte il piede a un servitore, poi scattò verso il primo corridoio che vide, ignorando il vociare dietro di lei. Non si diede neanche la pena di chiedersi dove stava andando o se quella era l’uscita. Prima di tutto doveva seminare i tre tizi, poi avrebbe pensato a una via di fuga.
 
Ma per un momento ebbe un altro capogiro, la testa pulsava ancora di dolore. E forse fu quel momento di esitazione, di incertezza, che permise a due enormi mani di afferrarla. Si divincolò, tirò calci e pugni, ma inutilmente. Alla fine l’imponente figura, stanca delle sue urla, la sollevò da terra lasciandola a penzoloni come un gattino preso per la collottola.
 
«Mettimi subito g-» Lilith si bloccò non appena vide chi l’aveva presa.
 
Non seppe bene come definirla. Era un… una… signora? No, signorina… forse era meglio definirla un uomo. Cioè, sembrava essere una donna, era truccata, indossava vestiti succinti e una collana molto femminile. Quindi doveva essere una ragazza, no?
Allora cosa ci facevano tutti quei muscoli? Perché era alta più di tre metri? Quel viso era indubbiamente mascolino, il naso e il mento erano sproporzionati. Due piccoli occhi la scrutavano, ma non si poteva capire che cosa stesse pensando, non aveva le sopracciglia il che rendeva tutte le sue espressioni praticamente uguali.
 
Non seppe se mettersi a strillare o scoppiare a ridere.
 
«La prego di non creare confusione.» parlò con una voce dolce e gentile, senza sbattere le palpebre o muovere i muscoli facciali «Siamo in un palazzo e ha appena trattato male il padrone, non è educato.» … okay, forse avrebbe riso.
 
«Ah, Elizabeth!» il ragazzo a cui Lilith aveva dato una gomitata corse verso di loro «Meno male l’hai ripresa.» era giovane, forse della sua stessa età, le rivolse un sorriso gentile «Ti abbiamo spaventata? Scusami, c’è stato uno sbaglio, se ti calm-»
 
«Non dirmi di stare calma, biondino!» lo interruppe Lilith «Anzi liberatemi subito, dove mi trovo?! E tu... ehm… Elizabeth, levami le mani di dosso!»
 
«Okay, okay.» sospirò il ragazzo «Ti spiegheremo tutto, basta che non cerchi di scappare, Elizabeth, lasciala.»
 
L’uomo-donna lasciò Lilith, che si massaggiò le spalle e lanciò uno sguardo d’odio al giovane
 
«Allora?» chiese in tono scorbutico.
 
«Vieni nell’altra stanza, sarai affamata, abbiamo tanto cibo qui.» di nuovo, il biondo le sorrise e si grattò la nuca. Lilith notò che aveva uno strano ciuffo di capelli che gli si alzava sulla fronte, sembrando quasi un corno «Io mi chiamo Alibaba e tu?»
 


«Judal!» una fastidiosa voce lo ridestò dal suo sonno agitato «Judal, devi alzarti, fra qualche ora sarà sera e tu hai passato tutto il giorno qui dentro!» il Magi pensò che quella era la volta buona che ammazzava Kougyoku, ci poteva essere una ragazza più petulante di lei?
 
La principessa, dal canto suo, non sapeva più che fare con il giovane, la sera prima si era comportato come al solito, dispettoso e fastidioso come sempre. E allora perché da quando era tornato, all’alba, si era rinchiuso nella sua stanza? All’inizio aveva pensato che volesse semplicemente riposarsi, ma ormai erano passate tante ore e il Magi non si era alzato dal letto.
 
Una massa si mosse da sotto le coperte e spuntò il viso del ragazzo, i capelli completamente scompigliati, più pallido del solito. La guardò con astio «Vecchia befana, cosa non ti è chiaro della frase “non rompetemi le scatole?”»
 
«Ma Judal, ormai è davvero tardi, non hai neanche voluto mangiare!» gli porse una pesca, ma lui ficcò la testa sotto il cuscino con un grugnito. «Non starai male?» insistette lei, ricevendo un “no” soffocato come risposta.
 
La principessa sospirò. Quando era più piccolo, Judal veniva spesso sgridato dall’imperatore o da Kouen, perché combinava qualche casino a palazzo e in quelle occasioni il Magi metteva il broncio e si rintanava sopra un albero a fissare il cielo o andava a dar fastidio ai tizi di Al-Sarmen che dovevano badare a lui. Ma non era mai capitato che si rintanasse in una camera buia e si rifiutasse di mangiare.
 
Sollevò il cuscino per guardarlo in faccia, ma lui voltò il viso dall’altra parte «È per quella Lilith?» chiese incerta la ragazza.
 
Con uno scatto, Judal si tirò su e le lanciò uno sguardo tra l’infuriato e l’esasperato «Cazzo Kougyoku!» le urlò in faccia «Ma quanto puoi essere stupida? Perché non vai a farti le seghe mentali su quel re che dovrai sposare e mi lasci in pace, eh?! La tua vita è così noiosa che devi per forza andare a impicciarti in quella degli altri, ecco perché sei tanto sola. Non voglio parlare con te. Non voglio averti attorno. Sai cosa voglio? Che tu esca di qui, subito!!!» si coprì di nuovo con le coperte. Forse non avrebbe dovuto prendersela con lei, ma era davvero stanco e arrabbiato. Se la vecchia befana era così stupida da non capire quando era il momento di smetterla, gliel’avrebbe insegnato lui. Così non si sentì in colpa quando udì la porta sbattere e dei forti singhiozzi che cercavano di essere nascosti.
 
Cercò di assopirsi di nuovo, ma non ci riuscì. Detestava Lilith e detestava il fatto che dovesse sentirsi male perché era scomparsa. Succedeva spesso che le persone se ne andassero e non si trovassero più. Non era colpa sua se quella stupida era introvabile, lui aveva addirittura passato una notte insonne a cercarla, che voleva di più?
 
Sbuffando, tirò fuori la piccola tavoletta di legno e il sacchettino contenente i piccoli tasselli del puzzle che appartenevano alla ragazza. Non aveva voluto ridarli alla vecchia, era stata una sorta di silenziosa ripicca per quello che gli aveva detto, e poi voleva tenersi qualcosa della piccola.
Li fissò, chiedendosi come mai Lilith se li portasse sempre appresso, non erano niente di speciale.
 
Sentì dei colpi alla porta e una voce calma e monotona che parlava «Sacerdote, posso?»
 
Judal si sbrigò a nascondere il puzzle e a stendersi di nuovo «Entra.» disse.
 
Entrò un uomo di Al-Sarmen, l’andatura calma e calcolata erano inconfondibili, Judal non dovette neanche voltarsi a guardarlo «Sacerdote, volevo solo avvisarla che tra pochi giorni ripartiremo. Ci vorranno ancora un po’ di mesi prima che il matrimonio della principessa avvenga, d’altronde Marukkio sta ancora contrattando con Balbadd affinché il paese abbia migliori rapporti con Kou, quin-»
 
«Potevi semplicemente dirmi che tra un po’ ce ne andiamo.» lo interruppe Judal. Non si ricordava nemmeno chi fosse Marukkio, quelli dell’organizzazione erano tutti così dannatamente uguali «Dato che non vi siete neanche presi la briga di spiegarmi come mai io sono qui anziché a Kou, potete anche non dirmi quanto tempo ci vorrà, non mi importa.» le ultime parole suonarono come un congedo, ma l’uomo con il velo non se ne andò.
 
Restò un po’ in silenzio, forse a valutare il giovane «Magi, ho visto la principessa uscire in lacrime, è successo qualcosa?»
 
Judal si girò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo «Sei ancora qui?»
 
«Allora, con permesso.» disse l’uomo e, senza scomporsi, uscì dalla stanza.
 
Piombò di nuovo il silenzio e il Magi fissò il soffitto con uno sguardo vuoto «Tra poco ce ne andiamo, piccola.» sussurrò «Se non ti sbrighi a tornare, non posso neanche salutarti…» chiuse gli occhi e stranamente riuscì ad addormentarsi, una parte della sua mente sospettò che il tizio con il velo gli avesse fatto qualcosa, ma non se ne curò più di tanto, se gli serviva a dormire e staccarsi un attimo da tutti i pensieri che gli turbinavano in testa, perché no?
 
 Sprofondò in un sonno senza incubi.
 


Le avevano dovuto portare dell’acqua. Dell’acqua con il ghiaccio. Perché fin dalla prima cosa che Alibaba le aveva detto, Lilith si era sentita svenire.

Non si trovava semplicemente nella casa di un ricco signore (e inoltre, il ricco signore era proprio quello sciocco e tonto biondo che la stava trattando tanto bene). Si trovava proprio in un'altra città, Qishan, per la precisione. Proprio quella dove pochi giorni prima Judal era andato per via di quel “dungeon”.

Era tutto capitato per via di Budel, un mercante di vino, il grassone che Lilith aveva steso poco prima con la lampada. La sera avanti, aveva venduto qualche botte di vino a dei mercanti di un’altra città e lui e la sua carovana si stavano accingendo a tornare a Qishan, quando avevano dovuto deviare per un contrattempo, qualche creatura del deserto li aveva attaccati. Così, erano dovuti passare per il bosco alla periferia del paesetto di Lilith e lì avevano incontrato proprio la ragazza. Sporca com’era, avevano detto, gli era sembrata una schiava, avevano creduto che fosse scappata dal suo padrone e si fosse appisolata nel bosco. Così, a quel geniaccio era venuta la brillante idea di prenderla e portarla in dono al “nobile Alibaba”, come regalo di congratulazioni poiché era diventato il nuovo capo di Qishan, avendo conquistato il dungeon.
 
«TU ORA MI SPIEGHI COME TI È VENUTO IN MENTEEEEE!» Lilith mandò in frantumi il quarto bicchiere che le avevano dato «Ti sembro una schiava?! Ti sembro avere le catene alle caviglie? Ti sembro sporca e mal nutrita… no, okay, quello lo sono. MA NON HA SENSO!» diede un calcio alla brocca contenente l’acqua, inutile dire che anche quella andò in mille pezzi.
 
Budel era stato costretto a uscire, dato che la piccola aveva tentato di frantumargli il cranio in vari modi. Alibaba era rimasto e stava cercando di calmarla «Hai ragione! E poi io non voglio degli schiavi è stato Budel che...»
 
«Ti sembro una a cui importa?!?!!» gli urlò lei «Voglio semplicemente tornare al paese, perché di sicuro la vecchia mi sta cercando e sono in un mare di guai!»
 
«….» Alibaba impallidì «Ecco… a questo proposito…» balbettò qualcosa a bassa voce.
 
«Sei anche incapace di parlare ora?! Cosa? Che succede?» Lilith gli lanciò uno sguardo minaccioso, quindi il ragazzo si fece forza e le rispose tutto d’un fiato «Devi rimandare la tua partenza.» si coprì la testa, aspettando che gli arrivasse qualcos’altro addosso, ma non successe niente, quell’uragano di ragazza era rimasta immobile a fissarlo «Eh?»
 
«…Volevo che ti riaccompagnassero degli uomini che conosco,» si affrettò a spiegare «come un regalo di scuse. Non voglio lasciarti viaggiare su una carovana sconosciuta, questa città è abbastanza famosa per il mercato di schiavi (anche se il capo di prima è morto) e per ogni mercante qualche persona povera e indifesa è una buona fonte di ricchezza, non vorrei che ti trovassi nei guai per causa mia… il problema è che ormai è sera e non ci sono carovane che partono a quest’ora. In più il tuo paesetto, a quanto ho capito, si trova in un punto difficile da raggiungere e i carri che ci passano vicino sono pochi, quindi forse per trovarne uno dovrai aspettare un paio di giorni.» le rivolse uno sguardo colpevole «Ma puoi stare qui finché non c-» gli arrivò un cuscino in faccia.
 
«Non hai capito, allora! Io devo tornare ora altrimenti Halima penserà che sia morta e potrebbe preoccuparsi e poi… poi…» Lilith non trovava le parole, dopo una sfuriata del genere sentiva piombarle addosso una stanchezza pesantissima e la testa non aveva smesso un attimo di farle male. Con un gemito, si sedette su un divano vellutato e si massaggiò le tempie.
 
Il biondo sospirò e le si sedette accanto «Mi dispiace davvero tanto, ma non ti lascerò andare con un carro qualsiasi. Aspetta due giorni, se non troviamo nessuno, ti ci riaccompagno io, okay?» cercò di metterle una mano sulla spalla, ma lei si scansò «Non capisci.»
 
Le sorrise «Ah, invece credo di sì!»
 
La ragazza lo squadrò con uno sguardo sospettoso  e lui le spiegò «Anche se sono in un’altra posizione. Io sto aspettando qualcuno che è scomparso.»
 
Lilith alzò le sopracciglia, interessata «In che senso?»
 
«Sai, c’è questo mio amico che mi ha promesso che andremo a vedere il mondo insieme. Il problema è che è se n’è andato e non lo trovo più. È come se fosse sparito nel nulla... ma… ma io sono sicuro che tornerà.» strinse un pugno e il suo sguardo si fece più convinto «Lo sto aspettando e quando ci rivedremo, potremo viaggiare e fare tutto ciò che vogliamo.»
 
«Ah…»
 
«Quindi, non stare giù, sono certo che le persone che ti vogliono bene ti stiano semplicemente aspettando e quando tornerai, tutto si riaggiusterà.»
 
«Sei strano.» Lilith mandò in frantumi tutta l’atmosfera che le parole di Alibaba avevano creato.
 
«Come? E io che credevo di star dicendo qualcosa di figo.» borbottò il biondo, abbassando la testa.
 
«Non so dire se sei stupido o semplicemente ingenuo.» annuì convinta, facendo quasi cadere Alibaba dal divano «Insomma, sei troppo positivo, prima o poi finirai per rimanere deluso, non tutto va così bene.» si alzò e andò verso la finestra, osservando la città in cui era stata tanto tempo prima. Notò che davvero non c’era più l’enorme colonna che dominava su tutto, la cui cima arrivava fino alle nuvole e si confondeva con il cielo, era stato Judal a farla scomparire? «Potrebbe succede qualsiasi cosa -continuò- magari per una ragione o per l’altra non incontrerai più quelle persone, magari moriranno prima che tu le possa rivedere, ci sono tantissime possibilità che-» si girò verso il biondo, ma si bloccò. Alibaba aveva praticamente le lacrime agli occhi, sembrava che si stesse per sgonfiare da un momento all’altro e che diventasse una carcassa senza vita.
 
«M-m-ma forse non è il tuo caso!» perché si sentiva in dovere di rassicurarlo?
 
Il ragazzo alzò lo sguardo «Ah sì?» disse, con voce piatta e depressa.
 
«Beh, magari, sperando che questo tuo amico non sia stato sbranato dalle belve o ucciso dai briganti o si sia arreso per la fame, potr-» in tutto il palazzo sentì un gemito pieno di disperazione.
 


“Come sono arrivata a questo punto?” era la centesima volta che Lilith se lo chiedeva ed era il centesimo fazzoletto che passava ad Alibaba.
 
«Tu non capisci!» urlò il ragazzo, versandosi il centesimo bicchiere di vino e asciugandosi le lacrime nel fazzoletto «Aladinn non è una persona qualunque, lui non può essersene semplicemente andato!» la prese per le spalle e cominciò a scuoterla, continuando a ripetere “non può non può non può” come una litania.
 
“Ripeto: come diavolo sono arrivata a questo punto!!” si era perfino sforzata di essere gentile, aveva perfino sorriso tentando di calmarlo, ma ogni volta che apriva la bocca sembrava far peggio e ormai era un’ora che Alibaba l’aveva presa e usata come ‘spalla su cui piangere’.
 
«Da quanto è che ti tieni dentro tutte queste… ehm, lacrime?» gli domando, cercando di farlo smettere di singhiozzare.
 
«Troppo tempo!» il biondo alzò il bicchiere al cielo e lo guardò con aria grave «Ora neanche la compagnia delle ragazze mi tira su di morale!»
 
«Oh, ti prego, non voglio saperlo!» urlò Lilith, cominciando a divertirsi per le mosse esagerate di quel tizio «Alla fine tutti voi maschi ragionate con una cosa sola e non è la testa.» sbuffò, ricordandosi le stupide battutine di un certo qualcuno.
 
«Perché, quanti ragazzi conosci?» chiese lui.
 
«Senza contare te, uno solo!» affermò la bruna «E data l’esperienza, non ci tengo a conoscerne altri.»
 
«Non sei un po’ prevenuta?» osservò Alibaba, con un leggero singhiozzo.
 
«Assolutamente no, se sapessi cosa mi ha fatto! Mi rende una vita un inferno, si diverte a darmi fastidio, credo sia stato lui a lasciarmi addormentata in quel bosco, un’altra volta mi ha pure presa in giro perché sono bassa.»
 
«Eeeh, che cattivo, magari gli piaci.»
 
Lilith lo fissò come se gli fossero spuntate le orecchie e avesse cominciato a dire “miao” «Nah, impossibile.»
 
«Perché no? Ci sono ragazzi che si comportano così.» ribatté lui, stendendosi per terra e osservando con sguardo vacuo il soffitto. Fece per afferrare di nuovo la bottiglia con il vino ma Lilith gliela sfilò dalle mani «Tu non bevi più, fidati, ho fatto l’esperienza ed è orribile.»
 
«Ridammela!» Alibaba tentò di afferrarla, ma lei lo tenne fermo mettendogli un piede in faccia
 
«E perché si comporterebbe così se gli piaccio? Non dovrebbe essere carino e gentile?»
 
«Ci sono alcuni che sanno esternarlo solo in quel modo.» borbottò lui, prendendola per il piede e facendole perdere l’equilibrio «Ma ti ha mai fatto cose davvero cattive? Non ha mai cercato di aiutarti in qualche modo?»
 
Lilith si bloccò, pensando a quando si era interessato a come avrebbe fatto a sconfiggere quei ladri o due giorni prima, quand’era caduta dall’albero... Era così distratta che Alibaba riuscì a rubarle la bottiglia e, con un sorriso vittorioso, stava per berne un sorso. Ma inciampò rovinosamente sulle sue stesse gambe, cadendo all’indietro si aggrappò a una tenda che si staccò e andò a finire contro un alto mobile che si sbilanciò e ruppe il vetro di una finestra.  E volò giù. Il risultato fu una serie di scrash sempre più forti, poi imprecazioni e urli.
 


Per fortuna, i danni non erano stati tanto gravi, Alibaba si era precipitato a controllare ma tutto sembrava essere in ordine, a parte una vecchietta che si era presa un mezzo infarto, ma sarebbe sopravvissuta
 
Lilith rise come poche volte nella sua vita. A vedere quello strano ragazzo correre avanti e indietro cercando di rimediare al grande caos che avevano provocato, le era salito uno strano e genuino divertimento. L’aveva aiutato a raccogliere ciò che rimaneva del mobile e poi era andata a letto, sentendosi stranamente più leggera e contenta. Cosa che capitava poco spesso nella sua vita, quindi perché non approfittarne?
 
Pensò che era sciocco e inutile preoccuparsi di Halima, in qualche modo avrebbe risolto e poi, volente o nolente, doveva restare lì, e decidere se logorarsi al pensiero di come stava la vecchia, o di guardare tutto da un altro punto di vista.
 
Perché, diciamocelo, quando ti ricapita che un giovane ricco e gentile (Lilith avrebbe usato più volentieri l’aggettivo cretino, ma quel giorno di sentiva stranamente più educata) ti ospitasse in casa sua e ti dicesse che l’unica cosa che non dovevi fare era lasciare la suddetta casa?
 
Mai.
 
Almeno, fino a quel momento.
 
“Andare a dormire” non equivaleva propriamente al riassunto di come erano andare le cose. Diciamo che la ragazza passò una buona mezz’ora a saltare sul letto, cercando di assumere le posizioni più strane che le venivano in mente, a fare capriole e a lanciare in aria il cuscino.
Sapeva anche lei che vista da fuori poteva sembrare un pazza isterica, quelle cose le facevano i bambini, non le sedicenni. Ma se una sedicenne per tutta la sua vita non aveva incontrato letto più bello, comodo e morbido di quello, Lilith giunse alla conclusione che potesse permettersi certi lussi. E poi non la stava vedendo nessuno, dov’era il problema?
Dopo un po’ di tempo sentì le membra abbastanza indolenzite da potersi ritenere soddisfatta delle sue performance acrobatiche e cominciò ad esplorare la stanza. Non che ci fosse molto da vedere, ma euforica com’era non riusciva a stare ferma.
 
Notò una piccola finestrella e riuscì a raggiungerla servendosi del cassettone attaccato alla parete. Ci si arrampicò su e si accovacciò sul davanzale; grazie alla sua bassa statura, ci stava perfettamente.
Il panorama non era niente di ché, non si affacciava sulla città ma sul deserto, quindi era praticamente impossibile vedere qualsiasi cosa, però la luna era bella e di tanto in tanto una lieve brezza arrivava a scompigliarle i capelli, stava bene.
 
Sospirò profondamente, cominciando a rilassarsi. Pensò a Judal. Chissà cosa stava facendo, sapeva che Lilith non era più dove doveva essere? Era preoccupato? Sollevato? Indifferente? La bruna avrebbe pagato oro per saperlo, ma non possedeva né oro né una sfera di cristallo, quindi si sarebbe dovuta limitare a congetture. Ci provò, ma le uniche immagini che le vennero in mente furono lui in quel boschetto o tra le strade della città. Con lei. Non riusciva ad immaginarselo diversamente, non riusciva a capire cosa facesse quando non era in sua compagnia, in fondo, di lui sapeva solamente che era molto potente e cattivo.
Potente… di cosa? Di magia? Quella cosa che gli permetteva di volare e di far apparire bicchieri colmi d’alcool dal nulla? O il suo era un potere più materiale, fatto di servi, soldi e virtù? Credeva fossero entrambi. E questo andava anche bene, lo riusciva a percepire perfino lei: Judal era quasi un’anomalia, qualcosa di così pericoloso che anche le ombre intorno a lui sembravano piegarsi al suo passaggio.
Eppure il secondo termine che veniva accostato al suo nome, cattivo, non ce lo vedeva bene. Forse era semplicemente perché non l’aveva mai visto combattere o uccidere; forse perché non era mai stato veramente cattivo con lei, come diceva Alibaba. Stronzo, certo. Irritante, pure. Ma la ragazza credeva di conoscere e saper distinguere la cattiveria da qualcos’altro. Cosa fosse quel qualcos’altro, poi, era un’altra storia.
 
Voleva sapere cosa passasse per la mente del Magi, voleva capire cosa provasse quando stava in sua compagnia, perché lei, era indubbiamente interessata a lui.
 
Bloccò il corso dei suoi pensieri, quasi sorpresa al punto in cui erano arrivati «Io… sono attratta da lui?» lo disse con un tono pensieroso, quasi indifferente. E concluse che sì, nonostante se lo fosse negata, lei era indubbiamente calamitata da quel tizio con i capelli lunghi e il ghigno prepotente.
 
«Magari gli piaci.»
 
Le parole di Alibaba risuonarono nella sua mente. In fondo poteva anche essere così, il biondo non aveva specificato in che modo lei gli potesse piacere, se in senso carnale, caratteriale o altro. Se lo si guardava oggettivamente non c’era nulla di male, era un ragazzo, poteva provare un interesse verso di lei e poteva non essere mera curiosità. E anche se fosse stata solo quella non cambiavano le cose, lui le stava attorno perché voleva e lei, tutto sommato, glielo permetteva.
 
Questo fu il monologo della parte oggettiva di Lilith.
 
L’altra parte si limitò a sbraitare, arrossire, negare completamente ogni cosa e a saltellare infuriata nella sua testa, alla ricerca di un po’ di attenzioni.

«Aaaah! Non sono brava in queste cose!!» frustrata, saltò giù dal davanzale rimediandosi una storta.
 
Zoppicando e imprecando, si diresse verso il bagno. Quando entrò, dimenticò per un po'’ tutte le sue preoccupazioni, perché quello non era un bagno, era una reggia. C’era perfino la vasca da bagno e la ragazza non ne aveva mai toccata una. Girò una manopola e miracolosamente uscì dell’acqua calda.
 
«Caspita.» sussurrò sognante. Ma poi convenne con se stessa che non era una buona idea farsi il bagno a notte fonda, avrebbe potuto farselo con tranquillità il giorno dopo, alla luce del sole, e magari Alibaba le avrebbe spiegato cos’erano tutti quei tubetti con delle strane scritte che, dato che non sapeva leggere, non riusciva a decifrare.
 
Con un sospiro, tornò nella camera e si ficcò sotto le coperte, sentendosi improvvisamente tremendamente stanca.
 
«Cosa sto facendo?» si chiese, schiacciando la testa contro il morbido cuscino. Pensò ad Halima e a Judal, e si chiese quando li avrebbe rivisti. Il Magi era un problema, doveva riuscire a districarsi da quel complicato groviglio di sentimenti in cui si era incastrata, perché tutto quel rimuginare non era assolutamente da lei. Lei agiva e basta. E doveva tornare a farlo, mettendo le cose in chiaro con il moro. Gli avrebbe detto di andarsene e di smetterla di romperle le scatole, di trovarsi un nuovo hobby, di prendersi un animale da compagnia, quello che voleva. Ma di lasciarla stare.
 
Oppure poteva semplicemente sbraitargli contro qualche insulto e continuare a incontralo.

Non ne aveva idea. Ma non l’avrebbe deciso quella sera.



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Bene. Come sempre  le cose che mi ronzano in testa sono le stesse. Per favore, mettete tutto ciò che avete pensato e avete provato mentre leggevate (dal "hei, questa parte è bellissima" al "era meglio se si ingoiava il computer invece di scrivere una boiata simile") lo sapete, mi fa sempre piacere leggervi, qualsiasi cosa scriviate, perché vuol dire che avete speso un po' di tempo per la mia storia.

Alibaba non ho mai saputo come prenderlo, insomma, nel manga è abbastanza diverso che da quello dell'anime e dato che senza ombra di dubbio seguirò il manga, mi è venuto difficile da rendere, dato che nella mia testolina c'è un miscuglio di Alibaba-forma-animata e Alibaba-forma-cartacea. Perdonatemi se sono uscita fuori personaggio.

Vi lascio postando una cosa che mi ha reso davvero felice oltre l'immaginabile: un disegno di annalisa97_1D, a cui dico mille e una volta grazie, è davvero fantastico, stupendo e meraviglioso. Insomma, spero di aver reso l'idea.
Una cosa del genere non me la sarei davvero aspettata e beh, non potrò mai ringraziarla come si deve, so solo che non lascerò questa storia incompiuta.

Bene, chiudo l'angolo delle blaterazioni, grazie sopratutto a chi recensisce e anche a chi segue la storia. 
Alla prossima!!
  
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