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Autore: Yomi22    31/03/2014    2 recensioni
Dopo la Grande Battaglia, Regina ha dovuto sacrificare i suoi beni più preziosi per assicurare la vittoria del bene. Ma dove sono spariti tutti? Emma si ritrova in un paese di cui conosce solo il nome, ma gli altri non sono con lei. Le nostre eroine si ritroveranno così a viaggiare tra vari mondi per ritrovare i loro cari.
Attenzione: SWANQUEEN.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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In mezzo a tutto quel trambusto, riuscì a scorgere la figura sfocata della donna che il destino le aveva riservato. 
Era distesa a terra, con gli occhi corvini spalancati, puntati dritti nella sua direzione.
Seppur per un secondo, Emma riuscì come al solito a perdersi in quei pozzi neri, e vi potè scorgere un bagliore di tranquillità.

Mai, da quando aveva conosciuto la donna, lo sceriffo aveva intravisto in quello sguardo duro una calma così cementata. Era sempre riuscita ad inquadrare in ogni minimo dettaglio il nervosismo di Regina Mills, in ogni sua azione, ma il vero specchio del suo io erano gli occhi. Quegli occhi che, nonostante potessero sembrare allo sguardo dei più quelli di una donna unicamente ammattita dalla brama di potere, nascondevano in realtà una grande paura.
Più di una volta Emma si era vantata di quanto il suo superpotere fosse infallibile dinanzi al sindaco. 

La osservò, mentre il nemico svaniva in una pioggia di lucenti cristalli neri, e non riuscì a trattenere un sorriso affaticato.
Ce l'avevano fatta. Erano uscite vincitrici anche da quello. Eppure, Regina non ricambiò il gesto. Anzi, non sembrava per niente soddisfatta da quella tanto sudata vittoria. 

Fece per muoversi e in un esplosione di terrore e dolore, si accorse che le gambe non rispondevano più ai suoi comandi. Le guardò sgomenta, ma non riusciva più a percepire una minima sensibilità negli arti. Ogni centimetro del suo corpo pareva inchiodato a terra da migliaia di spilli acuminati, collocati lì da chissà quale forza.

Il suo sguardo ora spaventato si posò nuovamente sulla donna al cui fianco aveva combattuto tanto ferocemente, e la vide diventare sempre più buia, inghiottita da un vortice nero come la pece. Nero come la morte.
Le mani iniziarono a scavare freneticamente il terreno, cercando un appiglio a cui aggrapparsi. Il terriccio bagnato però, si sgretolava al suo tocco con la facilità con cui la sabbia si disperde nel vento.

Tentò di chiamare aiuto, di incitare Regina ad alzarsi e a stringerla tra le sue calde braccia, ma non un suono uscì dalla sua bocca.
E il sindaco non si muoveva. Non accorreva in suo sostegno.
Per un attimo, per un solo brevissimo istante per la testa di Emma fece capolino un'ondata di orrore. Si chiese se Regina non fosse in realtà in combutta con il nemico. Perché altrimenti, avrebbe dovuto lasciarla in quello stato, prossima a venir risucchiata in quel buco oscuro di cui tanto aveva paura?
Sapeva che quella non poteva essere una possibilità. Sapeva benissimo che le intenzioni di Regina erano delle migliori, glielo aveva letto dentro.
Ma allora, si chiese lo sceriffo di Storybrooke, cosa stava aspettando?
Forse persino i muscoli di Regina non obbedivano agli ordini loro imposti.

Quando i loro sguardi si incontrarono, Emma capì. E mentre una lacrima le rigava il volto incredulo,  il resto del mondo a lei conosciuto svaniva in una massa scura.




 
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Il petto le doleva, in quel disperato tentativo di acchiappare l'aria fresca che la circondava. Un'aria diversa da quella che aveva lasciato a Storybrooke, città devastata dai duri colpi della battaglia. 
Non vi era odore di bruciato, non si udiva il dolce canto della morte.
Il fruscìo delle foglie la cullò, il tocco della profumata erba fresca la coccolò come le braccia di una madre. 
Madre che aveva ritrovato e perso in un battito di ciglia.

Aprì lentamente gli occhi, per abituarli gradualmente alla luce del sole che splendeva alto nel cielo. 
La leggera brezza che le battè sulle iridi la fece lacrimare un po', ma presto si abituò a quel cambio di atmosfera. Il sole splendeva alto nel cielo, e accarezzava con i suoi caldi raggi ogni cosa presente sul suo cammino.

Emma si alzò a sedere, inspirando a pieni polmoni un'aria più pulita di quanto si fosse aspettata. Guardandosi attorno, non riconobbe in quel paradiso nessun luogo a lei conosciuto.
Per un attimo, per la testa le passò di trovarsi nell'aldilà. Era convinta che quel buco nero l'avrebbe portata dritta nella bocca della morte e invece eccola lì, che ancora respirava e poteva percepire il tocco della terra.
Con grande fatica per via dei muscoli ancora doloranti, cercò di mettersi insieme, ma il freddo tocco di una lama la costrinse a poggiarsi nuovamente al manto di candida erba.

Cercando di evitare il bagliore riflesso sull'armatura dell'energumeno che le stava in piedi davanti, imponente nella sua esplosione di viola e bluastro, Emma puntò lo sguardo sull'elmo di acciaio.

"Chi siete?" le venne spontaneo chiedere, con il suo solito tono aggressivo. "Dove siamo?"

Il cavaliere non rispose, ma si erse in tutta la sua altezza in modo da coprir Emma dal sole. Forse, cercava di intimorirla con la sua stazza, ma dopo tutte quelle che aveva passato, lo sceriffo di Storybrooke non aveva neanche più la possibilità di temere nulla.
Probabilmente, si trattava più semplicemente di rassegnazione. Dal suo arrivo nella cittadina delle fiabe, aveva vissuto avventure che nessun essere umano avrebbe osato anche solo sognare, per questo motivo se c'era qualcosa che nel corso del tempo  la persona di Emma Swan aveva abbandonato, era lo stupore.

Senza complimenti, un'altra guardia cui la donna non aveva fatto caso la prese per un braccio e la costrinse ad alzarsi. La bionda obbedì, digrignando i denti per non far trapelare il dolore lancinante che sembrava strapparle ogni briciolo di sanità mentale. 
A fatica, riuscì a barcollare sino ad un carro trainato da due puledri neri, con la criniera drappeggiata da panneggi violacei. 
Un'altra volta, Emma si ritrovò a chiedersi in quale astruso mondo fosse finita. 
Sicuramente era un'altra epoca, dal momento che armature e carri non si vedevano da parecchi anni dal luogo da cui lei proveniva.
Pensò allora di trovarsi nella Foresta Incantata, unico altro mondo di cui conosceva l'esistenza.

Mentre il ritmo sconfusionato del passo dei cavalli la sballottava qua e là, Emma si sporse leggermente in avanti, catturando l'attenzione dei due soldati seduti di fronte a lei.
Uno dei due alzò la celata, svelando un volto giovane e deturpato dai colpi ricevuti nel corso del tempo.

"Cosa vuoi?" la incalzò, con tono minaccioso, tirandosi addosso le ire del suo compagno, che lo colpì con l'elsa della spada, rimproverandolo per aver rivolto la parola alla prigioniera.

"Volevo solo avvisarvi che io sono in stretti rapporti con la Regina" tentò Emma, sperando di poter vigliaccamente esser lasciata andare con quelle poche parole.

"Di quale regina parlate? L'usurpatrice o la nostra vera e unica Regina Morgana?"

A sentire quel nome, Emma percepì la testa girare, quasi l'avessero colpita a colpi di clava.

"Morgana?" ripetè, quasi volesse confermare ai due che si stavano certamente sbagliando.

"Dal vostro modo di abbigliarvi e parlare, è evidente che non siate nelle grazie di Sua Maestà. Per questo vi condurremo nelle segrete del Palazzo Sacro di Avalon. La regina ha ordinato che ogni straniero fosse catturato e rinchiuso. E' per la sicurezza del regno."

Il più grosso dei due colpì nuovamente quello che stava parlando, per incitarlo a non continuare il pericoloso discorso.
Per tutto il tragitto che seguì, Emma si chiese come avesse fatto a finire in quel luogo di cui nessuno le aveva mai parlato, nemmeno Regina. Sapeva della Foresta Incantata, ovviamente, di Neverland e persino di Wonderland... ma Camelot, Avalon e tutto ciò che riguardava la leggenda di Re Artù era sempre rimasta stampata sui libri, per la Salvatrice.

Confusa, proseguì il viaggio in silenzio, cercando di memorizzare il cammino che stavano percorrendo, così da avere un'idea di come uscire dall'immenso castello in cui erano entrati senza perdersi e rischiare di essere trovata.
Doveva inoltre pensare a un modo per contattare Regina.
 
Regina...

Il cuore di Emma perse un battito nel pensare a quel nome. Era stata lei la causa di tutto quello? Era stata la donna a gettarla in pasto a quelle guardie?
No, non poteva crederlo. Sicuramente Regina non aveva previsto niente di tutto ciò, e l'avrebbe aiutata a scappare. L'avrebbe riportata a Storybrooke.
Già, ma come?

Emma fu rinchiusa in una cella umida e maleodorante. La muffa ricopriva ogni angolo dei quattro muri di pietra che la circondavano. Una flebile luce brillava da uno spiraglio aperto nella feritoia coperta da pesanti travi di legno, e quello bastò a farla orientare. 
Non vi erano letti, nè altri comfort di cui era provvista la sua cella in città. Le uniche due cose presenti in quell'antro infernale erano un pagliericcio e un urinatoio.
Probabilmente si sarebbe dovuta accontentare di quelli. 
Tastò con precisione le sbarre, ma erano di un ferro troppo resistente perché lei potesse scalfirle. Se solo avesse avuto con sè la sua pistola...

"Emma?" 

Si sentì chiamare dall'altra parte delle sbarre. Un piccolo bagliore proveniva dalla cella che si trovava davanti alla sua.
Era una specie di sfera di luce, che emanava un certo calore che riempì i polmoni dello sceriffo. Nel percepire quella vampata, Emma provò piacere, un piacere che non provava da tempo, come un caldo abbraccio.

"Chi è che parla?"

Chiese senza troppi convenevoli, sempre all'erta.

"Sono Viviana, ero la Dama del Lago prima che Morgana mi rinchiudesse qui. Ha fatto credere al mondo che io sia morta, ma per pietà mi ha tenuta in vita. Non mi sento molto in forze, ma posso fare una magia. Devi fidarti di me."

"Che tipo di magia?"

Emma non poteva fidarsi di nessuno. Ogni qualvolta si era fidata di qualcuno, era finita male. Anche in quel momento, si trovava in quel luogo poco raccomandato per via di un persona in cui aveva riposto tutta la sua fiducia.

"Emma, so chi sei. Tu sei la Salvatrice. Ti prego, devi ascoltarmi. Ti vogliono uccidere domani mattina. Devi chiamare soccorsi. Merlino..."

"Aspetta un attimo. Merlino? Anche lui esiste davvero?"

"Merlino non c'è più, Emma, ma devi ascoltarmi. Ti prego. Posso inviare una tua proiezione astrale per pochi secondi, ma devi sbrigarti. Le forze mi abbandonano sempre più."

Incredula, Emma dovette sedersi per qualche secondo, per schiarirsi le idee.
Era chiaro che non si trattava di un sogno, ne era certa. Non pensava neanche di essere morta, no, la morte sarebbe stata sicuramente più dolce. Era rimasta separata da tutti, in un mondo a lei sconosciuto e senza potere. Doveva solo decidersi a fidarsi di quella donna dalla voce gentile, e lasciarsi andare. In fondo, non aveva niente da perdere.
I suoi beni più preziosi le erano stati strappati via, Henry era sparito giorni prima della battaglia così come Mary Margaret e David. E Regina...
Non voleva pensare a lei in quel momento. Non voleva pensare a lei come aveva fatto nelle ultime settimane. Il ricordo faceva troppo male, le dilaniava il cuore come una tempesta di spine.
Eppure, quella donna era l'unica a cui poteva chiedere aiuto. L'unico punto stabile in quell'universo capovolto.

"Dimmi cosa devo fare."

Emma percepì il sorriso della sconosciuta, un sorriso dolce e stanco, appesantito dalle mille battaglie che aveva dovuto combattere. Un sorriso carico di storie, di emozioni, di paure.

"Devi concentrarti sul luogo dove vuoi andare. Ora."

Una luce violacea si sprigionò dalla cella il cui interno ancora non aveva scrutato, e la inondò con tutta la sua fragile potenza. Emma riusciva ad avvertire la debolezza della donna, ormai priva della sua forza vitale. 
Mentre veniva raggiunta da quel fumo compatto, la donna cercò di concentrarsi su quell'unica persona che desiderava baciare e uccidere con tutto il suo cuore.

"Regina. Regina, salvami."









 
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Chiedo perdono per eventuali errori. Rileggendola poi li correggerò. Enjoy and stay tuned!








  
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