Capitolo 7:
How to Save a Life
Ehy Fede! È arrivato anche da te Maschera di Bronzo
per informarti del piano di fuga?
Sì. Hai accettato.
No. Ho accettato di fuggire. Il loro piano ci serve
solamente da copertura. Agiremo appena ci porteranno la cena. Io e Sveva
fuggiremo di qui e verremo a prenderti. Io ho visto il percorso fatto per
arrivare fino a questa cella, quindi so come si esce. Prima che Masky venga a
prenderci per attuare il suo piano abbiamo un’ora, di cui mezz’ora per
fuggire e mezz’ora per dileguarci.
Come hai intenzione di andar via? Ruberemo un
elicottero?
No. Sarebbe troppo difficile e comunque nessuno di noi
lo sa condurre. Tu aspettaci lì.
Questi erano stati gli SMS che si erano scambiati Anna
e Federico. Lei aveva avuto un’idea per fuggire e pensava che potesse
funzionare. Sveva non era del tutto convinta e cercava inutilmente di far
intendere alla cugina che sarebbe stato meglio per lei e per tutti loro
accettare la proposta di Stub seguendo il piano da lui stabilito. Ma lei non
poteva capire. Lei non era a conoscenza della guerra che era in corso tra Anna e
Stub, entrambi orgogliosi, entrambi forti, entrambi con la voglia di vincere
quella che ormai era diventata una gara.
Finalmente arrivò l’ora di cena e sentirono dei
passi che scendevano. Anna scambiò una veloce occhiata d’intesa con Sveva, e
se la prima aveva il fuoco della decisione negli occhi, in quelli della seconda
traballava la fiammella dell’incertezza.
L’uomo che scese giù non era il carceriere: era
armato, ma era più mingherlino. Come Anna aveva previsto per riuscire a dar
loro il piatto con cui mangiare dovette aprire la porta della loro cella, e,
sempre come Anna aveva previsto, non la perdeva d’occhio un solo istante.
-
Finalmente si mangia! – esclamò Sveva fondandosi sul piatto. Toccava a
lei agire, dal momento che l’uomo portatore di cibo non la degnava di uno
sguardo.
Afferrò il piatto così velocemente che quasi
l’uomo non se lo aspettava. Fece per uscire ma Anna lo fermò con la sua voce.
– Credi di essere tanto forte perché sei grande e grosso? – domandò.
-
Che cosa? – l’uomo si fermò.
-
Ho visto che mi stavi fissando con aria di sfida. – continuò lei,
decisa a farlo girare verso di sé. – Non mi piace quando la gente mi fissa,
oltretutto è maleducazione, mamma non te l’ha insegnato? O forse era una
sporca assassina anche lei? -.
L’uomo cominciò a tremare. – Non osare toccare
mia madre lurida prigioniera! -.
-
Lurida a me? – Anna fece l’offesa. – Ma ti sei visto? Cos’è, ti
fanno dare da mangiare ai prigionieri perché non sei capace di ucciderli? -.
Fu in quel momento che l’uomo non ci vide più, si
voltò verso di lei e le tirò un pugno talmente forte da farle perdere
l’equilibrio. – Sei una brutta…! -.
In quel momento Sveva lo colpì con tutta la sua forza
sulla testa col piatto. E poi lo colpì ancora. L’uomo non poteva far nulla
per ribellarsi e al terzo colpo cadde per terra privo di sensi, con un tonfo
attutito prontamente da Anna. Sveva si era come paralizzata.
-
Oh, mio Dio, Anna l’ho ucciso! – esclamò.
Anna scosse la testa mentre si tamponava con la mano
il labbro rotto e il naso sanguinante. – Non è morto Sveva. Respira ancora.
– si chinò su di lui e gli prese due pistole che teneva con sé. Ne porse una
a Sveva. – Tienila, può sempre far comodo. -.
-
Ma tu sanguini. – Sveva la guardò inorridita.
-
Sveva, non è questo il momento di farsi prendere dal panico. Vieni. -.
Uscirono dalla prigione e lentamente cominciarono a
salire le scale. Il carceriere era ancora lì: era Santiago, quello che aveva
rinchiuso Sveva. Quando Sveva glielo disse Anna le fece cenno di aspettare lì e
di non muoversi per nessun motivo al mondo. Poi con passo felpato salì le scale
fino ad arrivare a Santiago, un omone che l’avrebbe buttata a terra con una
carezza. L’unico vantaggio che aveva lei su di lui era la sorpresa e
l’avrebbe sfruttata fino in fondo. Quindi senza dire una parola puntò la
pistola contro la schiena di Santiago che sobbalzò.
-
Chi è? -.
-
Dipende. – rispose Anna. – Dipende da come ti comporterai con noi,
Santiago. È Santiago, vero? Certo che lo è. -.
-
Sei solo una ragazzina. -.
-
Io sì, ma questo che ho in mano è un revolver, carico, pronto all’uso.
– replicò lei. – Quindi fossi in te adesso farei esattamente quello che ti
dico. È la fine del tuo turno questa, vero? Non mentire, lo so che lo è. La
tua serata ha un cambio di programma. Conducici dall’altro prigioniero. -.
Santiago sembrò sorridere. – Ragazzina! – sbottò.
– Non hai pensato che chiunque vi veda da qui all’altra prigione può
sbattervi dentro di nuovo. O anche uccidervi subito? -.
-
Se così sarà è un problema nostro, anche tuo. – specificò lei,
premendo la pistola ancora di più sulla schiena dell’uomo. – Quindi datti
una mossa. -.
Santiago era un grande omone, ma non era certo famoso
per il suo coraggio. Non voleva neppure mettere alla prova quella ragazzina che
stava cercando di fuggire: era la prima prigioniera che aveva avuto il sangue
freddo di farlo. Quindi cominciò a muoversi per i corridoi meno frequentati,
passando anche per alcuni passaggi segreti, sperando di non attirare
l’attenzione di nessuno. Anna e Sveva dal canto loro trattenevano il fiato.
Quella era stata la parte del piano meno strutturata
da Anna e più lasciata al caso. Sveva stava visibilmente tremando per quanto
tentasse di nasconderlo. La rossa invece cercava di memorizzare i corridoi e di
orientarsi, sapendo che le sarebbe stato necessario per la fase successiva della
fuga. Finalmente raggiunsero la cella di Federico e, come Anna aveva calcolato,
il suo carceriere ormai aveva finito il servizio, quindi non trovarono intoppi.
La cella di Federico era l’esatta copia di quella
dove fino a poco prima le due amiche erano rinchiuse, e lui si alzò pronto alla
fuga non appena sentì dei passi scendere le scale.
-
Federico! – esclamò Anna.
-
Anna! – niente saluti festosi, entrambi erano a conoscenza del poco
tempo che avevano a disposizione. – E liberami! -.
Anna aveva ancora la pistola puntata su Santiago. –
Sarà il mio amico qui, che gentilmente ti farà uscire. -.
-
Non ho le chiavi. – rispose Santiago.
-
Ah, no? – domandò Anna che non ci credeva per niente. – Peccato. Sarò
costretta a fare a modo mio allora. -.
Fece un cenno a Sveva che con la sua pistola e la mano
che tremava sparò un colpo insicuro sulla serratura della porta della cella.
Federico si era messo a debita distanza di sicurezza e ci restò quando vide che
il colpo non aveva prodotto alcun effetto, se non quello di rischiare di essere
sentito.
-
Sveva! – sbottò Anna.
E finalmente l’amica tornò in sé, prese bene la
mira, sparò un colpo deciso e la serratura saltò. Anna sorrise, visibilmente
soddisfatta, mentre Federico usciva. – E adesso andiamo via. – disse lui.
-
E tu vieni con noi. – Anna diede una leggera spinta a Santiago.
Santiago aveva visto che perlomeno l’amica della
rossa non era un asso nell’uso delle armi quindi approfittò di quella spinta
per correre via. Anna fu più veloce e gli sparò, colpendolo volutamente ad un
braccio, ma ormai era troppo tardi. Santiago aveva dato l’allarme della loro
fuga.
-
Che si fa adesso? – domandò Sveva.
-
Via! – esclamò Federico.
I tre ragazzi risalirono le scale il più velocemente
possibile e si diedero alla fuga correndo per quel corridoio, poi voltarono a
sinistra e da lì cominciarono i problemi. Si videro circondati da quei pochi
che ancora non si stavano preparando per il servizio, probabilmente perché non
avevano nessuna missione da compiere. Non bastò il sangue freddo di Anna quella
volta, anzi lei si domandava come diavolo ne sarebbero venuti fuori. Fu Federico
ad avere l’idea, afferrò sua cugina e Sveva per il braccio e le riportò
vicino alla cella. Mentre correvano inseguiti dai proiettili Federico chiese da
dove fossero passate per arrivare da lui. Fu così che Anna aprì un passaggio
segreto e si infilarono dentro prima che chiunque potesse vederli.
Non si fermarono perché sapevano che dentro tutti
erano a conoscenza del passaggio, quindi la loro corsa vorticosa continuò,
quando Sveva si fermò all’improvviso ansimando. Anna sentì i passi di quelli
che li stavano inseguendo e guardò preoccupata l’amica. – Sveva non puoi
mollare adesso! Datti una mossa! -.
-
No.. n.. Non ce la faccio più. – respirava profondamente. – Andate
senza di me… -.
-
Non dire sciocchezze! – Federico si chinò su di lei e la prese in
braccio. – Ti porto io. -.
-
Grazie… Fede. -.
Ma ormai la loro corsa era finita. Gli inseguitori
dietro di loro ormai li avevano raggiunti e davanti avevano un muro di agenti
che, più furbamente, li avevano anticipati. Sveva perse le speranze, Federico
guardava chiunque con aria di aperta sfida, Anna si chiese se quello sarebbe
stato veramente il suo game over. Si era data da sola lo scacco matto. E di
nuovo un piano le balenò in mente. Nascose velocemente la sua pistola,
assicurandosi che nessuno gliel’avesse ancora vista. Era il suo asso nella
manica, metaforicamente e quello che più importava era letteralmente, poi superò
Federico.
-
Adesso vediamo di mantenere la calma. – cominciò.
Era Antonella che capitanava l’operazione e studiò
quella ragazza a cui suo cugino sembrava tenere tanto: la guardò negli occhi e
non faticò a capirne il motivo. Anna continuò. – Queste due persone che
vedete davanti a voi sono qui solamente perché si trovavano con me. Non sanno
dove ci troviamo, non gliel’ho detto per la loro sicurezza. Stub è me che
vuole, immagino tutti lo sappiate. Lasciateli andare. -.
-
Ma Anna… - Sveva farfugliò qualcosa che suonò simile ad un “non
possiamo lasciarti qui”.
Lei però la mise a tacere con un gesto della mano, e
poi le porse in avanti affinché gliele ammanettassero. Antonella la guardò
dubbiosa, indecisa sul da farsi. Tutti gli agenti sembravano attendere un suo
ordine.
-
Loro non hanno fatto nulla. – insistette Anna. – Portatemi da Stub.
– chiese infine, abbassando lo sguardo per rendere il tutto più credibile.
-
Anna no. – cercò di fermarla suo cugino.
-
È durata anche troppo Federico. Il momento di finirla è giunto. – si
chiese se non stava rendendo tutto troppo teatrale. Le bastava che fosse
credibile.
Antonella a quelle parole annuì. – Sei ragionevole
ragazza mia. Hai capito che non c’è da scherzare con noi. Hai capito che la
tua permanenza qui è finita. – e velocissima, senza farsi vedere dagli altri
agenti le fece l’occhiolino. Anna la guardò interrogativa, ma Nell continuò
nella sua spiegazione. – Riportate i due giovani all’accampamento. Tu
invece, rossa, con me. -.
-
Posso salutare almeno? -.
Nell le rivolse uno sguardo esasperato ma acconsentì
e Anna abbracciò suo cugino. – Aspettami all’accampamento. -.
Poi si fece condurre via da Nell, mentre gli altri
venivano bendati e riportati all’accampamento secondo gli ordini.
Antonella la conduceva per i corridoi tutti uguali,
silenziosi, non più gremiti di agenti, ma vuoti, tanto che i loro passi
risuonavano minacciosi, come una tetra marcia. Anna stava studiando la sua
accompagnatrice per cercare di capire che cosa mai avesse voluto dirle con
quell’occhiolino. Inoltre si stava chiedendo perché mai non la minacciasse
con la pistola, ma si limitava a camminare al suo fianco, quasi sicura che non
sarebbe fuggita. Per un momento Anna pensò di fuggire solamente per darle
torto, ma poi tornò in sé e si disse che non era assolutamente una cosa saggia
da fare. Quindi preferì seguire la ragazza fino all’interno della grotta da
dove era entrata. Antonella le tolse le manette.
-
Ecco. Adesso puoi anche andare? Te l’ho detto che la tua permanenza qui
è finita. -.
Anna la guardò interrogativa. – Che cosa? -.
-
Mi hai chiesto tu di portarti da Stub, no? – replicò lei. – Lui è
fuori, nella foresta, che ti sta aspettando. -.
-
Ma… -.
Antonella scoppiò a ridere. – Credevi davvero che
si aspettasse che tu accettassi veramente il piano offerto da lui? No. Io avrei
dovuto condurvi sull’elicottero, e mi ha detto che non ti sarebbe servito. Ha
capito il senso della tua frase, quella sul fuggire. -.
-
È stato lui che ti ha mandata a prendermi quando Santiago ha dato
l’allarme? – tentava di capire Anna.
-
In un certo senso. – rispose. – Aveva detto a Santiago di aspettarsi
una cosa del genere. E poi gli aveva ordinato di assecondarti, la cosa
importante per lui era che tu arrivassi a me. Quindi quando Santiago ha lanciato
l’allarme io ero già pronta ad intervenire. -.
Anna rimase senza parole a quelle affermazioni,
rendendosi conto che ancora una volta Stub era riuscito a prevedere le sue mosse
e lei col suo piano non aveva fatto altro che assecondare il suo gioco. Era come
se Stub con i suoi giochetti riuscisse ad avere il controllo sul suo pensiero.
Si domandò se per caso non riuscisse a vedere nel futuro, ma subito dopo si
diede della cretina. Nessuno poteva leggere nel futuro, nemmeno lui.
Antonella la riscosse dai suoi pensieri. – Dammi la
pistola che nascondi nella manica. Ti sarà completamente inutile dopo che avrai
attraversato le cascate. – poi prese la sua. – Tieni questa. È resistente
all’acqua. –.
Anna la prese, sempre mantenendo il silenzio.
Antonella però aveva terminato il suo compito e come una vera professionista
sparì senza che Anna se ne accorgesse, attenta ad osservare la sua nuova
pistola. Quando rialzò lo sguardo Antonella non c’era più.
Prese fiato e saltò in acqua, che si sporcò col
sangue che ancora perdeva, di nuovo cercando di non attraversare le cascate e
riemerse dall’altro lato, cercando di raggiungere la riva. Ci riuscì con
qualche bracciata a stile, un po’ impacciata a dire la verità, per la forza
della corrente e per la sua stanchezza. Si trascinò sulla riva e si distese
sull’erba che cresceva intorno, tirando grandi respiri profondi. Sentì dei
passi provenire da dietro di lei ma non gli diede importanza. Quella volta
sapeva a chi appartenevano.
Rimase distesa a pancia in su aspettando che Stub
dietro di lei avviasse la conversazione. – Vedo che anche se il tuo pseudo
piano non ha funzionato sei riuscita lo stesso a liberarti. -.
-
Ti aspetti che ti ringrazi? – replicò Anna.
-
Non ringraziare me. – rispose lui. – Ringrazia Antonella che è stata
brava a recitare e credibile nel dare ordini. -.
Anna capì che Antonella era la ragazza che l’aveva
condotta all’uscita. – E adesso che sono da te hai intenzione di chiudere la
partita? – domandò lei. – Potresti farlo. Ho chiesto io di essere portata
da te e sono troppo stanca per tentare di fuggire adesso. -.
-
Non ti arrenderesti mai così. – replicò Stub. – E io non ti
umilierei mai uccidendoti in queste condizioni. Posso sedermi qui? -.
-
Fai pure. – rispose Anna. – L’erba è di tutti. -.
Stub si sedette accanto a lei e per qualche minuto
rimasero così, lei stesa a pancia in su a respirare e lui seduto accanto a lei,
entrambi concentrati a osservare la cascata davanti a loro. Per chiunque altro
sarebbe stata una cosa romantica ma non per loro. Erano vittima e assassino.
Anna e Stub. Che in quel momento sembravano aver siglato una tregua. Rotta da
Stub che aveva in mano ago e filo. – Non andrai da nessuna parte conciata in
quel modo. – si chinò su di lei. – Farà male. -.
Anna guardò prima lui, poi l’ago e il filo e annuì.
Chiuse gli occhi e si sforzò per non urlare: non gli avrebbe mai dato questa
soddisfazione. Dopo pochi minuti le sue labbra furono di nuovo a posto. – Ti
rimarrà una cicatrice però. – la avvertì lui. Le porse un fazzoletto. –
Per il naso. – specificò.
-
Non ti immaginavo così, killer. – ammise lei, tamponandosi il naso. –
Ti immaginavo senza scrupoli. E invece mi hai già salvata più di una volta.
Sembra quasi che tu non voglia uccidermi. -.
Stub sospirò. – Non mi immaginavi così perché io
di solito non sono così. -.
-
Devo ritenermi fortunata allora. – sorrise lei.
-
Sì, suppongo. – confermò lui accennando un sorriso. – Non hai paura?
-.
-
Di te? -.
Lui annuì. Anna
scosse la testa. – No. -.
-
È per questo che ti tengo viva. – anche lui si distese. – Perché per
me rappresenti una sfida in tutti i sensi. Non sei come tutti gli altri
smidollati. E poi lo ammetto: mi piace vedere quali altri piani sgangherati ti
inventerai. -.
-
I miei piani non sono sgangherati. – protestò lei, seria. – Sono solo
una ragazzina, che ti aspetti? A quest’ora io dovrei essere a fare surf, non a
cercare di fuggire da te. -.
-
E inoltre credo che fare surf ti riesca meglio che fuggire da me. –
aggiunse lui. – Anche se spero che tu ci riesca adesso che non conosco le
coordinate di dove sei diretta. Ma non fuggire in posti strani come fanno molti.
-.
Anna lo guardò
scettica. – La foresta amazzonica non ti sembra abbastanza strana? -.
-
C’è di peggio. – rispose lui con tono grave. – Una volta uno ebbe
la brillante idea di fuggire in Antartide e riuscì a rubarmi tutte le
provviste. Un mese in Antartide senza provviste non è esattamente una
passeggiata. -.
-
Allora non sei infallibile. -.
-
Certo che lo sono. È morto alla fine. -.
-
E tu sei sopravvissuto. -.
-
Certo. – replicò serio. – Lo Stub non muore mai. Farai meglio ad
imparare questo di me, Anna. – poi fece una pausa. – Questa è l’ultima
volta che ti lascio fuggire. Non ce sarà un’altra. -.
Di nuovo tornò
sovrano il silenzio. Un silenzio calmo e rilassato, senza che Anna temesse per
la sua vita. A che gioco stava giocando lui proprio non lo sapeva, ma a quel
punto era inutile saperlo, lei avrebbe continuato a giocare. E pensando a quello
e null’altro chiuse gli occhi, lasciandosi trascinare dal rumore delle
cascate.
Quando li riaprì
era quasi giorno e Stub se ne era andato. Al suo posto c’erano Federico e
Sveva che la travolsero con le loro domande. Rispose pazientemente a tutte,
quando si accorse di stringere qualcosa in mano.
-
Cos’è? – domandò Sveva.
-
Un biglietto. – rispose Federico mentre Anna lo leggeva.
-
Che c’è scritto? – domandò lui.
Anna glielo porse.
Ci rivedremo
presto.
Stub
Sveva guardò Anna
dubbiosa. – Che cos’è? Una minaccia? -.
Ma Anna si stava già
avviando verso l’accampamento. Si voltò, per guardare la cascata un’ultima
volta. – Oh, no. – rispose, accennando un sorriso. – Spero sia una
promessa. -.
L’angolo della Matrix
Salve a tutti
gente! Sarete contenti che finalmente aggiorno ad un orario normale, non come di
solito!
Spero inoltre che
l’azione in questo capitolo vi abbia soddisfatti… ok, ce ne stava molta di
più, ma volevo lasciare un po’ più di spazio ai nostri due eroi, se volete
più azione andate a guardare Wanted al cinema (pubblicità occulta… non poi
così occulta, a dire il vero). Comunque spero anche che questo capitolo non sia
risultato troppo romantico o peggio ancora… bleah… mieloso. Spero che lo
abbiate trovato un giusto miscuglio di azione, orgoglio, coraggio, amicizia e di
due personaggi, una buona furba e un cattivo cattivo, che stanno imparando a
conoscersi…
Spero insomma che
vi sia piaciuto. Mentre aspetto di sapere che ne pensate vi ringrazio uno per
uno:
·
DamaArwen88:
adorabile? Non è
adorabile, è un killer.. avvertimi se ti sembra di nuovo “adorabile” così
lo indurisco un po’. Il piano di Anna ti è sembrato abbastanza strano? A me
non poi così tanto… insomma tutto sommato visto il contesto è abbastanza
normale, non trovi? Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! Bacione!
·
Aila: non preoccuparti,
il fatto è che adesso che ho più tempo mi butto sulla scrittura e mi piace
postare il prima possibile. Perché ti dispiace per Geremia? Insomma, non è
morto e con Anna non è ancora detta l’ultima parola. ;) Passerò dal tuo
account a leggere le tue fan fic allora J!! Bacione!
·
Lallix: hai ragione lei
non si arrende mai. Ho voluto creare un personaggio femminile forte, ma
completamente forte: non piange, non cede a romanticismi, pensa sempre e
solamente a salvarsi la pelle da Stub e a cercare di anticipare le sue mosse
(anche se come hai visto è più bravo lui in questo)… che dici, forse è un
po’ troppo stereotipato come personaggio? Quanto a Stub/Geremia come ho
scritto ad Aila non è ancora detta l’ultima parola. Però tranquilla,
comunque vadano le cose, ti auguro di trovare un Geremia tutto per te nella vita
reale. J Bacione!
Scrivetemi cosa ne
pensate di questo capitolo. Un abbraccio a tutti!