Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: HamletRedDiablo    31/03/2014    8 recensioni
L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Ma due gemelli avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
«Saresti davvero disposto a tradire la tua famiglia?»
«Voglio liberare mio fratello dal Palazzo. Non mi importa del resto.»
«E faresti qualunque cosa?»
«Qualunque cosa.»
Una mano abbronzata sventolò sotto il suo naso, in una precisa offerta.
«Sei pronto a unirti alla mia ciurma?»

Coppie: GerIta, Spamano, RoChu, PruCan (altre si uniranno in seguito)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Venti: il Demone

 

Kiku era straordinariamente taciturno, quel giorno.

Non era mai particolarmente ciarliero, ma quella mattina una cappa di oscurità orbitava nei suoi occhi neri.

«Tutto bene?» domandò Alfred, con il suo sorriso che spazzava via le nuvole.

Non fu sufficiente per le nubi sul volto di Kiku: il Samurai rimase chiuso nel suo tetro grigiore. Annuì a malapena alla sua domanda.

«Precedimi» sancì infine. «Devo vedere il Portavoce del Sole.»

«Ti accompagno…»

«No. Qualcuno deve finire il giro di pattuglia.»

Kiku gli voltò le spalle senza nemmeno attendere una risposta.

Alfred si grattò la nuca e scosse la testa.

Avrebbe potuto dire che Kiku era villano, certe volte, se solo non fosse stato costantemente avvolto da quell’aura carismatica e nobile. Non poteva definirlo “maleducato”; al massimo “altero”.

«Quante cose dobbiamo sopportare noi eroi…» sospirò melodrammatico.

La katana sferragliò contro la pistola. Alfred era uno dei pochi, se non l’unico, a portare armi da fuoco: in quel paese esotico, preferivano affidarsi alle lame e agli incantesimi che li avevano resi celebri in tutta la Confederazione. Tuttavia, l’Aquila era stata addestrata tra le file di Britannia: non si sentiva a suo agio, senza una pistola. Una volta un suo collega gli aveva chiesto perché dovesse sempre portarsi in giro quel ferro vecchio, e Alfred gli aveva risposto che, senza, si sentiva indifeso come se lo avessero fatto girare in mutande. Si era guadagnato uno sguardo molto perplesso e una scrollata di spalle.

Quasi inciampò in una profusione di seta colorata stesa al suolo. Gli occhi di Alfred risalirono quelle pieghe elegantemente raccolte attorno a un corpo di donna, finché non incontrarono il viso più delicato che avessero mai visto, nonché il più simile a quello del loro sovrano.

Grazie a Kiku e al suo incarico all’interno della Stella Polare, aveva avuto qualche occasione di incontrare il Figlio del Cielo, ed era rimasto sorpreso dalla sua bellezza eterea. La stessa che aveva plasmato i lineamenti della donna, elegantemente seduta davanti al cancello di entrata.

Pareva adagiata su un trono, e non su un volgare sasso: la schiena dritta, il collo steso, lo sguardo fiero e la posa elegante delle mani, poggiate sulle ginocchia per trattenere le pieghe troppo lunghe che avrebbero altrimenti toccato il suolo. Non aveva bisogno di accessori appariscenti per imporre la sua presenza: la nobiltà le scorreva nel sangue.

«Posso aiutarla?» si informò Alfred, avvicinandosi di un passo.

La donna girò lentamente il collo da cigno e posò gli occhi di ebano su di lui. Si concesse una lunga analisi prima di decretare:

«Tu devi essere l’Aquila.»

«In carne e ossa, signora» si esibì Alfred, gonfiando il petto con orgoglio.

Le ciglia nere della donna tremarono appena, appuntandosi sul Palazzo.

«Dicono che sei un eroe. Faresti un piccolo miracolo per me?»

«I miracoli sono la mia specialità» si vantò lui.

«Devo vedere mio figlio.»

Il portamento della donna non cedette, ma la voce le tremò impercettibilmente. Alfred ammirava la compostezza dei nobili, anche se riteneva che sarebbe stato molto più salutare per loro essere più onesti con i propri sentimenti.

«So che è malato. Chi non sa del suo coma?» l’agonia di una risata torse le labbra della donna. «Sono mesi che chiedo di essere ammessa, ma pare che nessuno voglia ascoltarmi. Sono le regole: la famiglia precedente del Figlio del Cielo deve abbandonare il Palazzo… ma quale legge è superiore all’affetto di una madre?»

L’Aquila osservò quella donna, annuendo al suo discorso. Cominciava a capire da chi il Figlio del Cielo avesse ereditato il suo carattere deciso e aggraziato al contempo.

«Chiedo solo di vederlo. Se è grave come dicono, se non ci sono speranze per lui…» un minuscolo tremito le percorse le labbra chiare. La donna non riuscì a terminare la frase, quindi ne iniziò un’altra: «Voglio essere al suo fianco. Ho amato mio figlio dal momento in cui ha aperto gli occhi in questo mondo, e ogni giorno in cui sono stata lontana da lui è stato come ricevere una pugnalata in petto. Se questi sono gli ultimi giorni che gli è dato trascorrere insieme a noi…»

«La capisco» Alfred fermò la signora, prima che si addentrasse in un discorso che nessuno dei due voleva affrontare. Nonostante la sua posa impeccabile, gli occhi tremavano di un terrore sotterraneo, lo stesso che scorreva nelle vene di Kiku quando si parlava del futuro incerto del sovrano. E lui era stanco di vedere quella paura infettare l’anima di tutto il popolo di Chugoku.

Era un suo preciso compito sradicare quel panico alla radice. In fondo, gli eroi servivano a quello.

«La scorterò fino alle camere del sovrano» decise d’impulso, offrendo un braccio alla signora.

La nobile lo fissò, titubante. Non era sicura di potersi fidare della flebile speranza che quel giovane straniero le offriva.

«Ne sei sicuro?» domandò.

Alfred era certo che quella cosa fosse contro le regole, che avrebbe avuto un richiamo ufficiale e, nel peggiore dei casi, sarebbe stato bandito dal Palazzo. Ma aveva fatto una promessa a un soldato, tanti anni prima: nessuno gli avrebbe inquinato il cuore. E se avesse lasciato quella donna a languire davanti al cancello, sarebbe stato come dichiararsi sconfitto. Inoltre, Kiku non avrebbe permesso ai consiglieri di cacciarlo, e lui in primo luogo non si sarebbe fatto esiliare tanto facilmente.

«Mi segua» Alfred sfoggiò il sorriso che non aveva avuto effetto su Kiku, e che invece sembrò rasserenare la signora.

La donna si alzò e poggiò la mano delicata sul suo braccio, lasciandosi condurre nelle entrate secondarie e nei corridoi meno frequentati del Palazzo.

«Ho sentito molto parlare di te, Aquila» mormorò la signora, mentre si addentravano nel cuore del Palazzo.

«Scommetto che avete sentito solo storie positive» si inorgoglì Alfred.

«Non proprio» ammise in un bisbiglio ovattato la donna. «Alcuni ti acclamano come un eroe, altri ti additano come pazzo.»

Pazzo. Doveva immaginare che la sua tendenza a scavalcare le norme gli avrebbe procurato qualche nomignolo indesiderato. Ma non era certo colpa sua se le regole a volte erano così assurde: era come se chiedessero di essere infrante. Le uniche cui si era sempre attenuto scrupolosamente erano quelle che Kiku gli aveva chiesto di non dimenticare mai, per nessun motivo. Come la normativa sull’uso delle armi a Chugoku, e il fastidioso obbligo di portare sempre con sé quel fogliaccio che lo autorizzava ad avere una pistola.

«E lei cosa ne pensa?» domandò, incurvando un angolo della bocca in un sorriso amichevole.

La donna socchiuse appena gli occhi, scandagliando i dati in suo possesso.

«Sei una persona bizzarra, Aquila. Ma non sempre la diversità è un difetto. Se non ci fossi stato tu, sarei ancora davanti a quel cancello» sentenziò infine, con un tono morbido.

«Lei è molto acuta, signora» si complimentò Alfred.

La loro conversazione fu interrotta da un tremendo boato. Il pavimento trasalì sotto i loro piedi, e le travi del soffitto scricchiolarono sulle loro teste. Un’immobilità spettrale si stese su di loro come un sudario subito dopo.

Le dita della donna si strinsero sul suo braccio, e i suoi occhi si spalancarono per lo spavento.

«Cosa è stato?» chiese, atterrita.

Un secondo boato, seguito da schianti ripetuti; quella strana melodia crebbe di intensità, e acquistò un sottofondo di tonfi e colpi attutiti.

Una goccia di sudore scese sulla sua tempia quando Alfred realizzò la fonte di quei suoni. La stanza del Portavoce del Sole. Dove si trovava Kiku. Il Samurai stava affrontando da solo qualunque minaccia si fosse presentata in quella camera simile a un obitorio.

Alfred fece strada alla donna, conducendola sotto uno degli stipiti portanti dell’edificio: se anche le mura fossero crollate, quel pezzo di legno sarebbe rimasto in piedi.

«Attenda qui» le consigliò velocemente Alfred. «Chiamerò una guardia, verranno subito a prenderla e la porteranno al sicuro.»

«E tu?»

Alfred portò una mano all’elsa della spada, sfiorando anche l’impugnatura della pistola.

«Io mi occuperò della sicurezza di Chugoku» si incollò sulla faccia l’espressione più rassicurante del suo repertorio. «Sono un eroe, ricorda?»

La donna annuì, e congiunse le mani davanti al viso.

«Ti prego, fai in modo che non accada nulla di male a mio figlio. Eroe.»

Per la prima volta, sentì quell’appellativo pronunciato senza derisione. Il tono serio con cui la donna aveva formulato la richiesta lo fece sentire come se la nobile lo avesse appena nominato cavaliere. Alfred sorrise, inchinandosi alla donna: non era male avere un riconoscimento ufficiale, qualche volta.

«Questo è il compito degli eroi, signora.»

E poi corse, come non aveva mai fatto in vita sua.

Incrociò una guardia sul suo cammino, e gli indicò la posizione della donna, ignorando gli sberci del soldato su quanto fosse illegale quello che aveva appena fatto. Gli ordinò di andare a mettere al sicuro quella signora, se non voleva la sua vita sulla coscienza, e riprese la sua corsa.

Gli schianti si facevano più vicini a ogni passo.

L’eroe sta arrivando, Kiku. Tieni duro.

 

***

 

Arthur e Gilbert furono sorpresi dalla facilità con cui riuscirono a introdursi nel Palazzo.

«Credevo che la corte imperiale fosse difesa un tantino meglio» commentò l’Hellsing, mentre scivolavano senza difficoltà in un corridoio laterale.

«È difesa in modo ineccepibile» contestò in un sussurro garbato Yao. «Ma, ovviamente, le sue protezioni non funzionano sul regnante. E questo beneficio si estende a quanti lo accompagnano.»

Entrambi riconobbero che il Figlio del Cielo non aveva del tutto torto.

Athur svolse il fiore di cristallo dal suo panno, e una sottile scia azzurra si dipanò lungo i corridoi.

Una pennellata di delizia si dipinse sul volto del nobile quando vide dove quella scia fosse diretta.

«Che tipo era, il Marauder?» domandò in un mormorio, prima di guidarli lungo un altro dedalo di corridoi scarlatti.

«Sorrideva sempre» tratteggiò Gilbert. «E trovava sempre il modo di inquadrare un problema per poi trovare la soluzione.»

«Il suo ottimismo era snervante» precisò Arthur.

«Credo di aver capito perché ha scelto il Portavoce del Sole come tramite, allora» Yao non riuscì a reprimere un sorriso: erano quasi arrivati alle stanze di Young Soo, indicate dalla luce del non ti scordar di me. Non poteva più aspettare: voleva salutare suo fratello, abbracciarlo e rassicurarlo, e dirgli che tutto sarebbe andato bene, come Young Soo aveva sempre fatto con lui. Aprì velocemente la porta bisbigliando un incantesimo quando raggiunsero il legno intarsiato.

Yao si stupì di trovare la camera immersa nella penombra: Young Soo dormiva con le tende spalancate perché la stanza potesse essere inondata dai primi raggi dell’alba fino agli ultimi barbigli di tramonto. Dovettero aspettare che gli occhi si abituassero a quella lieve oscurità per individuare il giovane, afflosciato sul trono con una strana angolazione sbilenca.

Arthur batté le palpebre, perplesso: non si era aspettato di trovare un ragazzino immobile. Immaginava che la persona scelta da Francis fosse vivace, irrefrenabile e insopportabile come lui.

Gilbert deglutì, mentre un orribile presagio gli strisciava lungo la colonna vertebrale, accapponandogli la pelle. Aveva già visto quell’irrigidimento, prima.

Yao fu il primo ad accostarsi al trono, e si inginocchiò davanti ad esso. Il cuore gli martellò nelle orecchie tanta fu la gioia di rivedere il fratello; dopo tanto tempo, finalmente poteva riabbracciarlo.

«Young Soo, sono tornato, come promesso...» si era preparato un lungo discorso di benvenuto, ma la voce si affievolì di fronte all’immobilità del fratello. Il Portavoce del Sole non stava semplicemente riposando: aveva gli occhi spalancati e fissi, i lineamenti congelati come se qualcuno avesse sostituito il suo sangue con del cemento, i suoi muscoli e la sua pelle con della pietra.

«Young Soo…» lo chiamò flebilmente Yao, sollevando una mano per toccargli una guancia. La gota si rivelò ghiacciata come quella di un cadavere.

Il Figlio del Cielo non si rese conto che l’Hellsing lo aveva raggiunto; se ne accorse solo quando l’uomo emanò il suo verdetto:

«La Maledizione di Medusa.»

«Cosa significa?» domandò Yao, con il tono sonnolento di una persona sotto ipnosi. Non poteva essere vero, non dopo tutto quello che avevano passato…

«È una tecnica usata dai demoni di alto livello» spiegò l’Hellsing in un ringhio rabbioso. «Non uccide direttamente la vittima. La paralizza, lasciando la sua coscienza viva in modo che possa…» il Mago dell’Ovest gli lanciò uno sguardo ammonitore, e Gilbert alleggerì il peso della frase: «In sostanza, la vittima è pietrificata e muore di inedie.»

«Quindi Young Soo…»

«No. È ancora vivo» lo tranquillizzò aspramente l’Hellsing. «Credo che sia la sua magia a tenerlo in vita.»

Gilbert si morse le labbra per evitare un eccesso di improperi. Era stato imprigionato a Caina, ne era uscito, aveva combattuto contro il suo padre adottivo, aveva raggiunto Chugoku… e quell’idiota di Francis aveva deciso di incarnarsi in un corpo pietrificato. Il motivo della scelta del Marauder era da imputare al fatto che era più facile inserirsi in un corpo solo parzialmente cosciente rispetto a un soggetto pienamente in forze… ma come contava di aiutarli, con le membra di calce?

L’unica soluzione, a quel punto, era uccidere il figlioccio del sovrano; senza l’aiuto di Francis per individuare i fili da tagliare, non potevano fare altro. La cosa avrebbe devastato il Figlio del Cielo.

Non avrebbe nemmeno ottenuto risposta alla sua domanda: con la bocca immobilizzata, il Marauder non avrebbe potuto dirgli dove trovare Matthew. E non avrebbe potuto scherzare, e ridere con loro. Non avrebbe potuto vedere Francis, imprigionato com’era in un corpo cementificato. Uno dei motivi che con più forza lo aveva spinto ad arrivare fin lì era la prospettiva di poter parlare di nuovo con l’amico, e sentirgli snocciolare ottimismi di bassa lega con quel suo accento arrotondato… anche quella consolazione era andata in frantumi.

Sollevò lo sguardo sul Mago dell’Ovest, e vide le sue stesse emozioni riflesse su quel viso: rabbia per l’impossibilità di parlare con il Marauder, e sofferenza per aver perso Francis una seconda volta.

Il Figlio del Cielo non si rese conto del tumulto silenzioso alle sue spalle, ma alcuni di quei pensieri attraversarono anche la sua mente: senza il Marauder, Kiku era condannato. E se anche fossero riusciti a riscuotere Young Soo dal suo torpore, non sarebbe mai riuscito a sopravvivere: l’inedia gli aveva corroso i muscoli fino a lasciare le ossa quasi scoperte, le labbra erano parzialmente rientrate all’interno della bocca, e gli occhi erano infossati nelle orbite e cerchiati di nero.

Aveva perso il fratello e il figlio prima ancora di cominciare a combattere.

Lacrime arroventate gli bruciarono gli occhi, e il Figlio del Cielo riuscì a contenerle solo con enorme sforzo. Era tornato solo per Young Soo e Kiku, e stava per perderli entrambi.

Sollevò le mani tremanti e circondò dolcemente il viso screpolato del Portavoce del Sole. Riusciva a vedere ancora il sorriso del fratello su quelle labbra secche, poteva scorgere lo sguardo furfantesco nei pozzi vuoti dei suoi occhi. Il ricordo di Young Soo si sovrappose all’immagine presente, e il contrasto fu tale che Yao avvertì il cuore andare in pezzi. Il suo fratellino scoppiettante, ridotto a una statua di cenere.

«Mi dispiace…» accostò il viso a quello del giovane per mormorarlo direttamente sulla sua guancia. «Non avrei mai dovuto lasciarti indietro… mi dispiace così tanto…»

«Il demone è ancora in circolazione» gli ricordò Gilbert, incurante dei gesti ammonitori del Mago dell’Ovest.

Yao annuì, deglutendo le sue lacrime. Si alzò, ma riuscì appena a muovere un passo prima che la manica lo strattonasse indietro. Il braccio e il polso di Young Soo giacevano mollemente sul suo fianco, ma le dita avevano trovato la forza di stringersi attorno al vestito del sovrano.

Yao fissò frastornato il viso del fratello, in guerra contro quella prigionia: le guance fremettero e la mascella vibrò, mentre le labbra si increspavano impercettibilmente.

«… e… o’e…»

Uno spillo di luce fece capolino dall’angolo dell’occhio destro del giovane.

«… te… one…»

La lacrima appena nata rotolò sulla guancia scavata del giovane, per poi lanciarsi sul suo gilet blu.

Fu troppo per Yao: le ginocchia cedettero, così come gli argini in cui aveva confinato la propria tristezza. La tunica di Yong Soo si spiegazzò sotto le sue dita mentre lo abbracciava con foga, e la stoffa candida sulle spalle si infradiciò con il suo pianto. Young Soo… il suo vivace, prezioso, insostituibile fratellino…

«Sono qui, Young Soo» il sole nel suo petto ruggì, riscaldando il corpo di pietra tra le sue braccia. «Sono qui con te. Perdonami se non ci sono stato prima.»

Non ebbero tempo di commuoversi per quella riunione fraterna: un boato esplose nella stanza, scatenando un turbine di vento improvviso.

Gilbert piantò la scimitarra a terra per non essere trascinato via, Arthur invocò immediatamente uno scudo protettivo, e Yao si aggrappò con tutte le sue forze al trono e al fratello.

Quando il vortice si placò, la stanza contava un ospite in più.

Un ragazzo asiatico, in un’impeccabile uniforme bianca li fissava con il collo reclinato in un angolo innaturale.

«Non credevo saresti tornato, Figlio del Cielo» sghignazzò il demone. Ignorò completamente gli altri due incantatori, e si avvicinò al sovrano. «Pensavo fossi fuggito per salvarti la vita.»

«Me ne sono andato per chiamare rinforzi» Yao si rialzò lentamente, stendendo un muscolo per volta. Quando parlò, mille sovrani passati condannarono il demone con voce di ferro: «E questa volta ti distruggerò.»

Un’espressione di divertimento osceno sollevò le sopracciglia e aprì la bocca di Kiku.

«E uccideresti il tuo figlioccio, dopo aver perso tuo fratello?» il demone scoccò un’occhiata untuosa alla figura scomposta di Young Soo e valutò: «Se per miracolo doveste riuscire a riscuoterlo dalla maledizione, sarebbe troppo debole per sopravvivere. Lo svegliereste solo per farlo morire, che tragedia…»

«Taci» intimò Yao, irrigidendo le spalle.

Il demone non lo provocò ulteriormente, e indirizzò la sua invettiva contro gli altri presenti.

«Il famoso Mago dell’Ovest e il famigerato Hellsing, quale onore!» li salutò ironico, per poi assottigliare gli occhi in uno sguardo diabolico. «Certo, per me non siete che due persone immensamente tristi. Un povero alieno che rimpiange la sua dimensione natale e un paio di occhi blu, e un cacciatore decaduto che ha lasciato il cuore dentro una tomba gelida.»

La scimitarra di Gilbert stridette feroce, uscendo dal fodero e puntandosi contro il loro avversario.

«Sai cosa cacciano gli Hellsing?» ringhiò, minaccioso.

«Lo so. Come so che non hai mai affrontato un demone del mio calibro» tutto il viso si incurvò in un ghigno malefico, e la bestia infierì: «Anzi, uno lo hai incontrato, ma si è sparato prima che tu potessi affrontarlo…»

Il demone accompagnò il passo con una risata, schivando la scimitarra dell’Hellsing.

«Ma come?» si portò un dito alle labbra, fingendosi sorpreso. «Ero convinto che ti fossi lasciato tutto alle spalle. O almeno, così avevi detto al tuo amico Antonio…»

Fu costretto a interrompersi per evitare un’enorme palla di fuoco. Il Figlio del Cielo dimostrò un controllo dei suoi poteri totale e terribile, dissolvendo le lingue di fiamma prima che potessero incendiare la stanza.

«Adesso basta» sentenziò, gelido.

«Concordo, vostra altezza» il demone si leccò le labbra, come se già pregustasse il sangue. «Adesso basta.»

«Se ti arrendi, mostreremo clemenza» consigliò Arthur. «Uccidendoti senza farti soffrire troppo

La mascella del demone quasi crollò al suolo per le risate che la scossero. Gli occorsero alcuni istanti per ricomporsi.

«E per quale motivo dovrei arrendermi? Oh, siete degli ottimi avversari, nulla da eccepire... ma siete pieni di ombre. Voi e i vostri amici che vi aspettano qui fuori, con quei ridicoli incantesimi di camuffamento.»

Il Mago dell’Ovest sentì un brivido lungo la colonna vertebrale. Come aveva fatto a vedere attraverso le sue magie? Solo un incantatore di livello superiore poteva smascherare gli inganni di un mago di livello inferiore. Ciò significava che quel demone era più forte di lui?

Kiku si avvicinò a una finestra e inspirò a fondo, socchiudendo persino gli occhi, come preda di un’estasi suprema.

«Il giovane Vaticano che si strazia per il fratello, il corsaro senza genitori e senza popolo, un povero padre responsabile della miseria del figlio e della sua gente, un gigante senza memoria… e poi, voi» il demone fece schioccare la lingua, deliziato. «Siete così pieni di tenebre, di rimpianti…»

Una luce sepolcrale adombrò gli occhi scuri. La voce del demone fu simile allo stormire dei cipressi in un cimitero.

«E io mi nutro di ombre.»

Un secondo boato fece tremare l’intero Palazzo; le assi del soffitto scricchiolarono, e le pareti emisero un gemito terribile mentre quella forza violenta le scuoteva.

Una sostanza nera e viscosa si spalmò lasciva sulle finestre, e Arthur imprecò:

«Maledizione! È un incantesimo di isolamento!»

«Sei molto intelligente, Britanno» il demone ghignò, maligno. «O forse dovrei dire Faerie

Avevano portato le loro truppe per nulla: Antonio, Lovino, Roderich e Ivan non sarebbero potuti entrare, con quella melma a bloccare le porte. Forse la Mano Sinistra del Diavolo sarebbe riuscita a spezzare l’incanto, ma avrebbe impiegato interi minuti. E sarebbero stati sufficienti a quel demone per ucciderli.

«In nome del Palazzo di Quarzo!» sbottò Arthur, rivolto a Gilbert. «Quanto diavolo è forte questo demone?»

L’Hellsing rispose con un filo di voce e il viso terreo.

«Tra poco lo scopriremo» ripose la scimitarra per sfoderare l’archibugio. Non poteva richiamare Gilbird nel palazzo: la stanza era troppo stretta, non sarebbe riuscito a muoversi o a difendersi, e sarebbe stato come consegnarlo al demone su un piatto d’argento. «Sa dei Carriedo e degli Hellsing. Temo che questo demone non si sia nutrito solo del risentimento del tuo popolo, Figlio del Cielo.»

«Intendi dire…»

«Si è nutrito anche del dolore della mia gente e di quella di Antonio. Non c’è altra spiegazione. Non sarebbe mai diventato così forte, altrimenti» Gilbert stroncò la domanda di Arthur. Quella bestia schifosa aveva pasteggiato sulla sofferenza di sua madre adottiva, dei genitori di Antonio, di tutti i loro compatrioti…

Strinse le mani sull’archibugio. Gli avrebbe fatto sputare tutto quanto a forza.

Il demone applaudì, ironico.

«Sei davvero scaltro, Hellsing. Ora capisco perché sei sopravvissuto solo tu.»

Il diavolo alzò bruscamente le braccia al cielo, e un vento infernale si sollevò tutto intorno a loro.

«Fino ad oggi, almeno» sogghignò, tracciando una linea obliqua con la katana.

«Barriere! Subito!» gridò allarmato l’Hellsing.

Arthur si avvolse nel mantello salmodiando una litania, Yao portò indice e medio davanti alle labbra che recitavano una formula, e Gilbert mise l’archibugio in verticale, gridando un’unica parola nella lingua antica dei Nibelunghi.

Un suono metallico, come quello prodotto da una spada contro uno scudo, rimbalzò nell’aria tutto intorno.

«Lame di vento?» si sorprese Arthur. Non riuscì ad aggiungere altro: l’avventatezza del Figlio del Cielo gli tolse il fiato.

Yao si disfò dello scudo magico, e si lanciò nella selva di lame invisibili. Un filo di sangue uscì dalla sua guancia candida, uno spruzzo carminio dalla sua spalla, e un rumore di seta stracciata accompagnò il taglio dei suoi capelli: la lunga coda mogano del Figlio del Cielo cadde a terra senza emettere suono, mentre il suo proprietario invocava il potere delle fiamme.

Perfino Kiku indietreggiò di fronte alla ferocia del sovrano. Le braccia di Yao divennero due lunghe lingue di fuoco, che il regnante agitò come fruste in direzione del demone, costringendolo a indietreggiare.

«Come è possibile?» ruggì il Samurai, furibondo. «Tu non dovresti essere così…»

La mano destra del sovrano si sollevò, e si abbassò scagliando una sfera di magma. Il demone non riuscì a schivarla, e ne fu colpito in pieno.

Yao si avvicinò a quel contenitore bruciacchiato: il potere del diavolo aveva evitato la morte, ma non aveva potuto arginare del tutto i danni. Il piede del Figlio del Cielo si abbatté con forza sul suo sterno, bloccandolo al suolo.

I capelli scompigliati dal vento si agitavano in ciocche scomposte ai lati del suo viso marmoreo, e i movimenti fluttuanti della veste scarlatta ricordavano le ali della fenice. Arthur e Gilbert furono quasi atterriti da quella visione: il Figlio del Cielo non si era mai scomposto, non aveva mai perso la sua seraficità. La freddezza guerresca che lo pervadeva lo aveva trasfigurato, facendolo assomigliare pericolosamente al demone inchiodato al suolo.

«Ciò che davvero è da temere è l’ira dell’uomo calmo…» Arthur citò un vecchio detto popolare, incapace di articolare qualcosa di più complesso.

«Non eri così forte!» si ribellò il demone, sibilando come un nido di vipere.

Yao si chinò su di lui, e premette più forte sul suo sterno.

«No» le parole echeggiarono come frustate nell’aria scossa dal vento. «Ero forte anche allora. Ma ero spaventato: avevo paura di far del male al mio figlioccio, o a mio fratello. Ma grazie a te, demone, non ho più paura di niente» Yao chiuse i pugni, che furono immediatamente avvolti da ruggenti lingue di fiamme. «Mi hai strappato mio fratello. Mi stai costringendo a uccidere mio figlio. E, se non ti uccido, perderò la vita e il regno. Grazie a te, demone… non ho più nulla da perdere.»

Calò un pugno sull’essere sotto di lui, ma quello lo bloccò afferrandogli il polso con una forza sovrumana.

«Tu non hai nulla da perdere…» quella risata così simile a degli artigli sul legno di una bara gli graffiò le orecchie. «Ma io ho tutto da vincere!»

Yao fece appena in tempo a liberare il polso e scattare all’indietro prima che il demone vibrasse un colpo di katana nella sua direzione. La lama gli stracciò la tunica sul petto, aprendo un ghigno rosso di sangue sulla sua pelle nivea.

Il vento riprese a ululare, costringendo i tre maghi a erigere nuovamente le loro barriere.

«Accidenti» imprecò Arthur. Su Faerie, dove ognuno nasceva con poteri magici, non aveva mai combattuto; aveva guerreggiato sulle navi al soldo della corona Britannica, ma non aveva mai avuto rivali che sapessero duellare con la magia. Era abituato all’ignoranza dei soldati, e a essere l’unico dotato di poteri magici: non sapeva come reagire a un nemico di tale portata, che riusciva a immobilizzarli in posizione difensiva con un solo incantesimo

Gilbert, invece, aveva lottato con moltissimi demoni, ma pochissime volte con diavoli incantatori, e mai a quel livello.

Il Figlio del Cielo non aveva mai combattuto, pur essendo dotato di poteri immensi.

Nonostante le esperienze differenti, si trovavano tutti inesperti di fronte a quel demone micidiale.

Yao si circondò di fiamme per proteggersi, ma la cosa non sembrò scalfire Kiku, che avanzò inesorabile verso di lui.

In quel delirio, nessuno sentì la porta aprirsi.

«Come hai detto tu, Figlio del Cielo» Heracles svettò contro il soffitto, bellissima e terrificante. «Adesso basta

Un’esplosione di sangue sporcò l’aria e si disperse nel vento turbinante. Ma non fu il sangue del sovrano a essere versato.

Solo Yao riuscì a riconoscere l’uomo parato di fronte a lui: l’Aquila. L’eroe di Chugoku lo aveva salvato.

Alfred barcollò sulle gambe, fiaccato dal dolore lancinante. La spada gli aveva lacerato il busto dalla spalla al fianco, e una cascata di sangue colava dall’orrendo squarcio. Cercò febbricitante di premervi le mani sopra, ma ottenne solo due guanti di un vermiglio brillante.

Aprì la bocca per parlare, e un fiotto di sangue quasi lo soffocò.

Matt aveva provato le stesse cose, quando era morto? Quel dolore che risucchiava il respiro dai polmoni, quel freddo che avvolgeva il cuore, quel terrore opprimente…

Tossì bolle di sangue, mentre biascicava:

«Non so chi tu sia… ma non sei Kiku.»

«Complimenti» lo schernì crudelmente il demone. «Ti sei fatto ammazzare per questa illuminante constatazione?»

Alfred emise un suono strozzato, a metà tra il singulto e il conato, e un fiore cremisi gli scoppiò sulle labbra al successivo colpo di tosse.

«Kiku morirebbe… se risvegliandosi scoprisse… di aver ucciso il sovrano» si avvicinò di un passo barcollante. Doveva far sistemare gli occhiali, il mondo era così sfuocato e tremolante… o forse erano i suoi occhi. Aveva sentito dire che la morte si prendeva un senso per volta, prima di togliere la vita.

Dunque era vero. Stava morendo.

Il demone lo fissò disgustato, mentre l’uomo sanguinante gli appoggiava una mano sulla spalla.

«Che diavolo stai facendo?» domandò, schifato. Come si permetteva quella nullità senza il minimo potere magico, quell’essere così mediocre, di intromettersi tra lui e le sue prede?

Alfred scoprì i denti arrossati di sangue in un sorriso morente.

«L’unica cosa che so fare» rispose. «L’eroe.»

I presenti trasalirono allo schiocco secco dello sparo.

Il demone fissò l’uomo di fronte a sé, inebetito dalla sorpresa, prima di abbassare lo sguardo sul suo petto. Lenta e irrefrenabile, una macchia scura si allargava sulla sua divisa immacolata.

«Sembri un grande mago, ma il tuo corpo è umano» raspò Alfred. «A volte, la soluzione più semplice è… la più efficace.»

Sarebbe morto. Ma sarebbe morto da eroe.

Le labbra di Kiku si spalancarono in un grido agghiacciante, lo stesso delle anime che vengono gettate nell’Inferno per l’eternità. Si graffiò il collo, ululando selvaggiamente, e cadde sulle ginocchia.

Il vento cessò all’improvviso, e Gilbert emise un grido di gioia: la schiena del Samurai stava sussultando in un modo che conosceva bene. Era il primo avviso di un demone che lascia il corpo ospitante. Quel maledetto diavolo non era più così forte, una volta incrinato il suo legame con quel mondo.

«Dove credi di andare?» ghignò trionfante, puntando l’archibugio. Sparò non appena la prima cresta oscura spuntò dalla schiena incurvata del Samurai. Il corpo di Kiku si inarcò bruscamente, e si gettò a terra subito dopo, scosso da spasmi irrefrenabili.

«Avanti, esci, schifezza!» lo spronò barbaramente Gilbert. «Non eri ansioso di farci vedere il tuo potere?»

Di nuovo, l’aiuto venne da un lato insperato. Kiku, il vero Kiku, portò su di loro gli occhi velati da lacrime di dolore, una mano premuta al petto trafitto. Da vero guerriero, non elemosinò per la sua vita; li fissò sconcertato e domandò:

«Che cos’è… c’è qualcosa che… si agita sotto la mia pelle…»

«È un demone» Gilbert caricò il secondo colpo dell’archibugio: non c’era tempo per le spiegazioni complicate. «Ti sta usando per rimanere aggrappato a questo mondo.»

Kiku batté le palpebre sugli occhi lucidi. Non capiva cosa stava succedendo: ricordava solo di essersi infilato la divisa, e poi nulla fino al momento in cui si era ritrovato a terra con un foro di pallottola nel petto. Quando era successo? Quando gli avevano sparato? Chi era stato? Perché?

E Yao, con la tunica sbrindellata sul petto e i capelli più corti che lo fissava. Quando era guarito? Perché lo guardava come se stesse vedendo un fantasma?

E Alfred, accasciato in una pozza di sangue accanto a lui, che lo accarezzava con i suoi occhi cerulei.

«Bentornato, Kiku» le labbra tremarono per lo sforzo di incurvarsi in un sorriso stremato.

«Sono stato io?» il Samurai articolò la domanda in uno stridio: il demone aveva ricominciato a sgroppare dentro di lui. Non ricordava nulla di quanto fosse successo; e la dimenticanza era il primo segnale di colpevolezza, nel suo credo di ferro. «A fare tutto questo…?»

«Non tu. Il demone» la voce di Yao tremava. Non l’aveva mai sentita tremare prima di allora…

Il demone. Quella bestia che si agitava sotto la sua pelle. Da quanto era lì? Perché non se ne era mai accorto? Quali altri orrori aveva compiuto, servendosi del suo corpo?

Non aveva una risposta a quelle domande, e il dolore sordo che dal petto stava avviluppando tutto il suo corpo non gli permetteva di ragionare con chiarezza.

Un’unica verità si fece strada nella sua mente confusa: l’uomo con gli occhi rossi aveva detto che lui era l’ancora di quel demone. Se lui non ci fosse stato…

Aveva un pugnale, stretto in una fondina sulla tibia. Lo estrasse velocemente e, prima che il sovrano potesse fermarlo, lo conficcò nel suo ventre con forza.

Delle braccia familiari si strinsero sulle sue spalle ricurve, e Kiku avvertì delle lacrime di sollievo scaldargli gli occhi. Il sovrano gli era mancato da morire.

«Cosa stai facendo?» la voce di Yao vacillava sull’orlo del pianto. Di nuovo, non avrebbe saputo dire quando era stata l’ultima volta che lo aveva sentito così disperato.

Kiku voltò la testa verso di lui, malfermo.

«Quello che ho giurato di fare il giorno della mia nomina a Samurai» il guerriero contorse il viso in una smorfia, lottando per il fiato: non era facile parlare con una lama conficcata nella pancia. «Difendo Chugoku e il suo sovrano.» 

Le lacrime del Figlio del Cielo gli bagnarono il collo, e le sue braccia gli abbracciarono il capo con più forza mentre faceva passare la lama in orizzontale e poi in verticale sul suo busto, secondo il rituale dell’harakiri. Alfred stava morendo da eroe; lui sarebbe morto da Samurai.

Il demone non riuscì a rimanere oltre in quel corpo a pezzi: ne uscì bruscamente con un gemito innaturale, e Gilbert ne approfittò immediatamente.

Il secondo colpo di archibugio abbatté il diavolo al suolo, e l’Hellsing estrasse la scimitarra avvicinandosi a lui.

Osservò ciò che rimaneva dell’essere che li aveva bloccati poco prima: una poltiglia senza forma, di un nauseabondo colore scuro, che si contorceva sul pavimento.

«Tu» la spada indugiò su quella fanghiglia animata. Gilbert chiuse gli occhi un istante, e il volto che più aveva amato comparve dietro le palpebre. La storia dei demoni stava per finire: Matthew poteva riposare in pace. «Tu sei l’ultimo

Vibrò il colpo finale senza alcuna pietà: la massa pulsante emise un suono stridulo e inarticolato prima di dissolversi sotto la sua lama in un puzzo di carne bruciata.

Gilbert si voltò, ma non riuscì a inneggiare alla vittoria.

Il ragazzo piombato all’improvviso nella battaglia giaceva al suolo, tremendamente immobile, e Yao reggeva tra le braccia il suo figlioccio, ormai prossimo all’ultimo respiro.

La porta della camera si spalancò bruscamente, e delle guardie irruppero nella stanza. Fissarono inorridite il lago di sangue, allucinate gli stranieri e trasecolate il loro sovrano.

«Chiamate i medici» ordinò Yao.

«Signore…»

«Chiamate i medici adesso

Erano chiaramente desiderosi di sapere cosa fosse successo, perché il regnante fosse uscito all’improvviso dal coma, chi fossero quegli stranieri, ma il tono del Figlio del Cielo non ammetteva repliche: corsero nei corridoi chiamando a gran voce i dottori di corte.

Arthur si avvicinò ai feriti e offrì:

«Conosco alcuni incanti di guarigione.»

«Prima… lui…»

Il Mago dell’Ovest voltò la testa verso il giovane biondo, che sputacchiava le sue ultime parole nel suo stesso sangue.

«Non io… prima lui…»

Arthur gli appoggiò una mano sulla testa, per tranquillizzarlo nella sua agonia.

«D’accordo. Curerò prima lui. Non agitarti.»

Impose poi i palmi sul ventre squarciato di Kiku, e richiamò le sue energie taumaturgiche.

Yao si allontanò per permettere all’incantatore di lavorare e un gracidio flebile lo raggiunse alle spalle.

«Sei to… torna… to… fratel… lone…»

Morto il demone, anche la maledizione imposta sul Portavoce del Sole si era sciolta.

Il Figlio del Cielo si precipitò di fronte al trono su cui giaceva Young Soo. Nonostante le membra stremate e avvizzite nell’inedia, la luce negli occhi del fratello era quella che ricordava, più brillante del Sole di cui era il Portavoce.

Yao afferrò una delle sue mani nodose dal colore delle cortecce, e se la portò alle labbra.

«Sono qui. Perdonami se ci ho messo tanto.»

Young Soo mosse impercettibilmente il capo in un cenno di diniego.

«Non importa. Lui mi aveva detto… che saresti tornato…»

«Lui?»

Il respiro uscì in un raspare crepitante dalle labbra secche di Young Soo.

«Il Marauder…»

«Come hai fatto a parlarci? Non si era incarnato dentro di te?» obiettò Gilbert.

Il Portavoce del Sole chiuse le palpebre. Parlare era uno sforzo tremendo, dopo quasi un anno di immobilità.

«Io ero solo un passaggio… aspettava che il suo vero corpo arrivasse…»

La fatica fu troppa per quel corpo debilitato: Young Soo tacque, inclinandosi in avanti con il busto per cadere tra le braccia protese di Yao.

«Bentornato a casa, fratellone…» esalò, prima di perdere i sensi.

Un rombo di passi concitati si gonfiò nel corridoio; Antonio, Ivan, Lovino e Roderich si precipitarono nella sala, ancora avvolti dall’incantesimo di camuffamento.

«Cosa è successo? Non siamo riusciti a…»

La gravità della situazione li imbavagliò. Il Figlio del Cielo singhiozzava, reggendo tra le braccia una mummia respirante. Il Samurai giaceva al suolo, una magia di guarigione dorata che lavorava faticosamente sulla lacerazione che gli apriva l’addome, rosso come tutti i paramenti della stanza. Il Mago dell’Ovest era chino su un giovane sconosciuto, affondato in un mare di sangue.

L’Hellsing osservava la scena, immobile e cinereo.

«Abbiamo sconfitto il demone» annunciò.

Ma non aggiunse altro.

 

 

 

 

 

 

 

… in realtà il capitolo doveva essere molto più lungo XD

Ma ho avuto alcuni inconvenienti nonché problemi familiari, quindi ho dovuto dividerlo a metà .-. Ergo, la saga asiatica si concluderà nel prossimo capitolo (che in realtà era la seconda parte di questo… eh XD).

In ritardo di una settimana, per le motivazioni di cui sopra .-. è stato davvero un periodo duro .-.

 

Anyway, voglio ringraziarvi tutti per essere arrivati fino a questo punto della storia *-* Al termine della saga asiatica, si aprirà l’arco narrativo finale… la storia dovrebbe concludersi verso il capitolo trenta.

E un grazie di cuore a tutti voi che avete recensito lo scorso capitolo: domani risponderò alle vostre recensioni una per una<3 (oggi non faccio in tempo purtroppo .-.) Mi avete scaldato il cuore<3

 

Che altro aggiungere… una tazza di the verde a tutti voi che avete letto/recensito/speso una lacrimuccia per questa storia<3 Per restare in tema “Asia” XD

 

Ci vediamo tra due settimane<3

Red

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: HamletRedDiablo