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Autore: BogartBacall    01/04/2014    1 recensioni
"Sono loro, i protagonisti di questa storia. Quelli che avrebbero tutto, per essere gli eroi: soldi, fama, ricchezza, talento... ma che, agli occhi dei più, sono solo i Miserabili."
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Ogni storia hai i suoi antagonisti, anche se, talvolta, questi ultimi non sanno nemmeno di esserlo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Pansy
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Al mondo sono andato
 Al mondo sono andato, dal mondo son tornato sempre vivo

Il processo era iniziato alla fine di agosto dell’anno della guerra. Eppure, in quei mesi, Draco non aveva pensato al suo futuro, a quello che sarebbe successo in caso fosse stato riconosciuto colpevole. In quei tre mesi, non era passato giorno in cui il ragazzo non avesse pensato all’unica persona che l’avesse mai capito e conosciuto davvero. In quei tre, lunghissimi mesi, non aveva fatto altro che pensare ad Asteria.
Da quando l’aveva rivista, ritta in fronte a lui, in Sala Grande, al termine della battaglia, aveva iniziato a riflettere. Sì, perché quando aveva alzato lo sguardo nella sua direzione, sapeva che lei sarebbe stata lì, perché lui lo desiderava. Era abbastanza strano, difficile da spiegare. Eppure, in quel momento, al termine della battaglia che aveva visto il fallimento dell’uomo a cui aveva ceduto la sua anima, mentre stava abbracciato ai suoi genitori invece di fuggire e nascondersi, sentiva che gli mancava qualcosa, per poter essere veramente felice. E quel qualcosa era lei, Asteria.

La mattina della prima udienza era giunta senza quasi che se ne rendesse conto. I funzionari del Ministero che da mesi pattugliavano la casa dei suoi genitori, nel timore che potessero tentare la fuga prima del giudizio del Wizengamot, l’avevano prelevato dalla villa di buon’ora, strappandolo brutalmente dall’abbraccio di incoraggiamento di sua madre, utilizzando il grande camino del salone come accesso alla metropolvere. Avevano invaso la loro casa, senza nessun ritegno, senza nessuna delicatezza, e loro avevano accettato quella violazione della loro intimità senza fiatare, consapevoli che sicuramente non sarebbe stato peggio di quello che avevano passato nei mesi precedenti.
Arrivato al Ministero, venne fatto accomodare in una stanza adiacente al tribunale, in attesa del suo turno, controllato a vista da due energumeni che lo nemmeno lo guardavano in faccia. Ipocriti. Fino a tre anni prima facevano parte di quella schiera di leccapiedi che si prostrava al solo passaggio di suo padre, mentre ora ostentavano tutto il loro disprezzo.
La porta che dava sull’aula del Wizengamot finalmente si aprì e un minuscolo mago con la faccia da tartaruga comparve sulla sua soglia, invitando con un cenno del capo i suoi due accompagnatori a scortarlo all’interno. La prima cosa che lo colpì fu il gran numero di spettatori presenti: evidentemente nessuno, nel mondo magico, voleva perdersi il momento in cui l’erede dei Malfoy sarebbe caduto in disgrazia. In altre circostanze la cosa l’avrebbe profondamente irritato, ma ormai nulla riusciva a fargli provare emozioni. Niente più rabbia, desiderio di vendetta, senso di superiorità… Draco Malfoy viveva nella più assoluta apatia dal giorno in cui tutta quella follia era terminata, il giorno in cui aveva dovuto iniziare a pensare a quale fosse il suo ruolo in questo mondo. Una delle due guardie lo spintonò verso la sedia posta al centro della stanza, facendolo bruscamente sedere. Incrociò lo sguardo spaventato e velato di lacrime di sua madre mentre i suoi polsi e le sue caviglie venivano cinti dalle catene, legandolo allo scranno. Mentre i membri del tribunale magico ancora discutevano fra loro, in attesa dell’ingresso del Presidente, Draco si voltò verso gli astanti. Non capì mai cosa lo spinse a farlo, fin dall’inizio si era ripromesso di ignorare il pubblico, di non degnarlo di uno sguardo, stanco dei continui sguardi di disapprovazione che la gente gli lanciava. Eppure, si girò e fu allora che la vide. Stava entrando in quel momento, scendendo le scale alla ricerca di un posto per sedersi. Asteria Greengrass era lì, al suo processo.
Si voltò di scatto, iniziando a sudare freddo, e per la prima volta si pose la domanda che avrebbe dovuto farsi molto tempo prima: cosa sarebbe successo se l’avessero dichiarato colpevole? L’avrebbero imprigionato, sì, condannato a chissà quale pena, ma non era quello che voleva sapere. Quel che gli premeva sapere era cosa avrebbe pensato Asteria? Se il Wizengamot l’avesse proclamato reo dei capi d’imputazione a suo carico, esponendo le prove della sua colpevolezza, tutto ciò che aveva cercato di mostrarle, tutte le parole dette sarebbero state vane, schiacciate dall’inconfutabile verità: lui era stato un Mangiamorte, scelto personalmente dal Signore Oscuro per compiere il più efferato e strategicamente importante degli omicidi. L’ingresso del Presidente del Wizengamot non contribuì a diminuire il suo stato d’ansia: da quel momento in poi un gruppo di illustri sconosciuti avrebbe soppesato ogni sua parola, ogni suo atteggiamento, ogni suo sguardo per decidere del suo destino. Si voltò, di nuovo, e non ebbe nemmeno il bisogno di cercarla perché, come poco prima, i suoi occhi caddero automaticamente su di lei. Era lì, era lì davvero. Dopo tre mesi di lontananza, in cui non aveva fatto altro che pensare a lei, era lì, per lui. Per un secondo i loro sguardi si incrociarono e si sorrisero timidamente. Tanto bastò, un sorriso appena accennato, a ridare forza al giovane Malfoy, che si girò verso i suoi inquisitori, fiero.
“Il tribunale del Wizengamot si riunsce oggi, 31 agosto 1998, per giudicare l’imputato Draco Malfoy!” dichiarò Kingsley Shacklebolt, neoeletto Ministro della Magia e Presidente del tribunale dei maghi. “I cui capi d’imputazione sono: adesione al gruppo dei seguaci di Lord Voldemort, altrimenti noti come Mangiamorte, e tentato omicidio di Albus Percival Wulfric Brian Silente.”
Un mormorio terrorizzato percorse la folla al sentir pronunciare il nome del Signore Oscuro, ma il piccolo mago-tartaruga si affrettò a richiamare tutti all’ordine.
“Grazie, Wislow” riprese parola Shacklebolt. “Prima di interrogare l’imputato, andremo ad ascoltare la deposizione di un testimone a difesa del Signor Malfoy” annunciò, fra lo sgomento di Draco e la curiosità generale. “Fate entrare Harry James Potter.”
Il brusio di poco prima di trasformò in un vociare concitato. Draco non era certo di aver ben compreso: Potter? Potter avrebbe testimoniato a suo favore? Doveva sicuramente esserci un errore. Un grosso, enorme, madornale, tragico errore.
Ogni dubbio venne fugato dall’ingresso in aula del Ragazzo che è Sopravvissuto. Occhi bassi rivolti al pavimento, percorse rapidamente il tratto che lo separava dal banco dei testimoni, rivolgendo un sorriso impacciato al Presidente e una fugace occhiata ad un sempre più perplesso Malfoy solo dopo essersi seduto.
“Harry James Potter!” dichiarò il mago-tartaruga, solenne. “Lei è consapevole delle pene previste da questo tribunale nei confronti di chi reca falsa testimonianza?”
“Sì!” si limitò a rispondere, asciutto.
“Può ora dichiarare il motivo della sua presenza” proseguì l’altro.
Potter si schiarì la voce, lisciando ripetutamente i pantaloni con i palmi delle mani. “Sono qui oggi per scagionare l’imputato Malfoy dalle accuse di tentato omicidio e di adesione volontaria alla causa di Voldemort.”

Dopo la deposizione di Potter fu chiaro che il processo avrebbe preso tutta un’altra piega per i Malfoy. Certo, l’idea di essere salvato per l’ennesima volta dall’eroe Potter non riempiva di gioia Draco, ma doveva ammettere che averlo come testimone aveva i suoi lati positivi, come, ad esempio, il fatto che avesse confermato la versione dei fatti che aveva fornito ad Asteria. Oppure il fatto che, dovendo Weasley e la Granger suffragare la sua tesi, ogni udienza venisse fissata nei periodi di sospensione delle lezioni ad Hogwarts, consentendo anche alla piccola Greengrass di presenziare.
Non si erano mai parlati, nemmeno incrociati. Al termine di ogni seduta Asteria scompariva, riapparendo solo a quella successiva, ma a Draco non importava. Il solo pensiero che lei fosse presente, per lui, bastava a dargli la forza di continuare. Perché, nonostante l’aiuto di Potter, il processo fu comunque devastante: le accuse infamanti nei suoi confronti non erano mancate, soprattutto da parte dei “pentiti”, di coloro che puntavano ad ingraziarsi il Wizengamot al solo scopo di sfuggire ad Azkaban, che anche senza Dissennatori rimaneva comunque un luogo terrificante. Fu soprattutto il secondo anno ad essere particolarmente pesante: il fatto che la Granger avesse terminato gli studi aveva fatto sì che le due udienze prima del verdetto finale si svolgessero in periodo di lezioni, impedendo ad Asteria di essere presente. Inoltre, il padre di Tiger, infuriato per la perdita del figlio, aveva portato false prove di colpevolezza di Draco nella tortura e omicidio di alcuni Nati Babbani, al solo scopo di ottenere vendetta.
Era la sera prima dell’udienza finale, quella in cui si sarebbe decretata definitivamente la sua colpevolezza o la sua innocenza, e tutti quei pensieri si affollavano nella sua mente, seduto nella veranda di Villa Malfoy, gli occhi fissi sulle stelle, su quella stessa costellazione dello Scorpione che aveva osservato decine di volte, l’anno precedente, prima di farsi coraggio e decidersi a rivolgere la parola ad Asteria. In quei due, lunghissimi anni, era stata l’unico pensiero in grado di fargli trovare la voglia di continuare e sperava davvero di vederla, l’indomani, anche se questo avrebbe significato doverle dire addio in caso di condanna. Almeno, però, avrebbe potuto rivederla, almeno una volta. Era talmente assorto nei suoi pensieri da non rendersi conto che suo padre gli si era seduto a fianco.
“Quando mi hanno rinchiuso ad Azkaban, dopo la battaglia all’Ufficio Misteri, continuavo a pensare che la cosa peggiore di quell’inferno fosse il non poter più rivedere gli occhi di tua madre” iniziò, fissando a sua volta il cielo. “Eppure, il solo pensiero di lei mi ha aiutato a non impazzire del tutto, a non lasciarmi sopraffare dai Dissennatori.”
Spostò lo sguardo sul figlio, sorridendo, mentre l’altro gli restituiva uno sguardo confuso.
 “Ho visto che la figlia più piccola dei Greengrass è venuta a molte udienze del processo…” continuò il vecchio Malfoy.
“Sì…” confermò Draco. “Sì… Io e lei abbiamo avuto modo di conoscerci durante il mio ultimo anno ad Hogwarts.”
“E lei hai mai detto quello che provi per lei?” domandò Lucius, a bruciapelo.
Il figlio lo guardò, basito. “Cosa… cosa intendi dire?”
“So di non essere stato un padre esemplare, Draco” proseguì, amareggiato. “Sono consapevole anche del fatto che se ti trovi in questa situazione è solo per colpa mia.”
“Padre…” cercò di ribattere il giovane, prima di essere interrotto da un cenno di mano del genitore.
“Sono stato un pessimo padre, Draco, non si può negare. Autoritario, anaffettivo...”
“Io non penso nulla di tutto questo, invece” intervenne, serio. “Sei stato presente, attento, mi hai dato tutto quel di cui ho avuto bisogno e anche di più. Certo, non ti sei mai lasciato andare a pubblici slanci d’affetto, ma dopo la prima guerra hai dovuto ricostruirti una reputazione e la tua posizione non ti consentiva di mostrarti debole. Ma quando ho avuto bisogno ci sei sempre stato, sempre” concluse, accorato.
Lucius gli sorrise, carezzandogli la testa, scompigliandogli i capelli come quando era bambino.
“Quello che sto cercando di farti capire, figliolo, è che quando trovi qualcuno in grado di farti dimenticare le tue sventure, qualcuno che riesce a vedere in te l’uomo, al di là della maschera da Mangiamorte, qualcuno disposto a correre in mezzo alla battaglia solo per poter essere sicuro che tu sia vivo… beh, devi rischiare e dire a quel qualcuno quanto tieni a lei. Non sarò un maestro in sentimenti, Draco, ma so cosa significa amare. E se lo so è perché tua madre è stata quel qualcuno, per me.”
Il vecchio Malfoy si alzò, dando una lieve pacca sulla spalla al figlio. “Non pensare troppo, Draco. Per una volta, fa’ quello che ti viene istintivo. Sono sicuro che non te ne pentirai.”

La mattina seguente il Ministero pullulava di giornalisti e curiosi. Sembrava che tutto il mondo magico si fosse dato appuntamento presso il tribunale del Wizengamot per assistere alla disfatta di Draco Malfoy. Il ragazzo fu scortato nell’aula e fatto accomodare sulla solita sedia molto prima dell’inizio del processo, quasi volessero esibirlo come un qualsiasi fenomeno da baraccone. Il giovane, dal canto suo, sembrava quasi non farci caso: continuava a voltarsi nervosamente verso la folla, nella speranza di scorgervi il volto dell’unica persona che davvero gli importava fosse lì quel giorno. E, proprio quando il solito Wislow, il mago-tartaruga, annunciò l’ingresso del Presidente del Wizengamot, e lui stava per rassegnarsi all’idea che non sarebbe mai arrivata, ecco che Asteria comparve sulla soglia dell’aula, gli occhi bassi, quasi a voler evitare il contatto visivo con lui.
“Imputato Draco Malfoy, in piedi!” intimò Wislow.
Kingsley Shacklebolt attese che gli spettatori si quietassero e si schiarì la voce. “Alla luce di quanto emerso durante questo processo, in considerazione delle testimonianze fornite e delle dichiarazioni rilasciate dall’indiziato, questa corte dichiara l’imputato Draco Malfoy…”
Ci fu un attimo di silenzio, o forse fu solo frutto dell’immaginazione del giovane, che chiuse gli occhi, in attesa del verdetto.
“… non colpevole!”
Draco riaprì gli occhi, incredulo. Vide sua madre e suo padre abbracciarsi, sollevati che almeno per lui le cose fossero andate per il meglio, poi venne abbagliato dai flash dei fotografi, mentre qualcuno lo scortava fuori dall’aula. All’esterno, lo attendeva Shacklebolt, cui strinse la mano in segno di gratitudine, e riuscì ad intravedere Potter, cui fece un rapido cenno del capo: sapeva che gli doveva molto, forse tutto, ma per come erano sempre andate le cose fra loro era il massimo che riuscisse a fare e, a giudicare dallo sguardo soddisfatto dell’altro, era più che sufficiente. Si ritrovò a stringere mani di sconosciuti, a rispondere a domande ridicole di strani individui che affermavano di essere giornalisti delle più improbabili testate, mentre l’unica cosa che desiderava fare era trovare Asteria e abbracciarla. D’un tratto, la vide: stava uscendo dall’aula e gli rivolse uno sguardo fugace, prima di avviarsi a passo spedito verso gli ascensori che conducevano all’uscita. Draco si fece largo fra la folla, scansando chiunque si mettesse sulla sua strada, nel disperato tentativo di raggiungerla. Corse a perdifiato finché la intravide salire su uno degli ascensori.
“Asteria!” urlò, cercando di attirare la sua attenzione. “Asteria, aspetta!”
La ragazza lo vide, nel momento stesso in cui le porte dell’ascensore si stavano per chiudere. Malfoy accelerò, riuscendo ad infilarsi nel vano.
“Draco!” esclamò la ragazza. “Che… che cosa ci fai, qui?”
“Volevo parlarti!” rispose, ansimando.
“Oh…” replicò lei, colpita. “E di cosa?”
“Del fatto che ti amo.”
Asteria sbarrò gli occhi, esterrefatta. “Cosa? Draco, ma che stai dicendo?”
“Quello che ho detto. Ti amo” sospirò. “In questi due anni sei stata l’unica cosa che mi ha dato la forza di andare avanti. E il fatto che tu ci sia stata ogni volta che ti è stato possibile mi ha reso il processo molto più sopportabile. Per questo sono corso subito da te, perché se oggi deve iniziare la mia nuova vita, voglio che tu ne faccia parte. Ho commesso molti, troppi errori in passato, ho sacrificato amicizie, sabotato relazioni, ostacolato la mia stessa felicità. Non voglio più avere dei rimpianti, Asteria, e sapevo che se non fossi corso da te ora, avrei passato tutta la vita a chiedermi come sarebbe potuta andare” concluse, abbassando lo sguardo.
Non riusciva a guardarla negli occhi. Non si era mai chiesto se lei ricambiasse i suoi sentimenti, perché la prospettiva di uscire salvo da tutta quella storia non l’aveva mai davvero convinto. Ma ora, ora che si trovava di fronte a lei, dopo averle dichiarato il suo amore, non sapeva assolutamente come lei avrebbe potuto reagire.
“Non ci vediamo da due anni, Draco, come puoi dire di essere innamorato di me?” chiese lei, quasi impaurita.
“Sei venuta ad ogni udienza. Per me ha significato molto più di quanto tu possa immaginare” rispose, calmo. “So che questa cosa ti sembrerà assurda, ma credimi, io ti amo. E tu sai quanto io abbia sempre faticato ad esprimere i miei sentimenti. So anche se sei giovane, che hai appena terminato la scuola, che hai tutta una vita davanti che non puoi rischiare di infangare lasciando che il tuo nome venga associato a quello di un avanzo di galera che si è salvato solo grazie al provvidenziale intervento di Potter… Non ti sto chiedendo nulla, Asteria, voglio solo che tu sappia che io ti aspetterò: quando e se lo vorrai, io sarò lì, per renderti felice.”
L’ascensore rallentò la sua corsa, le voci dei curiosi e dei giornalisti si fecero via via più forti, mentre la mano della ragazza scivolava in quella di lui, stringendo le piccole dita affusolate alle sue.
Draco trasalì, portando lo sguardo dalla giovane alle loro mani, poi di nuovo alla giovane.
“Se dobbiamo essere felici, non vedo perché dovremmo rimandare!” affermò, decisa.
“Ma… ci vedranno! I giornalisti, la gente…” balbettò, confuso.
“Non m’importa” rispose, decisa. “Vorrà dire che tutti sapranno che ti amo e che ho sempre creduto in te.”
Draco la guardò a lungo, colpito da quanto quell’essere all’apparenza piccolo e fragile potesse essere determinato e forte. Si chinò, infine, su di lei e la baciò dolcemente, mentre le porte dell’ascensore si aprivano. Si staccarono l’uno dall’altra, sorridendosi, si strinsero più forte le mani e si avviarono verso la loro nuova vita insieme.


Care lettrici, cari lettori... Ad un anno dalla redazione di questo capitolo, mi vedo costretta a sventolare bandiera bianca e a dichiarare la storia incompiuta. Mi arrendo, purtroppo, perché non riesco proprio a terminarla e non ritengo possibile riuscirle a farlo nei mesi a venire: aspetto il mio primo bambino e penso proprio che i prossimi mesi, se non addititura anni, saranno impegnati nel suo accudimento.
Mi dispiace molto e lo dico con la morte nel cuore, perché odio lasciare le cose in sospeso, soprattutto quando l'idea è già in me e manca solo l'ispirazione giusta per metterla nero su bianco.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita fin qui, nonostante la mia poca costanza e la lungaggine. Se qualcuno di voi desidera sapere come pensavo di finire questa storia, o vuole raccontarmi come si è immaginato potesse finire, può tranquillamente contattarmi sulla posta fi EFP, sarò felicissima di rispondervi.
Arrivederci,  grazie ancora per tutto
BogartBacall



   
 
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