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Autore: Benio Hanamura    01/04/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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   “Miyuki-chan, sono io… Guarda chi c’è!” disse Kiyoko, sforzandosi di avere un tono allegro, ma la sagoma della bambina seduta sul futon ancora sfatto vicino alla finestra non si mosse né ebbe alcuna reazione.  Nonostante l’ora accanto a lei c’era un vassoio con abbondanti residui della colazione.
  Allora Kiyoko le si avvicinò, scostò il vassoio e si sedette accanto a lei, mentre io le guardavo smarrita, non sapendo come comportarmi.
   “Miyuki-chan, per favore… è Tsukiko, tua sorella! Ti avevo detto che sarebbe venuta, ma magari tu pensavi che volessi prenderti in giro, non è vero?” insistette con dolcezza, ed accarezzandole i capelli scompigliati la indusse pian piano almeno a voltarsi ed a guardarmi. Ma anche dopo che si fu voltata dalla mia parte i suoi occhi continuavano a fissare il vuoto e lei pareva quasi una bambola, che semplicemente subiva passivamente facendosi manipolare da chicchessia: possibile che proprio lei fosse quella bambina sempre allegra  e vivace che ancora ricordavo dopo tanti anni? Trasformata in una bambola, appunto, una bambola di stracci abbandonata su un futon, che evidentemente non si pettinava i capelli da giorni, lei che quando stava ancora con noi al villaggio amava adornarli spesso con vistose ghirlande di fiori anche sparpagliando petali per la casa e suscitando le ire della mamma!
   Kiyoko a quel punto mi guardò con tristezza e rassegnazione, sperava davvero che vedermi avrebbe subito suscitato una reazione in lei... Ed invece no, niente, continuava a restare immobile a fissare il vuoto.
   “Miyuki-chan, sono io, Tsukiko, Miyuki-chan!!!” corsi verso il futon ad abbracciarla forte. Come potevo accettare una cosa del genere, vederla ridotta così, dopo aver sopportato per giorni e giorni vedere la mamma nello stesso stato? Continuai a chiamarla disperatamente, a scuoterla, era troppo per me! Ma proprio quando stavo per arrendermi e per mollare la stretta finalmente lei mi guardò.
  “Tsuki-chan?” Miyuki era tornata bruscamente in sé, scossa come se fosse stata colpita da un fulmine. Annuii, sollevata, e finalmente ci stringemmo forte, dopo tanti anni di lontananza. Più di me lei non la smetteva più di piangere, Kiyoko ne fu sollevata e ci lasciò da sole, evidentemente per riferire il buon esito dell’incontro alla okasan, per poi tornare più tardi con una domestica che risistemasse la camera che mai e poi mai mia sorella volle lasciare. La okasan aveva inizialmente pensato di lasciarci insieme ma altrove, sarebbe stato meglio per Miyuki, ma mia sorella non volle sentir ragioni e lei stabilì che in fondo era un capriccio di poco conto, che non avrebbe danneggiato nessuno. Ma probabilmente si era sbagliata: non so quanto fu questo ad influire negativamente su Miyuki, comunque in realtà quella che era sembrata una miracolosa e totale guarigione non si rivelò affatto tale. Mia sorella aveva ripreso a prendersi cura di sé, ma il minimo indispensabile, ed anche se in mia compagnia mangiava un po’ di più si era limitata a questo. Io, nonostante non avessi ancora completato il mio periodo da shikomi, avrei dovuto cominciare a frequentare la scuola, ed anche lei avrebbe dovuto riprendere, ma le cose non andarono affatto come pianificato. Nell’okiya era quasi diventata la mia ombra, quasi come se avesse temuto di perdere anche me dopo aver perso Aiko, e la mattina di quello che avrebbe dovuto essere il mio primo giorno di scuola ed anche il giorno del suo ritorno non appena varcammo la soglia le prese un attacco di panico, tornò velocemente dentro e non solo non si riuscì a convincerla ad uscire, ma trascinò dentro anche me. 
  A quel punto anche la okasan, per quanto generosa, si arrese: Miyuki aveva sempre vissuto nell’ombra di Aiko, chissà, forse aveva sbagliato lei a lasciare che restassero sempre vicine, mi confidò di temere, anni dopo. Questo infatti aveva fatto sì che lei si stesse adattando a quella nuova vita soltanto perché la viveva accanto a lei, a cui era sempre stata legatissima e che era anche rimasta l’ultimo legame con la sua vita al villaggio, con la nostra famiglia. Insomma, quel giorno la okasan concluse che Miyuki non avrebbe mai potuto essere una geisha. Davvero non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, ma bisognava accettare la realtà. Ed accettare la realtà voleva dire anche accettare che mia sorella avrebbe dovuto saldare il suo debito in altro modo… Solo anni dopo riuscii a comprendere perché Kiyoko era impallidita a quelle parole: non necessariamente una giovane comprata da un’okiya prima o poi diventa una geisha, potrebbe anche non dimostrarne mai le capacità, i requisiti, per incapacità o per altro. Ed in quel caso il debito maturato con le spese fatte dalla okasan per nutrirla, vestirla ed istruirla viene appunto saldato in un altro modo, che poi possono essere due modi diversi, due alternative…
   Tempo prima, venni a sapere, Miyuki era stata notata dalla signora Shiori, la proprietaria di una casa di piacere non molto lontana dal nostro okiya che, con la schiettezza (tanto esplicita da rasentare la volgarità) che la caratterizzava, aveva osservato che mia sorella non sarebbe mai diventata così bella da poter avere successo come geisha, ma che d’altra parte era abbastanza graziosa per poter lavorare per lei. La okasan ovviamente aveva rifiutato la sua offerta di cederglierla, sia perché restìa a condannare a tale esistenza una fanciulla sia per l’impegno preso con mio padre e con mio zio; ed anche in questa circostanza non ci ripensò, nonostante la signora Shiori, venuta a sapere chissà come della terribile situazione di Miyuki, era tornata come un avvoltoio all’okiya ad insistere, dicendo che nella sua casa lei non avrebbe più avuto modo di abbandonarsi alla tristezza. Al che la okasan era rimasta ferma nel suo rifiuto, perciò non restava che l’altra soluzione: Miyuki sarebbe rimasta per sempre una domestica! Niente più kimono di seta per lei, niente ornamenti per capelli, cibi prelibati… Non l’avrebbe abbandonata al destino più atroce, ma non avrebbe nemmeno speso una fortuna per lei, non ne valeva la pena, e, mi spiegò Kiyoko, date le circostanze, la nostra okasan era stata fin troppo generosa.
   Al momento mi ero limitata ad obbedire a mia cugina frenando le mie istintive ed ovvie rimostranze, perché dopotutto io dovevo restare lì e rendere al massimo come geisha, dovevo obbedire sempre alla okasan, rispettare le sue decisioni e per nessun motivo avrei dovuto venire meno agli impegni presi…  Solo col tempo mi resi conto di quanto Kiyoko avesse ragione, quando ebbi modo di uscire più spesso dall’okiya e così sentii spesso parlare delle ragazze della signora Shiori, ciò a cui erano costrette, il modo in cui venivano trattate, seppi quale atroce destino la okasan aveva risparmiato a Miyuki!  La signora Shiori era una donna terribile, anche se era risaputo che lavorare in una casa di piacere era di per sé tutt’altro che piacevole, essere presa alle sue dipendenze era il peggio che potesse capitare: inizialmente cercava di adulare le sue ragazze con false moine, ma una volta concluso l’affare iniziava a trattarle proprio come merce, in maniera accettabile finché l’assecondavano passivamente in tutto, ma educate anche con le percosse, ovviamente non in viso, in caso di riluttanza… Le acquistava pagando bene chi gliele vendeva, tanto sapeva come spremerle al massimo. Ed anche se in altre case di piacere la proprietaria avrebbe potuto comportarsi più umanamente il problema restavano ovviamente i clienti, ciò a cui obbligavano le ragazze talvolta quando avevano più o meno l’età di Aiko e ciò che avrebbero dovuto sopportare ogni giorno per tanti anni finché non fossero ormai anziane e sfiorite!
  Comunque almeno una cosa era certa, non avrei perso un’altra sorella, sarebbe rimasta con me, anche se come sguattera dell’okiya, ed ora che era diventata così fragile io l’avrei protetta ad ogni costo. Lei aveva provato a fare la sua parte per sostenere la nostra famiglia, ora toccava a me. Ovviamente ora che era una semplice sguattera Miyuki non sarebbe rimasta in camera con me, non avrebbe avuto i miei stessi privilegi, ma già solo l’avermi ritrovata l’aveva aiutata a rialzarsi, e con il tempo sarebbe stata ancora meglio. E solo impegnandomi a diventare geisha avrei potuto continuare ad aiutare anche lei. Anche se in quel momento mi stavo semplicemente sforzando con tutta me stessa per non urlarle il mio disprezzo, avevo seguito il consiglio di Kiyoko ed avevo ringraziato la okasan per la sua decisione sulla sorte di Miyuki,  dopo di che le avevo anche ribadito la mia determinazione a non deludere le sue grandi aspettative nei miei confronti. Sarei andata a scuola, avrei studiato tantissimo ed imparato tutto ciò che sarebbe stato necessario per diventare una geisha perfetta, avrei dato soddisfazione a lei e ripagato la mia famiglia.
   La okasan aveva certamente intuito i miei veri sentimenti, ma comprendeva il mio stato d’animo e mi rispose che lo sapeva già, sarebbe andata proprio così, aveva sentito fin da subito grandi aspettative e fiducia nei miei confronti e conoscendomi aveva soltanto rafforzato le sue convinzioni: “Certo che sarai una geisha perfetta” mi disse a quattr’occhi, quando né Kiyoko né nessun’altra della casa potesse ascoltare le sue parole “Anzi, tu hai tutte le carte in regola per poter diventare un giorno la geisha migliore del nostro okiya”.  


Note:
Shikomi=
  nel primissimo periodo dell’apprendistato di una futura geisha le ragazzine erano shikomi, ovvero domestiche, affinché il duro lavoro ne forgiasse il carattere. Alla più piccola shikomi spettava anche il compito di attendere che tutte le geishe fossero tornate dai loro appuntamenti, dovendo talvolta restare sveglie fino alle due o alle tre di notte. Durante questo periodo di apprendistato, la shikomi poteva cominciare, se la oka-san lo riteneva opportuno, a frequentare le classi della scuola per geisha dell'hamamachi. Qui l'apprendista cominciava ad imparare le abilità di cui, diventata geisha, sarebbe dovuta essere maestra: suonare lo shamisen lo shakuhachi (un flauto di bambù), o le percussioni, cantare le canzoni tipiche, eseguire la danza tradizionale, l'adeguata maniera di servire il tè e le bevande alcoliche, come il sake, come creare composizioni floreali e la calligrafia, oltre che imparare nozioni di poesia e di letteratura ed intrattenere i clienti nei ryotei.
  
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