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Autore: Easily Forgotten Love    07/07/2008    3 recensioni
Sia chiaro da subito che non sogno di fare il musicista rock. Non mi ha mai interessato davvero seguire le orme di mio padre, anzi. Avevo, credo, quattro anni quando per la prima volta sono entrato nel salotto di casa, dove mia madre stava prendendo il the con un gruppo di amiche, ed ho annunciato a tutti che da grande avrei fatto il medico.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Se c’è stato un momento nella mia vita in cui ho odiato Gab, quello è coinciso con il momento esatto in cui ho capito che Amy non era semplicemente amica di Cody.
Ammetto di essere stato un po’ lento anch’io nel rendermene conto. Non avevo esitato ad appaiare Cody a Gab, ma solo perché questo…quantomeno, valeva a renderlo gay come me e quindi, seppur remotamente, “abbordabile”. Così era stato fin troppo facile per il mio cervello costruire castelli in aria su fantomatiche relazioni omosessuali, ma gli era stato praticamente impossibile accorgersi di quello che era sostanzialmente evidente: Amy e Cody erano sempre insieme, Amy e Cody avevano una complicità tutta speciale, ad Amy e Cody brillavano gli occhi ogni volta che l’una guardava l’altro e viceversa.
Insomma, che fossero una coppia era evidente. Probabilmente Gab partì dal presupposto che io dovessi esserne consapevole. Che dovessi essere consapevole che, per conquistare Cody, avrei necessariamente dovuto passare per il “portarlo via ad Amy”, e questo lo indusse a formulare un invito che per me divenne in fretta una forma di tortura estremamente pesante da tollerare.
Amy e Cody sono sempre state due persone molto discrete e riservate per ciò che le riguarda direttamente. Ed erano anche molto gelosi del proprio rapporto, che peraltro era talmente solido da farmi pensare non potesse essere scosso veramente praticamente da nulla. Per cui non ci furono “atroci” scene di baci passionali ed abbracci che potessero qualificarsi già come preliminari, la cosa fu appunto più discreta ma assolutamente impossibile da fraintendere: quando io e Gab li raggiungemmo al centro commerciale, loro stavano seduti abbracciati su un muretto, chiacchierando amabilmente come qualunque coppietta felice. Si separarono non appena ci videro, ma il tarlo che potesse esserci qualcosa tra loro era ormai innestato e fu confermato pochi minuti dopo da Gabriel.
-…non lo sapevi?- mi chiese stupito e vagamente angosciato, scrutandomi con occhi sgranati mentre seguivamo i due per entrare nell’edificio.
Scossi la testa e mi rassegnai a quel calvario, che la faccia contrita di Gab non ridimensionò affatto.
In generale non posso nemmeno dire che andò tutto storto. Anzi. Per tutta la prima ora, mentre girellavamo tra i negozi, l’inconsapevole spensieratezza di Cody ed Amy bastò a tenere viva la conversazione, Gab finì per farsi contagiare dall’euforia dei due amici e si dimenticò del pasticcio in cui mi aveva cacciato – ed in definitiva anche di me – fino a quando non decidemmo di fermarci in un bar a prendere un gelato.
Mentre sedevo sconsolato, ascoltandoli ciarlare da sopra la coppa enorme che mi ero concesso per consolarmi, successe l’inevitabile. Amy, che se ne stava in silenzio come me, mi guardò. Ed io sollevai lo sguardo ed incrociai il suo. E so che lei non disse e non fece nulla, se non continuare a fissarmi per un po’ con quei suoi occhi giganteschi e bellissimi, così caldi e luminosi da sembrare due mari calmi in cui lasciarsi scivolare. Io mi resi conto che era davvero bella. Con il suo musetto da bambola, i suoi riccioli chiarissimi, quella bocca a cuore rosa come una pesca e gli occhi dalle ciglia lunghe e chiare.
Ma mi resi conto anche che il sorriso triste che mi rivolse era la prova che, a differenza di Cody, lei aveva capito benissimo il motivo per cui ero lì.
-Scusate, io ho da fare e vado a casa.- annunciai alzandomi in piedi.
Cody e Gab smisero immediatamente di parlare e si voltarono a guardarmi, seguendo anche loro lo stesso percorso degli occhi di Amy ma sfoggiando un grado ben minore di perspicacia.
-Di già?- s’informò Cody.
-Ma devi proprio?- insistette Gab.
-Sì, devo proprio.- biascicai io, sforzandomi di ricambiare lo sguardo di Cody nonostante quello della sua ragazza mi bruciasse addosso riempiendomi di vergogna come un ladro.- Ho…da finire di studiare per…il test di algebra…- borbottai inventandomi quella scusa pietosa.
-E’ solo tra due giorni!- ritorse Gabriel.
-Beh, ma io sono molto indietro!- sbottai sfiancato.- Ci si vede a scuola.- aggiunsi precipitosamente prima di voltarmi ed andarmene.
La sedia di Gabriel fece un rumore stridente quando lui la scostò di scatto, recuperando da terra la propria borsa ed inseguendomi con un affrettato “aspettami, ti accompagno!” ed un saluto a mezz’aria ai due che restavano.
Sospirai, rallentando il passo per permettergli di raggiungermi poco prima dell’uscita. C’infilammo tra le porte automatiche praticamente assieme, risalendo a ritroso una piccola folla di persone, e quando uscimmo ci ritrovammo affiancati sotto il sole che tramontava.
-...scusami.- mi disse Gab dopo un po’ che camminavamo in silenzio senza neppure guardarci in faccia.
Sorrisi mesto, stringendomi nelle spalle cascanti.
-Figurati. Sono scemo io che non ci sono arrivato da solo.- affermai in un sussurro spento, spingendo le mani nelle tasche dei jeans.
Gab mi imitò, infilando anche lui le dita sottili nelle tasche dei pantaloni, che inevitabilmente scivolarono sui suoi fianchi magri inducendomi nonostante tutto a gettargli un’occhiata trasversale per godermi la scena del suo ventre piatto sotto la maglietta aderentissima.
Mi dissi pigramente che avrei dovuto prendermi una cotta per lui, che almeno era gay sicuramente, ma mi dissi anche che uno così non si sarebbe abbassato al mio livello nemmeno in un migliaio di anni e sospirai ancora.
-Beh…non devi necessariamente darti per vinto.- mi incitò lui senza eccessiva convinzione.
Io ripensai ad Amy, al suo modo gentile di guardarmi e sorridermi nonostante avesse capito quali fossero i miei sentimenti per il suo ragazzo, e capii che se poteva farlo – essere carina con me – era perché sapeva che non sarei mai riuscito nemmeno ad avvicinarmi al tipo di rapporto che la legava a Cody.
Guardai in faccia Gab, da sotto in su, e mi resi conto che lui lo sapeva bene quanto me.
-E anche se non va,- proseguì senza accorgersi del mio sguardo su di sé ma ritrovando il proprio tono migliore e la consueta positività baldanzosa- non è una storia andata male a rovinarci la vita!
Rise. Ed io lo scrutai attentamente, rendendomi conto che non stava più parlando di me. Stava parlando di sé…
-Gab…?- mormorai a fior di labbra, leggermente preoccupato dal velo sottilissimo che si era disteso nel suo sguardo e nel suo sorriso.
Lui si voltò ad incrociare i miei occhi e capì che avevo intuito il senso di quello che non mi diceva, ma fraintese i miei pensieri.
-No no, aspetta!- esclamò precipitosamente.- Non è che tra me e Cody ci sia mai stato qualcosa.- specificò meglio.
-Non pensavo questo.- ribattei io sinceramente.
Lui tirò un respiro profondo, come se gli avessi tolto un peso dallo stomaco, ed io sorrisi, riflettendo sul fatto che Gab era davvero una persona speciale a preoccuparsi tanto per me pur conoscendomi appena.
-…e…- indagai sommessamente- ti riferivi a…?- chiesi, un po’ perché speravo di poter ricambiare la sua gentilezza mostrandomi altrettanto disponibile verso di lui ed i suoi, di scazzi, un po’ per sana ed egoistica curiosità.
Mi sembrava assurdo che qualcuno potesse riuscire a spezzare il cuore a Gabriel, lui mi appariva decisamente come il prototipo esatto del ragazzo che può avere tutto ciò che vuole senza nemmeno dover chiedere. È chiaro che mi sbagliavo, non esiste nessuno che abbia davvero questa possibilità.
-Ah.- sbottò lui ed io mi accorsi con facilità che, sebbene continuasse a sorridere, quel velo che avevo notato era tornato a posarsi nel suo sguardo fisso sull’asfalto del marciapiede.- Beh, non credere di essere l’unico ad aver subito una brutta delusione.- mi disse comunque con leggerezza.- La mia si chiama Erik Hosten, ha attualmente diciotto anni e frequenta il primo anno di college non so nemmeno io dove.
Ridacchiai, lasciandomi trasportare dalla scioltezza con cui Gab sfilava le parole da sotto il proprio dolore, fin troppo evidente sebbene così ben dissimulato.
Mi venne dietro con una risatina nervosa, che sparì in fretta, e ricominciò a parlare subito dopo.
-E’ stato il mio primo ragazzo.- ammise.- Io ero molto piccolo e molto scemo.- aggiunse a mo’ di spiegazione.- E lui molto stronzo e molto furbo. Si divertì finché gli fece comodo, ma poi conobbe un tipo che gli piaceva davvero e cominciò a tradirmi. Io lo scoprii ed andai su tutte le furie, facendogli una scenata davanti a tutti; lui ovviamente non poteva accettare di sputtanarsi davanti all’intera scuola e me le diede di santa ragione per farmi stare zitto. Così finì che mi piantò in asso e, per screditarmi, andò a raccontare in giro una versione rivisitata della nostra storia, in cui io facevo la figura della troietta e lui usciva come il tipo figo che si era divertito a mie spese.
-…cazzo.- commentai soltanto. Mi accorsi avevo trattenuto il fiato fino a qual momento, teso come una corda di violino, e lo rilasciai di botto sbuffandolo fuori mentre Gab rideva e scrollava le spalle.- Ma…?- provai ad obiettare, senza però trovare nulla da dire sul serio.
-Ma nulla, Luke.- ribatté correttamente Gab.- Mio fratello lo aspettò all’uscita da scuola e lo gonfiò di botte dicendogli che era uno stronzo ed un figlio di puttana. Visto che io non riuscivo a dirglielo.- buttò lì sospirando stancamente.
Ma poi tornò a sorridere come se nulla fosse, facendo scomparire del tutto ogni ombra che gli avesse oscurato lo sguardo e lasciandomi completamente disorientato da quei bruschi cambi di umore e dalla semplicità disarmante con cui riusciva a passare oltre quella che era, sicuramente, una ferita ancora aperta.
-Che poi è il motivo per cui amo Mike incondizionatamente.- mi confidò divertito.- Cody non si rassegna a questa cosa, ma che posso farci io se mio fratello è il mio eroe?- m’interrogò fingendo un’afflizione che non provava affatto.
Capii che per lui considerare il fratello un eroe era fin troppo facile e provai per Mike un po’ meno astio di quello che gli avevo regalato meno di due giorni prima.
Gab mi fissò con attenzione subito dopo, puntandomi un dito addosso mentre mi si fermava davanti e mi obbligava così a bloccarmi a mia volta. Abbassai lo sguardo sull’unghia chiara e la studiai pensando che la pressione leggerissima ed insieme decisa che esercitava sul mio petto non mi spiaceva, Gab era rassicurante…avvolgente nel suo modo di fare e di essere. Ci si fidava istintivamente e non era neanche così male farlo, abbandonarsi a lui ed al suo modo semplicistico di dirti “ehi, guarda che se hai bisogno di una spalla su cui appoggiarti sono qui”.
-Quindi,- argomentò sollevando lo stesso dito per puntarlo al cielo in segno di ammonimento- non ti è concesso buttarti giù per questa cosa!
Sorrisi. Ed annuii.
***
Le difficoltà della vita di un adolescente medio sono generalmente sottovalutate – senza motivo – dagli adulti. Eppure anche gli adulti sono stati adolescenti.
A parte le scontate affermazioni sul liceo che è una guerra o sul fatto che è in questo periodo che si forma una vera coscienza sociale, di aggregazione di gruppo, e si decide se tu sarai tra quelli in nella vita o se resterai irrimediabilmente out ed ai margini della società civile, c’è lo studio. La famiglia. Le prime cotte. Gli amici.
E quando ci sono tutte queste cose assieme, allora la tua vita diventa un bordello allucinante, nel quale ti dimeni come un pesce all’amo e con tutta la convinzione esagitata che gli sbalzi ormonali ti concedono con tanta solerzia.
L’adolescenza fa schifo.
Secoli di esperienza umana in questo campo non sono valsi a migliorare questo fatto, né è plausibile aspettarsi un miglioramento in futuro. Mi chiedo perché non si decidano ad abrogarla.
-Secondo te…abbiamo sbagliato qualcosa in questa equazione? No, perché sono quasi certo che avremmo dovuto passare al denominatore questa cifra e…
-Tu che ne pensi di Luke?
Sbuffai. Senza alzare la faccia dal libro e dal quaderno, ma abbassando invece la matita a cerchiare la cifra incriminata. Se per sbaglio il test di algebra di dopodomani fosse andato male, sarebbe finita che mi sarei rovinato la media. Se mi fossi rovinato la media, avrei dovuto necessariamente fare i salti mortali per recuperarla prima della chiusura dell’anno. Se avessi dovuto recuperare con lo studio, non avrei potuto suonare decentemente…
-Io penso che sia carino.- continuò Gab con convinzione. Fece una pausa.
Magari sarebbe stato meglio ricominciare da capo…
-Non carino nel senso standard del termine, voglio dire.- chiarì Gab intanto. Poi ci ripensò ed aggiunse- Anche se non sono del tutto convinto che esista un senso standard del termine.
Certo, se Mike non avesse voluto ritirare l’iscrizione al concorso io non è che avrei potuto farci chissà cosa! Oltre che davvero rinunciare alla band.
-Quello che voglio dire è che la gente dice di me o di te che siamo belli, no?
-Non avremmo dovuto saltare i passaggi, finisce sempre che poi ricontrollare se l’esercizio è sbagliato è un macello infinito!- sbottai buttando il quaderno sul tavolo e recuperando un altro volume dal cumulo che ci fronteggiava.- Riprendiamo dalla traccia?
-Però, insomma, non è che essere belli sia tutto! Ci sono persone che magari non sono proprio “belle”, ma hanno qualcosa che piace.- argomentò Gab, mentre mi imitava prendendo anche lui il libro per ricopiare nuovamente la traccia sul proprio quaderno.
-Stai attento qui, perché secondo me è il punto in cui facciamo l’errore dopo.- indicai martellando con la matita sulla sua traccia.
-Per me ad esempio Luke è molto carino. Ha un’aria cucciolosa.- continuò imperterrito Gab.
Magari avrei dovuto chiedergli se Mike avesse già trovato un nuovo chitarrista, ma così avrei finito per tradirmi sul fatto che ci stavo pensando ancora ed intendevo tornare sui miei passi.
-Poi mi piace il fatto che non è per nulla una persona aggressiva o invadente.- spiegò Gabriel.- Anche secondo me è sbagliato questo passaggio.- concordò subito dopo e senza soluzione di continuità. Annuii.- Insomma, guarda com’era Erik! Bellissimo almeno quanto stronzo! Sono convinto che uno come Luke non sarebbe mai capace di comportarsi allo stesso modo…
Il richiamo ad Erik mi strappò ai miei pensieri.
Io e Gab ci conoscevamo da quando avevamo iniziato il liceo assieme, l’anno prima. La storia con Erik l’avevo vissuta di persona, tutta insieme, e sapevo quanto ancora faceva male. Gab non parlava mai di Erik a caso.
In realtà non parlava mai di Erik.
Per cui, se veniva fuori adesso, doveva esserci un motivo.
Sollevai gli occhi dal quaderno e studiai il viso di Gabriel chino sul proprio. Sembrava tranquillo. Così rifeci a mente una mappa del nostro dialogo…o meglio…del suo monologo ed aggrottai le ciglia rendendomi conto che c’era una nota un po’ strana…
-E poi è anche un ragazzo sveglio.- ridacchiò intanto Gabriel, svolgendo l’esercizio con una disinvoltura ammirevole.- Dovresti sentire come tiene testa alle mie peggiori battutine quando vuole! È solo che è così timido…!
-Se non sposti al denominatore quella cifra, rifacciamo lo stesso errore di prima.- lo redarguii puntandogli contro la matita.
Gab sbuffò infastidito, rigettando la propria penna sul libro aperto ed alzando il viso, braccia incrociate al petto.
-Non mi stai ascoltando!- constatò stizzito.
-Invece ti ho ascoltato benissimo.- ritorsi io incolore.- Hai detto che ti piace Luke Perrington.- affermai.
Gab divenne rosso come un pomodoro e poi bianco come un cencio. Balbettò qualcosa di incomprensibile ed io risi e guardai l’orologio a parete che segnava le ore nell’aula studio.
E sbiancai esattamente come lui.
-Cazzo!- sbottai artigliando libri e quaderni.- Sono le cinque!
-…cosa?- si riebbe Gab, voltandosi anche lui.- Sì, perché? Cosa…?
Non lo feci finire, scattando in piedi ed infilando tutto alla men peggio nel tascapane.
-Sono in ritardo per la lezione di piano!- strillai un momento prima di fiondarmi fuori, inseguito dai rimproveri rabbiosi dell’insegnante di guardia all’aula e buttando all’aria uno “scusami, Gab, ci si vede domani” che lui ricambiò quando io già ero scomparso.
Arrivai in conservatorio in ritardo di una buona mezz’ora. Il maestro di piano mi rimbrottò ferocemente umiliandomi davanti a tutti e mi spedì al mio posto tra le risate generali. Comprese quelle di Amy. Io mi lasciai cadere accanto a lei e sbuffai via la frangetta da davanti al viso.
-Tutto ok?- mi chiese Amy a voce bassissima.
-Sì.- sussurrai. E poi sorrisi.- Sai che a Gab piace Luke Perrington?- la informai.
Amy non mi rispose perché il maestro di piano aveva ripreso a rimproverarmi, “visto che dopo essere arrivato tardi avevo anche intenzione di impedire a tutti di fare lezione!”, ma io colsi comunque la sua occhiata vagamente sorpresa. Mi ripromisi di chiedergliene la ragione, ma non lo feci perché me ne dimenticai nell’ora e mezza successiva.
Di quella lezione non seguii nulla. La passai interamente a scarabocchiare su un foglio strappato a caso da un block notes, sul quale avevo accuratamente ricopiato la traccia dell’equazione che io e Gab non eravamo riusciti a risolvere. Provai anche ad iniziarla per vedere se ne venivo a capo, ma anche quello perse importanza mentre il tempo passava ed io continuavo a colorare di ghirigori l’angolo esterno del foglio. Amy prendeva appunti accanto a me, scrivendo in modo ordinato e pulito, io la osservavo ogni tanto, sollevando gli occhi dal suo taccuino al profilo netto del viso, con  la bocca pronunciata come un broncio ed il nasino all’insù come nei cartoni animati.
Quando eravamo piccoli la prendevo in giro in continuazione, mi faceva ridere qualunque cosa di lei. I riccioli spumosi che portava sempre cortissimi e che, le dicevo, la facevano sembrare un barboncino. Gli occhi troppo grandi, “da pesce”. Il naso da smorfiosetta, tondo come quello di un porcellino…
Chiusi gli occhi. Chissà se anche mio padre aveva preso in giro la mamma prima di riscoprirsi innamorato. Perché a me Amy non piaceva semplicemente. Ormai la conoscevo da tanto di quel tempo che non avrei potuto dire “mi piace” legando la parola solo all’immagine. Se restavo così, ad occhi chiusi, potevo disegnarla, disegnare il suo profilo con le dita tanto ormai era impresso dentro la mia testa.
Chissà se papà disegnava mai il profilo della mamma nei propri pensieri quando era lontano da casa.
…era una bella immagine. Ci si poteva accostare anche un suono. Anche ad Amy ci si poteva accostare un suono, ma non sarebbe mai stato qualcosa di delicato e fragile, più qualcosa di potente ed armonioso, qualcosa che rispecchiasse la stessa forza che Amy aveva. Quella che da bambina le impediva di piangere se la prendevo in giro. E poi le permetteva di farlo quando io litigavo con i bambini più grandi perché le rubavano i giocattoli e loro mi picchiavano perché ero troppo piccolo per difendermi. Quella stessa forza che doveva aver avuto anche la mamma, quando papà non c’era.
Mi tirai dritto. Scansai il foglio di lato e scartabellai nel tascapane alla ricerca di penna e quaderno musicale. Lo aprii su una pagina vuota e lo spiegai con decisione. Poi ci misi su la penna e cominciai a scrivere.
 
Prima di tutto vogliamo ringraziare a nome dell’Easily le donnine infinitamente dolci e care che commentano questa storia.
Ossia:
Ginnyred (che ha anche il nick di un pg che io amo ** NdNai)
Erisachan (che è amore come sempre ç_ç)
Stregatta (ormai nipote acquisita XDDD NdNai che è anche fiera della nipotina ù_ù)
 
Ciò detto, permettetemi di esprimere amore e devozione a Cody, che è un pargolo stupendoso nelle ff che lo ritraggono **
Un bacio ed a presto :****
  
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