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Autore: mina_s    07/07/2008    3 recensioni
Quando il trafficante di droga e di armi Sao Feng sequestra la figlia del capitano di una squadra di detective, il losco Jack Sparrow si unisce a quest'ultima e dovrà lavorare con uno dei detective più abili e professionali della centrale, James Norrington...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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*Si prostra umilmente*

Vi prego di scusarmi per l’enorme attesa. Non mi è mai successo di tralasciare la scrittura per così tanto tempo, ma vari fattori hanno impedito l’aggiornamento delle mie fanfiction : 1- problemi di natura personale, per cui a causa del mio stato d’animo frequentemente indisposto non sono riuscita a concentrarmi sulle trame; 2- scuola: una parola che è un programma. Gli ultimi mesi sono stati davvero soffocanti; 3- l’ispirazione mi prendeva nei momenti meno opportuni per abbandonarmi dopo… diciamo cinque minuti. E onestamente, non mi andava di scrivere spazzatura. I miei lettori sarebbero stati insoddisfatti, ma io di più -.-

Detto questo, spero che riuscirete a perdonare la mia negligenza, e che comunque continuerete a seguire la storia.

Ne approfitto per ringraziare i miei lettori più fedeli, che sono stati così gentili da lasciarmi dei commenti o delle recensioni. Non so cosa farei senza di voi. Resistite ancora un paio di capitoli XP

Buona lettura.

Capitolo XI

“Ci dispiace non essere riusciti a fare dei passi avanti, ma ce la stiamo mettendo tutta, te l’assicuro”.

Un piccolo sbuffo d’aria dall’altra parte del telefono.

Era strano come, sebbene l’avesse vista appena un paio di volte, riuscisse tuttavia a immaginare che emozioni stessero prendendo forma sul viso di Anamaria.

Ora, ad esempio, riusciva a vederla mentre sorrideva debolmente, in un misto di gratitudine per il suo appoggio e di amara consapevolezza. Cedendo alla realtà da una parte, aggrappandosi a quel che le poteva rimanere dall’altra.

“Non lo metto in dubbio”. Anche il tono della sua voce si accoppiava perfettamente con tale constatazione: era mite, dolce, pacato… E la nota di rassegnazione preoccupò Gillette.

Deglutì.

+

Era tutto un frenetico formicolio di passi e comandi.

Tutti andavano nella stessa direzione, scendendo le varie rampe di scale, chi mettendosi il giubbotto antiproiettile, chi caricando la propria pistola.

“Avanti, muoversi!”

Groves velocizzò i propri passi per poter raggiungere il capitano.

“E’ sicuro che sia il momento adatto?”

L’altro tenne lo sguardo fisso di fronte a sé; la bocca formava una linea dritta, sottile, la mascella era serrata.

Già prima che Swann aprisse bocca, Groves conosceva la risposta.

“Cos’altro abbia da aspettare, Theodore?”

+

“Sai, io… Non dovrei promettere niente a nessuno”.

“Si… Immagino”.

“Purtroppo, noi poliziotti non ne siamo in grado. Spesso le cose non vanno come tutti vorremmo”.

Un sospiro. Ecco, ora Ana aveva sicuramente chiuso gli occhi, e magari si stava tenendo la fronte, sull’orlo delle lacrime…

“Lo… Lo so”. Ancora una volta, Gillette fu sicuro di aver azzeccato.

Iniziò a battere le punte delle dita sul muro.

“E se io volessi azzardare?”

+

“Lo sapevo. Lo sapevo che solo dopo un paio di giorni fuori dalla squadra narcotici mi sarei annoiato a morte. Era proprio l‘ora di vedere almeno un po‘ d‘azione”.

Le narici di Norrington si dilatarono notevolmente. Il poliziotto cercò di soffocare un pesante sbuffo e contemporaneamente di non far girare gli occhi verso il punto da cui era provenuta la voce- si fa per dire, il suo fianco sinistro.

“Poi naturalmente voglio vedere cosa sa fare il mio Jamie con quelle sue gambette tanto snelle e una pistola in mano- il sogno erotico di ogni donna, eh, Norrie?”

L’altro socchiuse per un istante gli occhi, i ciuffi di capelli castani gli sbattevano leggermente sulla fronte mentre scendeva velocemente gli scalini.

Se per Jack quello era un gioco, un trastullamento, per lui non lo era- non più. La cosa doveva finire: quei commenti, quelle suggestioni del collega lo turbavano ormai troppo. A ogni parola si chiedeva se l’altro fosse serio o se lo stesse puramente prendendo in giro, se in quello che diceva ci fosse una parvenza di verità o se fosse tutto una finzione. C’era una linea netta che divideva le due cose, e lui non sapeva su che parte stesse Jack.

A caso concluso -e, a quanto pareva, ormai non mancava molto- avrebbe raccolto la forza per affrontare quel… quell’essere dai mille volti.

“Sparrow?”

“Si?”

“So che probabilmente questo è pretendere troppo da te, ma potresti astenerti dal dire cazzate fino a quando questa cosa non finisce?”

“Oh, non lo so, Jamie”, replicò Jack, inarcando le sopracciglia con grande teatralità mentre si accertava di avere una ricarica di proiettili nella tasca interna del giubbotto di pelle. “Come dici tu, mi costerebbe davvero molto”.

“In quel caso mi limiterò ad ignorarti”, constatò con semplicità l’altro, facendo spallucce.

Sparrow volse gli occhi verso il collega, mostrando i denti in un ghigno divertito.

“Non è quello che tenti di fare sempre, mio caro?”

Non riuscì a soffocare del tutto una risatina alla vista dell’espressione esasperata di James.

Rimase indietro, facendosi sorpassare dagli altri poliziotti per mettersi il giubbotto antiproiettile, accingendosi a scendere l’ultima rampa di scale.

+

“Lo hai già fatto, ricordi?” La sentì tirare su col naso. “Quando mi hai accompagnata al bar”.

Fu una specie di flash per entrambi, il ricordo di quei minuti passati assieme, l’immagine della mano bianca e forte di lui posata su quella esile e color caffelatte di lei.

“Me lo hai già promesso. Mi… Mi hai promesso quella mattina di riportarmi Cristina”.

Un sorriso si dipinse sulle labbra del poliziotto. “Allora questa sarà solo un’ulteriore conferma”.

Si sentiva saturo di una strana energia, di un insolito senso di potenza, alimentato ulteriormente da quella conversazione. Anche Ana gli stava dando l’impulso di andare avanti.

Già, quella mattina. Momenti in cui effettivamente di era venuto a creare qualcosa, fra di loro.

Era stata l’ultima volta che si erano visti, e lui sentiva la sua mancanza.

“Mi dispiace che tu sia andata via, quel giorno”, continuò, cambiando argomento. Si girò, andando ad appoggiare la schiena al muro. “La mia ex non ci avrebbe dato fastidio. L’ho mandata subito via”.

Un respiro mozzato. Dall’altra parte della cornetta non provenivano suoni di alcun tipo.

Il poliziotto corrugò la fronte. “Ana? Tutto bene?”

Balbettii. “I-io… Si… Soltanto pensavo che…”

Non fecero in tempo a dirsi null’altro.

Il rosso si voltò non appena vide diversi dei suoi colleghi dirigersi a gran velocità verso le macchine della polizia parcheggiate di fronte alla centrale; non passarono una manciata di secondi che comparì pure Groves. Quest’ultimo gli passò senza troppe cerimonie un giubbotto antiproiettile.

“Ricarica la pistola”, gli fece, prima di allontanarsi nuovamente.

Il rosso rimase interdetto per un istante prima di riprendere coscienza di ciò che stava succedendo. Le sue palpebre sbatterono una volta, prima che nei suoi occhi comparisse una nuova luce.

“Ana, devo andare. Ti richiamo”.

“Aspet-”

Beep. Beep. Beep.

+

Le sopracciglia fini erano piegate quasi innaturalmente a causa della confusione in cui era stata gettata l’attimo prima.

Allontanò il cellulare dall’orecchio per tenerlo di fronte a sé, gli occhi fissi sulle lettere nere comparse poco prima sullo schermo.

Durata chiamata: 00:08:11

Ma anche se la conversazione era stata troncata così bruscamente, Anamaria aveva udito quelle tre parole che erano state rivolte al suo interlocutore.

E anche se Edward non l’avrebbe sentita, lei pronunciò comunque quel consiglio che avrebbe voluto dargli, in poco più che un sussurro, premendo il cellulare contro le labbra.

“Ti prego… Stai attento”.

+

“Ultimamente mi hai nascosto un po’ troppe cose, Eddie”.

“Cos’è successo?” Chiese nervosamente il rosso, sedendosi velocemente sul sedile posteriore dell’auto, a fianco al compagno.

“Con chi stavi parlando al telefono? Adesso che mi viene in mente-”

“Sapevi che fra gli uomini di Feng c’è un agente infiltrato?” Lo interruppe Swann, guardando i due nel finestrino retrovisore, mentre l’agente Murrtogg metteva in moto la macchina.

“Cosa?”

“Non mi hai neppure detto dove eri andato a finire quel giorno che ti sei comportato in modo strano e che ti ho trovato in mezzo alla strada”.

Gillette lanciò un’occhiataccia al collega, come a volerlo informare che in quel momento c’erano cose più importanti di cui discutere.

“Jo Leong, del distretto di New York”, continuò imperterrito il capitano, gli occhi chiari fissi sulla strada di fronte a sé. Le sirene avevano già iniziato a suonare in massa. “Ha fatto cadere diversi pezzi grossi della mafia cinese nelle mani dell’FBI”.

“Perché ne siamo stati informarti solo adesso?” chiese Gillette, inarcando un sopracciglio mentre si infilava il giubbotto antiproiettile.

“Suppongo che per Leong fosse ancora troppo rischioso- insomma agente, stia attento!” L’ultima parte della frase venne pronunciata in tono decisamente più alto e irritato.

I tre poliziotti furono costretti a reggersi su qualcosa per non sbattere la testa sul finestrino mentre l’auto curvava pericolosamente e all’ultimo istante, evitando di andare a sbattere contro un camion.

Murrtogg balbettò delle scuse mentre assumeva un’espressione più concentrata, curvandosi leggermente in avanti.

Swann roteò gli occhi prima di continuare. “Era ancora troppo rischioso tentare di fare qualcosa quando si trovava nella squadra di Feng da così poco tempo. Da quel che mi hanno detto, tende a non fidarsi troppo degli ultimi arrivati. Inoltre, hanno teso a spostarsi molto da quando Garrett ci ha informati del loro nascondiglio”.

“Quindi ora dove andiamo?” Gillette guardò fuori dal finestrino, tentando di riconoscere la zona.

“A casa di Feng, il nuovo quartiere generale. Ora si trovano tutti lì e- Murrtogg, ha sbagliato strada, dannazione!”

“Oh!” L’agente al posto di guida sbattè le palpebre, notando sul navigatore che effettivamente stavano andando nella direzione sbagliata. “R-riparo subito, capitano”, disse nervosamente, facendo un’inversione a U e provocando diversi suoni di clacson. Impaurito, mancò nuovamente di imboccare la strada giusta e fu costretto a ripetere l’operazione.

Gli altri poliziotti sbatterono da un capo all’altro della macchina. Swann si tenne il gomito, che era andato a colpire contro il manico della portiera, mentre Gillette con una smorfia si massaggiava la fronte, su cui fra non molto, probabilmente, sarebbe cresciuto un bernoccolo a causa dello scontro con il finestrino. Groves, a sua volta, non riusciva a smettere di ridere mentre era ancora appoggiato al collega.

“Io amo il mio lavoro”, commentò, beccandosi uno sguardo non del tutto innocuo e comprensivo dagli altri due.

+

Norrington sospirò nervosamente, gli occhi verdi che osservavano come, a poco a poco, gli edifici lungo la strada stessero divenendo man mano più rari.

Il viaggio in effetti non era stato dei più brevi. Feng abitava in una zona notevolmente fuori mano, oltre la periferia. Ad ogni minuto, ad ogni istante che passava, il detective veniva scosso dal timore di poter ritardare, anche solo di poco, e di perdere Elizabeth e quella ragazzina un’altra volta.

Come un giocatore che si allena troppo a lungo prima dello scontro con un avversario che sa essere più abile di lui, James aveva più paura ora di quanta ne avesse avuta durante quegli ultimi giorni.

Sentiva lo spazio, il tempo di fronte a lui stranamente… vuoti. Non aveva la più pallida idea di cosa stesse aspettando lui e i suoi colleghi: avrebbero potuto sorprendere la squadra di Feng come non avrebbero potuto, avrebbero potuto salvare gli ostaggi come avrebbero potuto fallire, e… qualche vita poteva andare persa.

Rischio la vita praticamente ogni giorno… Che mi sta prendendo?

Corrugò la fronte quando intuì che, forse, non era per se stesso che si stava preoccupando.

“Ci siamo quasi”, annunciò l’agente al posto di guida. Le sirene, difatti, si stavano a poco a poco spegnendo del tutto.

La maggior parte delle case in quel quartiere erano più che altro somiglianti a ville di medie dimensioni, ben distanziate le une dalle altre, con giardini sul davanti perfettamente curati e dall’erba di un verde quasi splendente.

Norrington osservò con la coda dell’occhio il compagno di squadra che gli sedeva accanto. Quest’ultimo batteva il piede sul pavimento a ritmo regolare, tenendo i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia; le labbra erano leggermente arricciate, mentre gli occhi, privi di qualsiasi forma di eccitazione, vagavano fuori dal finestrino.

James corrugò nuovamente la fronte, non riuscendo però a trattenere un piccolo sorriso. Sembrava che Sparrow stesse partecipando ad una visita guidata di una città d’arte piuttosto che a un’azione di polizia. Probabilmente Edward aveva avuto ragione: quelli della narcotici ci erano ormai abituati. Per il suo collega l’irruzione nell’abitazione di un capo mafioso sarebbe sicuramente stata una passeggiata.

Lo spero.

Proprio quando il poliziotto si chiese perché la sua mente faceva simili dissertazioni, l’auto si fermò. Norrington notò che avevano parcheggiato vicino alle altre in quel che sembrava il retro di un giardino, ma prima che potesse aprire lo portiera, qualcun altro lo fece per lui.

“Norrington, Sparrow, con me”.

Swann si allontanò velocemente, l’orlo del trench beige che gli svolazzava attorno alle caviglie.

I due agenti si guardarono per un istante, scambiandosi uno sguardo di sorpresa mista a dubbio, prima di spostarsi sul sedile per uscire dal veicolo.

 

To be continued…

  
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