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Autore: KIAsia    02/04/2014    1 recensioni
STORIA INCOMPLETA.
Ciao caro Ignaro che sta leggendo,
So che può sembrarti strano che una strega racconti una storia proprio a te, ma è così. Una storia di amore, di magia e di altro ancora.. sta a te scoprire di cosa però. Ovviamente non ti svelerò tutto il mio mondo su due piedi, dovrai essere paziente e pronto a sorbirti i due protagonisti innamorati e i loro amici per poter venir a capo di ogni particolare.
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FanFiction Klaine ambientata in un contesto fantasy (come si era capito) che col tempo verrà svelato, non ci saranno solo loro, ma anche xxx che è fondamentale non dirvelo adesso. E' ambientata nei tempi nostri. Kurt trova un peluche per strada e decide di riportarlo alla propria casa, imbattendosi in ragnatele, polvere e un proprietario basso con gli occhi color nocciola: Blaine Devon Anderson.
Ma cosa avrà da nascondere quella casa, o sarà la casa stessa a dover essere nascosta? Chi sarà a ridacchiare alle disavventure di Kurt o a parlare con Blaine?
Genere: Fantasy, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Burt Hummel, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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NomeCapitolo: Ragione e Realtà.

Ship: Klaine

Rating: verde.

N°Parole: 3223

 

Eccoci col nuovo capitolo! E' un po' più corto degli altri... non stappate troppi champagne!! :)

 

Ed è così che la strega continuò a narrare:

 

Kurt fu svegliato dal sole che entrava dalla finestra.Si stropicciò l'occhio col pugno della mano contestando che aveva pianto visto che se la bagnò.

Ala.

Fece un balzo sul letto mettendosi a sedere in un battito di ciglia. Con gli occhi spalancati poi si guardò attorno alla ricerca di camera sua, piena di volantini di teatri, un enorme poster di Lady Gaga, ma non li trovò perché non era a casa sua. Era nella sua camera a casa di Blaine Anderson, però.

E questo, per la prima volta, lo spaventò a morte. Si alzò posando i piedi contro il pavimento freddo, così veloce saltellò fino alle ciabatte. Cercò di non pensarci, ci provò davvero, ma come è ovvio non ci riuscì. La sua mente lo portava alla sera prima, a ricordarsi ogni piccolo particolare, ogni piccola piuma.

Kurt si arresto in mezzo alla stanza allarmato e tremante quando notò che la sua porta era aperta anche se lui la sera prima l'aveva chiusa a chiave prima di gettarsi sul letto. Fece svelto dei passi decisi e senza guardare al di là del suo naso troppo spaventato da tutto ciò che avrebbe potuto vederci, chiuse nuovamente la porta.

Pensò a cosa fare a quel punto, non sarebbe potuto rimanere lì per tutto il tempo ed in quel momento non aveva una gran voglia di schiantarsi dal secondo piano uscendo dalla finestra. Così sconsolato si avviò in bagno, lavandosi e si rivestì comodo considerando la possibilità di dover correre.

Non seppe esattamente quando decise che sarebbe diventato la brutta e pallida versione dell'agente 007 e sarebbe uscito dalla porta principale, diventando invisibile, ma così fu.

Quindi girò piano la chiave nella serratura cercando di fare il minor rumore possibile, poi uscì a passo felpato, se per “felpato” voi intendete “come un elefante imbufalito” ovviamente. Blaine però non lo sentì troppo indaffarato ad armeggiarsi tra pentole e fornelli.

Blaine aveva stupidamente pensato che avrebbero potuto sedersi insieme al tavolo della cucina a parlare amorevolmente dei loro segreti, magari facendo anche la pace col mignolino. Delle volte mi chiedo come sia possibile che abbia tutti quegli anni.

Kurt intanto scese le scale lentamente e si affacciò alla cucina sentendo il chiaro profumo di pane abbrustolito e latte caldo. Quando vide il moro con un grembiule legato alla vita che si mordeva la lingua sorrise solo per un attimo perché poi la sua mente gli ricordò sia quando era già successo, sia la sera prima quando Blaine era seduto su quella sedia, mezzo volatile.
Scosse la testa risvegliandosi da quello stato di trance e avanzò di qualche passo sempre sulle punte dei piedi, guardava spaventato Blaine sperando con tutto se stesso che l'altro non si voltasse e lo cogliesse sul fatto.
Per fortuna non accadde e sospirò di sollievo quando superò la porta della cucina e aprì il portone pronto a uscire, stava già per partire in quarta perché il rumore della maniglia che girava aveva attirato l'attenzione di Blaine, il quale adesso lo stava chiamando.
Quindi svelto mise un piede davanti all'altro solo per trovarsi con un forte dolore alla fronte.

«Cosa è success-?» sbottò portandosi una mano alla testa dolorante.

«Kurt, dove stavi andando..?» quando il castano si gira si pente subito di averlo fatto in quanto si ritrova davanti ad un piccolo Blaine che lo guarda con due occhi tristi e consapevoli. «stavi scappando.»

Non gli resta che annuire perché era così, e il moro lo sapeva.

«Non ti avevo sentito scendere.. stavo preparando la colazione.. magari potresti rimanere solo un al-».

«NO!» urlò spaventato e si voltò di nuovo portando le mani in avanti solo per scontrarsi contro la parete invisibile.

Blaine si interruppe sconsolato e scosse la testa. «Kurt non puoi superare la Barriera andandoci a sbattere..».

«E come posso fare?».

«Non puoi.» lo guardò duro e sicuro incrociando le braccia al petto. Aveva accettato il consiglio silenzioso del suo amico, non lo avrebbe lasciato andare. Non poteva, non dopo tutto quello che aveva fatto! Così scrollò le spalle e fece inversione ad “u” tornando in cucina. «Se hai fame, la colazione è pronta.».

«Scherzi vero Blaine? Questa è una prigionia!» alzò le braccia al cielo mentre la sua faccia si corrugava dalla rabbia. Kurt per un attimo si domandò come mai non avesse paura, lui sapeva che non stava provando la paura giusta: il terrore che l'altro volesse fargli del male, ucciderlo magari. No, lui temeva solo la novità perché tutto ciò che non si sa potrebbe sconvolgere ciò che conosciamo facendosi dubitare di noi stessi e di quello che abbiamo creduto fino a lì; ma allo stesso tempo ti rigenera, ti porta avanti e ti aiuta a disegnare il percorso che solo tu e la tua vita potete percorrere.

Blaine non gli rispose preparando le due tazze di latte caldo.
Forse fu quello a far imbestialire Kurt, l'atteggiamento normale del morettino come se non dovessero affrontare la questione della sera prima. Come se fosse tutto normale.

Delle volte mi sembravano già una coppia di vecchi sposati!

«Blaine, voglio una cazzo di risposta! E la voglio ora, voglio uscire. Fammi uscire o dimmi come faccio ad uscire!» e il moro non sapeva che quando Kurt diventava volgare allora sì che era un guaio. Kurt lo guardava attendendo una qualche risposta, ma non ottenne altro che un lungo ed estenuante silenzio rotto soltanto dalla caffettiera che fumando informava che il caffè fosse pronto.

Blaine si alzò e se ne versò un po' nella tazza e tranquillo chiese «Lo vuoi anche te il caffè?».

Se fosse stato possibile probabilmente dalle orecchie del castano sarebbe uscito fumo e lui sarebbe diventato ancora più rosso di quanto già non era. Non gli risponde salendo le scale a grandi falcate e chiudendosi sbattendo forte la porta di camera sua alle spalle.

Intanto al piano terra Blaine si stava schiaffando una mano sulla fronte e sbuffava stanco.

«Non è che tu sia stato proprio calmo e rilassato come ti eri imposto...» ridacchiò una voce.

«Non sei d'aiuto. Affatto!» sbottò il moro mentre il peluche si premeva una zampa sul muso per non scoppiare a ridere.

 

Kurt posò la schiena contro la schiena e si guardò attorno sconsolato e senza più speranza cercando qualcosa che potesse essergli d'aiuto. Quando il suo occhio scorze il cellulare abbandonato sul comodino quasi non si schiaffeggiò per non aversi pensato prima, lo afferrò e deciso digitò il numero di suo padre chiamandolo.
Ma non suonò, non vibrò, non fece niente. Così guardò lo schermo e non c'era campo in quel momento, anche se era da un mese che c'era campo. Non si domandò niente perché era stanco e furioso di porsi questioni che poi non era in grado di risolvere, quindi lanciò l'inutile telefono sul letto e continuò con la mente a vagare per la stanza e a trovare una soluzione.

Guardò attentamente la finestra chiusa e ragionò che era al secondo piano, sotto non c'era nemmeno una tettoia. Molto probabilmente si sarebbe almeno rotto una gamba a fare un salto così altro.
Poi si ricordò tutti i film che aveva visto e svelto disfece il letto e andò a prendere altri lenzuoli dall'armadio legandoli insieme per infine formare una fune lunga abbastanza da calarsi. Andò ad aprire l'anta della finestra, non riuscì ad aprirla e si strusciò le mani sudate sopra i pantaloni prima di afferrare una scarpa e lanciarla con tutta la sua forza contro il vetro, sapeva che avrebbe fatto rumore e che quindi dopo doveva essere veloce a scappare. Quello che però non sapeva è che sì, avrebbe fracassato il vetro, ma non avrebbe comunque superato il muro della casa rimbalzando contro la Barriera e tornandogli addosso.
Con uno scatto agile si abbassò e riuscì a scansarla. Non si avvicinò più alla finestra accasciandosi a terra spaventato e portandosi le braccia alle ginocchia stanco mentre una lacrima gli rigava il volto.

Si sentiva intrappolato dentro quella casa, con una persona che nemmeno forse poteva essere chiamata tale e con una gran voglia di non sapere niente di tutto quello, di poter dimenticare ogni piccolo istante e allo stesso modo di vederci chiaro. Di conoscere anche quella parte di Blaine.


Blaine non si alzò nemmeno dalla sedia perché sapeva che Kurt stava bene e che non sarebbe mai riuscito a scappare, si fidava del suo amico che adesso gli stringeva le spalle in silenzio.
Non gli diceva che sarebbe andato tutto bene perché sapeva che non glielo avrebbe permesso, Kurt era visibilmente sconvolto, ma non era quello a preoccuparlo, era il fatto che fosse furioso con lui.

Lo sentì sospirare e sparire nell'aria come era solito fare quando la sua presenza non era più necessaria anche se lui avrebbe voluto restare. Era però lo stesso Blaine a voler fingere di rimanere solo anche solo per un attimo, quindi non poteva farci niente. Poteva solo rispettare le volontà dell'umano.

 

Kurt non sapeva da quanto piangeva, ad un certo punto si era disteso e mentre guardava il soffitto sentiva le lacrime calde rigargli le tempie e sparire nei capelli poco sopra le orecchie, non si asciugò nemmeno una volta, quella scia di bruciore era la sua ancora alla realtà.

La realtà che adesso lo spaventava, ma non poteva allontanarsi lasciandola vinta alla ragione.

Perché non sempre Ragione e Realtà coincidono, e questo ne è un chiaro esempio.

Sospirò un paio di volte arreso al destino di rimanere lì, chiuso nella stanza con al piano di sotto

 

cosa? Blaine? Un ragazzo? Un falco? Un piccione? Un'immaginazione? Un unicorno? Una falsità Magari ..

 

Ma non poteva più pensare niente, nessuno “magari” che avrebbe potuto giustificare tutto quanto, nemmeno la pazzia perché non era pazzo, quello che aveva visto c'era. Niente avrebbe potuto negare ai suoi occhi di ricordare.

Si strinse tra le mani i capelli giocando con le proprie ciocche tirandosele, aveva imparato col tempo che niente avrebbe potuto mettere a tacere la sua mente che veloce volava pensando a tutto, a tutto ciò che aveva visto che univa ogni piccolo tassello di quel pazzo e assurdo mese. Come aveva fatto a darsi tutta la colpa? Come aveva fatto a nascondere tutto a se stesso? Semplicemente: la Ragione aveva prevalso sulla Realtà.

E lui adesso di cosa poteva farsene della sua stupida ragione? Della sua testa e delle rotelle che lui stesso sentiva ruotare a velocità imbarazzante? Niente.

Puoi combattere per tutto il tempo che vuoi la realtà dei fatti, ma stai solo rimandando l'inevitabile; perché, prima o poi, lei busserà alla tua porta sbattendo forte il palmo della mano sul legno obbligandoti ad alzarti e aprirle, senza una via di fuga.
Perché la Realtà vince sulla Ragione.

Il problema vero fu che la sua testa stava pensando, ragionando su tutto perché non si era arresa, difficilmente la ragione si arrende alla realtà con tanta facilità, ma non trovava nulla, nessuna prova ovvia che potesse portare tutto indietro.

Sapete chi è un “codino”? Beh, ve lo spiego: nel periodo post-napoleonico, precisamente nel 1814, ci fu il Congresso di Vienna dove gli imperi d'Austria e di Russia e i regni della Prussia e della Gran Bretagna si riunirono per contrastare le idee e valori napoleonici nati nel secolo precedente.
Iniziò così il periodo storico che gli studiosi hanno soprannominato “Restaurazione”, qui le varie potenze del secolo si impegnarono a far tacere i movimenti liberali, che puntavano al futuro, per poter poi tornare indietro. Speravano di poter dimenticare Napoleone, le sue mille vittorie e la sua sete di libertà.

Oltre a riutilizzare i modelli politici del periodo precedente, negando ai borghesi tutto ciò che si erano guadagnati e sudati con tanta fatica, fecero tornare le vecchie mode come i vestiti e i così detti “codini”, che altro non erano che corte code alla base della nuca.

Così è nato il modo di chiamare “codino” colui che pensa un'idea superata o un valore ormai stantio, che non vuole accettare l'avanzare, l'andare avanti.

Ed io non trovo descrizione migliore per il nostro Kurt adesso, assomiglia molto al caro e vecchio principe d'Austria Metternich che voleva solo dimenticare. Se qualcuno sapesse la storia sa che questo durò forse non più di quarant'anni, se non meno.

E come poteva, quindi, la ragione di Kurt avere la meglio sulla realtà?

 

Piangeva da troppo tempo ed ormai non aveva più lacrime quando sentì la porta scricchiolare, come se non fosse stata chiusa a chiave, ed aprirsi lasciando libero accesso a Blaine.

«Vattene!» urlò a pieni polmoni, ma tutto ciò che uscì fu un gracchio rauco a causa del lungo pianto e della stanchezza.

Infatti non fu quella parola a far indietreggiare di qualche passo il moro.

Furono gli occhi di Kurt, così seri e neutri. A Blaine avevano sempre ricordato l'azzurro del cielo mattutino nel quale lui amava volare seguendo la leggera brezza, ma adesso erano gelidi mentre lo scrutavano arrabbiati come se tutta la passione ed il cielo fossero intrappolati dietro un ampio strato di ghiaccio azzurro.

Blaine abbassò lo sguardo rattristato e si avvicinò piano al letto sedendosi sul bordo. «Senti Kurt io..» borbottò passando una mano sulle tempie che sembravano sul punto di scoppiare e posando i gomiti sopra le ginocchia per potersi tenere la testa.

L'altro aspettò in silenzio con le braccia incrociate al petto il più distante possibile dal moro, si aspettava ogni spiegazione possibile, poteva essere un alieno, un mostro, sotto maledizione, uno stregone o un licantropo, per quanto gli interessava. La sua mente era immaginata molteplici parole dopo quel “io”, tutto tranne quello che le sue orecchie sentirono in realtà.

«M-mi dispiace. Non dovevi assistere ieri, speravo solo che tutto questo non fosse necessario e che s-si potesse evitare... sono stato uno sciocco, non dovevo rientrare la sera passata.. o forse dovevo dirtelo subito.. ma, si da il caso, che non dovevi comunque scoprirlo c-così.» mormorò senza riprendere realmente fiato troppo impegnato a farfugliare frasi scollegate fra loro.

Blaine alzò di poco la testa facendo scontrare i loro occhi, incatenando il nocciola della terra con l'azzurro del mare in un tornado senza precedenti. Ci fu silenzio per forse più tempo del necessario che fu rotto dalla risata isterica del castano.

«Lo vuoi capire che mi stai dicendo tutto questo inutilmente? Io voglio solo andarmene, e non sentire i tuoi balbettii!» ribatté pungente.

Lo odiava in quel momento perché non poteva farlo davvero.

Lo odiava perché, comunque sia, se l'altro gli avesse stretto la mano con la sua sarebbe arrossito come un dodicenne.

Lo odiava perché quella mattina, anche se solo per un attimo, aveva pensato di sedersi lì con lui a fare colazione fingendo che niente fosse successo; ma lo odiava ancora di più perché non lo aveva fatto. Non lo aveva fatto perché quando ci tieni davvero ad una persona le discussioni sono utili, sapere tutto dell'altro, chiarire i problemi è fondamentale.
Lo odiava perché nemmeno in quel momento poteva fingersi indifferente a lui.

«K-kurt..» Blaine lo guardava sconvolto e poteva leggere nella sua espressione il ripudio, ma anche altro. Lo sapeva cosa e non poteva non ammettere che un po' ne godeva, pure lui lo provava. Era una sensazione che colpisce poche persone e quasi nessuna ne è consapevole, ma lui sì.

Così si alzò e nervoso si grattò la nuca.

«Beh, vado giù.. sei hai fame ti ho portato un paio di panini» indicò con il mento e lo sguardo il vassoio che aveva posato sulla scrivania nascosta dal buio della stanza. Kurt annuì solamente senza aggiungere niente, si girò dall'altra parte senza intenzione di spiccicare parola.

Il castano si ritrovò di nuovo da solo in quella stanza, anche se non sapeva più se era solo o no..

sussultò e si strinse nelle ginocchia sentendo la fame farsi strada in lui mentre il suo stomaco brontolava. Così arreso si alzò, ma appena fu vicino a fare il primo morso sbuffò e, a grandi falcate scese le scale fino ad arrivare in cucina.

Non rimarrò qui, non sono un cane!

Nemmeno si accorse di averlo detto ad alta voce almeno finché Blaine non alzò il capo verso di lui distogliendolo da un ragazzo seduto difronte a lui, di spalle. Era alto e poteva vedere benissimo che doveva tenere le gambe piegate sotto al tavolo perché non ci sarebbero entrare, i capelli castani erano scompigliati come se avesse il vizio di passarsi ripetutamente una mano tra le ciocche chiare. Appena si girò sul suo posto Kurt si scontrò con due occhi color smeraldo che lo scrutavano spalancati e un bocca sottile in un lieve ghigno.

«Ciao, Kurt.».

E lo riconobbe, come avrebbe potuto non farlo? Era quella voce, quella che lo aveva perseguitato per tutto quel tempo, che lo aveva deriso e spintonato per ogni parte della stanza.

«T-tu...» lo guardò sconvolto.

«A parole tue, Hummel.» ridacchiò invitandolo sarcasticamente a continuare.

E quello gli ricordò quel giorno con la gravità, ma non gli dette importanza sventolando una mano disinteressato. Guardò Blaine con gli occhi arrossati e sentì un piccolo pungere al petto, ma lo scacciò subito. «voglio andarmene.».

«Tu voglio andarmene non ha sens-» Blaine lo interruppe tirandogli una pedata da sotto il tavolo.

Ci fu un attimo di silenzio rotto solo da quel ragazzo strafottente che si lamentava esageratamente per la pedata. Poi Blaine disse una cosa che fece zittire pure lui, troppo sconvolto e arrabbiato per continuare la sceneggiata.

«Puoi andare, Kurt.» sospirò e indicò la porta che subito si aprì. «Fallo andare.»

«M- okey.» sbuffò lo sconosciuto.

Kurt non aspettò altro e corse fuori all'aria aperta, corse per la via senza guardarsi indietro e ansimante si sedette alla fermata dell'autobus, pronto a tornare a casa.

Guardava fuori dal finestrino del bus annoiato, a malapena si accorse che era arrivata la sua fermata e così camminò fino ad arrivare a casa, stravolto e sudato.

Suonò al campanello e quando suo padre gli aprì la porta, semplicemente si lanciò sul suo petto abbracciandolo stretto.

Quando Burt gli chiese cosa era successo, non disse la verità. Non disse niente.

 

«Blaine! BLAINE!» un solo mormorio lontano, troppo distante da lui in quel momento. Sentiva la voce distante dei suoi amici chiamarlo, supplicarlo di non farsi sopraffare da tutto quello, ma non poteva evitarlo.

Non poteva nascondere ai diavoli la sua anima triste e disperata, non poteva impedire loro che si cibassero di quella sensazione travolgente, non poteva impedire che si cibassero di lui.

Perché adesso niente aveva valore, solo un gran buio.

«Thad, vai a chiamare Kurt!» ordinò la voce chiara del suo socio in un tutto quel casino, sentì anche la chiara protesta dell'orsacchiotto.

«Ma sono un peluche! Non posso camminare per strada così!».

«Thadduccio, ti sembra il caso adesso ti metterti a rompere le scatole? Questo qua ci muore!». Blaine sapeva che doveva reagire, scrollarsi quei piccoli esseri violacei dalla schiena, che si arrampicavano veloci su di lui dalla terra, sentiva gli unghielli graffargli i bracci e salirgli dalle gambe. Non ne aveva la forza, non adesso che non c'era più motivo, nessuna ancora a cui aggrapparsi: nessuno Kurt.

 

«Okey, vado.» e Thad partì odiandosi per non essere stato trasformato in un orso immenso e cattivo. Almeno sarebbe potuto essere preso seriamente! Sapeva dove abitava Kurt, adesso stava solo nel convincerlo a tempi record.

 

 

KIAsia Channel:

E adesso c'è stata finalmente la descrizione di quel continuo “lui” che non ha ancora un nome, ma suppongo che voi lo abbiate sospettato da un bel po'!

Spero che vi sia piaciuto ed è un po' di passaggio, lo so, ma pensavo che dovessi almeno un po' lasciare uno spazio ai pensieri di Kurt, alla sua lotta interiore che per me è importante. .. e che sicuramente ho scritto da cani.
Il discorso dei “codini” è vero e mi è piaciuto molto scriverlo (ecco a cosa serve la storia a scuola.....) e niente.

Se vi è piaciuto potete recensire, non mordo come i diavoletti :)

 

Alla prossima, Asia. 

  
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