Modus
Operandi
La
marcia degli spettri
Riunione
straordinaria. Erano di nuovo nella sala
grande, tutti gli agenti nei loro completi impeccabili e
con il volto
teso. Erano le otto del mattino. Per la squadra β
c’erano Iago ed Helen, era impossibile non notarli. Iago, con
la sua maglietta
rossa senza maniche, con i tatuaggi tribali sui grossi bicipiti, i
jeans
stracciati e il taglio da marines sembrava semplicemente aver sbagliato
stanza.
Helen era più discreta, ma aveva tutta l’aria di
non voler somigliare agli
altri burocrati presenti.
Erano
stati convocati all’improvviso. Non
sapevano ancora il motivo.
Il
capo entrò di lì a poco, puntuale da spaccare
il secondo. Saltò tutti i convenevoli e andò
dritto al punto.
Sugli
schermi posti davanti ad ogni membro
comparve la foto di una ragazza. Bruttina, con i capelli neri corti e
degli
occhiali spessi.
“
Josephine Caldone, 23 ani, di origini francesi.
Una situazione familiare complicate: padre alcolizzato, madre depressa.
Nessun
fratello, nessuna relazione stabile. Scappa di casa a 19 anni e da tre
anni
abita nel pressi dell’università. Poco prima della
fuga, tenta il suicidio,
lanciandosi dalla finestra di casa, al sesto piano. Si rialza senza
nemmeno un
graffio. Non ne fa parola con nessuno, a quanto ci risulta. Da quel
giorno la
stiamo seguendo” il capo fece una pausa, dando a tutti il
tempo di assimilare
le informazioni.
“
Una possibile agente?” chiese uno di loro.
“
È quello che pensavamo. Ma dal giorno del tentato
suicidio, non si sono ripetuti eventi analoghi, né ha dato
prova di possedere
capacità particolari. Inoltre i test non hanno rilevato
tracce del fattore K”
spiegò il capo, poi aggiunse: “Stamattina, la
ragazza è morta.”
Un
attimo di silenzio, poi un altro agente
chiese. “ Qualcosa a che fare con il suo presunto
potere?”
“
No, il contrario semmai. È morta in seguito ad
un’esplosione nel suo appartamento. Si è lanciata
dal balcone ed è collassata
sull’asfalto. Nessun fattore K rilevato.”
“
Cosa c’entra con noi, capo?” chiese Iago,
osservando le altre immagini della ragazza che scorrevano sullo
schermo.
“
Alcuni indizi fanno pensare ad un
coinvolgimento dell’ATC.”
“
Gli agenti della squadra di pulizia hanno
analizzato ogni angolo della casa, senza trovare traccia
dell’esplosivo. Eppure
l’esplosione è stata così forte da
abbattere un muro.”
“
La ragazza è morta per l’esplosione o per
essersi gettata dalla finestra?” chiese Helen.
“
Non ne siamo ancora sicuri. Le ustioni sul suo
corpo erano sufficienti ad ucciderla, a quanto ne sappiamo.
È dunque
inprobabile che in quelle condizioni si sia lanciata dalla
finestra.”
“
Ancora non mi è chiaro l’intervento
dell’ATC in
questo incidente.” Disse un uomo seduto a due posti dal capo.
Si chiamava Colt.
Aveva l’aria saccente e parlava come se già avesse
risolto la questione e
stesse sprecando tempo a spiegarlo a chi non aveva ancora capito.
“
Non è stato un incidente. È stato un
omicidio”
Rispose un altro agente.
“
Una ragazza si getta dalla finestra e diamo la
colpa all’ATC? Avete proprio bisogno di sentire la loro
presenza ovunque?”
rispose Colt.
“
E come spieghi l’esplosione?”
“
Le indagini lo potranno spiegare. Ma potrebbe
essere stata causata dal gas. Convocare un’assemblea sulla
base di così pochi
dati è solo una perdita di tempo”
continuò Colt.
Iago
guardò Helen e vi lesse i suoi stessi
pensieri. Il capo aveva visto giusto, per quanto non gli andasse di
ammetterlo.
Conosceva quel genere di azione.
“
No, Colt, non è stata una perdita di tempo”
disse Iago alzandosi. Sapeva che l’agente Colt avrebbe notato
l’omissione del
titolo e ne era contento. Detestava quell’uomo. “
C’è l’ATC dietro questo
omicidio.”
“
E cosa ne sa la squadra beta? Avete
informazioni che non conosciamo?” sbottò
l’uomo.
“
No, Colt. Solo buona memoria. Cosa che a te
sembra mancare.”
Helen
soffocò una risatina.
“
Oh, questa sì che è buona. Se avete una
così
buona memoria, come ha fatto l’agente Ian a dimenticare come
si porta a termine
una semplice missione di recupero?” replicò Colt,
con un odioso sorriso sulle
labbra.
Iago
strinse i pugni, incenerendolo con lo
sguardo. Helen era sicura che avrebbe assalito l’agente e un
po’ ci sperava
quasi. Ma Iago rimase fermo al suo posto, stringendo i pugni tanto da
farsi
sbiancare le nocche. Helen si alzò in piedi, prendendo la
parola.
“
Se avessi letto i rapporti, avresti
riconosciuto il modus operandi di una nostra vecchia conoscenza
all’ATC. Si
tratta di Renin, esperto in arti esplosive. In genere si diverte
a… giocare…
con le sue vittime, piazzando gli esplosivi in modo da non ucciderle.
Questo
spiegherebbe perché la ragazza ha avuto il tempo di gettarsi
dalla finestra
nonostante le ustioni”. Concluse guardandosi intorno.
“
Sono solo congetture! Non è niente di provato.
L’ATC non controlla tutto. Non sono dappertutto. Stiamo
sopravvalutando il
problema.” Disse ancora Colt. Il capo stava per intervenire,
quando Iago diede
un pugno talmente forte sulla scrivania da incrinarla.
“
Negli ultimi sei mesi abbiamo perso più agenti
che negli ultimi 5 anni. Anche questa è una coincidenza,
grande figlio di
puttana? Anche questo è sopravvalutare
il
problema? E nonostante ciò, non stiamo facendo
niente per intervenire.
Ognuno di voi qui dentro sa di avere le spalle al coperto e non gli
importa più
niente del vero scopo di quest’Agenzia.”
“
Basta così. Questi argomenti verranno discussi
nella prossima assemblea. Per ora dobbiamo decidere che misure prendere
a breve
termine. Per tanto…”
Ci
misero un’ora per decidere quello che ormai
era inevitabile. Attivare tutte le squadre a disposizione, aumentare la
perlustrazione e agire in modo rapido ed efficace. L’agente
Colt e due agenti
seduti accanto a lui sottolinearono l’inutilità di
tali provvedimenti e
arrivarono persino ad accusare l’assemblea di fare del facile
allarmismo.
Helen
e Iago si allontanarono subito dopo la
riunione.
“
Hai anche tu l’impressione che l’agente Colt e
la sua cricca stia mirando unicamente a rallentare
l’intervento dell’Agenzia?”
“
Burocrati conservatori del cazzo! Sono convinti
che solo perché abbiamo vinto, continueremo a vincere per
sempre. Cose tipo:
mai permettere che i fatti smentiscano i propri pregiudizi!”
“
Dobbiamo trovare un accordo. E dobbiamo farlo
in fretta.” Disse Helen. Erano quasi arrivati alla sala
comune.
“
Non ci serve un accordo!” proruppe Iago. “ La
squadra Beta può fregarsene del protocollo!”
“
Stai cominciando a parlare come Linus!” lo
bloccò Helen. Era stanca di quella situazione. “
Sai benissimo che non possiamo
fare niente senza il supporto dell’Agenzia. Siamo
un’unità speciale, d’accordo,
probabilmente la migliore, ma senza la rete d’informazioni
centrale, senza gli
approvvigionamenti…”
“
Allora dobbiamo passare al comando” la
interruppe il ragazzo.
“
Iago!” urlò quasi Helen. “ Abbiamo solo
diciotto anni! Come puoi pensare di gestire una cosa tanto
grande?”
“
Ian ci riuscirebbe” disse Iago, a bassa voce
stavolta.
Entrarono
nella sala ed Helen posò i fascicoli
sul tavolo. Aveva bisogno di mettere le cose in ordine. Soprattutto se
si
trattava davvero di Renin.
“
Ian è ricoverato in seguito ad una missione
male gestita. Non l’avrei mai ammesso davanti
all’assemblea, ma è così!
Guardiamo in faccia la realtà e non diamo la colpa al
destino.”
Iago
fece per contraddirla, ma poi si zittì. Si
sedette accanto ad Helen, rinunciando a controbattere. In fondo aveva
ragione.
“
Parliamo di cose più urgenti. Pensi davvero che
sia stata opera di Renin?”
“
Ha giocato con la sua preda, l’ha ferita,
mutilata e l’ha costretta a gettarsi dalla finestra.
Sì, è stato Renin.”
***
Linus
vide un agente medico uscire dalla stanza
di Ian e subito gli chiese informazioni. Ian stava bene, non aveva
riportato
traumi di nessun genere. Si era svegliato per qualche minuto, ma era
ancora
tremendamente stanco. Un altro giorno, forse, e sarebbe tornato come
nuovo.
Decise
così di lasciarlo riposare, ora che era
sicuro che stava bene, e si allontanò. Pensò di
nuovo a Scott, ormai era
diventata un’ossessione. Era dalla sera precedente che ogni
pensiero portava
alla stessa conclusione: ce la poteva fare. Gli bastava scoprire dove
si
trovasse Scott di preciso, in qualche parte della sua mente fosse
finito, poi
sarebbe stato facile. Non una passeggiata, certo, ma ce la poteva fare.
Helen
si sarebbe ricreduta.
Nella
stanza di Scott non c’era nessuno. I
macchinari erano tutti in funzione, silenziosi come al solito. Non
attese oltre
e decise di provarci immediatamente. Si sedette sul letto e si
concentrò. Si
disse che sapeva perfettamente a cosa andava incontro.
Provò
ad entrargli nella mente. Incontrò la
solita resistenza, ma era molto più debole del solito. Era
un po’ come andare
incontro ad un lenzuolo gonfiato dal vento. Si limitò a
scostarlo, senza
lasciarsi trascinare dentro.
Entrare
nella mente delle persone era sempre
stato un po’ come aprire un baule pieno di cianfrusaglie e
mettersi a cercare.
Con Scott era diverso. Aperto quel baule non c’era niente,
solo l’apertura di
un pozzo in cui non si scorgeva la fine. E lì dentro
c’era un mondo intero!
Si
spostò con cautela per cercare Scott. Corse
con la mente in ogni direzione, nel buio, tra gli alberi, si
trovò in uno
stretto corridoio di pietra, in una piazza, su un monte… non
sapeva come fosse
possibile, il tempo e lo spazio lì sembravano
così sbagliati!
Alla
fine lo vide. Era lì, in un deserto di
sabbia celeste che si estendeva a perdita d’occhio.
Lì era solo deserto e
cielo. Linus corse verso l’amico, lasciandosi trascinare
completamente nella
sua mente.
“
Scott, finalmente! Stai bene?”
Il
ragazzo si voltò, con gli occhi neri che
luccicavano sul viso quasi del tutto bianco. Era serio, nessuna traccia
di un
sorriso. “ Non dovresti essere qui” gli disse.
“
Neanche tu, se è per questo. Qualunque cosa sia
questo posto…” replicò Linus. Non si
era certo aspettato quell’accoglienza.
“
È
“
Torniamo indietro allora. Sono venuto qui per…
be’, per svegliarti.”
“
No. Io devo restare. Questo è il mio posto.”
Disse Scott.
“
Scott, questo posto non esiste! È solo nella
tua mente!”
Una
voce parlò alle sue spalle. Linus non l’aveva
sentita arrivare. Era uno spettro. “ Questo posto
è sempre esistito. Fin
dall’alba dei tempi. E mai è stata tollerata
un’anima viva!” doveva essere lo
spirito di un vecchio, la sua pelle semitrasparente pendeva dalle ossa.
La
guancia era stata maciullata, Linus poteva scorgere i suoi denti
fantasma.
“
Fermo, Gunt!” disse Scott e lo spettro si
fermò. “ È qui per me. Lasciaci
soli.” Lo spettro se ne andò. O meglio,
sparì.
“
Che significa, Scott? Che sta succedendo?”
chiese Linus.
“
Non puoi stare qui. Questo non è posto per i
vivi.”
All’improvviso,
mentre era perfettamente
immobile, Scott si lanciò contro di lui. La sua
velocità era sorprendente, Linus
non riuscì a distinguere i suoi movimenti. Lo
colpì con un pugno allo stomaco,
prima che potesse difendersi.
“
Perché?” chiese, mentre era in ginocchio.
“
Torna indietro.” Sibilò il ragazzo, con una
voce che non aveva pià niente di umano. “ Scott
non vi appartiene.”
A
quelle parole, Linus cominciò a capire. In quel
momento, avvertì intorno a sé altre presenze,
questa volta però non erano
ostili. Non erano lì per lui. Erano come in marcia, tutti
nella stessa
direzione.
“
Tu non sei Scott, dunque” disse, rialzandosi.
“
Sì, sono io. Sono quello che Scott dovrebbe
essere. Un guardiano di spiriti. Scott non appartiene al vostro
mondo” Ripeté
ancora il guardiano.
Linus
si guardò intorno: era pieno di anime che
camminavano nella stessa direzione, lente ma costanti. Il cielo era
sereno e… completo, non
c’erano nuvole e nessun
monte a disturbare l’orizzonte. E non c’era nemmeno
il sole. Un azzurro
perfetto, ma senza sole. Non c’erano ombre,
riflettè Linus. I suoi poteri erano
molto limitati, lì.
“
Non mi interessano i tuoi discorsi, spettro.
Dimmi dov’è Scott e me ne
andrò”
Sono
qui…
Quella voce gli arrivò dritta alla testa. In qualche modo
Scott
riusciva a mettersi in contatto con lui. Solo che non aveva idea di
dove fosse.
Un
instante e il guardiano lo attaccò di nuovo.
Questa volta però Linus non si fece trovare impreparato.
Schivò l’attacco e
indietreggiò di un passo. Era troppo veloce. Non poteva far
altro che
difendersi.
Scott
dove
diavolo sei?
Parò
un pugno, saltò, indietreggio di qualche
altro passo. Si guardò intorno con disperazione. Se Scott
gli aveva parlato era
perché l’aveva visto. E se l’aveva
visto, doveva essere lì intorno.
Ad
un tratto lo vide. Il guardiano lo centrò con
un pugno e lo mandò al suolo. Linus sputò sangue,
ma quasi non se ne accorse. Scott
era lì, a nemmeno cento metri da lui. Si
meravigliò di non averlo visto prima,
ma pensò che forse prima non c’era. Come non
c’erano tutte quelle anime in
marcia. Doveva raggiungerlo… ma il guardiano non
l’avrebbe lasciato andare
facilmente. Doveva trovare una soluzione.
In
quel momento gli tornò in mente Karen. Smettila
di pensare all’onore. Gli uomini
d’onore sono quelli che muoiono per primi. Qui siamo in
guerra… non importa
quello che fai, l’importante è abbattere il
nemico. A qualunque costo, con
qualunque mezzo.
Il
guardiano si avvicinò minaccioso. Il suo volto
era identico a quello di Scott, ma non era lui. Quello sguardo omicida
non
apparteneva al suo amico. Linus affondò le dita nella
sabbia. Finse di
rialzarsi e il guardiano lo attaccò di nuovo. Linus fu
più veloce: gli lanciò
la sabbia sul volto e corse via. Non aveva molto tempo.
Scott
era a terra carponi. Tossiva. Era chiaro
che non riusciva a mettersi in piedi.
“
Scott! Cosa diavolo sta succedendo?” gli disse
Linus.
“
Non lo so. Non riesco a muovermi. Mi hanno
portato qui. Vogliono che faccia qualcosa” disse Scott
ansimando.
“
Chi sei Scott? Il guardiano… ha detto che tu
appartieni a questo mondo…”
“
Gli spettri mentono, Linus. Non hanno nessuna
ragione per dirti la verità. Aiutami adesso.”
Disse Scott. Riuscì ad alzare lo
sguardo e Linus non ebbe dubbi che fosse il suo amico.
Provò
a sollevarlo, ma non ci riuscì. Era
diventato incredibilmente pesante! Non riusciva a sollevarlo nemmeno di
poco.
Un
attimo dopo, notò qualcosa di strano. C’era
qualcosa intorno a Scott, come una lastra di vetro che distorceva il
paesaggio
al di là.
“
Hai combattuto contro Crin, vero?” chiese
Linus, allontanandosi di qualche passo.
Scott
non rispose, ma non ce n’era bisogno.
“
Scott… quello che sto pensando va contro ogni
logica… ma sei ancora dentro la barriera
dimensionale!”
La
barriera dimensionale era una tecnica minore,
che inibiva rapidamente tutte le capacità motorie e creava
uno stato
confusionale che poteva durare giorni. Era efficace, ma rimaneva
comunque una
tecnica statica, non poteva avere altri effetti. “
Com’è possibile che sia
arrivata fin qui! Siamo nella tua mente, cavolo, perché la
barriera è ancora
attiva?”
“
Non… è… la mia…
mente… tirami fuori… per
favore…” riuscì a farfugliare Scott.
Sapeva
come fare. Si voltò e vide che il
guardiano stava correndo verso di loro. Non c’era tempo.
Bastava colpire il
punto nevralgico della barriera. Linus lo individuò subito e
lo colpì con tutta
la forza di cui era capace, come gli aveva insegnato Iago. La barriera
andò in
frantumi.
“
Andiamo! Sta arrivando il guardiano! È troppo
forte per me!” disse Linus aiutandolo ad alzarsi.
“
Ci penso io a lui” disse Scott.
Linus
avvertì uno spostamento d’aria, poi
all’improvviso vide apparire tre spettri che si interposero
tra loro e il
guardiano. Erano spiriti guerrieri, armati di tutto punto. A differenza
degli
spiriti che marciavano in quella valle, questi non barcollavano, non
arrancavano. Erano lì, pronti a combattere.
“
Gar, tora, pund… è tutto vostro” disse
Scott e
gli spettri attaccarono. Il guardiano provò a colpire, ma
gli spettri furono
letali.
“
Linus, andiamo via di qua. Tieniti forte.”
Prima
che potesse replicare, si trovò
scaraventato attraverso foreste e laghi, monti e città. Fu
solo un attimo, ma
sembrò eterno.
Si
svegliarono nella stanza, Linus si alzò di
scatto dalla sedia, senza rendersene conto e cadde a terra.
Sputò sangue di
nuovo.
Anche
Scott era sveglio, drizzandosi al centro
del letto, rischiando di strappare i tubi che lo collegavano ai
macchinari. Si
guardò intorno e poi disse semplicemente:
“
Cazzo, che fame!”