Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    06/04/2014    4 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo VI





Si spengono le luci e si soffoca al buio; si perde la propria ombra e si rimpiange il passato.

Momoi era stata la prima ad essere messa al corrente delle intenzioni di Kise.
Se nel momento in cui Tetsuya aveva proposto la sua idea non le era sembrato molto convinto, ora poteva affermare senza alcun dubbio che Kise era il più determinato a ripristinare la Generazione dei Miracoli.
«È davvero molto bello ciò che vuoi fare per Tetsu-kun.» Momoi non era riuscita a ricontattare Murasakibara come promesso, nonostante la sera prima avesse provato a chiamarlo per ben tre volte, e in quel momento era indaffarata a digitare il testo di un sms da inviargli.
«Sei davvero molto gentile, Ki-chan.» scostò i propri occhi dallo screensaver e li fece rimbalzare su Kise, che ricambiò il suo sguardo e il suo sorriso.
«Kurokocchi non merita tutta quella tristezza.» si limitò a dire con risolutezza.
Momoi si trovò d'accordo e acconsentì con un rapido cenno del capo, inviando l'sms.
«Spero che Mukkun risponda presto.» si augurò con un lieve brontolio e una piccola smorfia sul viso.
«Ad Aominecchi l'hai ancora detto?»
«No, pensavo di contattarlo più tardi.»
Kise diede un'occhiata all'orologio da polso.
«Hai ragione.» osservò con le labbra increspate in un piccolo sorriso: erano appena scoccate le nove del mattino e lui e Momoi si stavano dirigendo rispettivamente allo studio fotografico e al negozio di abbigliamento; Aomine, che un lavoro non lo aveva ancora trovato e sembrava non avere neppure l'intenzione di cercarlo, di sicuro doveva essere ancora addormentato sotto le coperte, quindi Momoi avrebbe cercato di contattarlo nell'ora d punta, nella speranza che i morsi della fame lo svegliassero prima della sua chiamata.
«Oh-!» l'attenzione della ragazza tornò al cellulare, e di conseguenza anche quella di Kise.
«Ha risposto?» Kise non si offese per la mancata risposta di Momoi, anzi, il suo silenzio e il fatto che fosse evidentemente impegnata a leggere il testo di un sms furono una prova sufficiente per capire che l'esito della loro insistenza aveva sollecitato un riscontro da parte di Murasakibara.
«È tornato a vivere qui!» Momoi quasi si mise a urlare per la contentezza.
«Cosa?! Quindi resterà qui?! Quindi ...!» quindi la possibilità di tornare a giocare a basket tutti insieme si concretizzava davanti ai loro occhi.
La risposta di Momoi fu una risata, mentre Kise, ancora un po' incredulo, le scuoteva il braccio esattamente come aveva fatto lei il giorno prima, al fast-food.
«Chiamalo! Chiamalo!» tempo di ripetere quell'incitamento che Momoi aveva già selezionato il contatto in rubrica, finendo per incollare il cellulare al proprio orecchio e rimanendo in attesa.
«Che c'è, Sa-chin?» attesa che non durò poi molto, per fortuna.
«Mukkun, perché non mi hai risposto ieri sera?» Momoi protestò: aveva gonfiato le guance come una bambina permalosa e Kise sollevò gli occhi al cielo e sospirò rumorosamente, quasi a volerla incitare ad andare subito al sodo: presto si sarebbero dovuti salutare, ma prima di farlo voleva a tutti i costi conoscere la risposta di Murasakibara; peccato che il fatto che Satsuki stesse perdendo tempo con altre domande non era molto conveniente.
«Eh? Ah, avevo da fare.»
«Con Himuro-kun?» non lo fece di proposito: quella domanda era stata spontanea, le era proprio scappata.
Kise le scosse un poco il braccio: Murasakibara gli aveva già fatto una strigliata perché aveva rivelato a Momoi della sua relazione con Himuro, non ne voleva un'altra a causa delle domande scomode della ragazza. Insomma, dopotutto era lui il responsabile se ora Murasakibara si ritrovava oggetto della curiosità femminile di Momoi.
«Cosa? Quel che faccio con Muro-chin non ti riguarda-» la voce di Murasakibara risuonò leggermente alterata, ma Momoi non si diede per vinta e accennò un sorriso.
«Ho capito, avevi da fare con Himuro-kun!»
«Sa-chin!»
«Momoicchi-chan, vuoi chiederglielo o no?!» Kise le scosse di nuovo il braccio: ormai mancavano pochi metri allo studio fotografico e se avesse continuato così lo avrebbe fatto ritardare sicuramente.
«Umh? Kise-chin è lì con te?»
Momoi fece per rispondere, decisa a intavolare l'argomento "Generazione dei Miracoli", ma Atsushi la batté sul tempo.
«Ma voi due state sempre insieme? Non è che ci nascondete qualcosa?»
«Eh?!» nonostante glielo avesse chiesto con la solita voce annoiata e disinteressata, Murasakibara era riuscito a far imbarazzare Momoi a tal punto che ora, con le guance arrossate e brucianti, si era scostata rapidamente dalla presa di Kise - che continuava a tenerle il tessuto della manica della giacca stretto fra le dita di una mano – e ora lo stava respingendo con una risata nervosa e la mano piantata in pieno viso.
«E-eh- Momoicchi-chan, ma che ti prende?» Kise si ritrovò a brontolare contro la mano della ragazza, che sembrava non volersi più staccare dal suo viso.
«Mukkun, senti ...» Momoi si schiarì la voce e, finalmente, scostò la propria mano dal viso di Kise, spaesato e confuso per quella sua strana reazione ad una domanda che lui non aveva sentito.
«Io e Ki-chan vorremmo chiederti una cosa.»
«Eh?»
«Riguardo al basket.»
Murasakibara tacque e, istintivamente, le sue labbra si incrinarono in una piccola smorfia infastidita.
Anche Momoi, dal canto suo, si zittì per qualche secondo ed ebbe una piccola esitazione nell'avanzare la proposta: Murasakibara era quasi certamente il più difficile da convincere, e il silenzio che ora regnava sovrano dall'altro capo del cellulare era segno evidente del suo disappunto, segno evidente che, molto probabilmente, era già pronto a rifiutare, anche senza ascoltare ciò che lei aveva da dirgli.
Proprio in quel momento Satsuki si chiese perché dovesse toccare a lei trattare con il più difficile da convincere.
«Ecco, vedi, Tetsu-kun ha avuto un'idea.» fece una breve pausa: non voleva che Murasakibara la precedesse e rifiutasse la proposta senza ascoltarla, anzi doveva assolutamente sentirla e bisognava sperare che le parole della ragazza facessero sorgere in lui qualche dubbio «io e Ki-chan lo stiamo aiutando a ripristinare la Generazione dei Miracoli.»
Si ripeté il silenzio.
«Eh? Kuro-chin si è bevuto il cervello?» poi, finalmente, Murasakibara si decise a parlare, ma non si trattò del risultato vanamente sperato. Certo, rimaneva la possibilità che in lui insorgessero comunque dei dubbi, ma a pensarci bene era quasi impossibile che avvenisse qualcosa del genere: una volta riposto il cellulare, Atsushi si sarebbe dimenticato completamente della proposta e sarebbe tornato a fare le sue cose con Himuro, o a contemplare pacchetti di caramelle fra gli scompartimenti di un negozio di dolci.
«Mukkun, per favore, pensaci su.» Momoi aveva già capito l'antifona e, piuttosto che insistere e fargli perdere la pazienza, preferì indorare la pillola e concedergli del tempo, mostrandosi magnanima e piuttosto remissiva.
Murasakibara si lasciò sfuggire un qualcosa che pareva l'intrecciarsi di un mugolio esasperato e di un sospiro sommesso.
«Non ho bisogno di pensarci.»
«Ma ... ma in America ci giocavi a basket, no?»
«Sì.»
«E adesso? Perché non ti va?» cercò di incalzarlo.
«Perché non mi va.» la risposta di Atsushi fu lapidaria.
Momoi indugiò ancora, notando l'espressione rammaricata che si era profilata sul volto di Kise, che evidentemente aveva capito quale piega stesse prendendo la conversazione.
«Mukkun, stai pensando di lasciare il basket?»
«Forse.»
In verità Momoi fu contenta di quella risposta: "Forse" poteva significare tantissime cose.
«Sa-chin, devo andare, ti saluto.»
Satsuki non provò a fermarlo, né gli raccomandò di farsi sentire, piuttosto lo salutò remissivamente e, interrotta la chiamata, tornò a rivolgersi a Kise.
«Magari riproverò a chiamarlo fra un paio di giorni, ma sarà dura convincerlo.»
«Ah, lo so: Murasakibaracchi è sempre stato così ... così pigro!» Kise sospirò, poi diede una rapida occhiata allo studio fotografico e infine tornò a rivolgere la propria attenzione all'amica.
«Momoicchi-chan, devo andare o farò tardi.»
«Oh, ma certo!» Momoi era già pronta a salutarlo, ma Kise glielo impedì.
«Comunque non voglio arrendermi e dopo il lavoro telefonerò a Midorimacchi!» Ryouta era davvero il più determinato, forse anche più di Tetsuya, il fautore di quella folle idea.
Momoi sorrise e annuì, dando il suo pieno consenso al semplice piano di Kise; infine ricambiò il suo saluto e lo guardò entrare nello studio.


Murasakibara era tornato a vivere in Giappone, ma aveva rifiutato la proposta; Kise si sarebbe mobilitato per contattare Midorima quello stesso pomeriggio: in sintesi era questo il contenuto dell'sms che Momoi aveva appena inviato a Tetsuya.
Il volto di Tetsuya non lasciò trasparire alcuna emozione: venire a conoscenza di quel rifiuto non lo sorprendeva affatto: se le cose riguardavano Murasakibara, allora, ci si poteva stupire soltanto di una risposta positiva che, se ne rendeva perfettamente conto, era quasi impossibile da ottenere.
Nonostante il rifiuto, però, Momoi aveva incluso nell'sms anche il suo proposito di continuare a insistere, così come Kise avrebbe sicuramente fatto con Midorima: Tetsuya camminava placidamente sotto le nuvole scure di ottobre, con un dolore nel petto generato dalla voce di Kagami e che per tutta la notte e per tutta la mattina era persistito e sembrava non volersene più andare, ma nonostante ciò era sollevato di potersi affidare a Ryouta e Satsuki.
Dopo tutto il tempo passato a credere di essere rimasto completamente solo al mondo, aveva finalmente realizzato di poter contare su Kise e Momoi che, dando una rapida occhiata al passato, erano state senza dubbio alcune delle persona più umane e vicine a lui.
A dire il vero c'era stata anche una terza persona che in passato era stata vicino a Tetsuya, anche più di Ryouta e Satsuki, ma la loro amicizia era stata compromessa e si era ritrovata unita da un unico filo che, andando avanti col tempo, avevano trascurato e dimenticato di rinforzare. Quell'unico filo che ancora teneva uniti due universi troppo remoti era il residuo di una presenza e una disponibilità che Aomine aveva dato per scontate e dell'ingenua fragilità che aveva determinato l'allontanamento di Tetsuya, sempre stato eccessivamente restio e addirittura incompatibile alla sofferenza.
Tetsuya era consapevole che il riavvicinamento con Momoi e Kise avrebbe avuto come conseguenza diretta il doversi ritrovare ancora una volta faccia a faccia con Aomine, ancora una volta sentirsi rinfacciare dalla propria coscienza di quel filo ormai lacerato e debole, impossibile da rinforzare.
Il fatto che nell'sms Momoi non avesse menzionato Aomine lo inquietava ulteriormente: possibile che non fosse stato ancora informato dell'idea di ripristinare la Generazione dei Miracoli? A quel punto era logico pensare che gliene avesse parlato Kise, ma anche in quel caso sembrava che la risposta non fosse stata ancora data.
Come ci era riuscito, Kise? Com'era riuscito a rafforzare il filo che lo teneva legato ad Aomine? A volte Tetsuya invidiava davvero Kise: le loro indoli erano molto diverse, mentre la sua era riflessiva e macchinosa, quella di Ryouta era molto più pacifica, forse paradossalmente anche meno ordinata, più contorta, nonostante sembrasse avere spesso la testa fra le nuvole.
Kise sembrava essersi dimenticato - o forse ci stava mettendo tutta la sua buona volontà per farlo - dell'Aomine Daiki appartenente al tempo della Teiko e della prima superiore, mentre Tetsuya, anche a distanza di anni, non riusciva a riflettere senza pensare alle sfaccettature più cupe della personalità della sua vecchia luce, non riusciva ad allontanarsi dai ricordi quel tanto da poter giudicare il passato con occhi nuovi, pronto ad esprimere un giudizio più distaccato e meno personale che in quel momento, per lasciarsi alle spalle ogni cosa, era davvero necessario.
I pensieri di Tetsuya furono interrotti improvvisamente dalla caduta rovinosa di una piccola goccia di pioggia che si infranse sulla punta del suo orecchio, facendogli inclinare appena la testa verso destra.
Sua nonna lo aveva spedito a fare la spesa dopo essersi resa conto che nel frigo mancavano le uova e che quindi non avrebbe potuto preparare la torta, e Tetsuya era uscito piuttosto in fretta, quando i nuvoloni scuri erano ancora lontani, alle sue spalle, e non avevano ancora ricoperto tutta la città.
Tetsuya non ebbe neppure il tempo di passarsi la manica della giacca sull'orecchio che una seconda goccia gli colpì la guancia, poi altre cominciarono a macchiare l'asfalto, lasciando spazi sempre più piccoli fra una chiazza e l'altra, fino a farlo luccicare di nero, come se fosse stato appena steso e fosse ancora fresco.
La torta di sua nonna poteva aspettare.
Tetsuya si rifugiò immediatamente nell'androne di un portone che, per pura fortuna, aveva trovato spalancato: aveva fatto appena in tempo, perché ora la pioggia scrociava imperterrita e frustava con insolita rabbia i marciapiedi, rimasti vuoti in pochi secondi.
Nonostante fosse stato vittima solo dei primi secondi di quell'acquazzone, Tetsuya aveva i capelli umidi e le maniche della giacca impregnate d'acqua, tanto che dovette toglierla e legarla in vita; era sul punto di recuperare il cellulare dalla tasca dei jeans per avvertire sua nonna che avrebbe fatto tardi quando qualcuno parve avere la sua stessa idea.
«Merda!»
Chi era appena entrato nell'androne era stato sotto la pioggia molto più tempo di Tetsuya ed era completamente zuppo, tanto che le gocce d'acqua continuavano a colargli lungo la giacca e si riversavano rapide sul pavimento, formando una piccola pozzanghera ai suoi piedi.
Tetsuya, però, non lo stava di certo guardando in quel modo perché aveva urlato una parolaccia nell'androne del portone, perché era zuppo o perché stava riempiendo d'acqua tutto il pavimento.
Lo vide togliersi velocemente la giacca, come se fosse stata rovente - ma probabilmente era solo un gesto di stizza -, e lo sentì brontolare un altro improperio.
Non doveva essersi accorto di lui, visto che stava continuando a dargli le spalle e cercava di strizzare la giacca impregnata di pioggia meglio che poteva, contribuendo alla silenziosa crescita della pozzanghera d'acqua sul pavimento.
«Aomine-kun?» la voce di Tetsuya fu scarsamente percettibile, ma l'androne fece sì che il suo richiamo si propagasse in un'eco.
D'un tratto vide l'altro immobilizzarsi, quasi come se avesse voluto concentrarsi completamente sul proprio udito.
Aomine doveva aver creduto fortemente che quella voce fosse frutto della sua immaginazione, perché dopo qualche attimo di silenziosa immobilità tornò a strizzare con cura la giacca.
«Aomine-kun?» allora Tetsuya ripeté ancora il suo nome, questa volta con la voce più alta e un tono più deciso.
Aomine si immobilizzò di nuovo e, contrariamente a quanto era successo prima, si voltò.
Tetsuya lo doveva aver colto di sorpresa, visto che l'altro scattò subito indietro per lo spavento.
«Tetsu?! Ma che diavolo ci fai qui?! E ... e da quanto sei qui?!» e poi si mise a sbraitare, probabilmente perché si era reso conto di aver fatto la figura del fifone e si era sentito punto nell'orgoglio, quindi cercava di scacciare la sensazione di vergogna - o forse di far dimenticare a Tetsuya la sua reazione - strepitandogli contro.
«Da prima di te.» si limitò a dire Tetsuya, senza staccargli gli occhi di dosso.
Era il colmo: Tetsuya aveva pensato a Daiki poco prima che arrivasse l'acquazzone, poi la pioggia aveva spazzato via le sue macchinazioni e ora il brutto tempo lo conduceva proprio nello stesso portone in cui aveva cercato rifugio lui. Lo conduceva da lui.
Aomine, tuttavia, non sembrò interessarsi molto alla presenza di Tetsuya, piuttosto tornò ad osservare la pioggia scrosciante non appena il rombo di un tuono fece tremare l'androne.
«Dici che smetterà presto?»
«Sembra passeggero.» ma a Tetsuya non interessava l'acquazzone, anzi più durava più tempo avrebbe avuto a disposizione per parlare con Aomine.
«Merda.» Aomine sibilò un'altra imprecazione e Tetsuya, che gli si era affiancato, sollevò appena il viso.
«Sei arrabbiato?»
«Sono affamato.» lo corresse Aomine «stavo andando a fare la spesa, e ...»
Aomine non continuò il discorso, piuttosto rivolse la propria attenzione alla potenza della pioggia che pareva in procinto di diminuire.
Tetsuya ebbe solo pochi attimi per preoccuparsi della vicina fine dell'acquazzone: la pioggia avrebbe smesso di cadere da un momento all'altro, ma lui e Aomine, comunque, erano diretti nello stesso identico posto.


«Ohi, ohi, ma si può sapere perché mi hai seguito?»
Erano rimasti nell'androne solo per un altro paio di minuti, finché la pioggia non si era ridotta a qualche rara gocciolina ed era infine scomparsa, dopo di che Aomine si era subito incamminato verso il supermercato e Tetsuya lo aveva seguito.
«Devo comprare delle cose per mia nonna.»
Aomine si bloccò con il palmo della mano aderente al cartone di latte e sembrò fulminarlo con la coda dell'occhio: probabilmente sospettava qualcosa e stava pensando che quella di Tetsuya fosse solo una scusa. Effettivamente il problema era che c'era davvero qualcosa da sospettare, anche se quella usata da Kuroko non era affatto una scusa.
Dopo aver preso il cartone di latte, Aomine transitò lungo lo stretto corridoio senza badare agli altri scaffali, mentre Tetsuya dovette interrompere il suo inseguimento e recuperare un cartone contenente mezza dozzina di uova. Aomine, comunque, si era fermato in fondo al corridoio, di fronte al banco frigo, quindi Tetsuya ebbe il tempo di raggiungerlo.
«Aomine-kun, vorrei chiederti una cosa.»
«Cosa?» dalla velocità disattenta con cui Aomine infilò nel cestino alcuni prodotti, Tetsuya ebbe l'impressione che si stesse già sentendo alle strette a avesse voglia di uscire da quel supermercato il più in fretta possibile.
Era improbabile che Aomine fosse a conoscenza delle macchinazioni di Tetsuya, Ryouta e Satsuki, ma sembrava davvero sospettare qualcosa e attraversò a passo rapido un altro corridoio stretto, dirigendosi verso le casse.
Tetsuya non aveva intenzione di lasciarselo scappare e, anche se avrebbe desiderato sinceramente parlare con più calma e magari pensare prima al debole filo che a stento riusciva a tenerli ancora legati - ma si parlava di un'unione costruita unicamente su dialoghi che andavano molto vicini a quelli di due sconosciuti -, decise di parlare.
«Io, Kise-kun e Momoi-san stiamo pensando di ripristinare la Generazione dei Miracoli.»
La confessione di Tetsuya fu così rapida che ebbe per qualche attimo la buffa sensazione di aver soffiato soltanto aria, senza aver detto realmente nulla.
Qualcosa, però, doveva essere uscito dalla sua bocca, visto che Aomine si immobilizzò nel bel mezzo del corridoio e si voltò immediatamente verso di lui.
«Mi aspettavo una cosa del genere da te, ma che quei due idioti di Kise e Satsuki ti appoggiassero proprio non lo avevo previsto.» Aomine parlava a denti stretti, aveva assunto quel tono infastidito e annoiato che, andando avanti col tempo, a Tetsuya era piaciuto sempre di meno.
Aomine rimase a fissarlo solo per qualche attimo, poi sbuffò sommessamente e tornò a dargli le spalle.
«Pensi che potrei divertirmi?»
Tetsuya fu colto di sorpresa da quelle parole, tanto che ebbe un piccolo sussulto e rimase a fissare le spalle dell'altro senza fiatare: cosa significava quella domanda? Dopo tre anni Aomine era ancora convinto che l'unico avversario che poteva tenergli testa e addirittura batterlo fosse Kagami?
«Il fatto che non ci sia Kagami-kun non significa per forza che nessuno di noi ti possa battere.» Tetsuya non parlava certo per lui, piuttosto stava pensando all'Occhio dell'Imperatore di Akashi e ancora alla Copia Perfetta di Kise.
«Eh?!» Aomine si voltò di nuovo verso di lui, forse sul punto di intimarlo a rimangiarsi ciò che aveva appena detto.
Tetsuya lo vide incrinare le labbra in una smorfia e scuotere il capo in segno di disappunto.
«A proposito, quell'idiota tornerà prima o poi?»
«No.» Tetsuya rispose immediatamente, quasi avesse voluto scacciare immediatamente il pensiero di Kagami che, tanto insistentemente, stava trovando spazio nella loro conversazione: non voleva parlare di Taiga e del suo ritorno in Giappone - che non sarebbe mai avvenuto -, ma piuttosto di Aomine e dei residui di arroganza che, seppur ridotti al minimo, erano ancora presenti in lui anche dopo tanto tempo.
Aomine, dal canto suo, doveva essersi reso conto di essere stato davvero poco saggio a rivolgere quella domanda a Tetsuya, tanto che tornò in silenzio e si diresse verso la cassa.
Tetsuya non aveva ancora ricevuto una vera e propria risposta e si era limitato a seguirlo.
«Ah ...» Aomine sospirò rassegnato, lasciando scivolare il capo all'indietro e chiudendo gli occhi solo per qualche attimo, prima che il commesso registrasse il codice a barre stampato sul cartone di latte.
«Non lo so, Tetsu.»
Tetsuya lo fissò, ma gli occhi di Aomine erano concentrati sul passaggio delle merci acquistate lungo il nastro trasportatore e poi sullo scanner.
«Non mi sembra una buona idea, comunque.»
Tetsuya non fu contento di ascoltare quelle parole, ma quello di Aomine era evidentemente un rifiuto forzato e per fortuna si era soffermato su una sua opinione personale, piuttosto che sull'arrogante convinzione che si sarebbe annoiato come ai vecchi tempi.
Tetsuya non disse nulla, attese il suo turno e pagò le uova: lui era proprio l'ultima persona al mondo che avrebbe potuto convincere Aomine, soprattutto dopo che la loro grande amicizia si era frantumata così rovinosamente a causa dell'allontanamento non tanto fisico, ma mentale.
Tetsuya sapeva benissimo di non avere voce in capitolo quando si parlava di Daiki: si illudeva sempre di poter rafforzare quel filo, ma ogni volta che lo osservava con più attenzione si rendeva conto che era ridotto talmente male che la cosa migliore da fare sarebbe stata reciderlo per sempre.
Nonostante il rifiuto, però, sapeva che non c'era da disperare: poteva contare ancora su Momoi e Kise, che di sicuro avrebbero fatto leva su Aomine e avrebbero trovato il modo di farlo acconsentire.
Con grande sorpresa di Tetsuya, Aomine non scappò e lo aspettò all'uscita del supermercato.
«Andiamo a casa, prima che si metta a piovere di nuovo.»
Tetsuya seguì lo sguardo dell'altro, che ora osservava con attenzione altre nuvole scure provenienti dalla direzione opposta verso la quale si sarebbero dovuti dirigere.
Ogni volta si convinceva che quel filo avesse bisogno di essere reciso, ma non ci riusciva, non poteva accettarlo, e anche quel giorno, nonostante il rifiuto di Aomine, sapere che avrebbero percorso un pezzo di strada insieme gli fece piacere e gli impedì di prendere in mano le forbici per spezzare una volta per tutte il loro sottile legame, quel filamento di lacrime che da anni teneva legati insieme a stento due universi troppo remoti.


Per l'ennesima volta, Kagami brontolò e si girò su un fianco, tirandosi le lenzuola fin sopra la testa per impedire ai raggi del sole di ferirgli gli occhi. Nonostante cercasse di sfuggire alla luce del mattino e avesse ancora il viso stropicciato dal sonno, Taiga sapeva benissimo che non sarebbe più riuscito a riprendere sonno: teneva gli occhi ben aperti nel buio generato dalla pressione delle lenzuola, cercava di non pensare a nulla o a qualcosa di molto preciso che non riguardasse Tetsuya, ma era perfettamente cosciente del fatto che non ci sarebbe mai riuscito.
Ogni tentativo di non pensare a Tetsuya era un fallimento sin dalla partenza oppure un'infima illusione di successo: di rado riusciva a scacciare dalla propria testa il pensiero di lui, e le poche volte in cui ci riusciva si trattava al massimo di un paio di minuti che, puntualmente, venivano stravolti da un pensiero che aveva queste fattezze: Finalmente non sto pensando a Kuroko. Era così che Kagami, senza neanche rendersene conto, tornava a rimuginare sulla sua ombra.
Allo sguardo triste di Tetsuya, che al momento della partenza lo aveva spiazzato, come se fosse stata la conferma di quei sospetti e di quei dubbi, ora si aggiungeva la sua voce, quelle poche parole flebili e lontane.
Gli era mancata la voce di Tetsuya, e gli mancava ancora, perché si era trattato di uno scambio di battute talmente rapido e vuoto che era come se non fosse avvenuto, come se non si fossero realmente parlati. Non lo biasimava: Tetsuya provava qualcosa di profondo nei suoi confronti - anche se non aveva mai indagato al riguardo era evidente -, e lui aveva fatto finta di niente e se n'era tornato negli Stati Uniti comportandosi come un vero e proprio menefreghista, quindi se ora Kuroko gli riservava quel tono privo di emozioni e leggermente schivo non poteva certo fargliene una colpa, anzi forse era semplicemente ciò che si meritava.
In amore, Tetsuya era molto diverso sia da lui che da Himuro.
Tetsuya era molto più razionale: non si buttava a capofitto nelle cose, né scappava via; piuttosto analizzava con attenzione la situazione e, se il caso lo richiedeva, era sempre pronto - pur soffrendo - a lasciar andare.
Era una persona rara, pronto a farsi da parte e a rinunciare a soddisfare i suoi sentimenti qualora si fosse accorto dell'indisponibilità dell'altro; era una persona coraggiosa, perché indubbiamente ci vuole molto coraggio a lasciar andare. Sì, molto coraggio e tantissima forza di volontà, la sicurezza schietta di non cadere nel baratro della sofferenza e un altruismo spropositato, l'umiltà di rinunciare ai propri desideri solo per il bene dell'altro.
Kagami si diede della merda mentalmente: conosceva benissimo i sentimenti di Tetsuya, eppure non aveva mai voluto scavare a fondo la questione, pur essendo una persona piuttosto diretta e impulsiva, pur essendo infastidito - ma solo inizialmente - dalla consapevolezza di essere oggetto dell'amore della propria ombra. Non aveva mai provato a stuzzicare Tetsuya a tal punto da farlo confessare, anzi cercava di giostrare alcune conversazioni di modo che si evitassero certi discorsi e certe situazioni, si era sforzato di ignorare la bizzarra consapevolezza di essere amato da uno dei suoi migliori amici e, in un certo senso, ci era anche riuscito.
Pur di non compromettere la loro amicizia aveva inferto a Tetsuya un dolore fin troppo grande: gli aveva impedito di confessarsi, gli aveva voltato le spalle, lo aveva lasciato con un pugno di mosche, fermo in un punto impreciso dell'aeroporto.
Sicuramente Tetsuya era rimasto immobile a guardarlo mentre si allontanava: più volte qualche passante frettoloso lo aveva scontrato e lui non se n'era preoccupato, piuttosto aveva continuato a guardare nel punto in cui si trovava Kagami e che a poco a poco si era svuotato e non accennava a riempirsi di nuovo; aveva aspettato invano, sperando di vederlo tornare indietro; era stato l'ultimo ad andarsene, a lasciare quel luogo a capo chino, esternamente raccolto in un silenzio atterrito e, internamente, soffocato da una tempesta di pensieri.
Era così che Taiga aveva più volte immaginato Tetsuya appena dopo la partenza, e forse non aveva tutti i torti: non ci voleva un genio per capire che Kuroko era rimasto profondamente ferito da quell'allontanamento improvviso.
E tutto questo era servito per preservare almeno la loro amicizia? Certo che no.
«Basta!» fu un suono improvviso, crudele, somigliante al sibilo della ghigliottina che ad un tratto si abbatte su una testa.
Kagami scostò le lenzuola con un gesto di stizza e balzò giù dal letto, ripetendosi ancora una volta l'ordine che lo aveva aiutato ad alzarsi e a raggiungere immediatamente la scrivania.
Taiga si sedette e accese il terminale, cominciando a muovere spasmodicamente le gambe in un continuo tremolio, come se fosse stato impaziente, avesse avuto fretta.
Quando Internet fu finalmente disponibile, Kagami premette rapidamente alcuni tasti e scrisse sulla barra di ricerca: "Voli Los Angeles Tokyo".


Fu in quel momento che considerò un'ottima idea l'aver impostato la vibrazione e l'aver tolto la suoneria dal suo cellulare.
Se avesse squillato avrebbe perso la testa; a dire il vero anche la sola vibrazione era già abbastanza snervante.
Sospirò sonoramente, adagiò i palmi di entrambe le mani sulla fronte e chinò appena il capo, esasperato: chi lo conosceva bene sapeva che non doveva chiamarlo nel pomeriggio, perché altrimenti avrebbe disturbato i suoi studi, quindi da quella costante e insistente vibrazione era facilmente intuibile che chiunque stesse interrompendo il suo quotidiano e lungo appuntamento con i libri di medicina doveva avere urgenza di parlargli.
Prima di rispondere, però, volle finire il paragrafo: lesse rapidamente le ultime due righe e, con un altro sonoro sospiro - aveva terminato il paragrafo, sì, ma quella continua vibrazione gli aveva impedito di capire realmente il significato delle ultime parole - afferrò il cellulare.
Pur di non dover ascoltare ancor quella vibrazione, Midorima accettò la chiamata ancor prima di controllare il numero sul display e portarsi il cellulare all'orecchio.
Non appena premette il tasto per accettare la chiamata, sentì gracchiare qualcosa: una voce lagnosa che risuonò ancora lontana dal suo orecchio ma che gli fece immediatamente raggelare il sangue.
Si pentì amaramente di aver risposto: era sicuro che quella voce appartenesse a qualcuno che conosceva piuttosto bene, ad un suo ex compagno delle medie, per la precisione, ma cosa poteva fare? Di certo non poteva riattaccare, soprattutto dopo aver accettato la chiamata.
«Midorimacchi? Ci sei?» i sospetti di Midorima furono confermati dallo schiamazzo irritante e assordante di Kise che, non avendo ricevuto immediatamente una risposta, si affrettò ad insistere.
«Sì.» Midorima si era limitato a un flebile assenso, osservando il paragrafo appena abbandonato con molto più interesse di quanto non ne avesse per l'inaspettata chiamata di Kise.
«Allora? Come stai?» fin da subito fu Kise a impugnare le redini della conversazione: era logico che Ryouta facesse le domande e Shintarou fosse costretto a rispondere -pur utilizzando sentenze fra le più concise e ridotte -
«Stavo studiando.» preferì fargli intendere che lo aveva disturbato, piuttosto che rispondere nel modo tradizionale.
«Come mai hai chiamato?» tuttavia chiese spiegazioni, seppur cercando di non far trasparire curiosità nella sua voce ma rivolgendosi a lui come se una domanda del genere fosse stata di dovere.
Era incuriosito dal fatto che Kise avesse telefonato: certo, non si poteva escludere che si trattasse di una routine, di un'abitudine appena germogliata, ovvero quella di telefonare ad ogni membro della Generazione dei Miracoli almeno una volta al mese per sapere come stesse - il che era proprio "da Kise" -, ma non per questo andava accantonata l'ipotesi che il suo interlocutore avesse qualcosa di importante da comunicargli - dopotutto lo diceva anche l'oroscopo che quel giorno, per il segno zodiacale del Cancro, sarebbe sopraggiunta una notizia inaspettata -
«Studi ancora medicina?» ovviamente Kise non prestò molta attenzione a quella domanda e si interessò proprio al suo studio.
«Ovviamente.» Midorima sbottò: che genere di domanda era? Pensava che avesse già mollato? O che andasse all'università solo per scaldare la sedia? No: senza dubbio Midorima era stato fra i più tenaci e i più ambiziosi e, una volta finite le superiori, si era gettato a capofitto negli studi universitari.
«Ma sei sempre chiuso in casa a studiare!» Kise si lagnò; Midorima si chiese se non fosse una specie di invito a mollare gli studi per uscire a prendere un po' di aria fresca: il che, in verità, non gli sarebbe dispiaciuto, visto che negli ultimi due mesi era uscito davvero pochissimo - senza contare le uscite per recarsi all'università, quelle per fare la spesa e, ancora, quelle per procacciarsi l'oggetto fortunato del giorno, le volte in cui aveva lasciato la sua scrivania e i suoi libri da parte per svago si contavano sulla punta delle dita -
«È normale, visto che vorrei laurearmi.» tagliò corto «c'è un motivo particolare per cui mi hai chiamato?» poi riprese a parlare senza concedere a Kise altro tempo per lagnarsi: prima finiva quella conversazione, meglio era, così sarebbe potuto tornare a studiare.
Stava sinceramente sfiorando l'esaurimento, aveva i nervi a fior di pelle, era stanco: o restava chiuso in università a seguire le lezioni e a prendere fiumi di appunti, oppure imprigionato in casa, con il capo costantemente chino su tomi sottolineati con mille colori diversi, appunti scarabocchiati di qua e di là e tanto, tantissimo caffè sempre a portata di mano.
Sì, era davvero sull'orlo dell'esaurimento nervoso, e ora ci si metteva pure Kise con le sue lagne insulse.
«Sì, c'è.» la voce di Kise sembrò tremare appena: Midorima sospettava qualcosa e la sua scarsa loquacità pareva essere generata da un motivo diverso dalla sua indole introversa, chiusa e diffidente.
«Io, Kurokocchi e Momoicchi-chan stiamo ripristinando la Generazione dei Miracoli.» Kise pensò a Tetsuya, al sorriso che si sarebbe potuto dipingere sul suo volto se solo fossero davvero riusciti in quel progetto, e allora parlò senza esitare.
Midorima, dal canto suo, rimase in silenzio: basito, le dita strette intorno al cellulare, gli occhi fissi sulla centunesima pagina del tomo di biochimica - anche se in quel momento era talmente sorpreso da non riuscire più a leggere le scritte sulla pagina e neppure il titolo in grassetto e stampato a caratteri cubitali, o a vedere la superficie liscia del kotatsu, la penna nera, il foglio degli appunti -
Forse aveva sentito male.
Aveva sicuramente sentito male.
«Potresti ripetere?»
«Vogliamo ripristinare la Generazione dei Miracoli.» insistette con orgoglio Kise, dall'altro capo del cellulare.
Midorima aveva sentito bene, invece, ma trovava comunque moltissima difficoltà a credere alle sue orecchie.
«Fate ciò che vi pare, io non potrò unirmi a voi.» fu questo che, dopo qualche attimo di silenzio, uscì come veleno dalla bocca di Midorima.
«Cosa?! Midorimacchi, non puoi rifiutare!» Kise riprese a lagnarsi, facendo roteare gli occhi e sospirare rumorosamente l'altro.
«Perché no?» insistette.
Midorima dovette inspirare profondamente per rimanere calmo.
«Kise, sto frequentando l'università. È molto diversa rispetto alle medie e alle superiori: passo tutto il giorno a studiare e non è mai abbastanza, per cui devo declinare l'offerta.» spiegò molto semplicemente.
A quel punto fu Kise a sospirare esasperato.
«Dovresti svagarti un po', sai? Fai bene a studiare, ma sei un po' troppo severo con te stesso!»
Midorima strinse i denti: Kise gli aveva telefonato per fargli la paternale? Tutto ciò era davvero ridicolo.
«Mi dispiace, ma non posso.» si era limitato a rispondere, scandendo maggiormente le parole per ribadire una volta per tutte il concetto.
«Adesso, se non ti dispiace, torno a studiare.»
Kise rimase in silenzio per qualche secondo: le labbra serrate in una smorfia, la fronte leggermente aggrottata in un'espressione di cruccio; da quando aveva cominciato l'università, Midorima non aveva fatto altro che studiare: non gli mancava il basket? Davvero per lui era stato qualcosa di così insignificante da poter riuscire a lasciarselo alle spalle con così tanta facilità?
Ryouta si stava decidendo a rispondergli quando l'altro lo interruppe.
«A proposito, oggi il segno dei Gemelli è ultimo in classifica: procurati un asciugamano, rosso se è possibile.»
Ecco: Midorima era tornato a pensare al suo oroscopo, a quello - al contrario del basket - non aveva mai rinunciato.
Quella fu la fine della loro conversazione, e a Kise rimase l'amore in bocca, oltre al continuo interrogarsi sul perché avesse dovuto procurarsi un asciugamano rosso: dopotutto non sarebbe servito a niente, visto che sia Midorima che Murasakibara si erano detti contrari al progetto di ripristinare la Generazione dei Miracoli.
Chiusa la chiamata, Kise notò che aveva ricevuto un sms, probabilmente nel mentre della sua conversazione con Midorima.
Fu sorpreso di vedere che il destinatario era Tetsuya.
Aprì immediatamente il messaggio e lo lesse con il peso della delusione sempre più gravante sulle proprie spalle, di parola in parola: Tetsuya gli aveva comunicato che anche Aomine aveva rifiutato.
A quanto pareva, Kise, aveva sottovalutato il suo ultimo posto in oroscopo e la situazione si era rivelata peggiore di quanto sembrasse o si potesse immaginare.
Erano tre contro tre: lui, Tetsuya e Momoi con quel progetto che iniziava a sembrargli irrealizzabile, un'utopia, contro Aomine, Murasakibara e Midorima con i loro rifiuti drastici e severi e, forse, la paura dei fantasmi del passato.

Si accendono le luci e si annega nelle scelte e nelle rinunce; si combatte contro se stessi e si temono gli spettri dei ricordi come fossero chimere effimere.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

Bonjour à tous~
Lo sapete che ogni volta faccio il resoconto dei capitoli, no? Però se devo essere sincera credo di non avere molto da dire riguardo a questo D:
Mentre lo scrivevo non ero per niente soddisfatta, poi rileggendolo ho cambiato idea, in particolare sono molto soddisfatta della parte in cui Kuroko incontra Aomine (che era quella che mi preoccupava di più! XD)
E a fine capitolo ecco che un altro membro della Generazione dei Miracoli (il mio preferito ;u;) fa la sua comparsa~
Ora vi do una notizia che non vi piacerà, ovvero che anche io, come Midorima, sono un'universitaria e devo cominciare a mettermi sotto per la sessione estiva, quindi aggiornerò sempre più di rado e forse fra maggio e giugno sarò proprio impossibilitata a farlo.
Cercherò comunque di ritagliare sempre uno spazio per la scrittura, ma non vi prometto niente ;A;
Il prossimo capitolo, comunque, cercherò di scriverlo e postarlo relativamente presto, per la gioia di chi shippa AoKise e KagaKuro (sì, dal prossimo capitolo in poi inizierà ad innescarsi qualcosa eue)
Per il resto mi auguro soltanto di tornare a vedere un po' di recensioni. Mi faceva davvero piacere riceverle, ma ultimamente si sono dimezzate, nh.
Ringrazio tutti coloro che leggono, salvano nei preferiti, nei ricordati o nei seguiti la storia, fangirlano (?) e recensiscono e, ancora una volta, mi faccio pubblicità: https://www.facebook.com/pages/Neu-Preussen-EFP/416393978469818?ref=hl
Alla prossima!
   
 
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