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Autore: NorwegianWinds    06/04/2014    2 recensioni
Alex è un giovane musicista allo sbando: è appena stato cacciato dalla sua band, i We Love Thighs, e non sa cosa fare del proprio futuro. Tra tostapani molesti, amici fedeli, pornobimbe silenziose, vecchie guide ed ex mogli alla ribalta, riuscirà Alex a ritrovare la propria strada e la propria musica?
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Quando apro gli occhi, mi rendo conto subito che questa volta non sono rimasto da solo. Impossibile pensarlo: sono ancora accoccolato sul petto di Nereide, che si alza e si abbassa seguendo il ritmo regolare del suo respiro.

Mi sento un’altra persona. Non avevo mai fatto una scopata catartica.

Esperienza interessante e da ripetere, senza dubbio.

Ho eliminato in poche ore la stanchezza e la fatica dell'ultimo periodo, in cui non ho fatto altro che farmi trascinare dagli eventi, sballottato di qua e di là, come una marionetta sfondata.

Mi sento pronto a ritornare padrone della mia vita. Ci sono molte cose che posso e devo fare.

Innanzitutto, smettere di provare le mie nuove canzoni in un garage e provare a farne uscire qualcosa di buono.

Poi devo sistemare le cose con Dawson. E con Debbie, credo.

Un sospiro caldo sopra di me. Nereide fa una piccola smorfia nel sonno. Almeno con lei non ho combinato casini. Lei resta sempre il mio bunker sicuro e inespugnabile, la mia ancora di salvezza.

A malincuore, mi stacco dal suo corpo caldo, profumato di sesso e lacrime, cercando di fare meno rumore possibile. Mi rivesto, prendo i fogli con le canzoni, sempre più stropicciati, ed esco in punta di piedi.

 

Un'ora più tardi sono in un quartiere decisamente meno disagiato e decisamente troppo vicino a casa mia. Suono a un grande portone di ferro con la scritta "Dusty Den". E' la sala prove della mia vita, con studio di registrazione incluso.

Scoperto quando avevo tredici anni, è rimasto sempre lui. Nelle sale polverose, risalenti probabilmente agli anni 60, sono nati i We Love Thighs; sono state scritte le loro canzoni migliori, sono stati incisi i loro album.

Dopo qualche minuto di attesa, la porta si spalanca e un vecchietto dalla voce roca e poderosa mi apostrofa con le seguenti parole - Alex! Il mio figlio di puttana preferito. Dopo tutto quel casino, iniziavo a pensare che non ti avrei più rivisto nei dintorni!-.

E' il proprietario del Dusty Den. Il vecchio Bill.

Ci ho provato tante volte, ma non sono mai riuscito a immaginarmelo giovane. E' sempre stato vecchio, burbero e malmesso. E fottutamente geniale. Gli eravamo piaciuti subito, noi WLT.

Effettivamente è passato parecchio tempo dall'ultima volta che sono andato a trovarlo. Non sembra passarsela molto bene.

La sua faccia barbuta è ancora più grinzosa di quanto ricordassi; e oltre al suo inseparabile bastone si è aggiunto un sottile tubicino trasparente che lo avvolge come una cornice di plastica e si infila nel naso.

Perfino la sala prove ha un aspetto più trascurato e malconcio.

Mi si stringe il cuore.

- Che succede qui, vecchio mio? Non ho mai visto questo posto in uno stato simile -

- Problemi d'affari, pivello. Ma tu cosa vuoi capirne? - mi risponde Bill, accendendosi un sigaro. Non credo che sia una buona idea, ma non oso intervenire.

- Allora, ragazzino, perché sei qui stavolta? -

Gli allungo le mie scartoffie - Ho dei pezzi nuovi. Un progetto mio, solista. Ti assicuro che merita -. Bill afferra i fogli e inizia a scorrerli rapidamente con lo sguardo - Un progetto solista, eh? E come ti vuoi chiamare stavolta? -

- Non saprei. Forse I Like Panties, chissà - rispondo, ripensando con un sorriso alla biancheria intima di Nereide, - Scherzi a parte, Bill. Lascia che ti faccia sentire qualcosa. E' roba buona -

Il mio mentore acconsente e va a prendere una chitarra per accompagnarmi. Lui sa suonare qualsiasi cosa. Anche se adesso le sue mani sono rovinate per l'artrite e fa fatica a spostarle sui tasti e sulle corde, suona comunque bene.

Non è come provare con Nereide, non c'è quella sintonia perfetta, ma le canzoni sono belle e riesco a dimostrarlo comunque. Bill è colpito.

- Che mi prenda un colpo se non hai ragione, Alex. Questa roba è ottima. Stai crescendo, pivellino. Era ora! -

- E' quello che dico anche io - replico sorridendo, - Ed è per questo che ho un favore da chiederti -.

Faccio un bel respiro, e poi lo dico.

Io devo registrare questi pezzi. Assolutamente. Ma devo poterlo fare gratis, impegnandomi a restituire i soldi più avanti.

Bill sembra sorpreso per qualche istante, poi si incupisce e tace a lungo. Infine dice a voce bassa - Alex, lo faccio giusto perché sei te. Ma i soldi devi ridarmeli in fretta, perché nel caso non te ne fossi accorto le cose qui vanno male, molto male. Penso che fra poco dovrò chiudere i battenti. E poi, inizio a non avere più l'età per stare dietro a questo posto -

- Grazie, Bill. Davvero. Prometto che, appena inizierò a ricavare un po' di denaro da queste canzoni, ti restituirò tutto. Lo sa che sono uno di parola. Ora come ora sono senza un centesimo, ma lasciami solo il tempo di farle circolare... -

- D'accordo, d'accordo. Solo, non capisco come tu abbia fatto a sperperare quel fottìo di soldi che hai guadagnato coi We Love Thighs! -

Lo guardo perplesso - Fottìo di soldi? Guarda, Bill, noi andavamo bene, ma non abbiamo mai guadagnato granché. Scott, il nostro agente, faceva circolare i soldi in gadget, concerti, interviste, eccetera, pubblicità, insomma. A noi restava il giusto per vivere in modo sereno e felice senza dover lavorare... -

Bill, improvvisamente, mi fissa incredulo, poi scoppia nella risata più catarrosa che abbia mai sentito - Cristo, Alex! Ma dove vivi? Avevo intuito che di affari non ci capisci un cazzo, ma non pensavo che fossi a questi livelli! Fidati di me, che con agenti musicali ho lavorato per tutta la vita: quelli cercano sempre di fotterti. E il vostro Scott ci è riuscito.

I We Love Thighs hanno guadagnato milioni e milioni di sterline. I vostri album sono stati in vetta alle classifiche per mesi. Non è possibile che ne abbiate guadagnato così poco. Già solo coi diritti d'autore, potresti smettere di lavorare per tutta la vita. Inoltre - aggiunge, dandomi la stoccata finale, - Ora che gli altri componenti della band sono morti, penso che anche parte dei loro diritti tocchi a te -.

Rimango a bocca aperta. Io, Alex Caviezel, loser di prima categoria, sarei un milionario?

- Bill, io penso che ti sbagli... - mormoro, poco convinto.

- E io penso che tu ti sia fatto derubare per anni e anni, coglioncello che non sei altro -.

A dire il vero, inizio a pensarlo anch'io.

 

Lascio la sala prove con aria sconvolta e cerco freneticamente una cabina telefonica. E' almeno un mese e mezzo che non sento Scott. Mea culpa, non c'è che dire, non ho sentito più nessuno del mio vecchio giro. Beh, se non avessi avuto la certezza matematica di essere odiato e ritenuto il responsabile della morte dei We Love Thighs magari mi sarei fatto meno problemi a farmi vivo. Resta comunque vero che certe cose me le vado proprio a cercare, specialmente le fregature.

Rintraccio sull'elenco telefonico il numero dell'agenzia. No, Scott al momento è molto impegnato e non può parlare al telefono. No, non si libererà entro breve, spiacenti.

Fanculo.

Riattacco e recupero le monetine che il telefono mi sputa fuori; sono le ultime rimaste. Corro a prendere un bus, in quaranta minuti sono in centro. Ormai è quasi l'orario di chiusura degli uffici, quindi affretto sempre più il passo per arrivare prima possibile al grande grattacielo di vetro dove c'è l'ufficio di Scott.

Entro come un uragano, chiamandolo ad alta voce, ignorando le facce scandalizzate degli impiegati. Sono fuori di me.

Una segretaria così bassa che mi arriva praticamente all'inguine tenta di placcarmi e mi dice che non posso passare, che ormai gli uffici sono chiusi, insomma qui non c'è niente devo andarmene. E dove cazzo è Scott Henderson?

Spiacente signore, è uscito per un appuntamento molto importante, ora però le devo davvero chiedere di andarsene oppure sarò costretta a chiamare la polizia.

- Dove?! - urlo, ormai al limite della follia, - Dov'è che ha questo fottuto appuntamento?! -

Adesso la nanerottola ha paura. Impallidisce, vedo che le gambe le tremano; devo avere un aspetto spaventoso. Un'altra ragazza dietro di lei solleva il telefono e compone il 911.

Urlo ancora di dirmi dov'è. La segretaria finalmente mormora - Al ristorante dell'hotel Hilton - e poi si accascia a terra.

Mi giro e ricomincio a correre, senza riuscire a soffocare la fretta e la rabbia.

 

Il ristorante dell'Hilton è il più figo dei posti fighi a Manchester. Solo le star, le vere star, possono permettersi di mangiare lì. I camerieri che servono i piatti non hanno mai avuto nemmeno un assaggio di tutte le pietanze sublimi che si ritrovano fra le mani. I paparazzi che a ogni ora del giorno e della notte sono accalcati fuori o nascosti qua e là nelle sale vivono di scoop e non di cibo.

Sono lì in cinque minuti. Entro spalancando le porte del ristorante.

Prima ancora che il maître du restaurant mi venga incontro con aria diffidente (straccioni come me non se ne sono mai visti lì) per chiedermi cosa desidero, vengo sommerso e abbagliato dai flash dei suddetti paparazzi.

Questo per loro è uno scoop fottutamente buono: il grande ritorno di Alex Caviezel dopo un mese e mezzo di isolamento totale dal mondo.

Bè, non hanno lontanamente idea di quello che sto per combinare.

Li spingo brutalmente da parte e mi faccio strada, ignorando camerieri e ospiti, tutti girati verso di me, incuriositi. Finalmente scorgo Scott, in un tavolo d'angolo, che sorseggia costosissimo champagne (pagato coi miei, e sottolineo miei soldi!) insieme a qualcuno che deve essere un musicista molto ma molto cool, come io non sarò mai.

Quando mi vede arrivare spedito e sconvolto dalla rabbia impallidisce, e cerca di fare buon viso a cattivo gioco. Si alza e mi viene incontro con un sorriso benevolo - Alex, che bello rivederti! Non mi aspettavo di trovarti qui, vuoi unirti al mio tav...-

Non termina la frase. Prendo la rincorsa e gli mollo un pugno dritto in faccia, che lo manda steso a terra in un bagno di sangue. Tutto il ristorante scatta in piedi, con scandalizzate grida di sorpresa.

- Dove sono i miei soldi, lurido figlio di puttana? - grido, chinandomi fino ad arrivare a due centimetri dal suo viso spappolato.

I flash illuminano senza sosta la scena del crimine. I paparazzi si accalcano attorno a me come mosche sul letame. Contemporaneamente si sentono ululare le sirene della polizia fuori dal ristorante.

- Bingo! - sento esclamare alle mie spalle, - Alex Caviezel è tornato -.

... Ah sì?

  
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