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Autore: joellen    06/04/2014    0 recensioni
Adam è un vampiro che, in teoria, rientra nella tipologia classica della specie; Gilda è una cacciatrice di vampiri che invece NON rientra nella categoria delle classiche cacciatrici alla Buffy. I due s'incontrano nella cornice medievale di Bracciano e la loro storia NON sarà una storia qualsiasi ma soprattutto NON sarà una storia normale....
Genere: Dark, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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2o capitolo: LA FESTA

 

 

 

Quella notte Adam non riuscì a chiudere occhio e le prime luci dell'alba sul lago lo colsero ancora teso e inquieto camminare su e giù per il salone della sua villa-castello a smaltire lo smacco che era stato terribile. Non era riuscito a mordere la sua vittima e non dimenticava la luce che aveva visto brillare negli occhi di quella donna. Cos'aveva di speciale, di straordinario, quella creatura che avrebbe dovuto soccombere all'affondare dei suoi denti nel suo virgineo collo? Virgineo collo? Ora che nella mente si stava diradando la nebbia dell'ira, ricordò che il collo della donna era coperto dal colletto imbottito del piumino e da una sciarpa scura. Ma non era quello il punto. La donna non aveva mostrato timore nei suoi confronti. Lo aveva respinto disinvoltamente; non lo aveva preso sul serio e, in aggiunta, lo aveva invitato ad una festa! Non gli era ancora mai successo!

Lui, Adam Adamovic Palevskji Molnar Salinari, terrore del Medio Oriente Europeo, aveva mancato un colpo! A pensarci e ripensarci, gli pareva inaccettabile!

Eppure, sebbene arrabbiato, non riusciva a provare odio per quella donna. Gli occorsero alcuni minuti per riconoscere che, in fondo, ne era rimasto affascinato.

Dal nulla, alle sue spalle, in mezzo al salone, il silenzio fu rotto dal timbro caldo e profondo di una voce familiare.

"Evidentemente i tempi son cambiati, mio caro amico. - sospirò la voce. Adam si voltò e fu lieto di rivedere Ivan, il suo vecchio consigliere, in piedi accanto al grande camino in pietra a vista - E le donne non sono più quelle di una volta. Ma tu non devi arrenderti per una sconfitta. - proseguì Ivan, mellifluamente persuasivo - Non puoi permettertelo. La specie deve continuare ad esistere e tu devi insistere. Vai a quella festa. Di sicuro, là troverai molto buon materiale per il tuo lavoro ed il nostro scopo. Per dirla, come dicono da queste parti: molti piccioni con una fava". Adam fissò il suo amico, un uomo anziano, di bassa statura, struttura fisica tozza con ventre prominente mal contenuto nei suoi stretti indumenti di foggia antica, volto rugoso dai tratti grossi, che lo scrutava con sguardo diabolico al punto che Adam credette di vedere i suoi occhi diventare rossi come quelli di un demonio, sopra un sorriso sdentato, ma machiavellico. Adam riprese a camminare per la stanza, tuttavia, ora che la rabbia era quasi del tutto sbollita, fu in grado di valutare in modo obiettivo la bontà e la saggezza del consiglio. Sarebbe andato alla festa.

Tra l'altro, la prospettiva di rivedere Gilda non gli dispiaceva affatto.

Da una tasca dei pantaloni tirò fuori il bigliettino datogli dalla donna.

SABATO 1o MARZO 2014

AL CASTELLO ODESCALCHI-ORSINI

GRANDE FESTA IN MASCHERA.

INIZIO: ORE 22 FINO A NOTTE INOLTRATA.

SARA' OFFERTA

UNA RICCA CENA.

 

Perché no? Da quanto non si divertiva? Lavoro, lavoro, sempre lavoro ! Che strazio!

Era ancora giovane. Aveva solo 450 anni!

 

 

 

 

Sabato 1o marzo 2014, dimora di Adam

 

Erano le otto di sera e Adam era già pronto.

Si rimirò nella grande specchiera stretta nella cornice bronzea bugnata, collocata fra le due ampie finestre del salone, e si trovò decente.

In contrasto con il nero lucido del bavero, la camicia bianca "sparava" sotto la giacca del frac, perfettamente stirata, tanto inamidata da star su da sola senza fare una piega. Il colletto era chiuso da un papillon di seta nera e i pantaloni scivolavano dritti, ma morbidi, sulle gambe lunghe. Si calò il cilindro sui capelli neri, non cortissimi, ben tagliati, divisi in due bande sfilate dalla scriminatura centrale e scrutò il suo volto dai bei tratti regolari e delicati che, a causa delle sue lontane origini italiche, aveva dovuto sbiancare artificialmente con la farina per apparire pallido come c'è da aspettarsi da un vampiro. L'intera mise era abbastanza attendibile. A prova generale di tutto, indossò il grande mantello nero che copriva l'abito. Si, poteva andare.

Riprese a camminare avanti e indietro sui tappeti stesi sul pavimento di marmo chiaro della sala, cominciando a mente il countdown dei minuti che mancavano al nuovo evento.

Pensò a quel che doveva fare.

Pensò a Gilda.

Si spostò dalla specchiera, scostò la pesante tenda bordeaux che nascondeva la finestra, si affacciò alla finestra e guardò il panorama. Il lago scuro, sotto un cielo promettente pioggia, o addirittura neve, era punteggiato dalle piccole striature bianche fosforescenti delle onde sollevate dal vento che increspava l'acqua, e circondato da una corona di luci stese sulle alture che scendevano sul lago. All'altra estremità, era ben visibile l'antico maniero, illuminato quasi a giorno, che dominava il paese e il paesaggio. Di lì a poco sarebbe andato proprio là, dove si teneva la festa. E avrebbe compiuto la sua missione. Avrebbe perpetuato la sua specie.

Si allontanò dalla finestra e tornò nella sala, avvolta dalla luce ambrata che proveniva dalle lampade schermate delle apliques fissate alle pareti nei pochi punti in cui queste erano libere, austeramente e sobriamente arredata con la specchiera, una grande libreria che occupava una parete a fianco del camino, e due lunghi divani foderati di velluto bordeaux come le tende, davanti ad esso.

Come spesso accadeva nella sua dimora, il silenzio era sovrano e Adam si sedette su uno dei divani, rimanendo immobile per diversi minuti ad attendere di esserne assorbito e ad aspettare l'ora di andar via.

 

 

 

Castello Odescalchi, ore 22

 

Al Castello, l'atmosfera che trovò era di tutt'altro tipo, ma non gli risultò sgradevole.

Era gaia, ma non chiassosa, nè in qualche modo volgare. La gente chiacchierava, rideva, senza tuttavia esagerare e scadere nel baccano popolare di certi locali. Tutti erano in maschera e le maschere erano ricche, sofisticate e allegre tanto che il suo ingresso fu accolto con meraviglia ed una punta appena percettibile di imbarazzo. Troppo lugubre?

 

A Gilda non fu nemmeno necessario riconoscerlo per l'abbigliamento. Lo "sentì". Sentì la sua presenza e il suo odore vagamente dolciastro nonostante l'essenza profumata che Adam si era spruzzato addosso non tanto per nascondersi quanto solo dare l'ultimo tocco al suo look.

E ad Adam parve vederla uscire dalla folla, bellissima, viso piccolo dai lineamenti fini, alta, sottile ma non scheletrica, lunga e folta chioma rossa ondulata, corpo fasciato da un abito nero aderente con scollatura a cuore che le lasciava le bianche spalle nude,  mani e braccia infilate in guanti neri che sorpassavano il gomito.

Si fissarono da lontano, ma l'uomo ebbe la netta impressione di rivedere quel luccichio straordinario negli occhi azzurri della donna. Luccichio che inebriava, che stordiva, che toglieva forze e coraggio alla sua volontà. Fu quasi tentato di andarsene, ma si sentì inchiodato lì dalla forza di lei, alla quale si scoprì non in grado di opporsi. La donna gli andò incontro sorridendo; un meraviglioso sorriso che scopriva i quattro denti incisivi superiori perfettamente allineati e brillanti, contornati da piccole labbra carnose dipinte di rosso scuro. Doveva essere lei. Doveva essere...

"Salve. - lo precedette la donna - Sono Gilda".

Come un cavaliere di altri tempi, quasi meccanicamente, Adam si sorprese a baciarle la mano guantata. Gli ospiti del castello si fermarono a guardare la scena, stupiti, divertiti, ma anche compiaciuti e le donne, vedendo ciò, sollevarono le mani pretendendo dai loro partners lo stesso trattamento.

Adam seguì, allibito, quella reazione. Gilda rise. Una risata argentina che entrò nelle orecchie di Adam e penetrò nel suo animo fino in fondo. Cosa gli stava succedendo?

 

La serata ebbe inizio.

Un gruppo di maggiordomi in livrea scortò gli ospiti nella sala dei Cesari, la più vasta del castello, la più bella; allestita per la cena, con i tavoli distribuiti a cerchio in prossimità delle pareti, in modo da lasciar libera la parte centrale per le danze. Gilda prese la mano di Adam e trascinò dolcemente, ma con fermezza, l'uomo ad un tavolo apparecchiato per due, invitandolo, una volta raggiunto, a sedersi davanti a lei. E Adam si fece guidare docilmente da lei accettando di buon grado di sedersi dove lei volle. Si trovarono uno faccia a faccia con l'altro, fra due piccoli candelabri d'argento brunito e molto lavorato, ad un solo braccio che sorreggeva una candela rossa accesa, ­ un cestino di fiori, e si guardarono con intensità tale da richiamare l'attenzione degli altri che si voltarono verso di loro, ammirati.

Per cercare di sconfiggere l'imbarazzo, Adam mosse gli occhi in giro facendo una panoramica della sala. Le pareti chiare erano intervallate dal rosso dei tendaggi che nascondevano le varie porte d'ingresso e, dal grande camino posto al centro della parete a sinistra dell'entrata. I soffitti erano stuccati di bianco. Sciolto il ghiaccio, avviarono le presentazioni e, notando una lieve difficoltà di Adam a parlare italiano, Gilda gli chiese la sua provenienza, nonché la lingua in cui avrebbe voluto o potuto esprimersi. Adam le rivolse un'occhiata interrogativa, ma anche di apprezzamento sincero.

"Quante lingue parla....Gilda?" le domandò.

"Sei. - rispose la donna - fra le quali anche il russo, se vuoi".

Adam la fissò, incantato.

"Anche l'Italiano va bene. - accondiscese - Purché parli lenta".

Erano rapidamente passati al "tu".

"Va bene" acconsentì Gilda, disponibile.

Dopo essersi accordati sull'idioma di comunicazione, Adam si schiarì la voce e cominciò a parlare.

"La mia famiglia ha origini varie. - attaccò - I miei antenati non sono di un solo Paese. Io sono nato in quella che oggi dovrebbe essere la Serbia e mio padre era serbo, ma mia madre era russa, mio nonno, russo, la mia nonna paterna, ungherese, i miei bisnonni, italiani e...."si fermò vedendola sorridere, ma con un lampo di preoccupazione negli occhi.

"Ce la fai ad elencare tutti i tuoi antenati entro domattina? - ironizzò lei - Lo dico per te, non per me". Altra occhiata di sorpresa, poi Adam credette di capire e sorrise anche lui.

"Si, certo. - parve quasi scusarsi - Anche perché non me li ricordo tutti " terminò, mostrando di saper rispondere all'ironia con ironia. Gilda sbuffò di sollievo, tornando a sorridere, poi lo fissò, più seria. Era bello, con i suoi capelli neri, tagliati non troppo corti che gli incorniciavano il viso magro e regolare, e i suoi occhi scurissimi dalla forma lievemente allungata. Tutto sembrava fuorché un vampiro, stando almeno all'iconografia classica del personaggio che li voleva diafani e cerei nel colorito della carnagione. Adam era pallido si, ma si vedeva che il pallore era artificiale, indotto dal trucco. Ai bordi estremi del volto, vicino all'attaccatura dei capelli, si scorgeva una sottilissima linea più scura. Lo sguardo intenso di Gilda provocò ad Adam la morte delle parole in gola e la nascita del sospetto che lei avesse, in qualche modo, intuito la sua identità. Adam non sapeva che Gilda "sentiva" i vampiri.

"Adesso parlami di te, Gilda. - ritrovò il coraggio di continuare l'uomo - Dimmi chi sei e...cosa sei!".

Questa volta fu Gilda ad irrigidirsi, ma dissimulò ben presto il suo imbarazzo. A troncare tutto, ci pensarono i camerieri che cominciarono a portare i piatti ai tavoli. Poi si dette il via alle danze nelle quali Adam e Gilda dedicarono gran parte della serata, esibendosi provetti ballerini.

"Qui siamo tutti mascherati. - fece notare Adam, mentre volteggiavano in un valzer - Che maschera è la tua?" .

"Gilda. - rispose la donna, sorridendo - Un personaggio di un film, interpretato da Rita Hayworth. Conosci?". Adam non poteva certo definirsi un assiduo frequentatore di sale cinematografiche, ma qualche volta gli era capitato di entrare in un cinema, solo per riposarsi, o aspettare il momento di agire. In ogni caso, annuì fingendo di sapere di chi, e cosa, Gilda stesse parlando.

Ad un tratto, dal nulla, in mezzo alla sala e ai danzatori, Adam vide comparire Ivan, più mefistofelico e brutto che mai. Ma lo vedeva solo lui e capì cosa stava accadendo. Gli dispiacque di dover lasciare la donna e si scusò per doversi allontanare.

Gilda non fece storie, ma gli disse che lo avrebbe atteso al tavolo. Lo vide sparire dietro una tenda.

Adam e Ivan si appartarono in una sala vuota che trovarono lungo un corridoio.

"Adam! - lo minacciò Ivan - Non lasciarti incantare. Quella donna è una cacciatrice. Sta programmando di eliminarti ed eliminare i tuoi simili. Fallo tu prima che lo faccia lei. Non devi limitarti a morderla! Devi ucciderla! Comincia da lei e poi, prosegui".

Adam rimase sgomento e per niente felice della prospettiva.

Era consapevole di dover iniziare la sua opera ma, no, Gilda, no!

Tuttavia, la rivelazione di Ivan gli aprì definitivamente gli occhi e lo aiutò a comprendere, almeno in parte, il mistero che aleggiava intorno alla bellissima donna.

 

Gilda non rimase al tavolo, bensì si recò al bagno dove non si incipriò il naso, ma tirò fuori lo smartphone per comunicare con le sue socie: Ulrike Heigermann, in Germania, Sally Ryder, in America e Miko Sakura, in Giappone.

CREDO ABBIA QUALCHE SOSPETTO, digitò veloce sul display, nel piccolo spazio riservato ai messaggi, all'interno di una app progettata da Miko, visibile e usabile solo da loro quattro.

FAI ATTENZIONE, MA NON TI PREOCCUPARE - le rispose rapida Ulrike - E CHIAMACI SE HAI BISOGNO.

SE FACCIO IN TEMPO, replicò Gilda, finendo il messaggio con l'aggiunta di una emoticona perplessa.

Quando uscì dal bagno, gli ambienti erano precipitati nel buio completo.

 

 

   
 
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