Capitolo 4: La luna a un palmo dal naso
Usagi si sentiva a pezzi dopo l’ultima
battaglia, nonostante sapesse di non aver fatto poi molto. Erano state le sue
compagne ad affrontare i numerosi automa e poteva affermare che se l’erano
cavata egregiamente.
Sorrise a quel
pensiero. Non aveva dubbi che le altre Sailor fossero
in grado di cavarsela anche senza il suo aiuto. In genere era lei quella che
doveva sempre essere tirata fuori dai guai.
Fece un profondo
respiro, sperando che parte della sua stanchezza venisse espulsa dal suo corpo
insieme all’aria.
La sera era ormai
giunta. La ragazza aveva indossato il suo pigiama con i coniglietti per
prepararsi per la notte, ma come era sua abitudine prima di addormentarsi, andò
alla finestra ad osservare la luna.
Era bella come sempre.
La sua luce era brillante, come non la vedeva più da giorni e la sua grandezza
nel cielo era tornata normale.
Si sentì in parte
rassicurata da questo. Significava che il nemico la stava lasciando in pace,
anche se temeva che quella tregua momentanea, le fosse stata concessa solo
perché i suoi avversari si stavano preparando a qualcosa di dannoso.
Le vennero i brividi a
solo pensiero. Cosa potevano fare ancora?
Decise di smettere di
pensarci e di godersi per un po’ quella tranquillità, sebbene sapesse che non
poteva abbassare la guardia.
Poco dopo qualcuno
bussò alla porta. Usagi aprì gli occhi e chiese chi
fosse.
La porta si aprì con
un cigolio e nonostante la luce che penetrava dalla finestra non fosse molta,
la ragazza riuscì benissimo a decifrare il viso di colei che era entrata nella
stanza.
“Cosa c’è Chibiusa!” disse facendo leva sul braccio sinistro per
sollevarsi.
La bambina era vestita
col suo nuovo pigiama che sua madre le aveva comprato, non riuscendo più ad
entrare nel precedente.
Usagi si ritrovò a pensare che Chibiusa era cresciuta parecchio da quando era arrivata da
loro la prima volta, ma da come si comportava in quel momento, sembrava sempre
la stessa dolcissima bambina di sei anni, che aveva bisogno di aiuto.
Chibiusa la guardava timidamente e
giocherellava con i piedi indecisa se parlare o meno.
Usagi scostò le coperte e le chiese “Ti
vergogni di chiedermi se puoi dormire con me?” chiese divertita.
“Cosa? Io sono grande
ormai, non ho bisogno di compagnia la notte!” disse la bambina arrossendo e voltando il capo.
“Si, sei grande…una
grande rompiscatole!” disse Usagi prendendola in
giro, per poi sdraiarsi nuovamente e
stringersi fortemente le coperte addosso, come se non volesse cederle a
nessuno.
“Allora lasciami dormire!”
disse girandosi dall’altra parte.
Ci fu silenzio per
qualche secondo e Usagi, non sentendo rumori, capì
che Chibiusa non si era ancora mossa.
“Ehm…Usagi!” disse nuovamente Chibiusa.
“Uhm?” chiese la
ragazza girando la testa e osservarla con un solo occhio.
“Forse…forse non sono
poi così grande! Posso stare con te?” chiese infine la bimba.
Luna, seduta ai piedi
del letto, sorrise a quella scena e si intenerì a vedere come Usagi era ben contenta di avere Chibiusa
al suo fianco.
Sapeva che le era
mancata tanto quando era tornata nel futuro. Immaginava anche quanto doveva essersi spaventata all’idea di
non averla a causa della scomparsa di Mamoru.
Ora che però le cose
si erano sistemate, Usagi la stringeva ogni volta che
poteva come a volersi accertare che fosse veramente presente.
Quella notte Usagi riuscì a riposare tranquillamente, come ormai non
faceva più da tempo. Era caduta in un sonno profondo, interrotto solo quando la
sveglia si decise a suonare. Nemmeno i calci di Chibiusa
l’avevano destata durante la notte.
Ormai Usagi aveva preso l’abitudine a stare in uno stato di
dormiveglia, spaventata all’idea di perdere il controllo sul cristallo
d’argento e quindi di non essere in
grado di fermare le calamità naturali, se i nemici si fossero nuovamente messi
a giocare con la luna.
Il suo corpo però
aveva talmente tanto bisogno di riposo, che il cristallo d’argento disobbedì
agli ordini della sua custode, abbassando la guardia per una notte intera e
permettendo così alla ragazza di recuperare le forze.
Aveva funzionato. Usagi si sentiva come non mai, ma la notizia di diversi maremoti in diverse
parti del mondo, apprese al telegiornale la mattina successiva, furono per lei
un duro colpo.
“Come ho potuto
perdere la concentrazione? Come? Io…io…tutte quelle persone, io…” chiuse gli
occhi, mentre delle lacrime cadevano in modo copiose sulle sue guance.
“Usagi
non è colpa tua!” disse Ami cercando di rincuorarla.
Le due ragazze si
trovavano nella toilette della scuola, dove Usagi si
era rintanata dicendo all’insegnate Haruna che
sarebbe andata in infermeria a causa di un forte mal di testa.
Ami e le altre non credettero minimamente a quella balla, sapendo quanto
successo. Tuttavia, nonostante tutte
avessero voluto seguire la loro amica per
parlarle e rassicurarla, solo Ami chiese il permesso di uscire.
Dato la sua bravura a
scuola, anche se un po’ calata ultimamente, la professoressa Haruna non le negò il permesso di assentarsi dall’aula.
Aveva capito che la sua richiesta di andare in bagno era solo una scusa per raggiungere Usagi e avendo visto lo stato della ragazza, non riuscì a
dire di no.
Ora erano lì, davanti
alla porta di un bagno a discutere.
“Usagi,
tu hai tutto il diritto di riposare!” le disse Ami asciugandole una lacrima.
“No, non ce l’ho. Mi
ero ripromessa che avrei fatto di tutto per proteggere questo pianeta dallo
squilibrio e invece non…non ho percepito nessun movimento lunare sta notte e ho
fatto morire quella gente!” disse tra le lacrime e mordendosi poi le labbra “A
volte vorrei non essere io la principessa Serenity!
Non sono adatta a questo compito!”.
Ami a quelle parole si
arrabbiò e guardandola con rimprovero, urlò “Non voglio sentirti mai più dire
questa assurdità!”
Usagi sgranò gli occhi sentendo la voce
alterata della compagna, solitamente calma e pacata.
“Tu hai dei poteri che
ti sono stati dati, perché puoi fare grandi cose. Al momento ti possono
sembrare una disgrazia, ma Usagi…queste tue capacità
sono un dono!” continuò la ragazza di mercurio, facendo scemare lentamente la
voce.
“Tu sei destinata a
grandi cose, lo sappiamo tutti…lo abbiamo visto tutti. Sei destinata a
diventare la regina di un mondo che per anni non conoscerà la guerra, la paura,
il male. Vivrà momenti di armonia e di gioia. Dovresti essere fiera di essere
destinata a questo. Abbiamo salvato il mondo così tante volte e so per certo
che nonostante le difficoltà incontrate, tu abbia provato la stessa
soddisfazione che ho provato io. Come avremmo potuto fare una cosa del genere
se non eravamo adatte a ricevere questi poteri?” chiese Ami, fermandosi un
attimo a osservare Usagi, la quale non fiatava, ma
sembrava cominciarsi a calmare.
Ami le sorrise e
dolcemente le sposto una ciocca di capelli birichina dal viso “Questo è solo un
altro momento di difficoltà, supereremo anche questa! Abbi fiducia in te stessa
e poi lo sai che noi siamo qui al tuo fianco!”
Usagi abbassò il capo “Non abbiamo mai
perso degli innocenti però. Nessuno a parte noi ci ha mai rimesso la vita!”
Ami scosse la testa
“Questo non possiamo darlo per certo. Molti nemici hanno creato danni alla
città. Non sappiamo se qualcuno si è fatto male e non sapendolo, non ci siamo
poi preoccupate più di tanto. Ora invece ne siamo consapevoli grazie alla
televisione, ma non è colpa tua Usagi. È una guerra e
le vittime purtroppo ci saranno,
soprattutto dato che si sta giocando con l’equilibrio naturale!”
Usagi annuì e sospirò.
“Inoltre tu ti dai la
colpa di quanto successo perché ti sei addormentata, ma gli tsunami
non sono accaduti sta notte!”
Usagi spalancò gli occhi “Cosa?”
Ami annuì tristemente
“è così. Mamoru ce l’ha riferito a fine battaglia.
Tutto questo è successo ieri pomeriggio!”
“Non è possibile io…io
ho mantenuto la concentrazione il più possibile, anche quando la luna è stata
sotto attacco!”
“Si, ma Usagi, il tuo corpo non ce la fa. Non puoi pretendere
troppo da esso, né il cristallo d’argento te lo permetterà. Tu usi il cristallo
per proteggere noi, ma il cristallo ha sempre protetto te in primis. È grazie a
lui che sei tornata in vita dopo lo scontro con Metallia
e anche noi. Tu hai espresso un desiderio e lui lo ha esaudito per te! Il
cristallo ha un potere immenso, ma è limitato dal suo custode, ma non è colpa
tua se sei un essere umano. Pensaci! Tu stai facendo tutto quello che puoi per
salvaguardare questo pianeta e nessuno dirà il contrario. Cosa dovremmo dire
io e le altre guerriere allora? Noi
stiamo ferme a guardare la distruzione del pianeta e del tuo fisico. Hai perso
anche quella vivacità che avevi un tempo e noi non possiamo fare nulla. Questo
è molto frustrante per noi!”
Usagi si asciugo le lacrime e sorrise “Bhe,come hai appena detto, ognuno fa quello che può no?”
“Esatto Usagi. È questo quello che volevo farti capire!”.
Ami abbracciò l’amica,
perché nonostante fosse riuscita a rincuorarla, sapeva che aveva ancora bisogno
di sfogarsi.
La campanella
dell’intervallo suonò e nemmeno il tempo di finire di squillare, che Makoto e Minako si erano
precipitate a cercare le loro amiche.
La seconda travolse
addirittura un’altra allieva della scuola che si stava apprestando ad entrare
nella toilette.
“Oh, siete qui!” disse
Makoto “Tutto bene?” chiese con voce preoccupata la
ragazza di giove.
Minako non diede a Usagi
il tempo di risponderle. Si avvicinò a lei e si mise a studiarla da cima a
fondo, fino a fermarsi a fissarla negli occhi.
“Si, direi di si. O
almeno non sembra più uno zombie come prima!” disse Minako
incrociando le braccia e sorridendo. “Però dovresti fingere di avere davvero il
mal di testa, perché la professoressa stava andando in infermeria e dato che
non ti troverà, potresti avere qualche problema!”
Usagi sbuffò, mentre tutte e quattro
uscivano dal bagno per recarsi in aula.
“Ah eccovi qui a voi quattro. Mi dite cosa state combinando?”
disse la voce dell’insegnante dietro le loro spalle, facendole sussultare.
“Voi non me la raccontate giusta!” disse, per
poi spostare l’attenzione su Ami “Piuttosto
lunga la tua sosta in bagno signorina Mizuno!”
“Ehm…professoressa…vede
io…” cominciò Ami imbarazzata, non sapendo cosa inventarsi.
“Si, si, avevo capito
quali erano le tue intenzioni. Usagi è stata lasciata
dal suo ragazzo e tu volevi consolarla!”
Le ragazze
stralunarono gli occhi.
“Ma veramente io non…”
iniziò Usagi, per poi essere interrotta dalla
professoressa che aveva travisato tutto.
“So come ti senti
ragazza mia, ma ce ne sono di ragazzi al mondo, perché soffrire per uno di
loro!” disse la donna, con un portamento di chi di quelle cose se ne intendeva.
“La professoressa ha
ragione, Usagi!” disse Makoto
facendo l’occhiolino. La professoressa non sembrava arrabbiata e quindi era
meglio se avessero tenuto il gioco.
“Su! Le prossime tre
ore dovranno essere utilizzate per finire di sistemare il cortile per le gare
scolastiche di domani. Prendilo come un modo per non pensare a quel
disgraziato!” disse la professoressa, spingendo delicatamente Usagi, verso le scale per farle raggiungere i suoi compagni
di squadra.
L’indomani il cortile
della scuola era allestito a festa. I giochi scolastici erano sempre motivo di
svago per i ragazzi e le loro famiglia.
Sul prato vi erano
diverse bancarelle che servivano da mangiare alle persone, mentre sul campo
sportivo, posto al centro dell’istituto, erano sistemati gli ostacoli che i
ragazzi delle varie classi avrebbero dovuto superare per vincere le gare.
A quell’avvenimento
ci andò tutta la famiglia di Usagi, anche se la
ragazza non sapeva esattamente dire se per fare il tifo per lei o per
sorvegliarla.
Ma non le importava,
perché quel giorno ci sarebbe stato anche Mamoru.
“E quello cosa ci fa qui?” disse Kenji, quando vide Usagi saltare
al collo del ragazzo.
Avrebbe voluto
strangolare Mamoru per averle appena messo le mani
addosso, anche se per un semplice abbraccio.
Il padre della ragazza
non riusciva a sopportare l’idea che la sua bambina mettesse le ali tutto ad un
tratto e lasciasse il nido. Era ancora piccola infondo. Era soltanto ieri che
teneva Usagi tra le sue braccia, cullandola per farla
addormentare e solo quella mattina le aveva tolto le rotelle dalla bici.
Non era pronta per i
ragazzi e da una parte era sollevato che a causa del divieto di uscire di casa,
non lo aveva più visto quel tipo.
“è il suo ragazzo, era
ovvio che venisse!”rispose Ikuko “E oggi la punizione
di non vederlo fino a nuovo ordine, temo sia da abolire, in quanto non puoi
cacciare via Mamoru!” continuò la donna divertita
dalla scenata che suo marito stava facendo.
“Vuoi scommettere?”
disse alzandosi una manica della camicia azzurra che indossava, come se avesse intenzione
di picchiare il ragazzo.
“Vuoi forse picchiarlo
papà?” chiese Shingo “Non potresti scegliere un
momento in cui non ci sono testimoni? E poi cosa importa se quell’impiastro
ha un ragazzo, piuttosto povero lui!” disse il fratello di Usagi,
non perdendo la palla al balzo di prenderla in giro.
Kenji sbuffò e si calmò, ma i suoi spiriti
bollenti tornarono a farsi sentire quando vide Chibiusa
saltare in braccio a Mamoru come se quell’uomo fosse stato suo padre.
“Anche Chibiusa gli
è sempre appiccicata!” disse contrariato l’uomo.
Ikuko sorrise a vedere Usagi
e Chibiusa insieme a quel ragazzo e non potè fare a meno di pensare che quei tre sembravano una
famigliola felice.
Le gare ebbero presto
inizio. Rei, presente anch’ella nonostante non fosse la sua scuola, Minako, Usagi, Ami e Chibiusa, fecero il tifo per Makoto
che stava per affrontare la corsa agli ostacoli.
I combattimenti Sailor erano perfetti per tenersi in allenamento e per la
ragazza di giove non era difficile evitare gli ostacoli. Al contrario, con tutte
le volte che aveva dovuto schivare gli attacchi nemici, quella corsa le era
sembrata una vera passeggiata.
Le sue amiche la
pensavano esattamente allo stesso modo e di fatto non si meravigliarono quando Makoto ottenne il primo posto.
Vennero successivamente
chiamati i partecipanti alla corsa dei 100 metri, tra cui vi erano Usagi e Minako.
La prima si sentiva
abbastanza in forma per poter affrontare la gara.
“Ehi Usagi, chi perde paga il gelato all’altra!” disse Minako, sicura di vincere.
“Ci sto!” disse Usagi
sorridendo.
Doveva ammettere che
si stava divertendo tutto sommato. Per un po’ era riuscita a dimenticare i
problemi creati dai nemici e cercò di aggrapparsi a quella sensazione di
serenità il più possibile.
Lo starter sparò un
colpo di pistola e la corsa cominciò.
Minako e Usagi
erano in parità sebbene due ragazzi fossero davanti a loro, ma non importava
loro di arrivare prima di tutti, volevano solo arrivare prima dell’altra.
Usagi con uno sprint riuscì a superare
l’amica, ma un’improvvisa fitta al petto la fece inciampare e cadere a terra
dolorante.
Minako corse in avanti non accorgendosi
subito di quanto accaduto, ma vedendo che la ragazza non la raggiungeva più, si
voltò. Trovandola ancora a terra, comprese che non era la sua goffaggine la
causa della sua caduta e urlando il suo nome, l’affiancò.
Le grida della
guerriera di venere, attirarono l’attenzione di tutti e la gara venne
interrotta, per prestare soccorso a Usagi.
La famiglia della
ragazza e i suoi amici la circondarono.
Mamoru fu il primo a soccorrerla, ma si era
dovuto scostare per fare spazio alla madre della ragazza.
Ikuko sollevò la testa di Usagi e gliela fece posare sulle gambe, sperando di fare
sentire la figlia più comoda.
“Tesoro, che ti
succede?” chiese la donna preoccupata. Aveva riconosciuto i sintomi di quanto
aveva. Erano gli stessi dell’ultima volta, quando la ragazza era svenuta
nell’ingresso di casa. Quella volta aveva creduto che si trattasse solo di
stress, ma vedendo la figlia soffrire in quel modo, comprese che qualcosa di
ben più grave l’affliggeva.
Cominciò a domandarsi
se la ragazza in quel periodo avesse sofferto di quegli attacchi e non avesse
detto niente per sua spontanea volontà. Non ne sarebbe stata sorpresa. I loro rapporti
erano stati difficili ultimamente, soprattutto tra lei e Kenji
e probabilmente Usagi non aveva voluto confidarsi con
loro.
Guardò il suo viso
pallido e si ritrovò a pensare che più volte l’aveva vista con un pallore
simile, sebbene non così accentuato. Pensava fosse dovuto alla pressione bassa
o al periodo nero che stava passando.
Si diede della stupida
per non aver pensato a qualcosa di peggiore. Sperava solo che non avesse
qualche malattia o problemi al cuore, dato che continuava a tenersi stretta il
petto.
“La stanno attaccando
di nuovo!” disse tra sè Mamoru
stringendo i pugni con rabbia, prima di spalancare gli occhi a causa di un
forte squilibrio naturale.
Nessuno però noto la
sua reazione e preferì così. Tanto se stava succedendo quello che sentiva,
nessuno poteva porre rimedio. Solo Usagi poteva fare
qualcosa dove ancora c’era speranza, ma le condizioni della ragazza, non gli
fecero sperare che essa potesse nuovamente espandere il potere del cristallo
troppo presto.
Avrebbe voluto avere
lui il potere di proteggere la terra, infondo era lui il custode del pianeta.
Avrebbe voluto togliere quel macigno dalle spalle della sua Usako
e caricarselo addosso. Voleva aiutarla, vederla di nuovo essere la ragazzina allegra
e spesso infantile, quando non doveva svolgere il suo ruolo di guerriera della
giustizia. Invece l’unica cosa che poteva fare era vedere la sua amata a terra
sofferente, senza poterla nemmeno stringerla tra le braccia a causa della
presenza dei genitori. Senza riuscire a proteggerla, proprio come era accaduto
ai tempi del Silver Millennium.
Si sentiva così inutile
La famiglia di Usagi e anche se sue amiche, chiamarono il nome della
ragazza ripetutamente. Speravano di captare un segno che riferiva loro che la
fase critica dell’attacco era passato.
Sentendosi chiamare, Usagi aprì leggermente gli occhi, per poi dire in un
sussurro “La lu-na…”
Per i presenti che non
conoscevano la storia, quella parola fu priva di significato.
“La luna? Che centra
la luna?” disse Shingo confuso.
“Forse ha battuto la
testa e meglio chiamare un’ambulanza!” disse l’insegnante Haruna,
giunta per assicurarsi delle condizioni della sua allieva.
“Non è…possibile!” disse
Rei alzando la testa capendo cosa Usagi volesse che
facessero e rimase sbalordita a ciò che
i suoi occhi le stavano mostrando.
Le altre guerriere
ebbero la sua stessa reazione e a definire dalle urla che si alzarono
nell’intero cortile, anche la folla era rimasta incredula a ciò che videro.
La luna era
vicinissima alla terra, questa volta molto di più dell’ultima volta. Si
potevano benissimo percepire i vari dislivelli della superficie lunare e
contare tranquillamente tutti i crateri che il satellite portava, in quanto,
nonostante fosse giorno, essa era visibilissima.
“Quella cos’è?” chiese
Minako, indicando un punto preciso sulla superficie
della luna,
Una crepa, ad occhio e
croce profonda diversi chilometri, si stava espandendo sulla luna, deturpandone
la faccia visibile.
“Non è possibile, una
cosa del genere si può verificare solo nel caso in cui un terremoto scuotesse
il suolo roccioso della luna, provocandone la rottura!” disse Ami incredula a
quanto avvenisse “Cosa diavolo stanno cercando di fare i nostri nemici?”
“Stanno cercando di
far abbassare totalmente la guardia a Usagi e
purtroppo ci stanno riuscendo!” disse Mamoru, vedendo
che la sua ragazza, aveva perso i sensi a causa del dolore.
La gente del posto
però non si preoccupava di una banale crepa sulla luna. Loro erano spaventati
da ben altro e cioè dall’imminente apocalisse che si stava per abbattere su di
loro.
“Quanto vorrei che
tutto questo fosse solo un brutto sogno!” disse Chibiusa
posando lo sguardo sul volto addormentato di Usagi.
Aveva paura, doveva ammetterlo. Paura
per Usagi, paura per tutti loro, paura per l’intero
pianeta e quest’ansia crebbe quando nell’aria si
sentirono echeggiare delle risate.