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Autore: Lapam8842    07/04/2014    3 recensioni
AU: Tutti umani
Elena e Damon si incontrano su un aereo diretto in Canada. Entrambi hanno scheletri nell'armadio, sentimenti nascosti e un passato troppo livido. Riusciranno a tornare ad amare?
Dal testo:
«Una tenda e un sacco a pelo?» il ragazzo cercò di trattenere le risate, per rispetto delle idee della giovane donna che aveva accanto, e si scoprì particolarmente stupito del clima piacevole che si stava creando, con quella sconosciuta.
«Rida, rida pure. –lo ammonì la bruna- Mi prenderò un anno sabbatico. Niente lavoro, niente famiglia e niente amore.» Diceva questo contando con le dita, in modo autorevole.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Damon Stefan

 

11. Buongiorno a chi vuole essere felice e domani chi se ne frega. A Curnetta

 

Qualcuno entra nella tua vita bussando alla tua porta delicatamente, quasi non volesse disturbare…

Ha gli occhi limpidi e la voce pulita, Le gambe stanche di chi ha viaggiato su lunghi e faticosi sentieri per poterti raggiungere. Non ti chiede nulla, solo di conoscere la tua anima. Ti porta sincerità, in cambio della verità e per ogni sua carezza, la pretesa è solo un tuo sorriso. Ci sono uomini che ti scelgono per amarti, perché nessun’altra vorrebbero al posto tuo. Nessuna tranne te.

 

 

Mile End era un quartiere bohémien della città di Montreal, ribattezzato da molti studenti “nuovo plateau”, sobborgo più giovane e vivace ma con prezzi più contenuti ed abbordabili. Questa zona è rinomata per le rivendite di bagel, imperdibile ciambella della tradizione ebraica a forma di grosso anello. Mile End conserva un’atmosfera multiculturale: infatti accanto a ristoranti greci si trovano chiese in stile neobizzantino polacche.

«Il brunch mi ha ricordato la mia amata New York. Non vedo l’ora di tornare per sfoggiare le mie adorate Manolo. Le ho comprate in uno di quei magazzini con le offerte a fascia oraria. Ho lottato con una rossa spocchiosa per aggiudicarle. Nessuno può battere Caroline Forbs.» disse entusiasta la bionda, cercando di alleggerire il clima teso del gruppo. La colazione era stata un fallimento: lei si era ritrovata a socializzare con Alaric e a parlare dell’ultimo affascinante film di fantascienza in uscita. Damon aveva guardato in cagnesco Stefan e sembrava pronto a scattare se il fratello avesse rivolto un’occhiata ad Elena. Quest’ultima seduta accanto al moro, non staccava gli occhi dal suo piatto e quando parlava si complimentava per il cibo e per il locale.

«Puoi tornare con Stefan.» suggerì Damon con una punta di rancore nella voce.

«Credo sia una buona idea.» confermò Elena riservando un sorriso caloroso al moro.

«Forse è meglio che io tolga il disturbo.»

«Si, forse è meglio.» approvò Damon.

«Si può sapere cosa vuoi da me, Damon? Eh?» Sbottò infastidito Stefan, facendosi contro al fratello. Damon li diede una spinta e Alaric si mise in mezzo ai due:«Volete fare una rissa? Bene ma scegliete un posto più discreto. Qui in mezzo ad una delle vie principali di Mile End non è il caso!»

Elena si avvicinò a Damon sfiorandoli delicatamente la guancia, cercando di calmarlo:«Damon non ne vale la pena.»

«Smettila di difenderlo. Ti ha preso in giro per tutto il tempo, non mi ha più rivolto la parola perché pensava che io avessi ucciso nostra madre e mi ha nascosto la verità! Io non sono suo fratello. Come posso non picchiarlo per quello che mi ha fatto?» sbottò alterato gridando in mezzo a Rue Saint-Viateur.

«Provagli che tu vali più di questo. Dimostragli che si sbaglia. Lui vuole provocarti.» Elena lo guardava con quegli occhi grandi carichi di dolcezza ma Damon era stufo di tutta quella situazione e le rispose infastidito:«Mi dispiace Elena ma è una questione di famiglia.»

«Se lo picchierai, cosa avrai ottenuto?» insistette di nuovo, testarda.

Damon era ferito dalla mancanza di sincerità dei suoi familiari. Suo padre aveva smesso di considerarlo il giorno del terzo compleanno di Stefan. Damon si era fatto male e il padre l’aveva portato in ospedale dal suo amico, il dr. Fell. Dopo averlo medicato era stato sottoposto a degli esami del sangue perché dovevano controllare se stava diventando “grande”. Lui orgoglioso aveva mostrato il braccio e si era lasciato bucare senza fare nessuna smorfia di dolore, vincendo una caramella e una carezza affettuosa dal padre. Quello era stato l’ultimo gesto d’amore del dr. Salvatore; era stata l’ultima giornata che avevano trascorso assieme. Da lì in poi Giuseppe trovava sempre una scusa per non dedicarli attenzione mentre passava tutto il tempo con il figlio minore. Non gli aveva più parlato del progetto della “Salvatore & Salvatore Enterprise” né l’aveva più spinto a laurearsi. Veniva accusato di essere un perditempo, un incompetente, un ragazzaccio e alla fine ci aveva creduto. Non aveva mai concluso nulla. Grazie alla sua bellezza posava come modello per i fotoromanzi. Ci aveva messo un po’ a convincere i ragazzi a dargli una possibilità. Aveva iniziato a scrivere da lì e grazie a tutta la troupe che lo sosteneva, aveva iniziato a frequentare un corso di scrittura. Tutto stranamente filava liscio. Giuseppe aveva smesso di avere il controllo su di se, la madre lo incoraggiava a coltivare le sue passioni, Stefan comprava tutte le settimane il giornale sul quale venivano pubblicate le storie del fratello e le appendeva orgoglioso in camera. Giuseppe cercava in tutti i modi di distogliere l’orgoglio di Stefan dal fratellastro e ci riuscì. Damon aveva perso tutto quel 23 maggio. Il 23 maggio uno tsunami abissale l’aveva investito e l’aveva fatto a pezzi. Aveva perso la donna più importante della sua vita e Stefan non si era fatto abbracciare da lui. Si trasferì in un appartamento dell’Upper Est Side con Rick e Klaus, lasciando un biglietto con il suo nuovo recapito ma nessuno l’aveva mai contattato. Damon non aveva più niente. Quelle piccole ma importanti cose che lo rendevano felice. Ora a 28 anni aveva perso completamente la stima del padre anche se Rose aveva tentato di far da paciere. Damon si era illuso un’altra volta. La sua vita era un’illusione continua perché nessuno può essere in grado di amare una persona completamente sbagliata come lui. Elena si avvicinò e lo strinse forte. Non disse una parola ma gli carezzò dolcemente i capelli corvini. Aveva capito dal solo sguardo che Damon stava combattendo con degli scheletri e voleva farli sapere che non era solo. Non più. Lei lo avrebbe aiutato.

 

«Ho un’idea. Ieri sera siamo andati al locale della famiglia di Damon, giusto?» Caroline aveva abbassato improvvisamente la voce e si stava rivolgendo ad Alaric che in tutta risposta annuì dubbioso.

«Andiamo lì e chiediamo ad Enzo di chiuderli in cantina. O si ammazzano o chiariscono.»

Il biondo si grattò la testa con un’espressione accigliata e tesa. Non amava costringere le persone a fare qualcosa che non volevano ma il suo migliore amico aveva bisogno di un confronto. Sapeva quanto l’aveva distrutto l’abbandono del fratello minore ed era per quello che quando aveva capito che il ragazzo di Elena e il fratello di Damon fossero la stessa persona, ne aveva parlato con Rose. Avevano pensato ad un piano perfetto per farli incontrare “casualmente”. Tutto era pronto ma purtroppo, con la morte improvvisa della giovane, non ebbe più il coraggio di realizzarlo.

«Ok.- acconsentì Rick- Ci troviamo là per le 13.»

 

***

Viene chiamata sala d’attesa quel piccolo posto con sedie attaccate e scomode. C’è una piccola televisione accesa sul canale delle notizie ma Damon non sente nulla. Ascolta solo il ticchettio fastidioso dell’orologio appeso alla parete. E’ seduto in una posa scomoda, rannicchiato su se stesso con le mani giunte in segno di preghiera. I suoi occhi azzurri sembrano il mare in tempesta da quanto sono lucidi e pieni di preoccupazione. Si morde le labbra convulsamente e ha un macigno in petto. Fa fatica a respirare da quanto sia teso, come le corde di un violino troppo tirate, che ad un sol tocco si spaccano. Non è arrivato in tempo. Lexi gi aveva chiesto di essere in orario perché aveva una sorpresa per lui. Purtroppo era stato inghiottito dal traffico newyorkese e si era chiesto più volte il motivo per il quale avesse ascoltato i suoi genitori e non avesse comprato una moto per sgattaiolare nelle vie sempre affollate e congestionate della sua città. Era quasi arrivato al suo palazzo quando un suono prepotente di sirene l’aveva risvegliato dai suoi pensieri. Afferrava il volante con forza ma non appena vide l’ambulanza, uscì dal veicolo e corse al suo stabile, non curante dei clacson e degli insulti degli altri automobilisti. Salì le scale a due a due e trovò fuori dal loro appartamento degli agenti della polizia, che li impedivano il passaggio e dettero poche informazioni: “proiettili, donna, sangue, ospedale”. Riuscì a captare da quanto la sua mente viaggiava su altri binari. Si fiondò di sotto, lasciando i poliziotti senza parole e telefonò avilito al padre. Fu conciso e diretto. Non si aspettava di udire delle lacrime dall’altro capo del telefono e questo lo inchiodò sul posto. Lui stava correndo in preda all’ansia Dio solo sa dove e fu risvegliato da quei muti sospiri irregolari e dal suono di singhiozzi incessanti. Non aveva previsto la reazione e non credeva di star compiendo la stessa azione angosciata finché non si toccò il volto. Lacrime silenziose lo avevano invaso senza che lui le avesse invocate. Riagganciò senza dire una parola e riprese la sua corsa disperata verso il New York Hospital. Se avesse preso un taxi non sarebbe più arrivato a destinazione per via dell’orario di punta. Si mise a correre come un pazzo, urtando passanti che imprecavano al suo passaggio, scansando cestini e passando col rosso. Arrivò in ospedale trafelato, grondate di sudore e con il cuore che pulsava in modo innaturale. Sorpassò la fila del pronto soccorso e chiese alla receptionist informazioni. Fu solo per via della sua disperazione che la ragazza gli aprì la porta e chiese ad un collega di accompagnarlo fuori dalla sala operatoria. Erano passate tre ore e non era ancora arrivato nessuno. Nessuno gli portava notizie di sua madre. L’infermiera aveva detto che la stavano operando e che stavano facendo il possibile. Tutti erano in grado di fare il possibile ma lui chiedeva disperato di fare anche l’impossibile per sua madre. Lui non poteva perderla. Lei doveva stare al suo fianco finché fosse anziana e avesse visto i suoi innumerevoli nipoti. Lui aveva bisogno di una mamma. Era la sua famiglia. La prima donna che aveva imparato ad amare incondizionatamente. Non poteva abbandonarlo. Lei ce l’avrebbe fatta perché lo amava, amava Stefan e quel coglione di Giuseppe. Ed era troppo presto per varcare quella stanza bianca o di vedere quella luce bianca o chissà quale altra cosa per attraversare il paradiso. Lexi era giovane ed in salute. Non poteva morire. Altre lacrime si impossessarono del suo viso, il cuore fastidiosamente pesante, un sasso in gola e la tensione che lo attanagliava da capo a piedi. Poi vide Stefan. Gli corse incontro e lo strinse forte. Gli carezzò i capelli biondo cenere e cercò di calmarlo. Era più teso di lui. Stefan era pallido, stremato e con gli occhi ombrosi. Damon sussurrava all’orecchio del fratello che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero visto presto la madre.

La mattina dopo arrivò il dr. Salvatore, impettito nel suo completo costoso, con la mascella contratta e i capelli scompigliati. Aveva stretto Stefan in un saldo abbraccio mentre Damon assisteva alla scena ammutolito.

«Sei contento, Damon?» Domandò in tono aspro il padre.

Il moro lo guardò senza capire. Era ancora scosso e stava in piedi solo per i nervi che lo controllavano e non lo facevano cedere.

«Cosa vuoi dire papà?» chiese Stefan, sciogliendo l’abbraccio.

«Non te l’ha ancora detto?» Stefan si girò verso il fratello ma entrambi non parlavano.

«E’ stata tutta colpa sua. Se lui non fosse stato coinvolto in traffici di droga, tua madre non sarebbe in una stanza a lottare con la vita e la morte.»

«Che cosa?» Stefan lanciò sguardi infuocati sia al fratello che al padre.

«Non è vero. Stai mentendo.» Damon si rivolse al padre arrabbiato.

«Sai che non è così.» affermò Giuseppe mantenendo uno sguardo serio ed impenetrabile.

«Perché l’avrebbe fatto?» domandò il minore dei Salvatore.

«Credi che entrare nel mondo dell’editoria sia facile? Tutto ha un prezzo.»

«E’ così?» Stefan guardò il fratello speranzoso ma in quel momento un medico si avvicinò a loro e gli informò delle condizioni di Lexi.

«L’operazione era molto complicata. La paziente ha perso molto sangue. Abbiamo fatto tutto il possibile.»

«No!» Gridarono all’unisono i fratelli.

«Non lo dica.» continuò Damon.

«Tutto cambierà se lei lo dice.» affermò Stefan.

«Mi dispiace ma non ce l’ha fatta.»

Lacrime spietate, irriverenti e dolorose che annebbiavano la vista, si impossessarono di Damon e Stefan. il mondo si era fermato. L’orologio che martellava sulla parete si era fermato. Tutt’intorno il mondo continuava ad andare avanti ma loro non sentivano più nulla. Damon si avvicinò al fratello e cercò di abbracciarlo ma Stefan li diede le spalle. Nessun sostegno. Solo il rumore sordo del cuore che si stava squarciando all’interno del petto.

***

«Senti Caroline, mi dispiace di aver tradito la tua fiducia.»

«Hai tradito la mia migliore amica, Stefan. L’hai ferita e ti sei ferito. Perché non hai parlato a nessuno dei tuoi problemi?»

«Credevo di essere più forte. Sai, Damon è sempre stato il mio modello. Ho sempre voluto assomigliare a lui ma non volevo deludere mio padre.»

«Stai facendo questo lavoro solo per far felice il dr. Salvatore.»

«All’inizio era così. Ora credo che sia diventata una piacevole abitudine.»

«Non dovrebbe essere un’abitudine, dovrebbe piacerti ciò che fai.»

«Lo so ma è lo studio di famiglia.»

«Quindi, siccome non hai il coraggio di affrontare tuo padre, fai un lavoro che ti fa schifo.»

«Non mi fa schifo. Vorrei aver seguito i miei sogni.»

«Ma non l’hai fatto perché non sai rischiare. Se avessi detto ad Elena la verità, tu non ti troveresti in questa situazione. Ti sei scavato la fossa da solo.»

«Lo so.»

«Probabilmente è anche colpa del dr. Salvatore. Ti ha cresciuto a sua immagine e somiglianza e non ti ha lasciato scelta.»

«Sei diventata una psicologa?»

«No e comunque sono ancora arrabbiata con te. Hai mentito anche a me.»

«Lo so. Cercherò di farmi perdonare una volta a casa. Torniamo insieme?»

«Va bene ma sto morendo di fame. Andiamo al ristorante di ieri?»

 

***

«Scusate, Jenna mi sta chiamando.» Alaric si allontanò un poco per avere un po’ di privacy.

Damon ed Elena presero a passeggiare in silenzio.

«Quando inizierai il tuo viaggio?» Domandò il moro mettendosi le mani in tasca, in segno di nervosismo.

«Avrei voluto cominciare già oggi ma mi sono resa conto di non saper davvero montare la tenda.»

«Posso insegnarti.» propose Damon con gli occhi che sembravano ghiaccio da quanto erano chiari alla luce del sole.

«Non posso. Ogni volta che sto con te, tu non mi fai capire più nulla. Mi fai venire le vertigini. Quando mi sfiori…» Damon si avvicinò e le posò una mano sul volto. Sorrise e le risistemò una ciocca bruna dietro le orecchie. Elena stava trattenendo il respiro, il cuore le martellava all’interno del petto e una scossa elettrica la investì per tutto il corpo.

«Quando ti sfioro?» Il respiro caldo di Damon la ipnotizzò.

«C’è qualcosa fra noi. Non so definirla. E non credo di sentirla solo io.»

«Perché non rischiare?»

«Non voglio farti del male.»

«Elena, davvero tu pensi di potermi ferire? Ne ho passate così tante…» Elena li posò un dito sopra le labbra che lo costrinse a fermarsi:«E’ proprio per quello che non voglio. Non voglio aggiungerti altra sofferenza.»

«E se ti dicessi di prenderla come viene? Niente aspettative, niente pensieri…»

«E se io mi innamorassi?»

«Hai presente quando, sotto il sole di mezzogiorno, stai camminando sulla spiaggia scalza e senti la sabbia bollente ad ogni passo ma non ti importa perché stai per entrare in acqua a rinfrescarti? Beh, ecco… bisognerebbe vivere così. Niente “se” e niente “ma”.»

«Non ne sono capace.»

«Lasciati guidare da me. Te lo mostrerò.»

«Jenna è incinta. Aspetta un bambino!» Li interruppe Alaric euforico dalla notizia. Elena lo abbracciò felice e si congratulò ma Damon rimase fermo con un sorriso furbo dipinto sul volto:«E sai che significa? Che ti ha rovinato la sorpresa.»

«Come?» Elena lo guardava dubbiosa.

«Le avrebbe fatto la proposta.»

«O mio Dio! Ma è meraviglioso!»

«Festeggiamo! Potremo andare al ristorante di ieri sera.» propose Rick, troppo entusiasta e con un sorriso ampio e felice.

«No, Enzo fa un po’ troppo il cascamorto.» arricciò il naso Damon, al ricordo del cugino un po’ troppo invadente e disinvolto nei confronti di Elena.

«Non sarai mica geloso?» domandò l’amico con una punta di malizia nella voce.

«No, non lo sono. – Non l’avrebbe mai ammesso. Soprattutto con lì davanti Elena che lo guardava sognante e Rick che voleva solo prenderlo in giro.- Andiamo lì.»

 

***

«Ehi Stefan, come mai qui?»

«Che piacere rivederti Enzo. Ieri sera mi avevi promesso che avremo visitato la cantina dei vini ma poi non ce n’è più stata l’occasione. Possiamo vederla adesso?» domandò Caroline. Il ragazzo la guardò dubbioso ma annuì e li fece strada. Scesero le scale vicino al camino e si trovarono in una grande stanza.

«Qui teniamo i vini più pregiati –indicò una teca vicino alla porta- In quell’angolo lì.» continuò ma Caroline lo interruppe:«Scusa, non ricordo dov’è il bagno. Mi puoi accompagnare?» un’altra occhiata dubbiosa da parte di Enzo, ma tornò indietro e sorrise a Stefan.

«Chiudi la porta a chiave.»

«Si può sapere cosa sta succedendo?»

«Stefan e Damon devono chiarire.»

«E hai pensato di farmi usare la cantina? Lo sai quanto costa il Brunello di Montalcino?»

«No, ma se fanno danni, mettili sul loro conto.» tagliò corto la bionda, salendo le scale senza aspettare il cugino dei Salvatore.

Enzo le corse dietro e domandò a bruciapelo:«Dov’è finita la tua amica bruna?»

«Arriverà fra poco con Damon. –spiegò piatta.-  Ti consiglio di lasciarla in pace. Non ne vuole più sapere degli uomini.» ammise sicura rivolgendogli un’occhiata minacciosa.

«Quindi non è la ragazza di Damon.» constatò incurvando le labbra verso l’alto.

Caroline lo guardò interdetta: «Cosa?? No, no! Stefan è il suo ex. L’ha tradita.»

«Ah. E perché è in compagnia di Damon?»

Caroline si girò e vide arrivare i suoi amici.

«Facciamo la stessa cosa con Damon, ok?» complottò abbassando la voce, e dando uno schiaffo leggero al braccio del ragazzo.

«Car non credevo di trovarti qui!» rivelò Elena corrucciando la fronte.

«E’ praticamente l’unico posto che conosco.» spiegò la bionda stringendosi nelle spalle.

«Dov’è Stefan?» Chiese quindi, mostrandosi insicura.

«Sta andando in aeroporto. Abbiamo discusso.»

«Non me la racconti giusta.» Damon portò una mano a massaggiarsi la tempia, incerto ma senza capire cosa stava organizzando quella ragazza.

«Cugino, mi aiuteresti a scegliere il vino per quella coppia? Lui le sta per chiedere di diventare sua moglie.»

«Ma si devono sposare tutti adesso?» disse infastidita la bionda.

Tutti si girarono verso di lei:«Era così per dire.»

Enzo si apprestò a scendere le scale e Damon lo seguì senza dire una parola.

«Pensavo ad un Larmandier Bernier Ros de Saigne, Extra Brut ovviamente. Lo teniamo in quell’angolo là in fondo. –indicò una nicchia dietro alla colonna del muro portante- Posso offrirlo anche a voi, se vuoi.» si affrettò ad aggiungere per non lasciargli il tempo di replicare. Una volta distratto, l’amico uscì senza far rumore e chiuse la porta a chiave.

Damon si accorse con disappunto dello scherzo  di cattivo gusto del cugino e urlò: «Enzo, se non mi apri ti ricorderò quanto è divertente bere l’acqua del water!»

«Non funzionerà.» Spiegò Stefan, spuntando da chissà dove.

«E tu cosa ci fai qui?» chiese stupito il moro.

«Credo che qualcuno voglia farci chiarire.» disse con convinzione, mettendosi le mani in tasca a disagio.

«Io non voglio chiarire.» chiarì perentorio al fratello.

«Mi dispiace Damon. Per tutto. Ho sbagliato. Avrei dovuto darti un’occasione, avrei dovuto capire i piani di nostro padre.»

«Tu non mi hai più parlato. Hai creduto a lui. Non mi hai lasciato spiegare. Hai dato per scontato che lui avesse ragione.»

«Lo so.» ammise mesto, mordendosi amaramente le labbra.

«Che razza di fratello sei? Tu sei un coglione e non meriti neanche un minuto della mia rabbia. Ti avrei preso a pugni prima, se non mi avesse fermato quella ragazza fantastica che hai tradito! Come puoi essere così coglione, cazzo? Hai preso tutti i geni sbagliati.» Damon era fuori di se dalla rabbia e Stefan lo lasciava fare. Meritava di essere trattato in quel modo. Meritava di essere preso a pugni per tutti gli anni di silenzio che aveva inferto al fratello.

«Ho letto il tuo libro.» disse dopo un attimo di silenzio.

Damon lo guardò sbalordito ma senza parlare:«Ti controllavo. Anche se non ci vedevamo, anche se nostro padre mi riempiva di odio nei tuoi confronti, io non ho mai smesso di seguirti. Non riuscivo a capire come poteva un ragazzo del genere, così pieno d’amore e di bei sentimenti, essere coinvolto in affari loschi. Non era possibile. Mi dispiace di averlo anche solo pensato. Quando ti ho visto stringere Elena, ieri sera, ti ho odiato. L’ho odiata. Poi ho pensato che io ho sbagliato tutto. Non ho dormito stanotte. Ho sentito Elena singhiozzare ma sapevo che qualcuno la stava aiutando. Tu sei una brava persona. Non importa quello che dice nostro padre.»

«Lui non è mio padre.» Damon li sferrò un pugno in pieno volto.

Stefan si tastò il volto dolorante. «Mi dispiace per tutto quello che hai passato. Lexi era innamorata di un uomo. Era rimasta incinta e ne era felicissima. Avrebbe avuto un figlio dal suo grande amore ma lui non era dello stesso avviso. Era giovane e stava ancora studiando. Anche lei era giovane, poco più di diciotto anni ma non avrebbe mai tolto la vita a suo figlio. Lexi conosceva Giuseppe…»

Damon lo interruppe aspramente:«Risparmiami la storia. Non voglio sapere nulla.»

«Nostro padre credeva che tu fossi suo figlio ma non gli somigli. Nostra madre non glielo ha mai confessato.»

«E credi che sia colpa mia? Io non meritavo di essere odiato. Non ho mai chiesto di nascere. Meritavo anch’io l’amore di due genitori e non solo di uno. Avevo bisogno di un padre. Un padre che mi insegnasse a fare a pugni per difendermi dai prepotenti, un padre che mi spronasse ad avere dei sogni e a realizzarli, che mi insegnasse a guidare, a fare un canestro. Un padre che mi abbracciasse, mi ascoltasse, che si entusiasmasse per le mie gare di nuoto. Io meritavo un padre. Mamma è rimasta incinta ed è stata lasciata? Io ci ho rimesso comunque perché un padre non l’ho mai avuto.»

Stefan si avvicinò a Damon e lo guardò dritto negli occhi: «Tu hai me. La vita ti ha regalato un fratello.» disse cercando di abbracciarlo ma Damon si scansò con disappunto: «Un fratello che ha saputo voltarmi le spalle quando la faccenda si è fatta più complicata. Lo stesso fratello che non mi ha mai richiamato.»

«Voglio cambiare, Damon. Tu sei mio fratello nel bene e nel male. Non importa se siamo solo figli della stessa madre. Io sono cresciuto con te e so che non ti sei arreso e ce l’hai fatta. Dopo tutto il tuo impegno sei stato pubblicato, senza l’amore di un padre e senza un fratello che ti sostenesse. Tra poco tornerò a New York ma ti devo chiedere un favore.»

«Come puoi pensare di chiedermi qualcosa?»

«Si felice, Damon. Qualsiasi cosa accada, si felice. Quando sarai riuscito a perdonarmi, ricominceremo da dove avevamo lasciato ma lasciati alle spalle tutto l’odio di nostro padre. Io ho sbagliato e l’ho capito troppo tardi ma spero che un giorno torneremo ad essere fratelli.»

Alaric aprì la porta ed Elena si tuffò fra le braccia di Damon.

 

***

«Restiamo solo io e te, giovane amazzone.» Andarono a far scontrare un bicchiere colmo di bourbon e uno di cocktail alla frutta.

«Che giornata infernale.» ammise Elena, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«Già. So come potremo passare una bella serata.»

Elena lo guardò con uno sguardo corrucciato.

«Ti fidi di me?» continuò Damon, non staccandole gli occhi di dosso. La bruna annuì e sorrise.  

«Enzo, fra quanto smonti?»

«Adesso.» disse appoggiando uno straccio al bancone di legno.

«Vogliamo regalare ad Elena una nottata indimenticabile?»

«Come quella che abbiamo condiviso con quella biondina? Come si chiamava?»

«Andie, credo. Comunque si, proprio quella.»

«Sei pronta Elena? Perché io non mi faccio pregare.» Enzo la guardò con malizia. Elena si stava mordendo le labbra senza capire.

«Che cosa avete in mente voi due?»

«Devi solo lascarti andare.»


BOLLINO ROSSO DI ITALIA UNO...

Damon la fece scendere dallo sgabello e la baciò appassionatamente, accarezzandole i lunghi capelli castani. Elena ricambiò il bacio con irruenza e desiderio. Enzo si avvicinò a loro e cominciò a leccarle il collo niveo. Il ristornate era ormai chiuso e restavano solo loro ad occupare il locale. Elena era ustionata dal contatto dei due ragazzi e gemeva con il fiato corto. Le mani di Damon vagarono lungo il suo petto e le andarono a scostare il reggiseno di pizzo blu, andando a solleticarle i capezzoli. Enzo scese a baciarle la schiena, una vertebra alla volta, soffiando lentamente per aumentare l’eccitazione di Elena. Le labbra della ragazza succhiarono, tirarono, baciarono il collo di Damon, la mascella e quella ispida barba di qualche giorno. Enzo le solleva le braccia e finalmente si libera della t-shirt rossa. Damon le slaccia il reggiseno e scende a succhiarle il seno. Enzo le tocca i fianchi e corre giù a sbottonarle il bottone dei jeans e a sfiorarle l’intimità. Elena non riesce più a capire di chi sono le mani che la sfiorano poco velatamente, a chi appartiene quella lingua che danza sul suo corpo. Il piacere è così intenso da farle mancare il respiro. E ad un certo punto non sa più di essere in un ristorante. non sa più di essere con Damon ed Enzo. Non sa più nulla da quanto il sistema nervoso sia in tilt.
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Ciao a tutti ^^
Vi chiedo scusa per l'ultimo pezzo. Non l'ho revisionato a dovere ma lo modificherò presto perchè non mi piace che ci siano tempi verbali messi un po' così... 
Vi dico solo una cosa: ho scritto solo mezza pagina del prossimo capitolo -.- le idee ci sono, solo che mi sono un po' bloccata dal finale di questo capitolo. 
Cosa ne pensate voi? Una persona che conosco io mi aveva gridato "SESSO" da tutte le parti e quando l'ho accontentato e gli ho fatto leggere velocemente il finale di questo capitolo mi ha detto:"Che zoccola sta Elena..". 
Io non la penso in questo modo, ma vedo le cose da donna. L'uomo, secondo me, vede di buon grado un rapporto a tre, se sono due donne, ma se la situazione si ribalta, addita la donna come.... 
Ma non voglio attirare le lamentele da parte di tutti ;) 
Ci sentiamo prossimamente. 
Grazie a tutte le persone che ci sono e a chi, soprattutto,  mi regala meravigliosi commenti!! 
Siete una forza!

 

  
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