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Autore: Snix91    08/04/2014    4 recensioni
Un incontro misterioso cambierà la vita di Santana...
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua.

Santana, 27 anni, single, donna meravigliosamente attraente, avvocato brillante, occhi grandi, talmente profondi da definirli buchi neri, sexy, capelli corvini, altezza nella media…

Avrei usato tanti aggettivi per definirmi ma quelli, per ora, erano sufficienti. Me ne stavo seduta su una panchina di legno di un parco che si trovava sulla strada verso casa. Ogni giorno percorrevo a piedi quel tratto per raggiungere il mio ufficio. Quel pomeriggio, ancora illuminato dal sole, ero uscita di fretta dal posto di lavoro e mi ero precipitata di corsa fuori senza nemmeno salutare i miei colleghi. Passavo tutte le volte davanti quel parchetto, lo guardavo di tanto in tanto senza mai fermarmi ma quel giorno decisi di farlo.

E ora ero lì, seduta su quella panchina con ancora la tenuta da lavoro e una decolletè con il tacco leggermente sporco di terra e erba a causa del terreno troppo morbido e inumidito dalla pioggia del giorno precedente. La cartella che usualmente portavo a lavoro era poggiata di fianco a me sulla panchina, mentre in mano, avevo ancora qualche foglio volante, pratiche da lavoro che avrei dovuto consegnare firmate il giorno dopo. Avevo lo sguardo perso nel vuoto ed ero tormentata da un caso che mi era stato assegnato da un po’ di tempo a questa parte. Quel caso mi aveva messo in crisi, ogni cosa mi sembrava andasse storto e in quel momento pensai che una pausa per respirare e schiarirsi la mente mi servisse un po’.

Ero immobile, quasi in uno stato di trance, schiena contro la panchina, gambe accavallate, per nascondere l’intimo sotto la gonna, e tenevo stretta, sulle mie gambe, quei fogli carichi di fatica e speranza.

Cercai di sgombrare la testa, cominciai a liberare la mente dal lavoro e a concentrarmi su quello che mi passava davanti. Vidi cani giocare con i propri padroni, un frisbee che alcune volte ostacolava la mia vista, bambini correre per fare la fila allo scivolo, ragazzi distesi sul prato a chiacchierare allegramente, un paio di coppie baciarsi come se non ci fosse un domani, e infine, improvvisamente, vidi una donna, non una donna qualunque, penso che fosse la donna più bella ed incantevole che io abbia mai visto in tutta la mia vita.

In quel momento fui come attratta da quel raggio di sole. I suoi capelli erano raccolti da una coda scomposta ma a causa del sole risplendevano di una lucentezza tale da diventare color oro.

Potei notare che con lo sguardo stava seguendo alcuni bambini che giocavano distratti in un area piena di sabbia. Di tanto in tanto sfoggiava un sorriso luminoso, perfetto, bianco. Da quella distanza non potevo vedere i suoi occhi ma scommisi con tutta me stessa che fossero del colore del mare.

Se ne stava lì,in piedi, a braccia conserte, indossava un top rosa chiaro e sopra un cardigan di colore grigio con le maniche tirate su fino ai gomiti, jeans stretti, e un paio di converse bianche. Dalla mia postazione la vedevo di profilo, ma in alcuni momenti si voltava per controllare i bambini che correvano gioiosi di fianco a lei.

Era di una bellezza tale da mozzare il fiato. Ero rimasta ad osservarla tutto il tempo, come rapita dalla sua semplicità nei movimenti. Non mi era mai capitato, specialmente con una donna, e infatti la cosa mi mise in imbarazzo ma non ci pensai molto. L’unica cosa a cui riuscivo a pensare, era a come potesse essere quella donna, al suono della sua voce, al colore dei suoi occhi, al suo profumo ecc.

Mi stavo facendo dei film mentali pazzeschi e per un attimo mi riscossi, pensai che forse era tanto stupido fissare quella donna, presi ad inumidirmi le mie grandi e carnose labbra e mi concentrai sui fogli che tenevo sulle ginocchia.

Cercai di concentrarmi, ma la voglia di voler guardare ancora una volta quella donna era più forte di quanto pensassi. Quando tornai a guardarla ebbi un piccolo sussulto al cuore. La vidi sempre nella stessa posizione di prima, ma questa volta aveva in braccio un bambina. Si spostò leggermente camminando verso di me e a quel punto cercai di nascondere dietro i fogli, l’imbarazzo del mio viso. Mi sporsi leggermente da un bordo della carta e notai che al dito della mano sinistra portava una fede.

Boom. Colpo basso Santana Lopez.

Quella donna era sposata. “Certo, come poteva non essere sposata una cosi?” pensai tra me.

Fece scendere la bambina dalle sue braccia che velocemente corse verso la fontanella accanto alla mia panchina.

Per un secondo mi prese il panico, la bionda si stava avvicinando verso di me. Avevo il viso accaldato dall’imbarazzo e sperai con tutta me stessa che quella donna non si accorgesse delle mie facce stupide che stavo facendo dietro quel dannato foglio.

A quel punto la bambina si avvicinò alla fontanella, aprì la manovella e cominciò a bere l’acqua che pian piano scorreva mentre lei, arrivò qualche secondo dopo.

Ora se ne stava in piedi vicino la mia panchina. Potei giurare che da vicino era ancora più bella di come fosse da lontano. Aveva un fisico perfetto, e anche la pelle del viso era perfetta e di un bianco tale da sembrare una statua fatta di pietra.

Questa volta aveva le mani sui fianchi e aspettava che la figlia, o chiunque fosse quella bambina, finisse di bere. La stava osservando quando improvvisamente si girò dalla mia parte.

Per un attimo mi mancò il respiro. “Ma che diavolo stavo facendo? Stavo stalkerizzando una donna?” pensai tra me.

In quel momento i nostri sguardi si incrociarono e dentro di me sorrisi compiaciuta perché avevo indovinato il colore dei suoi occhi. Il taglio era molto particolare, sembrava una gatta pronta ad attaccare.

Era affascinante.

La guardai con la paura che forse, stavo un po’ esagerando nel guardarla, ma lei, mi sorrise dolcemente e disse :

“Buon pomeriggio!”

Non me l’aspettavo e d’istinto le risposi :

“Buon pomeriggio!”

Lei sorrise ancora, poi tornò a concentrarsi sulla bimba che nel frattempo aveva terminato di bere.

Aveva una voce sublime e pensai che fosse la ragazza più dolce che io abbia mai incontrato.

Entrambe si allontanarono verso la distesa di prato e io continuai a fissarle ancora per un po’, giusto il tempo di rendermi conto che stavo del tutto esagerando, e infatti presi la mia cartellina, strinsi i miei fogli tra le braccia e mi affrettai a lasciare quel posto fuori dal comune.

Dopo quel giorno, riuscivo a pensare solo a quella donna che mi aveva completamente fulminato. Ne avevo parlato con la mia amica, non che collega Quinn, che mi aveva raccomandato di darci un taglio, visto che non facevo altro che parlare di questa donna misteriosa.

Ero seduta su una di quelle grandi poltrone nere da ufficio, davanti la scrivania, avevo la testa poggiata sullo schienale e lo sguardo perso nel vuoto, mentre la mia amica era seduta davanti a me su una delle sedie per ospiti.

“Credi che sia matta?” dissi sorridendo come un ebete.

“Io credo di si!” puntualizzò Quinn continuando a guardarsi le sue unghie perfette.

“Quinn, è cosi bella! Te l’ho già detto?”

“Si Santana, me l’hai ripetuto almeno 100 volte negli ultimi giorni!” disse portando gli occhi al cielo.

“Pensi che io sia lesbica vero? Perché non sono lesbica…” mi fermai per un secondo a pensare “ cioè, a me piace quella donna, o per lo meno credo di aver avuto un colpo di fulmine, ma non mi piacciono le altre donne quindi questo non mi fa una lesbica, o magari si… no, non sono lesbica…” pensai tra me.

“Santanaaaa” a quel punto la mia amica Quinn mi fermò di colpo.

Cosa c’è?” quasi urlai.

“Stai delirando ok?” disse spazientita.

“Definisciti come vuoi ma comunque rimane il fatto che sei completamente andata per questa donna che nemmeno conosci, probabilmente, ha una figlia…” e lo disse cominciando a contare sulla punta delle dita tutti i problemi plausibili della cosa. “ è sposata, magari avrà anche un altro figlio,”

“Oddio ti prego no!” la interruppi per un secondo.

“abiterà in una casa lussuosa, o che ne so, magari avrà anche un cane.”

A quel punto sbuffai, tornai a guardare con aria triste Quinn e lei fece lo stesso con me.

“Santana, è una sconosciuta!” puntualizzò.

A quel punto tornai in me stessa e pensai che forse aveva ragione. Io quella donna non la conoscevo, quindi perché tormentarsi?

“Hai ragione. Scusa Quinn, lo sai alcune volte esagero.”

A quella risposta la biondina fece un sospiro di sollievo e si alzò dalla sua postazione con aria da chi aveva svolto bene il suo compito.

“San, sai cosa penso?” disse guardandomi seria.

“Cosa?”

“Penso che tu debba farti una di quelle scopate tale da scordarti anche come ti chiami!” mi disse, e a quel punto sentì la risata scherzosa di Quinn.

Io rimasi spiazzata.

“Quinn, credevo mi stessi parlando seriamente!” dissi arrabbiata.

“Ma dai Santana, quella che hai è solo una stupida cottarella che ognuno di noi si prende almeno una volta al giorno per un passante o un giovane o una giovane che ti ringrazia per averlo fatto passare per primo in metropolitana.”

Riflettei a quelle parole. Probabilmente era cosi. Poi la mia amica aggiunse :

“Lascia perdere, non ti fissare, è una cosa passeggera, piuttosto a quando la nostra uscita super divertimento e alcol?” disse con un sorrisino compiaciuto cambiando totalmente discorso.

“Uff….Quinn non lo so!” dissi scocciata, sia perché aveva cambiato discorso e sia perché non mi andava molto di trascorrere quel genere di serata.

“Ma come? Dai che ci divertiremo. Voglio presentarti un mio amico! Facciamo venerdì sera?” disse speranzosa.

“Questo venerdì?” replicai scocciata.

“Si, dai andiamoooo!” quasi mi pregò ma alla fine mi convinse.

“Eh va bene…” a quelle mie tre parole le uscì un piccolo urletto di gioia e io mi misi le mani sulle orecchie infastidita da quel forte suono.

“Evvai!” esultò.

“Bene, allora adesso vado che ho un colloquio.” Rispose con il sorriso e andando verso la porta.

“Ok!” io ero ancora leggermente scocciata.

“A dopo, allora!” Aprì la porta e si allontanò dalla mia stanza.

“A dopo!” le urlai senza guardarla.

La mia amica era convinta di avermi fatto dimenticare quella sconosciuta dagli occhi blu, ma io ero quasi ossessionata da lei.

Ripresi a scrivere alcune pratiche, e di tanto in tanto mi fermavo a pensare a quella donna che piano, tormentava la mia mente.

Dal giorno in cui la vidi per la prima volta, tutti i pomeriggi alla stessa ora, me ne andavo a quel parco solo per vederla. Mi sedevo sempre sulla stessa panchina e lei era sempre lì, vicino alla vasca piena di sabbia.

Subito dopo lavoro, me ne andavo, senza dire niente a Quinn o inventandomi una scusa a quel parco, per evadere un po’ dalla realtà. Ogni giorno, portavo un libro diverso da leggere, impegnandomi per finta, nella lettura.

Lei non mi notava mai, mentre io la osservavo da lontano in ogni momento. Cominciai a studiarla e a conoscerla senza nemmeno averci mai parlato.

Molte volte la vedevo con sua figlia, ormai ero certa di questo, perché un giorno sentii chiaramente la bambina dire “Mamma” a lei. Un giorno la vidi mentre passeggiava, con il suo cane, un labrador nero, mentre alcuni giorni era accompagnata da alcune sue amiche. Non avevo mai incontrato suo marito, o per lo meno c’era ma io non ci avevo mai fatto caso. Ogni giorno era vestita in modo diverso, e ogni giorno era più incantevole che mai.

Più il tempo passava e più me ne innamoravo. Non credevo a cosa mi stava succedendo. Mi stavo pian piano innamorando di una sconosciuta eppure mi sembrava già di conoscerla.

Trascorse un mese, e quel pomeriggio primaverile,ancora di nascosto, corsi verso il parco a sedermi sulla mia solita panchina ma di colpo mi fermai, e il mio cuore fece mille capriole prima di tornare al suo posto.

Avevo gli occhi spalancati e l’unica cosa a cui riuscivo a guardare era la panchina che solitamente veniva occupata da me.

Quel giorno la panchina non era vuota, ma c’era lei, quella ragazza misteriosa, seduta su di essa.

Era di spalle e guardava la distesa di prato, forse in attesa di qualcosa.

Era sola. Per fortuna, non poteva notare la mia presenza poiché ero dietro di lei, dall’altro lato della strada. Deglutii più volte, fino a quando non presi coraggio e mi avviai verso di lei.

Non mi fermai a guardarla, mi limitai solo a sedermi di fianco a lei.

Avevo il cuore a mille. Finalmente, dopo tanto tempo, io e lei eravamo sedute vicine. Lei si era girata verso di me ma poi tornò a guardare la distesa di prato, io feci lo stesso.

“Finalmente ci incontriamo!” disse dopo qualche minuto di silenzio. A quelle parole rimasi di sasso, non me l’aspettavo. A quel punto la guardai imbarazzata.

“In che senso?” dissi gentilmente.

“Non hai fatto altro che osservarmi tutto questo mese, pensi che non me ne sia accorta?” disse seria in volto e io quasi mi spaventai.

“Non è come pensi io…” cominciai a parlare ma lei mi fermò.

“Non serve che ti giustifichi, lo so che venivi qui per osservarmi!” disse sorridendo. Questa volta incrociò le braccia sotto il petto.

Mi aveva beccata. E io ero totalmente in erme.

“Scusami, io non volevo, mi sono fatta trascinare dalla cosa, ma non era mia intenzione spiarti!” dissi cercando di trovare una scusa.

“Oh invece si!” quella risposta mi spiazzò.

“Io penso che tu sia venuta qui proprio per spiarmi.”

Ero totalmente in imbarazzo mentre lei era cosi sicura di se stessa.

A quel punto abbassai lo sguardo e chiusi gli occhi.

“Mi dispiace! Non so cosa mi sia preso. Non venivo mai qui, ma da quando ti ho vista mi sono ripromessa di venire qui ogni giorno solo per vederti” esitai solo per vedere il suo viso ma poi tornai a parlare. “Ora penserai che io sia una pazza psicopatica che ti ha tenuta sottocontrollo tutto questo tempo, ma non sono cosi io…..” esitai ancora colta dall’imbarazzo dei suoi occhi che curiosi mi osservavano “io, mi sono fatta prendere dalla curiosità e mi sono fatta trasportare dalle emozioni, ma non succederà più e ti chiedo scusa!” Sentendo le mie parole quella ragazza, prima rimase seria in volto poi, cominciò a rilassarsi fino a sorridere e di tanto in tanto a lasciarsi scappare qualche piccola risatella.

“Ho capito. Sei lesbica!” disse tra una risata e l’altra. Io rimasi spiazzata da quella affermazione e mi affrettai a rispondere.

“Io? No,no, non sono lesbica!” dissi quasi presa dal panico.

“Ok, ok!” si limitò a rispondere continuando a sorridere.

“Quella ragazza non mi conosceva e già aveva tutta questa confidenza con me?” pensai per un secondo ma poi ritirai subito quel pensiero perché forse, quella che aveva bruciato le tappe ero io e non lei.

La sua risata pian piano si affievolì e lei si voltò a guardare alcuni bambini correre davanti a noi.

“Allora,” disse improvvisamente.

“Cosa ti porta qui, Santana?” Sentendo il mio nome mi gelai di colpo.

“Come faceva a sapere come mi chiamavo?”

“Come….” Ero quasi terrorizzata. “Come fai a sapere il mio nome?” riuscii finalmente a concludere la frase.

Lei era sempre tranquilla e pacata, si aspettava la mia domanda.

“Credi che solo tu mi abbia spiato?” lo disse sorridendo.

A quel punto rimasi scioccata.

“Ma come, anche tu mi hai spiato tutto questo tempo?” dissi colta dall’imbarazzo.

“Ma no!” si affrettò a dire.

Potei giurare di aver visto le sue guance farsi sempre più rosse.

“Un giorno, ho sentito chiamare il tuo nome, una tua amica piuttosto nevrotica ti ha richiamata per andare via con lei!”

“Quinn!” pensai tra me e me.

“Ah si, mi ricordo!” dissi “Lei è Quinn, mi aveva vista per strada dalla sua macchina e per non dirle che ero lì per te ho inventato una scusa e sono salita in macchina con lei!” disse quasi sorridendo al solo ricordo.

“Già, allora ricordo bene!” sorrise e in quel momento i nostri sguardi si incrociarono.

I suoi occhi erano dolcissimi e di un blu quasi accecante. Mi terrorizzava l’idea di guardarla negli occhi per più di tre secondi. Erano stupendi.

Distolsi lo sguardo da lei ma poi fu più forte di me tornare a guardarla. Sorridevamo entrambe, illuminate dal sole che pian piano spariva dal cielo.

Restammo lì a parlare per buone tre ore, raccontandoci di noi poi lei si alzò in piedi con una delicatezza tale da farti sciogliere.

“Io ora devo andare, si è fatto tardi!” disse indicando il sole che praticamente se n’era quasi andato.

“Oh cielo! Non credevo si fosse fatto cosi tardi!” dissi sorridendo.

“Eh già!” sorrise imbarazzata.

Mi alzai anche io e a quel punto mi resi conto di quanto fosse più alta rispetto a me.

“Bene allora, credo sia arrivato il momento di salutarci!” dissi a malincuore.

“Eh già!” ripete con un punto di tristezza.

“Allora Ciao Santana!” mi anticipò sorridendo.

“Ciao!” dissi incantata da tale bellezza.

Lei si voltò, mi diede le spalle e cominciò ad incamminarsi.

“Ehi!” la richiamai improvvisamente.

Lei si voltò verso di me felice di averla chiamata.

“Abbiamo parlato tutto questo tempo e non so nemmeno il tuo nome!” dissi curiosa e con aria sbadata.

“Hai ragione! Scusami…” a quel punto corse indietro verso di me, mi allungò la mano e io la strinsi senza pensarci due secondi. La sua pelle poteva sembrare gelida ma lei, aveva le mani caldissime. A quel contatto mi venne un caldo atroce e intuì che anche lei era diventata rossa in viso.

“Io sono Brittany!” concluse la frase sempre con quel sorriso accecante.

“Brittany!” ripetei e vidi lei annuire.

“Allora ci si vede Britt!” dissi scherzosamente.

Lei rise.

“Ci si vede!” a quel punto mi lasciò la mano e si voltò di nuovo, di tanto in tanto si girava verso di me sorridendo appena, incredula del mio incontro, io feci lo stesso, con la differenza che ero rimasta lì immobile a fissarla mentre lei, la ragazza misteriosa, con il nome di Brittany, si allontanava da me.

Dal giorno in cui conobbi Brittany la mia vita cambiò drasticamente. Cominciai a mentire sempre alla mia amica Quinn dicendo che avevo accettato un altro incarico oltre a quello che avevo e che mi occupava sempre in ufficio, mentre in realtà me ne andavo al parco a parlare con Brittany.

I giorni passavano e cominciai a conoscere quella ragazza che fino a un mese fa per me, era un totale mistero.

Ci incontravamo tutti i giorni alla stessa ora su quella panchina e parlavamo fino al calare del sole. Scoprii tante cose su Brittany, ad esempio, ebbi la conferma che aveva una figlia, scoprii che il marito era morto in un incidente, ma lei continuava sempre a portare la fede al dito, poi seppi che il nome del suo cane era Felix, la sua bambina si chiamava Susan come il suo secondo nome, le piaceva il gelato al pistacchio, il suo piatto preferito era la pizza, amava stare all’aria aperta, alcune volte si concedeva delle giornate per stare da sola e portava la figlia dalla nonna nonché sua madre, ecc.

Finalmente conobbi Brittany come realmente volevo e lei fece lo stesso con me. Ci stavamo conoscendo come due persone normali che hanno la voglia e la curiosità di conoscersi. Alcune volte veniva accompagnata dal suo cane e solo qualche giorno dopo che mi conobbe un po,’ decise di portare sua figlia per farmela conoscere.

Tutto era meravigliosamente perfetto.

Lei era perfetta.

Mi sembrava cosi strano eppure, io e quella ragazza se pur diverse, avevamo tante cose in comune.

“Allora…” cominciò a dire Brittany mettendosi a sedere a gambe incrociate sulla panchina. La sua aria da bambina innocente mi attirava molto. Più il tempo passava e più aumentava la voglia di starle vicino, di toccarla, di baciarla.

Lei mi sorrideva un po’ con aria stanca, ma aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra.

“Dovrei portarti un libro a cui tengo molto, dovresti leggerlo! Ti ho visto leggere molto al parco, quando ancora non ci conoscevamo e cosi ho pensato che quel libro potrebbe aprirti la mente, farti capire tante cose!” Parlava con una serenità tale da rimanere incantata.

Adoravo il modo in cui parlava. Mi metteva una tranquillità pazzesca.

“Ehm… in realtà non sono un’amante dei libri, erano tutte scuse, li portavo per fare finta di leggerli quando in realtà mi ci nascondevo dietro solo per il gusto di spiarti!” risposi un po’ imbarazzata e un po’ in colpa.

“Davvero?” rispose la bionda sorpresa.

“Si, i libri sono della mia amica Quinn, lei è una grande lettrice, non io!” dissi fissando l’erba sotto i nostri piedi. Poi continuai e questa volta la guardai negli occhi.

“Ma il tuo libro lo leggerò senz’altro. Sarà la mia unica eccezione!”

A quelle parole le tornò il sorriso e io sorrisi di rimando.

Il sole stava per calare e Brittany si alzò in piedi dalla panchina come suo solito per salutarmi ma io la trattenni.

“Britt?” dissi seria in volto.

Lei rimase lì ad ascoltarmi comprensiva.

“Si?”

Mi ero decisa, volevo chiederle di uscire. Mi ero un po’ stancata di vederci sempre di giorno al solito parco. Ormai il nostro rapporto era quasi diventato intimo e mancava solo quel passo in più che ci avrebbe portate ad una conclusione.

Era palese quanto mi interessasse e anche da parte sua si notava un certo interesse nei miei confronti, quindi decisi che quello sarebbe stato un ottimo momento per chiederle di uscire.

“Ti va di uscire una sera, magari a cena fuori?” dissi con aria impacciata.

Lei rimase sorpresa dalla mia proposta e per un attimo esitò.

“Santana, mi dispiace ma non posso!” mi disse quasi dispiaciuta.

A quella risposta ci rimasi male.

“Eh perché? Perché sono una donna?” Cercavo di capire il motivo per cui mi dicesse di no.

“Santana, nooo… non è assolutamente per questo!” mi disse dolcemente.

“Eh allora per cosa? Se è per tua figlia puoi portarla con noi, non è un problema!”

Lei mi guardò e sorrise.

“Lo so che non è un problema è che…” esitò per un attimo come se volesse dirmi qualcosa ma poi cambiò totalmente espressione del viso e si convinse della mia proposta.

“Sai che c’è? Ok va bene!”

“Sei sicura?” chiesi nel dubbio.

“Si, sono sicura,va bene domani sera?” disse la bionda.

“Si, va bene!” risposi felice.

“Bene!” ripete tra se.

“Ora devo andare!” aggiunse.

“Ok, allora ci vediamo domani sera alle 7:00 sempre qui, ok?”

“Va bene!” mi strinse la mano e se ne andò come suo solito.

Io rimasi lì, e non riuscivo mai a capire perché quella ragazza non cercasse mai un contatto fisico, come se avesse paura di farlo. A quel punto decisi di reprimere ogni domanda concentrandomi solo sull’appuntamento del giorno dopo.

Me ne stavo seduta sulla panchina ad attendere l’arrivo di Brittany. Erano le 7 meno 5. Decisi di arrivare un po’ in anticipo per rispettare l’appuntamento dato. Mi sentivo leggermente nervosa perché era la prima volta, dopo tanto tempo, che avrei rivisto Brittany di sera, e per di più a cena insieme in un ristorante. Come da vizio mi sistemavo con la punta delle dita l’orlo del vestitino aderente che indossavo. Amavo i tubicini, specialmente quelli di colore rosso o neri.

In quell’occasione lo indossai nero perché risaltava perfettamente il mio sguardo e la mia carnagione leggermente scura.

I tacchi erano d’obbligo.

Improvvisamente senza nemmeno rendermene conto la vidi davanti ai miei occhi.

Li sgranai di colpo appena il mio sguardo si posò sulle sue splendide curve.

“Ciao! Scusa il ritardo!” mi disse dolcemente.

“Ciao, no non ti preoccupare, sono io che sono arrivata in anticipo!” eravamo entrambe in imbarazzo, lei bellissima, capelli sciolti sulle spalle, trucco leggero, un giubbino di pelle marrone, jeans modello skinny e uno stivale alto, marrone.

Impeccabile come sempre.

Mi tremava il cuore al solo averla vicino. Anche lei mi sembrò piuttosto agitata, era favoloso guardare la sua timidezza farsi sempre più strada sulle sue guance.

Sorrisi quando la vidi con lo sguardo mentre attraversava il mio corpo.

“Vogliamo andare?” le dissi indicandole la mia macchina parcheggiata vicino il marciapiede. Brittany annuì semplicemente e salimmo sulla macchina dirette ad uno dei miei ristoranti preferiti.

La cena fu ottima, lei simpatica e dolce come sempre, io impacciata e apprensiva. Parlare con lei in un locale, fu bellissimo, esperienza che avrei voluto senz’ altro ripetere.

Una volta finita, dove ovviamente pagai io il conto, tornammo al parco in sua richiesta.

Amava quel posto, più di me, e quella panchina per lei era diventata un punto di riferimento, di ritrovo, di sicurezza che l’avrebbe portata sempre a me.

Ci sedemmo guardandoci profondamente negli occhi, notai che era un po’ pallida in viso ma non ci feci poi cosi tanto caso.

“La cena è stata ottima, e ti ringrazio per la serata è stato tutto meraviglioso.” In quel momento fece un gesto  che mi scosse il cuore. Mi prese le mani, se le portò sulle sue gambe e cominciò a stringerle. Io spostavo lo sguardo dalle mani al suo viso, totalmente in imbarazzo.

Avevo il cuore in gola, ero emozionatissima.

Non l’avevo mai vista così impacciata prima di quel momento. Sembrava un cucciolo. Di tanto in tanto si mordeva piano il labbro inferiore per frenare l’imbarazzo. Era dolcissima.

“Non ringraziarmi, “ dissi apprensiva “sono io che devo ringraziare te, la serata è stata splendida, vorrei solo che questa nostra conoscenza continuasse, sto davvero bene con te, Brittany!” La guardai negli occhi, ma la sua espressione divenne triste. Aveva tanto da dirmi, ma non disse nulla di quello che voleva dirmi in quel momento.

“Anche a me!” disse Brittany abbassando improvvisamente lo sguardo, e a quel punto calde lacrime le rigarono il viso.

“Cosa c’è?” dissi sorpresa dalla sua reazione. Portai una mano sotto il suo mento e le tirai su la testa. Lei rimase con gli occhi chiusi.

“Niente, è che….” Esitò “ è che, mi emozioni Santana!”

Io mi sciolsi sentendo quella frase e il mio cuore tornò a battere forte.

“Non ho mai provato nulla di simile per nessuno, potrei risultare meschina, ma nemmeno con mio marito riuscivo a sentire quel tipo di emozione che mi trasmetti tu Santana, e questo un po’ mi spaventa!” In quel momento riaprì gli occhi e io la guardai con tenerezza.

“Perché ti spaventa?” Cominciai ad asciugarle le lacrime lungo le guance, lei se lo lasciò fare.

“Perché non so fino a che punto arriveremo!”

Mi fece strano quell’affermazione, ma non capii in quel momento a cosa si riferisse.

“L’unica cosa che possiamo fare è cominciare, poi dove arriveremo sarà il destino a deciderlo, ma se non cominciamo, non potremo mai saperlo!”

Appena risposi vidi il suo viso rilassarsi ma era comunque preoccupata.

A quel punto rimasi a guardarla incantata dalla sua bellezza. Anche quando piangeva era incredibilmente bella.

Lei notò che la stavo fissando e improvvisamente cominciò a spostare lo sguardo dai miei occhi alla mia bocca, un po’ spaurita.

In quel momento, fui guidata solo dalle emozioni. Il mio cuore mi stava guidando verso di lei, verso le sue labbra.

Non ci pensai due volte, mi avvicinai piano stringendole le mani, lei rimase immobile.

Le nostre fronti erano vicine, i nostri nasi si sfioravano appena. Riuscivo a sentire chiaramente l’odore del suo profumo, e il suo respiro agitato farsi strada sulle mie labbra.

Non persi tempo, chiusi gli occhi e la baciai delicatamente. Fu un bacio fermo, inesperto, poi mi tirai indietro sentendola istintivamente fredda.

“Scusa!” dissi preoccupata con ancora la fronte poggiata sulla sua.

Lei aprì gli occhi, mi prese il viso tra le mani e disse :

“Non devi scusarti, è tutto ok!”

Mi baciò lei questa volta, e fu un bacio più intenso e più profondo. Aprii leggermente la bocca per dare spazio a lei di poter entrare con la lingua e finalmente il bacio fu approfondito.

Ci assaggiavamo senza fermarci per un secondo. Non avevo mai baciato in quel modo qualcuno. Sentivo il battito del mio cuore persino nella pancia.

Stavo provando mille sensazione e sentivo Brittany provare lo stesso, poiché al contatto con la mia pelle e la mia bocca, lei tremava.

Poi si staccò per riprendere fiato, e fece un sospirone che mi mise ansia. La vidi leggermente stanca.

“Qualcosa non va?” dissi preoccupata.

“No, niente sono solo un po’ stanca. Puoi riportarmi a casa?” Finì di accarezzarmi e poi tornò al suo posto.

“Certo!” risposi apprensiva.

Ci avviammo piano verso la macchina e la riportai a casa di sua madre per riprendere la figlia. La lasciai lungo il vialetto della casa, mi disse che comunque sarebbe tornata con la sua macchina parcheggiata lì e mi salutò lasciandomi un bacio veloce sulle labbra.

Era un tale mistero quella ragazza ma era proprio quella cosa che più mi incuriosiva di lei.

Misi in moto e tornai a casa chiedendomi, perché andasse a piedi tutte le volte quando aveva una macchina a disposizione per muoversi.

Passò un altro mese, e in quel periodo il rapporto con Brittany si era molto intensificato. Passavamo del tempo a fare passeggiate, andavamo al cinema, a cena fuori, andavamo a riprendere la figlia a scuola insieme, ecc. Facevamo tutto come una normale coppia ma la cosa che più mi faceva strano era che più passava il tempo e più avevo la sensazione che Brittany aveva qualcos’altro da dirmi. Avevo molti dubbi su di lei, non dubbi sulla relazione, ma come se dovessi sapere altro su di lei, che non voleva dirmi.

Stare con lei era la cosa più bella che mi potesse capitare.

Era perfetta.

Eppure quella domanda, che tanto volevo farle mi tormentava ogni giorno.

“Cosa succede realmente? Cos’hai?” erano queste le domande che volevo tanto farle.

Mi decisi che quel giorno le avrei chiesto di dirmi tutta la verità perché non potevo vivere con quei dubbi che mi attanagliavano la testa.

Rimasi su quella panchina per ore, ma con dispiacere non arrivò.

I giorni passavano, e io puntualmente mi presentavo al nostro appuntamento seduta su quella panchina, dopo l’orario di lavoro, ma lei continuava a non esserci. Ricordai l’ultima volta che la vidi e pensai che forse non stava poi cosi bene. Era debole, pallida, ma pensai che fosse solo febbre.

La cosa mi preoccupò molto, e non potei fare nulla poiché Britt, il numero non me lo aveva lasciato, e non conoscevo nemmeno la sua casa.

Aveva deciso che comunque voleva che nella nostra storia rimanesse un velo di mistero, perché diceva che era più intrigante, e io in quel momento l’appoggiai ma ora, mi stavo rendendo conto di aver fatto un enorme cavolata.

Cominciai ad agitarmi, e in alcuni momenti venni presa anche dal panico.

Mi sentivo persa senza di lei.

E così un giorno, mi decisi ad andare a casa della madre di cui ricordavo benissimo l’indirizzo.

Scesi  dall’auto e mi avviai verso la porta, bussai tre volte e la porta si aprì.

“Salve Signora, mi scusi per il disturbo!” dissi gentilmente.

“Mi dica!” rispose garbata la donna.

“Sono un’amica di Brittany e beh….” Esitai per un attimo “…noi ci vedevamo sempre, ogni giorno al parco, ma sono un po’ di giorni che non si fa vedere e quindi mi sono preoccupata!” dissi dolcemente. Il viso della donna si spense improvvisamente, aveva gli occhi lucidi.

“Tu sei Santana vero?” mi disse e io rimasi sorpresa.

“Si, sono io!” Avevo il cuore a mille per l’agitazione. “Cos’era successo?” mi chiesi.

“Vieni, entra, ti devo parlare!”

E io la seguii senza nemmeno pensarci.

Ci sedemmo nel salotto, una di fronte l’altra. L’atmosfera era piuttosto triste e la cosa mi stava mettendo molta ansia.

“Signora, la prego mi dica cosa è successo? Mi sto preoccupando!” dissi in preda al panico.

La donna mi fissò e calde lacrime le rigarono il viso.

Io rimasi ferma, pietrificata dalla sua reazione.

“Mi dispiace,” disse tra le lacrime “ ma Brittany è venuta a mancare una settimana fa!” Pianse e io rimasi incredula dalla sua risposta.

“Cosa?” Lacrime  silenziose cominciarono a farsi strada lungo il mio viso.

“Sta dicendo sul serio?” mi portai una mano davanti la bocca spalancata e cominciai a tremare.

La donna pianse più forte ripetendo continuamente “mi dispiace”.

Io rimasi lì per buona mezz’ora seduta su quel divano a piangere come non avevo mai fatto in vita mia, poi le rivolsi lo sguardo e dissi :

“Perché?”

A quella domanda la donna smise di piangere e mi squadrò il viso.

“Perché, non ho saputo nulla? Perché se né andata senza dire niente? Cos’è successo?”

La donna prese ad asciugarsi le lacrime con un fazzoletto e infine rispose.

“Brittany era malata, aveva un cancro incurabile!”

Mi gelai di colpo.

“Non ti ha detto niente, perché ti vedeva felice. Mi ha raccontato tanto di te, non voleva affezionarsi, e non voleva ferirti ma le cose sono andate diversamente e la mia cara Brittany non ha avuto il tempo per dirtelo, ma…..” esitò alzandosi in piedi e prendendo da una libreria, un libro piuttosto piccolo e me lo porse tra le mani.

“mi ha lasciato detto, di darti questo libro, lei voleva tanto che ce l’avessi tu!”

Mi si strinse il cuore a sentire quelle parole. Tornai a piangere nuovamente.

“troverai tutte le risposte in questo libro, mi ha lasciato detto di dirti questo!”

Afferrai il libro con una presa più salda e me lo rigirai tra le mani continuando a piangere.

“La ringrazio, ma ora mi deve scusare..” a quel punto mi alzai in piedi barcollando leggermente “io ora devo andare!”

La signora comprese la mia reazione e mi lasciò andare. Salutai la madre e tornai in macchina. Salii dentro e rimasi ferma in quel punto per un'altra buona mezz’ora.

Piansi. Piansi tanto. Avevo la testa poggiata sul volante e la cosa che mi tormentava, era che non avrei più rivisto la mia Brittany. Non avevo avuto nemmeno il tempo di dirle quanto l’amavo.

Stavo male. Male sia fisicamente che dentro di me.

Cercavo di ricordare l’ultima volta che la vidi al parco. Era raggiante. Avevo solo ricordo del suo sorriso e delle sue soffici labbra che bagnavano calde, le mie.

I suoi baci, erano un qualcosa di meraviglioso. La sua dolcezza era disarmante. Il suo cuore era puro, lei era delicata, fresca, bella, solare, era tutto per me.

Per un attimo mi ricomposi. Presi ad asciugarmi le lacrime rimaste sulle guance con la manica della maglia e mi apprestai ad aprire il libro.

Aprii la prima pagina della copertina, e spuntò fuori una specie di busta per le lettere. Era colorata.

La girai e riportava la scritta : X SANTANA

A quel punto l’aprii, e dentro c’era una lettera di Brittany per me. Cominciai a leggerla.

<Ciao Santana,

quando leggerai questa lettera purtroppo, non ci sarò più. Ci sono tante cose che avrei voluto dirti ma un po’ per paura e un po’ per non rovinare la felicità che c’era tra noi, non ho detto nulla. Mi dispiace. So che adesso ce l’avrai con me, perché non ho avuto il coraggio di affrontare questo argomento con te, ma non volevo metterti in mezzo a questo casino. Tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, e ti porterò sempre con me, nel mio cuore. Ogni volta che arrivava l’ora x per vederci non stavo più nella pelle. Ho trascorso dei momenti meravigliosi con te, e forse in qualcosa ho sbagliato ma non mi pento di averti nascosto la mia malattia. Non avresti comunque potuto fare niente, io ero malata, e tu, e dico solo tu, sei stata la mia unica cura. Non credevo che sarei arrivata al punto di provare certi sentimenti per una donna e soprattutto per te, ma posso dirti con certezza che ero e sono tutt’ora innamorata di te. Santana, ti amerò per sempre, e dentro di me sarai sempre presente, come spero che anche tu, ti porterai per sempre, il ricordo di me. Le giornate al parco, le cene, le uscite, tutto era perfetto e tutto era al suo posto. Non ho avuto modo di dirtelo ma tu mi hai colpito da subito, sin dal primo momento in cui i nostri sguardi si sono incrociati per la prima volta. Ogni volta che ti vedevo il mio cuore batteva talmente forte da mancarmi il respiro, e i tuoi baci, li ricorderò sempre. Non abbatterti San, la vita va avanti e devi farlo per me. Voglio che tu sia felice. Cerca di portare sempre con te il ricordo del mio sorriso e non la sofferenza. Per quanto riguarda mia figlia, so che avevate un rapporto bellissimo e lei vorrebbe continuare a vederti se te la senti. Potrei risultare ripetitiva, perché in questo momento non sono in grado di concentrarmi, ma sii forte, e mi scuso ancora per essere stata cosi misteriosa con te. Ti amo Santana, ricordatelo sempre. Purtroppo le nostre strade si sono incrociate in un momento sbagliato e il destino ha scelto per noi, ma non rimpiango nulla e rifarei tutto da capo. Inizialmente mi vedevi frenata perché non volevo coinvolgerti, poi il mio cuore mi ha detto di rischiare, e io ho voluto provare. Ti mancherò ma con il tempo capirai il mio gesto nel mentirti. Ti chiedo nuovamente scusa e spero che un giorno tu possa capire.

Ti amo

Brittany>

Finii di leggere la lettera e tornai a piangere, questa volta silenziosamente. Finalmente avevo capito realmente ciò che aveva provato Brittany e purtroppo capii che dovevo farmene una ragione. Lei era entrata nella mia vita come un uragano e ora se n’era già andata.

Il nostro destino era già stato scritto ma io non ne ero a conoscenza mentre lei si. Questo mi procurò rabbia ma alla fine mi rassegnai. Posai la lettera sul sedile del passeggero e misi in moto, diretta verso una meta sconosciuta.

Passarono alcuni giorni prima che tornai a lavoro. Dopo la notizia mi presi alcuni giorni di ferie.

Ora mi trovavo nel mio ufficio, seduta sulla mia poltrona persa a guardare l’esterno dalle vetrate del mio ufficio, Quinn entrò di colpo e si mise davanti a me ad osservarmi.

“Mi dispiace per Brittany, ho saputo!” disse la mia amica Quinn e mi paralizzai di colpo.

La fissai negli occhi stupefatta.

“Come…come lo sai?” dissi quasi spaventata.

“San…” esitò e si appoggiò delicatamente sulla scrivania. “sei mia amica e ti conosco meglio di chiunque altro, lo so che ti frequentavi con questa ragazza. Ti ho vista al parco, inizialmente mi sono chiesta cosa stessi facendo, perché non uscivi più con me, e poi alla fine ho capito e ho saputo di Brittany! Mi dispiace San, e non sai quanto!” sospirò e io feci lo stesso.

“Ti ringrazio Quinn, ma ora non riesco a parlare di lei.”

“Posso capirti! Ti chiedo scusa!”

“Vorrei restare un attimo da sola!” le chiesi gentilmente e tornai a fissare le vetrate.

“OK, va bene!” La mia amica si rimise in piedi e mi lasciò sola permettendomi di sfogare tutta la mia tristezza.

Dopo la scomparsa di Brittany, promisi a me stessa di tornare ogni giorno, alla stessa ora in cui mi vedevo con lei, a quel parco, su quella panchina. La nostra panchina.

C’erano incise le nostre iniziali. Mi ricordai il giorno in cui Britt volle incidere le nostre iniziali, come due ragazzine innamorate e io glielo lasciai fare. Sorrisi a quel ricordo, mentre toglievo le mie scarpe con il tacco, e scalza mi misi a sedere sulla panchina a gambe incrociate, come faceva lei di solito. Si respirava l’odore del suo profumo, tutto sapeva di lei in quel posto. Promisi mentalmente a Brittany, che sarei andata avanti ma non avrei mai abbandonato quel posto, perché il ricordo di lei non mi avrebbe mai lasciato.

“Ti amo!” sussurrai nell’aria con la speranza di ricevere una sua risposta, un suo segno.

A quelle parole una folata di vento attraversò il mio viso, chiusi gli occhi e per un attimo sentì come le sue labbra posarsi sulle mie. Riaprii istintivamente gli occhi e non la vidi, mi rintristii ma subito dopo sorrisi. Non l’avrei mai dimenticata e mai il mio cuore avrebbe lasciato la sua anima che dentro di me, urlava d’amore.





***



Ciao a tutti! Ecco un'altra oneshot Brittana ;) spero vi sia piaciuta e spero di leggere tante recensioni! Per qualunque domanda riferita ovviamente alle mie fanfiction potete scrivermi, sul mio profilo ask :  http://ask.fm/Snix91 oppure su Twitter :  https://twitter.com/Snix991

A presto!! ;)
  
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