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Autore: Baka_gemell    08/04/2014    3 recensioni
Percy Jackson, in una giornata di pioggia, vede una stana figura immobile sul muretto della strada.
Ignaro delle conseguenze della sua azione, e attratto da una forza a lui sconosciuta, si avvicina quel tanto che basta per guardarlo bene in volto, trovandosi inavvertitamente a fissare due occhi scuri come i profondi abissi del Tartaro.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il giovane Percy Jackson correva a perdifiato.
Si era dimenticato di nuovo di provvedere alla cena e, poiché sua madre era uscita con Paul Stoccafisso, gli toccava mangiare da solo.
Era uscito di casa con un cielo dei più limpidi che avesse mai visto in tutti i suoi quindici anni di vita, con un po’ di fortuna sarebbe tornato a casa in un batter d’occhio, pronto a godersi la cena in santa pace.
Aveva anche pregato suo padre e suo zio (giusto per essere sicuri) perché lo assistessero per tutto il tragitto.
Ma, è risaputo, i semidei e la Fortuna sono in pessimi rapporti.
Suo padre doveva essere troppo impegnato per esaudire questa sua preghiera e suo zio…beh, inutile dirlo…non era esattamente etichettabile come il tipo di parente che ti porta un sacco di regali, che ti porta a vedere la partita o che cerca semplicemente di toglierti dagli impicci.
Era invece molto più simile a un parente odiosamente potente che sembra non avere in quella sua, a quanto pare noiosissima, vita immortale altro scopo se non quello di vederti ridotto a pezzettini e triturato.
In più sembrava destino. Il suo segno zodiacale doveva aver avuto qualcosa come mezzo sistema planetario contro perché, appena uscito dal negozio, Zeus aveva deciso di tagliare le cipolle per la cena Olimpica.
Proprio quel giorno e proprio in quel momento…e voi vorreste anche dire che fu solo un caso?!
Ma come ci pensate?!
In men che non si dica, il bel cielo limpido e il sole splendente andarono a farsi benedire e il povero Percy si ritrovò praticamente zuppo da capo a piedi, correndo verso casa che si trovava a 5 km dal negozio più lontano.
Come se non bastasse, aveva pure dimenticato l’ombrello e ora si trovava a cinque chilometri dal negozio più vicino.
Beh, aveva voluto godersi una bella passeggiata…solo che il secondo diluvio universale non era stato preso minimamente in considerazione.
“Oh…andiamo!” esclamò esasperato, guardando in alto e parlando ai tizi dei piani alti “Lo so che per voi sono la più grande minaccia mai esistita, la persona che potrebbe fottere voi e il vostro regno dorato…ma questo è un colpo basso!”
Avrebbe preferito di gran lunga che avessero inviato qualche mostro a combatterlo, avendo sentito ultimamente i muscoli leggermente giù di tono, piuttosto che trovarsi in una situazione del genere.
“Papà….dai, almeno tu schierati dalla mia parte!” continuò.
Se qualcuno lo avesse visto così, avrebbe pensato che era da ricoverare d’urgenza… ma infondo è quello che dicevano tutti in tutte le innumerevoli scuole da cui era stato puntualmente espulso.
Inoltre, non sembrava esserci più nessuno da quelle parti…del resto, con un temporale simile, quale babbeo sarebbe rimasto fuori casa?
Ovviamente…questo babbeo!
Inspirò profondamente, chiamando a sé tutto il suo autocontrollo
“Zeus, per piacere. Ti darò tutto quello che vuoi in cambio…cioè non…non proprio tutto tutto…”
Quale palese risposta tuonò ancora più forte e un fulmine squarciò il cielo ora nuvoloso da far paura.
“Ehi! Diamoci un po’ una calmata tutti quanti…eh?” esclamò, ma in cuor suo si diede dello stupido, certo che farlo arrabbiare non avrebbe affatto contribuito a non farlo morire assiderato.
“Echiu!!!” starnutì violentemente, schizzando saliva in ogni dove.
Oh…fantastico! Ora ci mancava solo che mi ammalassi…e poi che succederà?!
Dopo un po’, accantonò completamente la speranza che qualcuno lassù si sarebbe preoccupato di muovere il suo divino fondoschiena in suo soccorso. Decise per tanto di continuare a correre così da tornare a casa il più in fretta possibile, anche se il danno ormai era fatto e neanche un miracolo lo avrebbe tenuto lontano dal letto l’indomani.
Procedeva a rotta di collo ormai da un’ora, quando si bloccò all’improvviso e, senza dire nulla, si limitò a fare retro front e a voltarsi verso la ringhiera che dava su una sua vecchia scuola.
Appoggiato lì, con la testa china, dandogli le spalle, stava immobile un ragazzino. A occhio e croce, sembrava avere trai dieci e i dodici anni.
Il suo primo pensiero fu:
È un mostro.
Insomma, quando sei un mezzo-sangue e, soprattutto se sei figlio di uno dei tre Pezzi Grossi, vale a dire una vera calamita per i mostri di ogni stazza, e ti vedi un ragazzino da solo, sotto la pioggia, quando in giro non c’è nessun altro a parte voi due…beh, riflettendoci, anche se fosse stato una splendida giornata di mercato traboccante di persone, nessuno se ne sarebbe accorto, per via della foschia. Comunque le antenne ti si drizzano ugualmente.
Tuttavia il pensiero che fosse un mostro fece presto a vacillare, quando osservandolo Percy percepì una strana sensazione, come se qualcosa dentro di sé aveva capito che c’era un che di vagamente familiare in quel ragazzino.
Non era un mortale, di questo era pienamente convinto. Allo stesso modo percepiva una strana energia in lui, un’energia oscura.
Forse, a dispetto di tutto, si trattava veramente di un mostro, magari che aveva già affrontato e che quindi gli sembrava familiare.
Uno in genere può dimenticare di tutto…ma difficilmente si scorda un mostro che ha tentato di ucciderti, neanche se per i semidei ciò era all’ordine del giorno.
Infatti ricordava, uno per uno, tutti i mostri e le divinità che aveva incontrato in questi ultimi tre anni.
Lo guardò a lungo, dimentico di tutto e sopratutto della pioggia che indisturbata continuava a scendere e a bagnare ogni millimetro del suo corpo infreddolito.
Gli sembrava così familiare…eppure, più si sforzava, più non riusciva a immaginare chi fosse.
Lo fissò ancora, cercando di trovare qualcosa in quelle forme del corpo, vestito pertanto di abiti mal messi e fradici, in quella posizione di tenere le spalle curve e le mani in tasca.
Sembrava…sottomesso.
Nessuno che conosceva aveva mai assunto un simile atteggiamento.
Provò ad avvicinarsi, giacché non sembrava averlo notato.
“O mi sta ignorando.”
Mosso anche dalla preoccupazione di vedere effettivamente un ragazzino immobile, sotto la pioggia battente, si avvicinò fino a essere a pochi centimetri da lui.
Dopo una breve esitazione, portato da non sapeva cosa ad agire con cautela con quel bambino, gli posò una mano sulla spalla, sentendolo suo malgrado sussultare, come se il semplice contato umano bastasse provocare in lui una bolgia di emozioni tra loro troppo diverse.
Poi nient’altro; rimase immobile, continuando a dargli le spalle, finché Percy spazientito non lo fece voltare, salvo poi trasalire nel trovarsi a fissare un paio di occhi più scuri degli abissi del Tartaro.
Solo ora, bruscamente, l’idea di chi effettivamente stava dinanzi a lui.
Dentro di sé, sapeva che non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi, scuri ma dotati di una luce intensa, che lo facevano sembrare un genio o un pazzo.
I suoi capelli neri come la pece completamente bagnati e appiccicati al viso, prima dalla carnagione olivastra, ora invece mortalmente pallido, quasi albino.
Fino all’ultimo cercò disperatamente di negare l’innegabile, rifiutandosi di considerare che il bambino allegro e sorridente dei suoi ricordi, quello che giocava a quel gioco comprensibile solo a lui, e quel ragazzino notevolmente troppo cresciuto, con quel atteggiamento da zombie, che ora lo fissava senza davvero vederlo, fossero in realtà la stessa persona.
“Nico…” Sussurrò e si sentì un verme, e una fitta lo colpì al petto mozzandogli il respiro. In fondo sapeva che era tutta colpa sua se Nico si era ridotto in quello stato.
Ma non poté aggiungere altro a questo proposito, né ad altri, che il triste figlio della Morte crollò letteralmente tra le sue braccia che prontamente lo sorressero, evitandogli così di cadere a terra.
Percy aveva avuto i riflessi pronti, sviluppati dalle innumerevoli battaglie e, appena aveva notato Nico sporgersi troppo verso di lui, lo aveva afferrato e poi si era lentamente buttato in ginocchio.
Prendendolo per le spalle e gettandogli la testa indietro, si rese conto che stava tremando visibilmente, quindi lo tenne stretto a sé, contro il proprio petto, per una manciata di secondi poi, presa un po’ di forza, che la sorpresa aveva notevolmente attenuato, rendendogli impossibile sorreggere il peso morto di Nico, si alzò sollevando anche l’amico e continuando a camminare verso casa.
Intanto, Nico rimaneva privo di sensi e tremava come una foglia.
Percy era certo che avesse la febbre altissima…e l’immagine di lui da solo, appoggiato a quella ringhiera, lo fece rabbrividire.
Si chiese, con una stretta al cuore, quanto tempo avesse passato sotto la pioggia.
E sopratutto, qui la morsa si intensificò diventando quasi insopportabile, perché Nico si trovava immobile in quella posizione a prendersi l’acqua e il freddo, nonostante la sua salute fosse sempre stata piuttosto cagionevole, come ricordava una volta gli aveva detto Bianca.
Cosa diamine gli era saltato in mente? Voleva ammalarsi seriamente?
Trasalì, mente un’oscura possibile spiegazione a quel comportamento si faceva spazio nella sua mente, nonostante ogni tentativo di respingerla da parte del figlio di Poseidone.
E se Nico avesse voluto seriamente…?
S’impose comunque di non permettere neanche a una evenienza così tremenda di prendere forma, concentrandosi solo sul tornare a casa nel minor tempo possibile.
Nico intanto sembrava essere in preda a brividi sempre più violenti, se non fosse stato normale per un figlio di Ade, il ragazzo rischiava di far morire di ipotermia chiunque lo toccasse e invece ora sembrava andare a fuoco.
Questo fatto lo fece preoccupare oltre ogni immaginazione e lo spinse a correre più  veloce.
  
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