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Autore: Shadow Eyes    08/04/2014    3 recensioni
[...] Rabbrividì, tentando di pensare positivo. Sì, era bloccato in una caverna di qualche tipo e sì, l’unico aiuto che aveva era quello di Testa Bruta ma, per fortuna, avrebbe dovuto avere a che fare solo con una testa dei gemelli e non entrambe.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Testa Bruta
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Calore




“L'amicizia è una cosa strana:
non si può stabilire da che cosa nasce,
ma quando c'è la si sente.”

- Nancy Hartwell





Esistevano tante cose spiacevoli al mondo e Hiccup lo sapeva bene: essere deriso dai propri coetanei, tagliarsi i polpastrelli con un foglio di carta, non essere mai considerato all’altezza della situazione, ascoltare i gemelli esporre astruse congetture su come la tua gamba ti sia caduta via spontaneamente e al suo posto ci sia cresciuta una protesi sferragliante… O, in generale, essere Hiccup Horrendus Haddock III per la maggior parte della giornata.
«Oh, Thor, dammi la forza.»
Tentò di sollevarsi, ma i muscoli cedettero ad una fitta di dolore e si ritrovò ancora una volta seduto su un soffice cumulo neve. Ora avrebbe dovuto ricordarsi di aggiungere alla lista anche: “Precipitare in un antro buio e gelido, schiantandosi su ogni sporgenza esistente”.
«Bene. Sei in trappola ma niente panico. Pensa.», mormorò fra i denti, stringendosi le tempie fra le mani. «Pensa.»
«Cosa? Pensare adesso? Dopo pranzo?»
«Ritornare in cima da qui necessiterebbe muscoli e conoscenze che non ho, quindi…»
«Be’, forse tu no. Ma io sì.»
«… Ci dev’essere sicuramente un modo per uscire da qui che non preveda l’arrampicarsi a mani nude su una parete gelata.»
«Oh. Effettivamente c’è.»
«Potesti fare silenzio, per favore? Così non riesco a concentrarmi!»
«Tsk, come ti pare. Sei tu il capo.»
«Grazi—» Con una torsione del collo talmente rapida da stirargli mezza muscolatura, Hiccup si voltò alla sua sinistra con gli occhi sgranati. «… Testa Bruta?»
«Ah-ha. Chi ti aspettavi, Fungus?»
«Cos… Cos’è successo? Dove sono gli altri?»
Un’ombra scura velò gli occhi azzurri della ragazza. «Mi dispiace, Hiccup. Non ce l’hanno fatta.»
Fu come sprofondare ancora una volta nella neve fresca, nulla sotto i piedi a parte l’aria tagliente dell’inverno. Hiccup guardò smarrito la sua compagna d’avventure, sentendo il cuore battergli in gola.
«Nah, ti stavo prendendo in giro.», tagliò corto lei, con un gesto di noncuranza. «Saranno andati a cercare aiuto. Qui sotto ci siamo finiti solo noi due.»
Sotto il sorriso sghembo della gemella, Hiccup sentì il proprio corpo disarticolarsi e ricadere su se stesso come se fosse stato una bambola di pezza. No, non sarebbe mai riuscito ad abituarsi al quel tipo di umorismo; un colpo di clava dritto sul groppone sarebbe stato preferibile in qualsiasi momento. E l’effetto sarebbe stato più o meno lo stesso.
Rabbrividì, tentando di pensare positivo. Sì, era bloccato in una caverna di qualche tipo e sì, l’unico aiuto che aveva era quello di Testa Bruta ma, per fortuna, avrebbe dovuto avere a che fare solo con una testa dei gemelli e non entrambe. «Dov’eri?», biascicò massaggiandosi la fronte.
La giovane vichinga scrollò le spalle, fissandolo con indolenza. «Ho esplorato la grotta. Qui la parete è troppo liscia; è impossibile risalire.»
«Ah… Ottimo.»
«Tu hai sbattuto la testa mentre cadevamo e sei svenuto. Credo. Gambe di Pesce forse avrebbe potuto capirne qualcosa. A me sembrava piuttosto grave, eri pallido come un cadavere! … Ho pensato che saresti morto. Prima o poi. Il che sarebbe stato davvero forte da vedere, non fraintendermi!»
«Non avevo dubbi.»
«Ma se così fosse stato, avrei dovuto trascinare fino al villaggio il tuo corpo per il funerale, in mezzo a tutta quella neve e a piedi…»
«Il che è male.»
«Non dirlo a me, sarebbe stato uno strazio! Così ho preferito cercare un’uscita per trovare qualcuno che potesse rattopparti… O che potesse trascinarti al posto mio, in caso avessi steso i piedi.»
«Gentile da parte tua, non so come trattenere le lacrime. Davvero.», farfugliò distrattamente Hiccup, ispezionandosi il capo con cautela. Quando urtò con le dita un grosso bernoccolo nascosto fra i capelli, riuscì a stento a trattenere un gemito di dolore. Si portò le mani di fronte al viso, osservandole con attenzione. «Niente sangue… Be’, è già qualcosa.»
Capelli. La sua visuale fu interamente ricoperta da capelli: tanti, biondi e tutti intrecciati. Testa Bruta si era chinata su di lui ed aveva afferrato qualcosa di malagrazia dal suo petto, facendogli arrivare una subitanea ondata d’aria gelida sullo stomaco: era il suo gilet. La ragazza lo indossò e spostò lo sguardo su di lui, storcendo le labbra.
«Andiamo?»
«Dove?»
«Oh, per Thor l’Onnipotente… La botta in testa deve averti proprio rimbecillito.», commentò Testa Bruta, inginocchiandosi di fronte a lui. «Quante dita sono queste?», domandò, scandendo con estrema lentezza ogni parola.
Hiccup roteò gli occhi, abbassandole la mano. «Quattro.»
La ragazza contò con aria assorta le dita sollevate. «Wow, non l’avrei mai detto!»
«A volte mi chiedo perché continuo a rispondere alle tue domande.»
Hiccup riprovò ad alzarsi appoggiandosi all’algida parete alle sue spalle. Perse la presa immediatamente, scivolando a terra con un tonfo. «Grandioso. Semplicemente… Grandioso.»
Prima che potesse sospirare via tutto lo sconforto che gli aveva appena invaso il petto, Testa Bruta lo sollevò senza fare tanti complimenti, sostenendolo saldamente finché i suoi piedi non si adattarono al terreno scivoloso.
«Ti reggi sulle tue gambe o no? L’uscita è a mezz’ora da qui.»
Hiccup poggiò con cautela la protesi metallica a terra, slittando di lato.
«… Facciamo un’ora.»
Arrossendo fino alla punta delle orecchie, guardò la gemella mortificato, non sapendo cosa dire. Si era quasi dimenticato della piacevole sensazione che si provava quando si era una zavorra per gli altri.
Lei si limitò a spintonarlo in avanti, avviandosi fra le volute ghiacciate della caverna.

«Non credevo che mi si potessero congelare i pensieri.»
Contemplando il condensarsi sinuoso del proprio respiro, Hiccup si portò le mani vicino alle labbra, alitandoci sopra in un blando tentativo di riscaldarle.
I due stavano arrancando tra le stalagmiti da ormai venti minuti; la bellezza di quel luogo silente e scintillante era mozzafiato. Tolto l’aspetto di trappola mortale, ecco.
Non avevano parlato molto: Hiccup era troppo concentrato a non scivolare a destra e a manca ogni due passi e Testa Bruta… Be’, lei non era mai stata molto incline alle chiacchierate. Per lo meno non a quelle civili.
«Ti capisco. Ho già provato questa sensazione. Più o meno. L’ha provata Testa di Tufo quindi, visto che siamo gemelli, è come se l’avessi provata anch’io.»
Hiccup la guardò di sottecchi: il fatto che per una volta non avesse risposto con un grugnito indecifrabile o una semplice alzata di spalle era piuttosto incoraggiante o, almeno, questo era quello che gli piaceva credere. In realtà non era ancora riuscito a comprendere come lavorasse la mente dei gemelli – ed era più che certo di non volersi immergere in quell’abisso per svelarne i misteri. Era costretto ad ammettere, tuttavia, che gli avevano dimostrato, in più occasioni, di essere in grado di proporgli trovate alle volte geniali, in quell’imprevedibile e disorganizzato modo tutto loro.
«Ho paura di chiederti come…», finì per mormorare a Testa Bruta, ancora preso dal filo di quel ragionamento. Si morse lingua non appena si rese conto di averlo fatto.
«Una volta ho convinto mio fratello a fare una gara di nuoto nel mare quasi ghiacciato.»
«Sul serio?»
«Certo.», confermò lei, scoccandogli un’occhiata carica d'incredulità. «Tu non l’hai mai fatto?»
«No.»
«Ah, già. Ecco perché io e il resto dei ragazzi ti evitavamo.»
«Sì, be’, grazie per avermelo ricordato…»
«Comunque sia, potrei anche avergli detto di partire per primo e, che gareggiare nudo, gli avrebbe conferito una maggiore velocità. Soprattutto quando ci sarebbe toccato correre fino a casa bagnati fradici. Avessi visto com’era ridotto al ritorno: blu come la notte e rigido come una statua! Abbiamo riso per settimane!»
Seguendo l’eco della risata di Testa Bruta, i due proseguirono finché non calò nuovamente il silenzio. A parte qualche rallentamento dovuto alle condizioni di Hiccup, stavano riuscendo a tenere un buon passo. Eppure, si ritrovò a pensare il figlio di Stoick l’Immenso, la giornata era incominciata come una qualsiasi altra! Be’, come una qualsiasi altra giornata a Berk: lui e la squadra erano stati inviati su una collina innevata, con l’obiettivo di trovare quante più erbe medicinali possibili, per aiutare la saggia Gothi a preparare le scorte d'impacchi e intrugli curativi per l’inverno. Il problema principale era stato trovare il luogo in cui crescevano: a quanto pareva, purtroppo, una parte di queste piantine nasceva solo ad una discreta altitudine e fioriva alle porte dell’inverno… Il che era un po’ come dire che cresceva solo nella torre più alta di quel castello lontano, lontano, custodito da un’enorme drago; non credi sia possibile finché non ti ritrovi le sopracciglia in fiamme.
Così, armati di tracolle e bisacce, erano partiti di buona lena, sparpagliandosi su varie colline e alture, pregando di portare a termine l’incarico prima del calar del sole. A metà giornata Hiccup aveva sentito un grido, seguito da una sequela ammirevolmente creativa di insulti. Non aveva avuto nemmeno bisogno di voltarsi a guardare: sapeva benissimo che i gemelli Thorston stavano litigando. Di nuovo. Mordicchiandosi il labbro inferiore invocando pazienza, aveva deciso di ignorarli e questo, ironicamente, era stato il suo più grande errore: qualche istante dopo, infatti, era stato travolto da una piccola valanga. Senza riuscire a trovare alcun appiglio, aveva rotolato per diversi metri, finché non aveva sentito il proprio sedere incastrarsi e sprofondare. Ricordava di essere stato colpito da qualcosa e di essere precipitato in un tunnel lungo e claustrofobico e poi…
Hiccup si sfiorò tristemente il bernoccolo con le dita intirizzite.
Concentrati, Hiccup! Un posto caldo, un posto caldo…
Berk e i suoi inverni rigidi evaporarono immediatamente dai suoi pensieri, che migrarono tra le onde del mare, lontano, nel vento caldo del sud.
«… cup?»
Immaginò un cielo azzurro, terso, sfiorato da lui e Sdentato, baciati dai raggi del sole. Un sole brillante, che lambiva con le sue lingue infuocate l’oro dell’orizzonte. Un sole che sapeva di avventura, di scoperta, che lo scaldava e gli faceva sembrare di poter stringere tra le mani il mondo intero. Il sole degli occhi di Astrid.
«Hiccup?»
«Oh?»
«Stai pensando ad Astrid, vero?»
Le parole di Testa Bruta lo raggiunsero come uno schiaffo in pieno volto, spazzando via quella piccola nuvoletta felice sulla quale stava fantasticando. Avvampò, sentendo le guance imporporarsi contro la sua volontà. «C-Cosa? No! Ma come ti viene in mente, io non…!»
Non voltarti.
«Come no. Guardami negli occhi e ripetilo.»
Qualunque cosa tu decida di fare, non voltarti.
Da che mondo è mondo, le ragazze hanno sempre avuto questo dono: se crei un contatto visivo con loro, sei fregato. Basta una piccola sbirciatina e la verità…
Non voltarti. Non voltarti. Non voltart…
«D’accordoconfessostavopensandoadAstrid.»
Bel lavoro. Davvero bel lavoro, si congratulò tra sé, battendosi una mano sulla tempia.
«Heh, lo sapevo. Fai sempre quell’espressione stupida quando la guardi… Ѐ la stessa che hai adesso.»
Lo punzecchiò ancora Testa Bruta, non ottenendo alcuna risposta, poiché il giovane era estremamente concentrato ad escogitare un sistema per nascondere la propria testa sottoterra.
«Fa meno freddo, adesso, eh?»
La gemella lo sorpassò sghignazzando.

Esistevano tante cose spiacevoli al mondo e la lista di Hiccup si stava allungando di minuto in minuto.
«Mmh, questa prima non c’era.»
Hiccup guardò l’enorme ammasso di neve che bloccava l’entrata della grotta, troppo stanco per potersene dispiacere. Si strinse il ponte del naso. «Non ci resta che aspettare che ci crescano un paio d’ali. O il disgelo. Fra un paio di mesi.», dichiarò, lasciandosi cadere a terra.
Non riusciva a decidere se dedicare le proprie attenzioni al mal di testa che gli stava smantellando il cranio, agli arti scricchiolanti o al fatto che, se non fosse riuscito a uscire da lì, sarebbe ben presto morto congelato e probabilmente Testa Bruta gli avrebbe dato fuoco per tenersi al caldo. O per puro divertimento.
«Potrei scavare una galleria!», esclamò la ragazza, battendo il pugno nel palmo della mano.
«No, aspetta! Non è una buona ide… Oh, no.»
Prima che Hiccup potesse accennarle che la neve fosse troppo morbida per poter reggere un tunnel, lei aveva già affondato le braccia nella coltre candida, gettandosene un’enorme quantità alle spalle. Al giovane bastò battere le ciglia una sola volta, per ritrovarsi Testa Bruta quasi interamente sepolta davanti a sé.
«… Tanto non mi avrebbe ascoltato lo stesso.»
Si portò di fronte alle gambe recalcitranti della gemella, tentando di afferrarle e ci riuscì, ma solo dopo essere stato centrato in pieno mento da un calcio. Con un grugnito, le tirò con quanta forza aveva in corpo, finché non riuscì ad estrarla da quella piccola frana.
«Whoa, pensavo sarei morta!», fiatò Testa Bruta con sguardo delirante, afferrandolo. «Rifacciamolo!»
«Non che abbia di meglio da fare in questo momento ma… No, grazie.», replicò il malconcio vichingo, allontanandola con educata fermezza per poter saggiare l’entità del danno subìto.
«Sai qual è il tuo problema, Hiccup? Sei troppo…»
Testa Bruta fece un ampio ed eloquente gesto in sua direzione con la mano.
«Stai indicando tutto me?», le chiese lui, non riuscendo a decidere se fosse divertito o indispettito da quel cenno, «… Te l’ha insegnato mio padre, per caso?»
La ragazza ricambiò la sua perplessità inarcando un sopracciglio sottile.
«Lasciamo perdere. Piuttosto, troviamo un modo per andarcene da qui… Sempre che ne esista uno
«Ricevuto!»
Si separarono, sedendosi in parti opposte della caverna.
Una vita d’uscita, una via d’uscitaVediamo. Cosa possiamo fare?
Una quiete apparente calò in quel luogo polare, intervallata ritmicamente dai tonfi dei sassi che Testa Bruta aveva preso a lanciare contro le stalattiti che pendevano attorno a lei.
Dopo qualche minuto, Hiccup riemerse dallo stato di profonda meditazione nel quale si era calato, guardandosi attorno.
«… Bruta?»
Non c’era traccia della ragazza in nessuna parte della caverna.
Ci mancava anche questa…
«Testa Bruta!», urlò, «Riesci a sentirmi?»
«Che c’è?»
Il riverbero della voce roca della giovane lo raggiunse lungo la volta traslucida di quella spelonca solitaria, facendogli sciogliere la tensione che aveva già cominciato ad accumularglisi nelle tempie.
«Dove— Anzi, no. Non voglio davvero saperlo.», borbottò, poggiando la testa bollente contro la parete di ghiaccio. «Qualche idea?»
«Perché, dovevo davvero pensarne una anch’io?»
«… Come non detto.»
Hiccup si passò una mano tra i capelli, non riuscendo più a collegare coerentemente i propri pensieri. Attese frustrato il ritorno della propria compagna, poggiando la fronte sulle ginocchia e cercando di recuperare un po’ di autocontrollo.
Quando sollevò il capo, Testa Bruta era di nuovo seduta a qualche passo da lui e stava giocherellando con qualcosa che non ebbe davvero voglia di distinguere. Seguì i suoi movimenti, lasciandosi ipnotizzare dai riflessi aguzzi dell’oggetto che stingeva tra le dita.
«Bella, vero?»
Hiccup si riscosse dal torpore e si tirò su, pulendosi meccanicamente i calzoni. Raggiunse la ragazza, fermandosi di fronte a lei.
«Di’ un po’…»
«Mh?»
«Quella è una spada.»
«Ah-ha.»
«La manifattura… Non mi sembra di averla mai vista prima. È piena di ruggine.»
«Mh-hm.»
«Potresti… Dirmi dove l’hai presa?»
«Non ci crederai mai:», cominciò Testa Bruta, sprizzando un entusiasmo a dir poco malsano da ogni poro, «mi scappava… Ma questa volta non avevo voglia di farla nell’elmo. Diventa troppo appiccicoso e mi dà fastidio.»
Hiccup chiuse gli occhi con estremo cordoglio di fronte a quella dolorosa immagine.
«… Così ho deciso di cercare un posto in cui potermi liberare e sono andata da quella parte. Mentre ero accovacciata…»
«Ti prego, ti scongiuro. Salta alla parte in cui hai trovato la spada.»
«… Impaziente di trovarne una anche per te, eh?», commentò maliziosamente Testa Bruta. «Mi dispiace dirti che c’era solo questa. Dov’ero rimasta? Ah: ho visto sporgere qualcosa di fronte a me, così mi sono arrampicata per andare a controllare e indovina?»
«Spero solo non riguardi ancora i tuoi bisogni.»
«Ho trovato questa!», disse con orgoglio lei, ignorandolo e facendogli vedere meglio la spada. «E questa!»
Sentendosi improvvisamente sfiorare l’orecchio da qualcosa di viscido, Hiccup balzò all’indietro, cadendo rovinosamente a terra. Testa Bruta scoppiò a ridere, agitando i resti di un braccio nella sua direzione.
«Uno scheletro? Qui?»
«Be’… Non mi sembra poi così strano. Moriremo anche noi se non troviamo un’uscita.»
Assorbendo quelle parole tanto schiette quanto incuranti, le labbra pallide di Hiccup si strinsero fino a diventare una linea sottile. «Potresti farmi vedere dove hai trovato queste cose?»
«Non ti facevo così testardo. Te l’ho detto: non ci sono altre spade.»
«Oh, sì, ed è un vero peccato. Ma io stavo pensando più a qualcosa come una mappa o qualsiasi cosa possa aiutarci a… Non so, vale la pena di controllare.»
«Oooh, geniale. Ecco perché ora sei tu il capo.»
«Già. Già…»
Testa Bruta lo guidò fino ad indicargli una sopraelevazione nel ghiaccio, dalla quale li stava allegramente osservando un teschio appollaiato su un mucchio d’ossa disarticolate. A giudicare dalle condizioni logore e sudice delle vesti che pendevano tutto attorno, quel povero disgraziato era lassù da molto tempo.
«Ha un sorriso simpatico.»
«Vero? Credo che lo chiamerò Hubert.»
Hiccup sorrise suo malgrado. Perché no? Poteva essere anche Hubert. “Hubert il Dinoccolato”: suonava bene. Non se ne sarebbe comunque lamentato, visto lo stato di diversamente vivo.
Si schiarì la voce, attirando l’attenzione di Testa Bruta: «Quando sei salita da Hubert, hai fatto caso a cosa ci fosse nei dintorni? Se, per caso, arrivasse qualche rumore dall’esterno? O ci fosse, che so, un qualsivoglia tipo di passaggio che possa farci – anche solo lontanamente – sperare di potercene andare da qui? … A questo punto mi accontenterei anche di una pergamena piena d’indovinelli.»
«Mh.», mugugnò lei, prendendosi un po’ di tempo per elaborare quel fiume in piena di parole. «Sì, effettivamente ho sentito una forte corrente d’aria, quando sono arrivata in cima. Perché?»
«Perché, in questo momento, ci troviamo di fronte ad un’apertura che probabilmente è collegata con l’esterno.»
«E…?»
«… E potrebbe essere la nostra via d’uscita.»
«Oooh. Forte.»
«Esatto.» Hiccup annuì lentamente, mordicchiandosi l’interno delle guance. «Pensi che potresti…?»
«Mh? Oh! Certo!»
Senza bruciare altro tempo, Testa Bruta scalò nuovamente la parete con un’agilità che Hiccup non poté che invidiare. Quando la vide sparire oltre la cima, poggiò una mano sulla lastra lucida e spigolosa che aveva di fronte, chiedendosi se anche lui fosse in grado di fare una cosa del genere. Tentò di issarsi su esattamente come aveva visto fare lei ma, a pochi centimetri dal terreno, le dita, irrigidite dal freddo, si staccarono dallo spuntone sul quale le aveva poggiate. Un sonoro schianto di schiena non si fece attendere.
«Pessima idea.»
Hubert lo osservò dall’alto della sua nicchia, la mascella penzoloni. Sembrava estremamente divertito.
«Oh, non ti ci mettere anche tu.»
«Di nuovo?» Il volto sottile di Testa Bruta comparve dall’apertura. «Non pensavo che avrei mai potuto dirlo a qualcuno, ma stai messo peggio di mio fratello
«Allora, possiamo uscire da lì?», sbottò Hiccup, tentando disperatamente di cambiare argomento e di sollevarsi da terra, conservando quel po’ di dignità che gli era rimasta.
«Sì. O, perlomeno, io posso.», fu la solare risposta della ragazza.
«Ah. Ah. Divertente. Davvero.», balbettò preso in contropiede, sospirando profondamente per l’ennesima volta in poche ore.
Un rumore ovattato gli annunciò l’atterraggio della sua compagna di disavventure al suo fianco.
«Non riesci nemmeno ad arrampicarti per qualche metro e hai il coraggio di farti chiamare: “Il Domatore di Draghi”?»
«Non mi faccio chiamare “Il Domatore di Draghi”.», protestò Hiccup. «E… Ehm, cosa stai facendo?»
Osservò Testa Bruta, di spalle, inginocchiarsi davanti a lui.
«Ti porto su, genio.»
«Cosa? Stai scherzando, vero? No. No, è fuori discussione. Hai idea di cosa potrebbe succedere se…?»
«Se c’è una cosa che io e mio fratello sappiamo fare bene è non pensare. Mai. A niente.», lo interruppe sdegnosamente la gemella, scuotendo il capo davanti a tutta quell’inconcepibile razionalità. «Noi agiamo e basta. Combattiamo il fuoco con il fuoco, ricordi?»
Hiccup tacque, imbarazzato. Non poteva permettere che si facessero del male con un’avventatezza del genere; tuttavia, rimanere fermi lì ad aspettare i soccorsi sarebbe stato comunque un rischio.
Prese a tormentarsi le mani: erano esangui e irrigidite dalla bassa temperatura. Abbassò lo sguardo su Testa Bruta, notando che tra i suoi capelli biondi si erano formati numerosi cristalli di ghiaccio.
«Hai ragione.», disse infine.
«Sul serio?!», esclamò la vichinga. «Ehm, volevo dire: ovviamente ho ragione. Su cosa?»
«Non è questo il momento di perdere tempo con i “se” e i “ma”: rischiamo di assiderare, se restiamo qui.»
Tendendo le mani verso di lei e ritraendole subito dopo, Hiccup trasse un profondo respiro. Istinto o ragione?
Forse le sue ossa non l’avrebbero ringraziato dopo, ma passò timidamente le braccia attorno dal collo di Testa Bruta, stringendosi a lei anche con le gambe. La ragazza si sollevò da terra come se non avesse avuto alcun peso sulle spalle.
Per quanto balzana e contraddittoria fosse a volte, Hiccup sapeva che in questo caso sarebbe potuto dipendere completamente da lei. La sua natura riflessiva, per una volta, avrebbe dovuto sapersi mettere da parte.
«Reggiti.»
La giovane riprese ad arrampicarsi, muovendosi rapidamente come un ragno. Hiccup cercò di tenersi il più saldamente possibile senza intralciarla, tremando ogniqualvolta captava con le orecchie lo schiocco di una nuova crepa aprirsi sotto di loro.
Un rivolo rosso scivolò lentamente verso il basso, distogliendo la sua attenzione dalla paura.
Cosa…?
Lasciò scorrere gli occhi sulla parete, notando delle macchie vermiglie in ogni punto in cui Testa Bruta aveva appoggiato le mani. Lo stomaco gli sprofondò; i gemelli Thorston avevano un modo tutto loro, completamente involontario, di farlo sentire in colpa.
Impossibilitato a intervenire in quel momento, Hiccup non poté che continuare a seguire i movimenti delle dita della ragazza, sentendo un doloroso nodo alla gola davanti al loro livore.
«Ci siamo!»
Issandosi su con una leggerezza che aveva dell’incredibile, Testa Bruta lo fece scendere, guardandolo con estrema soddisfazione. Il figlio di Stoik si ritrovò a rivolgerle un sorriso impacciato, prima di chinare uno sguardo carico d’apprensione su quelle mani sporche di sangue. Possibile che non avesse sentito alcun dolore? Certo che era una ragazza eccezionale… A modo suo.
«Testa Bruta, le tue mani…»
Lei le osservò affascinata, come se le vedesse per la prima volta. «Per il martello di Thor! Pensi che dovranno amputarmele?»
«Cos…? No! Nessuno amputerà niente!», esclamò Hiccup con veemenza.
«Oh.», mormorò Testa Bruta, delusa. «Peccato.»
«… Bruta?»
«Cosa?»
L’espressione seria dell’amico le fece ammorbidire i lineamenti. Tacque, in attesa.
«Grazie. Per l’aiuto. E tutto il resto. Non sarei qui, senza di te.»
Testa Bruta assottigliò lo sguardo, come se stesse cercando di leggere fra le righe di quel suo ringraziamento. Con le labbra premute in una linea, mosse gli occhi azzurri nei suoi e, dopo averlo scrutato a lungo in silenzio, parve finalmente decidere che non ci fossero sottointesi negativi e annuì.
«Oh, guarda, mi è rimasto qualcosa incastrato nel taglio!»
Felice come non mai, la vichinga fece per strappare via qualunque cosa avesse conficcata nel dito ma, con un mirabile scatto in avanti dettato dal puro terrore, Hiccup le afferrò i polsi, bloccandola. Non era un esperto guaritore, questo era poco ma sicuro, ma di certo non aveva intenzione di assistere allo scempio che avrebbe creato lei se l’avesse lasciata fare: non voleva un peso del genere sulla coscienza.
«Ci penso io, va bene?», pigolò con un’increspatura di panico nella voce.
«E dov’è il divertimento, così?»
«Mmh, vediamo… Nell’avere le mani ancora integre, magari?»
Un’occhiata annoiata fu l’unica reazione che ottenne.
«Rifletti: senza mani, come farai a malmenare tuo fratello?», tentò ancora lui, lasciandole lentamente andare i polsi.
«Cavolo… A questo non ci avevo pensato.»
Hiccup frugò nella borsa, estraendone un sacchetto e un piccolo panno. «Dopotutto è a causa di questi impacchi se siamo finiti in questo guaio. Vediamo di sfruttarne le qualità al massimo.»
Testa Bruta assistette, con occhi meravigliati da bambina, a ogni suo singolo spostamento. Lo guardò pulire meticolosamente i piccoli tagli che le costellavano i polpastrelli e lo seguì mentre ci spalmava sopra l’impiastro che gli aveva fornito Gothi per i casi d’emergenza. Hiccup non avrebbe saputo spiegarne bene il motivo ma, in quel momento, qualcosa nella sua testa si mosse, facendogli intuire che, tutta quell’attenzione, probabilmente derivava dal fatto che quel tipo di premure non le fossero affatto familiari.
Ritornando in sé, si focalizzò sulle dita dell’amica, notando che avevano preso ad arrossarsi e a tremare sotto il suo tocco. «Brucia?»
«Come un incendio.», annuì la ragazza, «Continua!»
Stranamente, il giovane si sentì contagiato da quell’entusiasmo fuori luogo e terminò solerte la medicazione, avvolgendole le mani con delle bende, cercando di non costringergliele troppo.
«Ecco fatto! Non sarà il massimo ma sono certo che, quando saremo tornati al villaggio, Gothi saprà come rimettertele in sesto.»
«Credi che me la lascerà qualche cicatrice, per ricordo?»
«Be’, se glielo chiedi con gentilezza…» Hiccup scrollò le spalle. «Può darsi?»
«Evvai!»
«Stavo scherzan— Ah, lasciamo perdere. Sarà meglio avviarsi.»
Dopo aver salutato Hubert ed avergli restituito il braccio e la spada, i due s’incamminarono lungo un piccolo corridoio che andava rimpicciolendosi man mano che avanzavano. Non appena scorsero l’accecante paesaggio invernale di Berk stagliarsi in lontananza, accelerarono il passo, raggiungendo in men che non si dica il varco che collegava la caverna con le colline.
«Non per fare il guasta feste ma…»
Hiccup si sporse sullo strapiombo sotto i suoi piedi, una lieve vertigine ad offuscargli la vista. Non c’erano appigli di nessun tipo; solo metri e metri di dislivello che correvano verso il manto bianco sottostante.
«Non trovi sia un po’ sopraelevata, come via d’uscita?»
«Stai facendo il guastafeste.»
«Scusa.»
Infreddoliti fino alle midolla, i due si misero a sedere sull’orlo di quel precipizio con un sospiro, lasciando che l’aria tagliente lambisse i loro visi stravolti, accarezzandogli in una spirale gelida la spina dorsale.
«Sai, credo che Hubert sapesse che sarebbe andata a finire così. Per questo rideva così tanto quando ce ne siamo andati.», provò a scherzare Hiccup, ammiccando alle proprie spalle.
«Mh.»
Si voltò verso Testa Bruta, constatando, con sorpresa, che aveva un’espressione notevolmente cupa e severa.
«Devo dirti una cosa.»
«Non dirmi che ti scappa di nuovo, ti prego.», la precedette, scuotendo il capo. «Non ho ancora capito perché tu e tuo fratello sentite il bisogno di dirmi queste cose.»
Lei tacque, imbronciandosi ancora di più; lo sguardo perso sulla fasciatura attorno alle sue mani.
«Grazie.»
«Oh.»
Per un attimo, ci fu solo silenzio.
«Ma non azzardarti a dire a nessuno quello che ti ho detto, o giuro che ti troverò e ti darò fuoco con queste mani!», scattò improvvisamente Testa Bruta, sollevando le suddette armi letali, ora goffe e decisamente poco minacciose.
«Non sarebbe la prima volta ma, grazie, Thor! Siamo finalmente tornati alla normalità!», esclamò teatralmente Hiccup, strappandole un sorriso.
Non seppero quanto tempo trascorsero lì, a scrutare l’orizzonte innevato ma, quando sentirono l’inconfondibile richiamo di Tempestosa nell’aria, seguito dalla voce di Astrid, non ebbe più alcuna importanza.
«Che ti dicevo?» Testa Bruta colpì Hiccup al braccio, estatica. «Sapevo che ci avrebbero trovato!»
I due urlarono a squarciagola, richiamando l’attenzione dei compagni su di loro sbracciandosi e saltando. Rispondendo ai loro segnali, Astid e Gambe di Pesce virarono, avvicinandosi con cautela alla sporgenza.
«Non ci posso credere ma cos’è successo?», domandò Gambe di Pesce mentre Muscolone lasciava pazientemente che Testa Bruta si accomodasse sulla sua schiena.
Hiccup non riuscì proprio a sentire la risposta della gemella: era troppo perso nel calore del sole che gli stava risplendendo davanti agli occhi. Il suo sole.
S’inerpicò sul dorso dell’Uncinato Mortale, sentendo la vita di quella maestosa creatura pulsare prepotentemente sotto quelle squame di zaffiro.
«Siete due stracci. Che cosa avete combinato laggiù?», gli chiese Astrid, spronando Tempestosa a partire alla volta del villaggio il più rapidamente possibile.
«Vuoi davvero saperlo?», le rispose Hiccup, controvento.
«Mh… No, credo proprio di no.»
Non era mai stato così contento di fare ritorno a casa.










.:~*~:.

*alza le mani in segno di resa* VI PREGOH, NON SPARATE!! HO TRE MOGLI E SEI FIGLI!!
...
No, seriamente, il tema di questa storia non è il crack shipping più selvaggio (c’è un po’ di Hiccstrid, perché mi sembrava il minimo) ma... lamicizia. *fa comparire un arcobaleno tra le mani*
No, perché sono reduce da ben quaranta puntate, dico, quaranta puntate, tra: “DRAGONS: I Cavalieri di Berk” e “DRAGONS: I Paladini di Berk”, nelle quali vengono approfonditi i rapporti di tutto il cast protagonista con Hiccup. Tutto il cast, tranne Testa Bruta. Ovviamente. No, è arrivato il momento di dire basta: donne è arrivato l’arrotino, perché non ci sono più le mezze stagioni! ... E più o meno è stato questo il ragionamento che mi ha portata a scrivere questa fanfiction. XD
Se devo dare il contesto in cui è ambientata... Sicuramente durante l’arco temporale in cui si svolgono gli eventi de “I Paladini di Berk”. Perché Hiccup, in queste due serie, segue un processo di maturazione in vista della sua futura nomina a capo villaggio e cambia, cresce, e questo si nota molto nella seconda stagione. Lo ritroviamo molto più maturo, un po' più autoritario e che comincia ad avere quella che è la forma mentis di un capo. Sarebbe stato assurdo, effettivamente, poi andarsi a vedere il film, ambientato cinque anni dopo gli eventi di Dragon Trainer, ritrovandosi un Hiccup ormai adulto, senza essere in grado di spiegarsi il perché del suo cambiamento. Resta sempre il solito goffo, eh. Non c’è uno stravolgimento catastrofico... Semplicemente cresce, come tutti noi abbiamo fatto e continueremo a fare.
Oh, comunque, in realtà una puntata dedicata a Testa Bruta c’è e consiglio a tutti di vederla (è la tredicesima della seconda stagione), perché fa emergere un lato del suo carattere che sinceramente non mi sarei mai aspettata di vedere. Bella, davvero molto bella... Colpisce molto il lato emotivo, se vi piace il personaggio. Comunque sia, ATTENZIONE ALLO SPOILER CHE STO PER FARE (VI HO AVVERTITOH!!11!1), viene messo in luce che lei, pur di proteggere un amico, è disposta a rinunciare ad una cosa a cui tiene molto e a rimanere al suo fianco nonostante corra il rischio di morire. Una sfaccettatura disinteressata del suo carattere che mi ha colpita molto e che mi ha ispirato queste righe.
...
Sul serio, state ancora leggendo? Che aspettate, andate a guardarvi le puntate di queste due meravigliose serie! *____*
E grazie per aver letto la mia storia, ovviamente. :)

P.S.: Fungus è una pecora. La pecora di uno degli antagonisti della prima e della seconda serie. Se trovate altre robe strane, è perché ogni tanto ho piazzato qualche citazione dalle puntate che ho visto. XD

See ya,

Shadow Eyes
  
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