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Autore: lulubellula    08/04/2014    3 recensioni
OutlawQueen
Regina si ritrova catapultata in un luogo sconosciuto dopo Neverland, qualcosa non è andato come avrebbe dovuto, è sola, stanca e ferita.
Sola con la sua coscienza, si ritroverà a fare un bilancio della sua vita, delle sue scelte e delle sue azioni, in un luogo in cui, dimenticare chi è stata non può farle che bene.
Un nuovo inizio, una nuova vita e anche un nuovo amore.
Alla ricerca della felicità e del lieto fine che ha sempre rincorso e che ora si merita.
"Robin si fermò un istante ad osservarla, i suoi occhi si soffermarono su di lei, pur non conoscendola, pur non sapendo chi lei fosse in realtà, non poté far a meno di restare stregato da lei, dalla sua figura sottile, da quel lampo di luce e di dolore che aveva colto quando lei si era voltata, qualche istante prima che perdesse i sensi".
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finding true love (because everyone needs an happy ending)
Fear

 
“Non è possibile” si disse Regina, ripensando a ciò che aveva visto qualche istante prima.
“Non può essere lui, non può esserlo!” ripensava, sbirciando dal cumulo di foglie, rami e coperte che era la sua tenda.
Il destino non poteva essere tanto beffardo, non poteva essersi preso gioco di lei, non di nuovo.
Era come un cane che si rincorre la coda, lei era sfuggita all’uomo misterioso seduto in quella taverna e lui, non si sa come né perché era ricomparso prepotentemente nella sua vita più di trent’anni dopo.
Non poteva essere così.
Non ora che si era ormai rassegnata a vivere da sola, da single, che aveva mentito a se stessa dicendo di non aver bisogno di un uomo, di nessun altro al di fuori del suo ragazzino, di Henry.
Regina non ci voleva credere, non poteva nemmeno pensare che l’uomo in cui si era imbattuta nella foresta fosse il suo vero amore.
Doveva esserci sicuramente un errore.
Trilli era stata chiara a riguardo però.
Sicuramente c’erano centinaia di uomini che avevano un tatuaggio del tutto simile in giro per i mondi.
Eppure la polvere fatata non sbaglia mai.
Di sicuro, il tuo amore è qualcun altro là fuori, non di certo lui, non di certo un ladro.
“Che buffo, la Regina Cattiva che mi fa la morale!” avrebbe quasi certamente detto lui.
E anche se la polvere fatata si fosse sbagliata, il suo cuore non falliva mai, il suo cuore già sapeva, in un modo del tutto inaspettato, in un modo del tutto irrazionale che il suo vero amore era proprio lui.
Si rigirò di nuovo, prima sul fianco destro, poi su quello sinistro.
Si lasciò sfuggire un lamento a voce lievemente più alta del dovuto, il fianco sinistro le faceva ancora male.
Strinse i denti, le sfuggì una lacrima e ne trattenne altre.
Era stata incredibilmente stupida a scordarsi di quel piccolo particolare, non poteva di certo permettersi di far riaprire la ferita che ormai stava guarendo e di dover allungare la permanenza in quel luogo perso in mezzo ai boschi, con quell’uomo.
Robin, dal canto suo, sentì dei lamenti provenire dalla tenda in cui dormiva Regina e se ne preoccupò, ma rimase qualche istante a riflettere se fosse il caso o meno intervenire e vedere se lei avesse qualche problema, magari grave.
“Al Diavolo! – si disse – io vado a controllare!”.
Si alzò in piedi e percorse qualche metro, sino alla tenda.
“Regina, è tutto ok? Vi ho sentita lamentarvi” disse utilizzando un tono il più gentile e rassicurante possibile.
“S-sì – mentì lei – ho solo fatto un brutto sogno, tornate a dormire. Io farò lo stesso”.
“Bene, buona notte allora, Milady, cercate di fare dei bei pensieri allora e di riposare, dovrete essere in forze per domani, il mio accampamento dista oltre sette miglia da qui e voi non siete ancora completamente guarita, il viaggio sarà lungo ed estenuante per voi, Regina” le disse lui, nella speranza di farla desistere dal partire così presto, non solo per le sue condizioni di salute non del tutto ristabilita, ma anche e soprattutto perché non si sentiva ancora pronto a separarsi da lei, a lasciarla andare via, sapendo che non l’avrebbe mai più rivista.
“Certo – ripose lei – ce la farò senz’altro. Che volete che siano sette miglia, dopotutto?”.
In realtà, pur sapendo che si trattava di una distanza abbastanza trascurabile in circostanze differenti, sette miglia erano al momento per lei una vera e propria sfida con se stessa.
Provò a rimettersi a dormire e così fece Robin, ma tra pensieri, dolore e angoscia, nessuno dei due si poté dire davvero riposato l’indomani.
Si alzarono davvero presto, poco prima dell’alba e iniziarono a raccogliere le poche cose che possedevano e che nel caso di Regina consistevano nella sua bellissima giacca blu, ora impolverata e sporca di sangue secco e del ciondolo, ma ormai quello non l’aveva più.
L’uomo sembrò leggerle nel pensiero.
“Eccovi il vostro ciondolo, scusate se ho aspettato tanto per restituirvelo”.
Regina glielo strappò quasi di mano.
“Non vi permettete mai più di portarmelo via” gli disse a denti stretti.
Lo riprese con sé, come se si trattasse dell’oggetto più prezioso che lei possedesse e, in fondo, era così, insieme all’anello che le aveva donato Daniel, quel ciondolo era uno dei beni più preziosi che lei aveva al mondo.
“Scusate …” iniziò lui, tentando di ricucire i rapporti con lei, sapeva che gli restava ben poco per provare a convincerla a non andarsene.
“Bando alle ciance – tagliò corto lei – finite di raccogliere quelle tre o quattro cose che vi appartengono e portatemi al vostro accampamento, di modo che poi, mi possa essere indicata la via per il castello, il mio castello”.
Robin annuì, abbassò la testa, seguitò a raccogliere pochi effetti personali, si accertò che il focolare fosse davvero spento, per evitare rovinosi incendi, e poi prese arco e frecce e le ripose nella bisaccia che portava sulla spalla destra.
“Regina …” iniziò lui.
“Non deve essere per forza una passeggiata di piacere, capito? Io non ho niente da dirvi, voi non dovrete dire niente”.
La vegetazione attorno era lussureggiante, vi erano pini e abeti antichi e un sottobosco davvero molto ricco, piccoli frutti, mirtilli, lamponi, more, e ancora felci e siepi a perdita d’occhio.
“Dobbiamo prestare attenzione, ora” la ammonì Robin.
“E perché dovremmo?” domandò Regina infastidita.
“Non dimenticate che io sono un ricercato, un ladro, come mi avete fatto notare più volte e il Principe John e i suoi scagnozzi mi stanno con il fiato sul collo”.
Regina fece ancora qualche passo avanti, fino ad uno spiazzo coperto di foglie e di sassi.
Robin la fermò immediatamente, bloccandole il passaggio con il suo corpo.
“Che state facendo?” chiese irritata e adirata.
“Vi salvo la vita, Vostra Maestà”.
Si abbassò e prese una pietra dalla forma irregolare e la lanciò sopra quell’ammasso di foglie e di rami: il meccanismo scattò immediatamente e una tagliola dalle dimensioni preoccupanti si dischiuse con un sonoro fragore.
Regina impallidì alla vista di ciò che le sarebbe potuto accadere e in cuor suo, anche se non voleva dare all’uomo questa soddisfazione gliene fu immensamente grata.
Avrebbe potuto ferirsi seriamente, perdere un arto, nella peggiore delle ipotesi persino la vita.
Robin parve sollevato e preoccupato al tempo stesso, la situazione stava sfuggendogli di mano, il Principe John aveva decisamente esagerato con i tranelli per catturare lui e i suoi.
“Grazie” gli disse Regina e anche se sembrava un ringraziamento vuoto e tirato, lei era del tutto sincera.
“Dovere, non avrei mai permesso che vi accadesse nulla di male. Ho già troppi ferimenti sulla coscienza”.
“Cosa state dicendo?” gli chiese sinceramente incuriosita ma anche preoccupata.
“Sono anni ormai che il Principe John e i suoi uomini fanno di tutto per catturarci, in particolare per catturare me. Io sono un ladro, questo è corretto, ma non rubo per arricchirmi o per fare del male agli altri, io rubo ai ricchi per distribuire ai più poveri. Da quando Re Richard se n’è andato e suo fratello ha preso la reggenza ad interim, le tasse sono aumentate in una maniera insostenibile, i raccolti vanno devoluti quasi interamente alla corona e la popolazione è allo stremo. Non c’è più cibo, né denaro, le carestie e le epidemie sono sempre dietro l’angolo. Io cerco solo di riequilibrare un po’ la situazione, aiutando la povera gente come meglio posso con i miei fratelli di avventure, i Merry Men. So che tutto questo non giustifica il rubare, nulla lo può giustificare, ma cercate almeno di capirmi”.
Regina si dimostrò catturata da questa storia e sebbene non volesse darlo a vedere, anche impressionata dalla bontà e dalla generosità d’animo di Robin.
“Si è ferito qualcuno sinora con queste trappole?” chiese, sperando che la risposta fosse negativa.
“Purtroppo sì – ammise – un contadino di un villaggio vicino. Stava raccogliendo della legna da ardere e si è avvicinato ad un cumulo del tutto simile a questo che gli avrebbe permesso di tornare dai suoi figli al più presto. Non si è fatto una ferita molto profonda, è stato preso solo di striscio, ma i meccanismi di queste tagliole e molte delle altre trappole che sono qui nei paraggi, sono unti con del veleno, un veleno lentissimo ad agire, ma mortale, che paralizza i muscoli sino a far fermare, in ultimo, il cuore. Abbiamo tentato di tutto per salvarlo, di tutto e … non c’è stato niente, n- niente – gli tremò la voce più di una volta – che potesse salvarlo. Quell’uomo è morto anche per colpa mia e ora ci sono cinque orfani e una vedova in più in circolazione. Avrei dovuto esserci io al suo posto, io!” disse con profondo rammarico, respingendo le lacrime, volendosi mostrare comunque forte e saldo nel suo intento.
Sentì una mano posarsi sulla spalla.
“Non è colpa vostra, Robin, se c’è un colpevole in tutto questo è proprio il Principe John” disse lei a denti stretti.
“Lo conoscete?” le chiese.
“Sì, purtroppo, sì” rispose lei, cercando di evitare di incrociare il suo sguardo.
“E come mai?”.
“Bè, è una lunga storia, una storia lunga e noiosa, sono certa che non la vogliate sentire” disse lei, sperando così di scoraggiare la curiosità dell’uomo.
“Vedete, Regina, mancano ancora sei miglia, c’è tanta strada da percorrere, il tempo non ci manca di certo”.
Regina abbassò lo sguardo e si schiarì la voce.
“D’accordo, Hood, se proprio non riuscite a tenere a freno la vostra curiosità, vi accontenterò. Dunque, i fatti che sto per narrarvi sono accaduti molti anni orsono, quando avevo più o meno sedici anni e molti meno pensieri nella testa (e molte meno morti sulla coscienza – pensò). Mia madre, Cora, voleva a tutti i costi che io sposassi un uomo dal nobile lignaggio, non un Duca, né un Conte, ma un Re oppure un Principe che fosse primo in linea di successione al trono, non come mio padre, che si ritrovava ad essere solo quinto, spegnendo ogni speranza in lei di divenire un giorno regina. Tra i pretendenti che scelse c’era anche il Principe John, che tuttavia, non era esattamente il diretto erede al trono, ma era secondo in linea di successione, un figlio minore, cadetto, come si suol dire, anticipato in tutto e per tutto da suo fratello …”.
“Re Richard Cuor di Leone, giusto?”.
Regina annuì e continuò il suo discorso.
“Anche per questo, le malelingue lo chiamavano schernendolo John Senza Terra, alimentando in lui ancor di più l’odio verso i suoi sudditi e i suoi desideri di vendetta nei confronti di suo fratello, un giovane del tutto diverso e di buon cuore, che mi rivolgeva sempre un sorriso magnanimo e un inchino ogni qualvolta mi incontrasse, sebbene io non fossi tanto nobile quanto lui”.
“Era un vero gentiluomo, Re Richard” sottolineò Robin.
“Già, lo era. Io so che, ben presto, il desiderio di togliere di mezzo suo fratello diventò tanto forte e tanto pericoloso, che John si rivolse a mia madre, la quale, oltre ad essere una Principessa, era soprattutto un’abile strega e pozionista, grazie agli insegnamenti che aveva carpito dalle lezioni impartitale da Rumpelstiltskin anni prima. Lei gli promise che lo avrebbe aiutato a toglierlo di mezzo in cambio di qualcosa o meglio di qualcuno”.
Robin rimase scioccato.
“In cambio di cosa, Regina?”.
La donna chiuse gli occhi per qualche istante, prese fiato e continuò.
“In cambio di me. La loro trattativa era chiara e semplice: lui avrebbe preso la corona in quanto erede legittimo, dopo la scomparsa dell’amato Re Richard, e mia madre in cambio aveva posto come condizione che lui mi sposasse e facesse di me la regina”.
Si fermò come a riprendere fiato e richiuse gli occhi, il ricordo di ciò che era avvenuto nei giorni seguenti a quel patto, era indelebile nei suoi occhi e nella sua pelle.
“Cosa è accaduto poi, Regina, come siete sfuggita a quel matrimonio?”.
“Sono stata salvata da qualcuno, prima che mi accadesse … prima che accadesse …”.
Regina non trovava le parole per esprimersi.
“Che vi è successo?”.
“Mia madre è stata di parola e ha fatto scoppiare una terribile rivolta ai confini del suo regno, in modo da costringere Re Richard a partire per porre rimedio a quella che si prospettava che sarebbe potuta diventare una guerra sanguinosa e si sono perse le sue tracce, nemmeno io so che gli sia accaduto e se sia ancora in vita oppure no”.
“E voi? Come avete fatto a scampare dalla sciagura di diventare sua moglie?”.
Regina riprese a raccontare …
“Era una serata molto fredda e John, Principe John era appena stato incoronato come sovrano ad interim, dopotutto il regno aveva estremo bisogno di un monarca, anche se ne avrebbe meritato uno decisamente migliore di lui. Ero stanca, di tutte quelle cerimonie, di mia madre che non faceva altro che accomodarmi il vestito e di impormi di sorridere o di stare seduta con la schiena un po’ più dritta, così decisi di andarmene a riposare un pochino nella stanza degli ospiti che mi era stata riservata. Camminai nei corridoi bui, scortata per qualche manciata di passi da un’ancella, che ben presto mi abbandonò per andare a ciarlare con le altre. Entrai nella mia stanza e chiusi la porta, ma non a chiave, per fortuna non lo feci. Mi tolsi la tiara e sciolsi i capelli, erano molto lunghi, molto più di adesso e mi preparai per cambiarmi d’abito e indossare una camicia da notte o qualcosa di comodo per la notte, quando sentii una voce alle mie spalle …
“Non è necessario che voi facciate tutto da sola. Lasciate che vi dia una mano io …”.
Sentii le sue mani, le sue mani ossute sul mio giovane collo, era più vecchio di me, aveva già più di trent’anni allora.
“Non mi serve aiuto” risposi in un sussurro.
“Non dovreste essere timida con me mia cara, presto saremo marito e moglie, non vi dovreste allarmare”.
“Marito e moglie?” pensai, non riuscivo a capire che cosa mi stesse dicendo, ma ero più preoccupata di quello che aveva intenzione di fare.
Provai ad urlare, ma ben presto mi serrò le labbra, con le sue mani e sentii il suo fiato sul mio collo, cominciai a far rumore allora, a scalciare, a buttare per terra tutto ciò che fossi riuscita ad afferrare, scatole, lampade, il mio portagioie”.
Robin era sempre più turbato di fronte alle parole di Regina, avrebbe voluto interromperla ma non riusciva, lei era atterrita, spaventata, parlava come se stesse realmente rivivendo quei momenti terribili.
“Per fortuna le mie grida e il rumore provocato dalla caduta di tutti quegli oggetti, misero in allarme un uomo, un giovane stalliere del Re, che entrò nella stanza per cercare di capire cosa stesse accadendo e ci vide … - i suoi occhi si inondarono di lacrime – mi vide, vide i miei occhi disperati, che gridavano aiuto, che chiedevano pietà e mi soccorse. Allontanò il Re da me e mi ordinò di fuggire via, il più lontano possibile. Non me lo feci ripetere due volte e corsi da mia madre che, dopo aver udito tutta la storia, mi guardò dritta negli occhi e mi disse soltanto ‘Saresti dovuta essere la mia seconda chance, Regina, invece sei esattamente come tuo padre, una grandissima delusione’. Ce ne andammo quella notte stessa dal castello, John ci cacciò via a malo modo e fece lo stesso con Daniel, che rischiò anche di essere condannato a morte per avermi salvato da un destino crudele. Non raccontai nulla a mia madre e feci in modo che lei lo assumesse qualche tempo dopo come stalliere al nostro maniero, in modo che non fosse condannato ad una vita di stenti per avermi soccorsa e, ben presto, ci innamorammo l’uno dell’altra”.
Robin restò colpito dall’intera storia e dentro di sé l’odio che provava nei confronti del Re usurpatore John crebbe in maniera esponenziale.
“Che ne è stato di Daniel?” le domandò.
“Lui se n’è andato” disse Regina semplicemente, con un tono che non ammetteva repliche.
“Mi dispiace moltissimo, Regina, per tutte le sofferenze che vi sono state inflitte” nella sua voce si leggevano rabbia e comprensione al tempo stesso; rabbia perché se in quel momento si fosse trovato dinnanzi al Re, lo avrebbe affrontato con le sue mani, per vendicare ciò che aveva fatto a lei, comprensione perché di ora in ora si rendeva conto che lei non era cattiva, non del tutto almeno, ma che le circostanze, come tanti mattoncini, le avevano lastricato la strada verso la malvagità.
“Se il Principe John è ancora nei paraggi, non c’è alcun luogo in cui io possa dirmi al sicuro da lui, mi troverà e farà di tutto per vendicarsi del mio rifiuto”.
“C’è sempre casa mia” le disse l’uomo indicandole l’accampamento a cui erano appena arrivati.
“Non è un castello, ma suppongo che vada bene” gli disse lei riconoscente.
“Non ve ne andate allora? Le nostre strade allora non si separano?” chiese lui speranzoso.
“No, suppongo di no, non ora almeno”.
Il tatuaggio del leone era l’ultima delle sue preoccupazioni, Re John non avrebbe avuto pietà di lei se le loro strade si fossero incrociate.
“Papà” sentì improvvisamente.
Un bambino di tre, quattro anni al massimo saltò tra le braccia di Robin e lo abbracciò forte.
Forse lei non era l’unica ad avere dei segreti dopotutto.
 
NdA:
Spero che abbiate apprezzato il nuovo capitolo e gli ultimi colpi di scena e che vogliate condividere con me le vostre opinioni scrivendomi cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo!
lulubellula
 
 
   
 
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