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Autore: Tempie90    08/04/2014    1 recensioni
AU tradotta dal sito di FF fanfiction.net, è un'esperimento che abbiamo deciso di fare io e anitagaia.
La storia parla di una Beckett ancora novellina facente parte della Vice squad del 12° distretto, ovviamente le modalità in cui conosce Castle sono altre! XD
Speriamo vi piaccia e abbiate la pazienza di leggere i nostri aggiornamenti!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Anita chiama, Matilde risponde! XD
Ecco il nuovo capitolo, piuttosto interessante direi....=p
Buona lettura!

                                          Capitolo 12



Kate si svegliò in un letto vuoto, in una mattina fredda e grigia.

Sbattè gli occhi sorpresa, non tanto per la sua solitudine ma più che altro per il suo spaesamento. Sbadigliò profondamente, e si girò su un lato per vedere l'ora sulla sveglia.

Le sei meno cinque.

Il suo corpo aveva la tendenza ad alzarsi sempre qualche momento prima della sveglia, il suo orologio interno era un meccanismo ben oliato, ma non poteva sempre fidarsi. Si strofinò il viso con una mano, sentì la fatica nei muscoli, le sue gambe stanche ancor prima di poggiare a terra.

Tutta colpa di Castle.

Sorrise sotto i baffi.

Ok, forse era anche colpa sua. Ma ne era valsa la pena.

Nonostante ciò, quando si alzò in piedi, il suo corpo si ribellò, e desiderò tanto aver dormito un po' di più. Aveva un ottimo fisico, si manteneva bene; non c'era nessuna ragione per la quale non potesse fare qualche... esercizio extra.

Ma la mancanza di riposo la rendeva sempre dolorante, e Castle l'aveva tenuta sveglia fino a tarda notte. O fino a questa mattina. Dipendeva da come la si vedeva la cosa.

Iniziò la sua routine, il getto caldo della doccia che faceva miracoli per la sua schiena, e poi prese due tazze di caffè prima di andare.

Forse oggi sarebbe stato un giorno tranquillo.


Non era un giorno tranquillo; non era neanche una settimana tranquilla.

Beckett era stata chiamata per un caso che era davvero una grande operazione di sorveglianza, bisognava scoprire un traffico di ragazze dell'Est; quasi tutta la squadra del Vice partecipava, poliziotti sotto copertura nei bar, nei club, nelle strade.

Sembrava eccitante, e sarebbe stato buono per la sua carriera, ma in pratica significava stare dodici ore al giorno in un sudicio vicolo, con il sedere al gelo nei suoi vestiti da prostituta. Quando si ritirò la sera, era troppo stanca per fare una qualsiasi cosa che non fosse svenire sul letto.

Aveva ricevuto un paio di messaggi da Castle, uno che chiedeva se era libera per dei drink, ma era così congelata e spossata in quel momento che nemmeno il pensiero della sua bocca poteva farle rispondere in modo positivo. Gli aveva raccontato del caso, però, e sembrò capire, non le chiese più nulla.

Ma non la smetteva di mandare messaggi.

Continuavano ad arrivare alle ore più improbabili, senza nessuna logica dietro; a volte le diceva delle cose strane che aveva mangiato a colazione, ma la maggior parte delle volte le chiedeva delle cose sul lavoro che stava facendo. Andava da quanti cattivi ragazzi hai arrestato oggi?  A  Allora qual è il tuo sexy nome da prostituta questa volta? E non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma per quanto potessero essere sciocchi i messaggi, era contenta di quella distrazione.

Del suo interesse.

Era qualcosa di nuovo per lei. Kate Beckett non era mai voluta essere al centro dell'attenzione. Non era mai stata qualcuno che aveva bisogno dell'attenzione degli altri per spiccare, per esistere; le stava perfettamente bene farsi strada da sola, facendo le sue cose.

Ma Richard Castle-

il modo in cui la guardava, l'intenso blu dei suoi occhi, come se stesse sempre cercando di leggerle i pensieri, ad indovinare come si sentiva. Questo la toccava nel profondo.

E non se l'aspettava. Non lo capiva nemmeno.

Sapeva solo che le piaceva.

Il suo telefono prese a squillare e Kate sobbalzò per poi ritrarlo fuori dalla piccola tasca della sua strettissima gonna. Onestamente, non sapeva dove il Vice trovasse i vestiti, ma di certo avevano bisogno dell'aiuto di uno stilista.

Huh, era di nuovo Castle.

Stava aprendo il messaggio quando sentì una macchina arrivare, il rallentarsi del motore il suo unico avvertimento; Beckett chiuse il telefono velocemente e lo rimise apposto, poi ondeggiò i suoi fianchi e fece un passo in avanti.

Oh, chi se ne frega. Era una Crown Vic, una delle loro- e il Detective Johnson stava guidando, lo vide quando abbassò il finestrino.

“Beckett, hey. Entra dentro,” disse, annuendo verso lo sportello del passeggero.

“dovrei controllare questo vicolo tutto il giorno,” rispose lei tranquillamente, ma anche mentre parlava, si era già spostata verso la macchina, aprendo lo sportello. Tecnicamente, Johnson era il suo superiore- quindi lei doveva obbedire ai suoi ordini.

E decisamente non stava morendo dalla voglia di passare un altro giorno a fare la prostituta.

“non più,” le rispose il detective, avviando la macchina appena aveva allacciato la cintura di sicurezza. “c'è stata una apertura nel caso, e siamo pronti a fare un paio di arresti. Potrebbe non andare in modo liscio, quindi abbiamo bisogno di quanta più gente possibile.”

Beh, lei era sempre pronta per un po' di azione.

“Ci fermiamo prima al distretto?” volle sapere, sperando di riuscire a togliersi quei ridicoli vestiti di dosso. Non amava la sua uniforme, ma ora come ora anche l'idea di un sacco di patate le sembrava come un paradiso.

Johnson le diede una veloce e asciutta occhiata prima di entrare nel traffico sulla quinta Avenue.

“vorresti dirmi che non vuoi fare un arresto con questi vestiti, Beckett?”

“solo non voglio che qualcuno si distragga, sai. Potrebbe causare un qualche incidente.”

Johnson ridacchiò- il che, wow, era davvero strano per uno come lui, probabilmente l'unica emozione che gli aveva visto esprimere- e disse, “Touchè, ufficiale.”

Trascorsero il resto del viaggio in un tranquillo silenzio, e Beckett non riusciva a smettere di pregare che nel giorno in cui sarebbe diventata Detective, il giorno in cui le avrebbero dato un partner, ne avrebbe avuto uno almeno la metà uguale al Detective Johnson.

Gli arresti molteplici andarono bene come avevano sperato. Beckett aveva avuto anche la possibilità di spiccare quando uno dei sospettati aveva cacciato fuori la pistola e lei era stata abbastanza vicina da toglierla dalle mani; alla fin fine, era stata una bella giornata.

Solo non si aspettava che Montogmery premiasse il team per le loro fatiche ordinandoli di prendersi il resto del giorno libero. E anche la mattina seguente.

Erano solo le quattro del pomeriggio. Cosa cavolo avrebbe potuto fare?

Il resto della squadra del Vice era abbastanza contenta, certo, quindi lei deglutì le sue obiezioni e uscì con loro, non senza un'ultima occhiata desiderosa alla scrivania che condivideva con gli altri ufficiali.

Avrebbe potuto finire di compilare le carte-

oh, andiamo, Beckett.

Aveva appena trascorso quattro giorno in una strada fredda e sudicia a fare praticamente niente- sicuramente poteva godersi una piccola pausa dal lavoro. Sicuramente poteva trovarsi qualcosa da fare che non includeva la pornografia o la prostituzione.

Solo nel momento in cui si trovò nella metropolitana si ricordò del messaggio di Castle. Merda, dov'era il suo telefono? Si ricordava di averlo tolto dai vestiti da prostituta, ma cosa aveva fatto-

oh, la tasca della giacca. Bene. Whew.

Non voleva davvero ritornare al distretto solo per uno stupido telefono.

Lo aprì e lo schermo si illuminò, con il messaggio di Castle.

Credo che dovrei uccidere Clara Strike, e fare incontrare a Derrick una poliziotta del Vice sexy invece. Che ne pensi?

Rise di gusto, scuotendo la testa e ignorando le occhiate dei passanti. Se uccidi Clara Strike, Castle, non farò mai più sesso con te. Gli rispose

Il treno si era finalmente fermato, Beckett uscì e prese il taxi più vicino, le sue dita strette attorno al telefono, mentre aspettava un nuovo messaggio. E non dovette aspettare molto.

Mai è un lungo tempo.

Si morse il labbro, sorridendo, e chiedendosi se avesse veramente potuto tenere fede a quella minaccia. Aveva delle mani eccezionali. E la sua bocca. e-

Spetta a te scegliere, gli rispose.

La vibrazione di nuovo del suo telefono. Ma se il povero Derrick avesse bisogno di un cambiamento?

Kate roteò gli occhi, le dita che aggrappavano le chiavi. Ciò di cui Derrick ha bisogno è della sua anima gemella.

Anima gemella, huh? Quella è una parola abbastanza forte.

Scosse di nuovo la testa, non riusciva a trattenersi- si stava comportando come uno sciocco. Era lui quello che scriveva quei personaggi; sapeva perfettamente cosa significavano l'uno per l'altra.

Qualche piano per stasera? Gli scrisse, decidendo che era tempo di cambiare argomento.

La sua risposta fu quasi istantanea. Perchè, Kate, mi sembra quasi un invito.

Sogghignò, e rispose prima che potesse cambiare idea.

Forse lo è. Porta il vino.

Il panico non colpì fino a qualche momento dopo.

Stava cercando di trovare qualcosa da indossare, agonizzando di fronte al suo armadio, quando diede una occhiata a la sua sinistra e trovò il suo riflesso nello specchio. I suoi capelli erano un casino, il suo corpo coperto in una biancheria intima nera che aveva scelto con cautela, e-

cosa diavolo stava facendo?

Si stava preparando per un appuntamento?

Merda. Merda.

Kate dovette forzare l'aria nei polmoni, una mano che si andò a poggiare sul petto, e poi sbattè l'anta dell'armadio.

Non poteva farlo.

Che stava pensando?

Oh, Dio. Era così dolce, e il sesso così buono, e lei- e lei cosa? Era stata illusa da un falso senso di sicurezza, e adesso pensava che poteva farcela, che poteva essere come chiunque altro, essere normale. Che poteva avere una vita.

Si lasciò ricadere sul letto, senza respiro, il suo cuore che martellava nel petto, la sua vista che diventava sempre più nera. Merda, no, no, no non questo.

Solo respira, Beckett, solo... calmati.

Mandò la testa all'indietro, lasciando che i suoi occhi si concentrassero su qualcosa. Si morse il labbro e ricacciò via l'ansia, poco a poco, mentre le sue mani stringevano il copri letto.

Non doveva essere per forza un appuntamento, si disse, cercando di rilassarsi. Poteva essere tutto ciò che voleva. Poteva decidere.

Poteva-

Oh, effettivamente.

Si alzò in piedi lentamente, fece un paio di passi verso l' armadio, e cominciò a frugarci dentro. Se solo avesse ancora quella cosa...

Ah, eccola, tutta sgualcita nel fondo dell'armadio, con la targhetta ancora attaccata. Non l'aveva mai usata.

Kate prese un profondo respiro, appoggiandosi all'armadio, le sue dita che affondavano nel soffice tessuto. Poteva farcela.

Sarebbe andato tutto bene.


Rick non era veramente felice di lasciare Alexis nelle mani di sua madre, ma Martha aveva insistito che non aveva visto sua nipote per troppo tempo, e che era capace di prendersene cura per la notte.

“è successo solo una volta, Richard,” l'aveva supplicato alla porta, la sua voce tanto bassa quanto poteva farla Martha Rodgers. “davvero ce l'avrai con me per sempre per questa cosa?”

Così aveva fatto un passo indietro, provando ad ignorare il ricordo di lei spaparanzata sul divano, completamente ubriaca, con una Alexis di sei anni addormentata al piano di sopra.

Voleva bene a sua madre. Davvero.

Solo che- aveva bisogno di gente di cui fidarsi vicino ad Alexis. E lui vorrebbe che lei appartenesse ancora a quella categoria.

Vero, era successo solo una volta. E nonostante amasse l'alcol, Martha generalmente conosceva i suoi limiti, sapeva quando fermarsi; non l'aveva vista ubriaca da almeno un anno. Forse di più.

Sarebbe andato tutto bene.

Lasciò andare un profondo sospiro, e provò a ricacciare indietro tutta la preoccupazione mentre entrava nell'ascensore, premendo il tasto al terzo piano, dove viveva Kate.

Kate. L'invito l'aveva sorpreso; era sembrata di più la tipa impulsiva, quella che lo portava a casa con sé quando lo voleva lei, e finire ciò che avevano iniziato, e lui...

e non sapeva cosa significasse tutto questo. Era stata molto chiara riguardo a ciò che gli poteva dare, e ciò che poteva prendere, e anche lui non era sicuro che fosse pronto per qualcosa di più. Era così giovane.

Come poteva lei sapere ciò che voleva?

Lui era sopravvissuto a Meredith, anche se il suo orgoglio ne era rimasto ferito, ma nel momento in cui l'aveva tradito, lei non aveva più potere su di lui. Aveva voluto provare a dare una possibilità alla loro famiglia, ma non era più innamorato, non lo rendeva più senza respiro con ogni sguardo che gli dava.

Ma Kate-

lei non era Meredith.

C'era troppa profondità in lei, troppo mal di testa, troppo mistero in quei bellissimi e cangianti occhi, e se se ne fosse innamorato? Era abbastanza certo che non sarebbe stato facile poi riprendersi.

In qualche momento nel corso della sua riflessione, aveva raggiunto la porta. Sentì la familiare eccitazione mentre bussava, le sue interiora che si ribellavano all'idea di vederla, e nervosamente rigirò fra le mani la bottiglia di vino.

Ci fu un momento, e poi l'indistinto suono della sua voce- che probabilmente veniva dalla camera da letto, perchè altrimenti sarebbe riuscito a capire le parole.

Alla fine la porta si aprì, ma solo un poco, e la sentì dire, “chi è?”

huh. “sono io. Castle.”

Era strano usare il suo cognome, ma lo faceva anche sentire un po' come James Bond. E il che era decisamente fico.

La porta si spalancò, ma Kate ancora non si vedeva, e poi disse. “entra dentro”

Ok allora. Oltrepassò la porta, intrigato, e quando i suoi occhi la trovarono immediatamente capì perchè era stata così nervosa di apparire davanti alla porta.

Lei... merda.

Indossava lingerie. Indossava...
Il suo respiro si smorzò in gola e chiuse la porta dietro di sé, riposando la schiena contro il legno per  equilibrio. Le sue dita si strinsero attorno al vino. Così sexy.

Si avvicinò, il suo corpo che ondulava in quella che a mala pena poteva essere chiamata vestaglia da notte, il pizzo nero che contrastava con il bianco della sua pelle, la rotondità dei suoi seni perfettamente tenuti dall'elegante reggiseno, e tutto ciò che Rick potè fare fu gettarsi addosso a lei.

Non importava comunque, perchè il momento successivo anche lei gli era addosso, premendosi contro di lui, i loro corpi uniti mentre si alzava sulle punte per far scorrere le labbra sulla sua mascella. Sentì le sue dita aggrappare il vino, rimuoverlo dalla sua stretta, e da qualche parte remota nella sua mente ne era grato.

Ma il resto di lui era sbalordito, completamente sbalordito, e quando la sua voce arrivò roca, oscura, tentatrice. “Mi hai fatto aspettare, Castle.”

Merda.

“Non avevi detto l'orario. Nel tuo messaggio. Non avevi detto-” e le sue labbra posero fine alla sua balbuzia patetica, il soffice tocco della sua lingua contro le labbra, e lei pareva così invitante e pronta che non avrebbe mai potuto dire di no.

Schiuse le labbra contro le sue, sentì il timore sotto la facciata esteriore seduttiva, e fu sopraffatto di nuovo, da quella donna, da tutte le contraddizioni che sembravano far parte di lei, del suo essere. Era soffice e dura; era sexy e innocente, vulnerabile e forte. E lui era un idiota se pensava che si potesse allontanare da lei.

“Kate,” sussurrò contro la sua bocca, e aprì le mani contro il suo ventre, adorando il modo in cui la sua vita si adattava perfettamente alle sue mani.

E lei per risposta mosse i fianchi, il respiro caldo contro le sue labbra, la linea di lei dolce e meravigliosa contro di lui. Era il suo compleanno e non lo sapeva?

“Ho sognato questo momento tutta la settimana,” confessò lei senza respiro, e una delle sue mani aggrappò la sua vita, il pollice che scivolava nei pantaloni, tentandolo e assalendolo.

Oh, le era mancato?

Beh. A lui di certo era mancata.

Li girò, prendendosi un secondo per togliersi il cappotto prima di spingerla contro la porta, le sue gambe che si attorcigliavano attorno alle cosce,  il calore della sua pelle che bruciava anche attraverso i jeans. Oh, l'avevano fatto prima, si, ma adesso aveva più controllo.

Era molto più divertente.

Le mordicchiò il labbro inferiore, il pollice sulla sua gola, sentendo il ritmo pulsante nella sua vena, e le riempì l'incavo del collo di baci, quasi dei semplici sfioramenti che la facevano gemere contro di lui.”Sei bellissima,” le disse, fermandosi per un momento ad ammirare lo sbattersi delle sue ciglia, il colore sulle sue guance, il rosso della sua bocca.

I suoi occhi si aprirono lentamente, scrutandolo, nella luce soffusa e oscura piena di promesse del suo appartamento.

“Portami a letto, Castle”.

Ne aveva bisogno.

Aveva bisogno di lui nel suo letto, il contrarsi pronto dei suoi addominali sotto il tocco delle sue dita, il modo in cui i suoi fianchi si sollevavano quando lei li cingeva con le gambe. Richard Castle alla sua mercè, i suoi occhi di un profondo blu, il suo nome come una preghiera sulle labbra di lui.




Kate si sollevò lentamente da lui, arcuandosi, le dita che tracciavano i suoi fianchi; e poi spinse di nuovo indietro, la bocca che si dischiuse per la sorpresa di tutta quell'eccitazione, la sua lunghezza dura e forte dentro di lei, che si espandeva e la riempiva, scavando dentro di lei.

“Oh,” respirò, e dovette stringere i denti per non urlare, per non dire come sapeva di buono, quanto lo desiderasse ardentemente.

Solo questo- il sentire i loro corpi insieme, la bellissima danza che non aveva bisogno di parole. Questo lo poteva fare.

Era il resto che non sapeva gestire. Invitarlo a cena-

“Kate,” grugnì, riportandola al presente, la sua voce urgente e supplichevole.

Voleva che si muovesse, o no? Invece lei si poggiò in avanti, sorridendo furbescamente, una mano sul suo cuore mentre trovava la sua bocca, e rudemente prese ciò che era suo, il suo respiro smorzato, le parole di adorazione sussurrate alle quali non riusciva a dare un senso. Se fosse stata l'ultima volta-

strofinò la lingua nella sua bocca, profondamente, cercando di dargli un assaggio di ciò che lui le dava, tutto il suo corpo, il calore oscuro più profondo, la parte più sensibile di lei.

Ringhiò nelle sue labbra, i suoi fianchi che spingevano sotto i suoi; le sue mani che addolcivano la linea della sua schiena, lo svasamento del suo bacino, che la facevano premere dentro di lui più forte.

Mosse i suoi fianchi, così lentamente, donando ad entrambi la possibilità di sentire ogni minimo istante, e poi gli morse il labbro, in modo tagliente, non riusciva a resistere alla sensazione.

Fece un suono gutturale, quasi un singhiozzo, e lei fu soddisfatta di quella richiesta di bisogno silenziosa, spinse nuovamente forte contro di lui, facendo annaspare entrambi.

Il suo corpo era ardente, bisognoso di contatto, ma la sua eccitazione schizzava da un punto a un altro, come se non riuscisse a decidersi; sapeva che se voleva venire, doveva fare di più.

Kate si sedette, un gemito roco le venne dalla gola al cambio di angolazione. Non si aspettava che Castle la seguisse ma lo fece, spingendosi sul materasso con un forte braccio, la sua bocca che trovava il suo seno; chiuse gli occhi per il piacere, torcendo i fianchi per prenderlo ancora più profondamente.

oh- oh così era buono- così buono-

“Si?” la echeggiò lui, il suo respiro sul collo, facendole domandare se avesse parlato ad alta voce. “Va bene per te?”

Strinse la mano sulla sua spalla come risposta, cavalcandolo ancora più veloce, trovando il ritmo che accendeva il fuoco dentro di lei, che la faceva prendere fuoco; le sue mani e la sua bocca erano ovunque, sul seno, sulla guancia, sui fianchi, e lei si arcuò, disperata per un suo tocco, era quasi, quasi...

Premette i denti nella sua schiena, le mani che trovavano i suoi fianchi, fermandola per un secondo, una piccola pausa mentre si spostava indietro per incontrare i suoi occhi, sorridendole in quel modo così sexy. E poi sbattè i loro fianchi insieme, spingendola su di lui, attorno a lui, il brivido, così brutale, così buono la fece venire, le sue mani si poggiarono sui suoi bicipiti, la sua testa gettata all'indietro mentre il suo corpo lo aggrappava, lo tratteneva, per non lasciarlo mai più andare via.

  
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