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Autore: Nika L Majere    10/04/2014    0 recensioni
SPOILER TERZA SERIE!!!
Moriarty è tornato. Londra trema. E Sherlock è prigioniero di Baker Street.
Il gioco ricomincia e gli scacchisti sono pronti. Ma questa volta c'è molto, molto di più da perdere.
Sherlock è cambiato: la sua corazza è stata scalfita e ora ne deve pagare le conseguenze.
Attenzione: Sherlolly incontrollata.
"Per questo è bene evitare con cura le emozioni e tutto ciò che vi gravita intorno. Meglio affrontare le cosa da un punto di vista freddo e distaccato. Non è per sentimento che si cambia, ma per il secondo principio della termodinamica.
Esso cita: «Questo principio tiene conto del carattere di irreversibilità di molti eventi termodinamici, quali ad esempio il passaggio di calore da un corpo caldo ad un corpo freddo.»"
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve!
Oggi le note le metto prima, abbiate pazienza ancora due secondi: il grande demone celeste ce l’ha con me e il tempo per scrivere ormai è diventato merce rara, anzi rarissima.
Senza contare che faccio molta fatica a seguire il filo dei miei stessi pensieri: Sherlock continua a cambiare e la cosa mi manda in bestia! Renderlo IC è un virtuosismo di psicanalisi non indifferente.
Quindi perdonatemi se comincia a diventare un po’ OOC. Ma d’altronde questa vuole essere una fic d’amore: Sherlock DIVENTERÀ OOC prima o poi!
Ciò detto, questo sarà l’ultimo capitolo lento e riflessivo: dal prossimo si entra davvero nel vivo della storia!
Quindi, buona lettura
Nika
 



Capitolo Tre – in cui si comprende come gli specchi abbiano sempre ragione

"Si può sapere cosa diamine ti è preso? ... Sherlock? ... Chiamala immediatamente! ... Sherlock, mi stai ascoltando? ... Ti rendi vagamente conto di come ti sei comportato? ... Per favore, non fare la primadonna isterica! Prendi quel telefono e chiamala! ... Senti, non ti sto dicendo di chiederle scusa, ma almeno una spiegazione... ... Perché devi sempre essere così testardo? ... Immagino avrai avuto le tue valide ragioni, anche se non ne sono del tutto convinto, ma sei stato davvero meschino. ... Sherlock, aveva le lacrime agli occhi! ... Fa come vuoi. Rintanati nel tuo ego solitario e affogaci, per quel che mi riguarda. Ma sappi che disapprovo. ... Dovresti smetterla di ferire chi ti ama..."
"John, una domanda" finalmente il detective, stagliato nella luce della finestra, si volta a guardare il dottore "Se Mary avesse una pistola puntata alla tempia, tu cosa faresti?"
John rimane inchiodato al pavimento. La risposta è così semplice da sembrare oscena.
Ucciderebbe per lei. Si getterebbe nel fuoco per lei. Darebbe la vita, se servisse a salvarla.
L'avrebbe fatto prima e lo farebbe mille volte di più, ora che lei porta sua figlia in grembo.
Si rende conto con sgomento che Molly potrebbe arrivare a fare le stesse, identiche cose. Sherlock non ne è sicuro al cento per cento e questa è un'ignoranza che non può permettersi.
"Ecco, appunto..." Lo sguardo del moro s’intenerisce, un'espressione così inusuale per lui. John sente salire un groppo in gola "L'amore è il più stupido degli errori che si possano commettere"
Non è mai stato d'accordo con lui su questo punto. Ha sempre portato avanti con testardaggine le sue tesi su quanto l'amore sia una necessità irrinunciabile e per quanto Sherlock possa essere ostico da quel punto di vista, John è perfettamente consapevole che nemmeno il celebre consulente investigativo ne è immune. Più volte ha dato prova di essere tutt'altro che un pezzo di pietra, per quanto lui ami quest'idea di se stesso.
Poi il dottore aggrotta le sopracciglia: gli è sorto un dubbio che si era posto anche in precedenza, ma a cui non aveva mai dato una definitiva spiegazione.
"Sherlock" si ferma un secondo per scrutare attentamente il viso del suo migliore amico "perché ti sei buttato giù dal tetto del Bart's?"
Il detective sbatte le ciglia una, due, tre volte - non lo fa mai, fuorché non sia preda di emozioni che non vuole mostrare - poi si volta a osservare la neve che ha ripreso a cadere, per non lasciare che John veda il suo sorriso amaro.

***

"Stupida! Stupida, stupida, stupida!! Intravedi MEZZA possibilità di vederlo e che fai? Ti butti!! TI BUTTI!! Ah, ma sta volta me la son meritata... Cretina senza rimedio!"
Molly scaraventa la borsa sul divano senza neanche controllare se, per sbaglio, rischia di centrare in pieno il suo gatto. Si toglie gli stivali e li scalcia via con una mossa secca.
"Perché poi no... Neanche ti avesse chiamato lui, no! SUO FRATELLO! A te bastano le vie traverse! Ma di... Mi tocca crepar zitella se vado avanti così!"
Si fionda in bagno, agguanta un asciugamano e comincia a strofinarsi con foga i capelli umidi di neve.
"Stupida, stupida, stupida..."
Non vuole piangere. Non è sua intenzione, ma le lacrime si ingorgano negli occhi e minacciano di cominciare a scorrere da un momento all'altro. Quando alza lo sguardo verso lo specchio, questo riflette l'immagine di un pulcino spaesato, l'asciugamano ancora di traverso sulla testa e le guance arrossate per la rabbia mal celata. La donna afferra la spazzola. La stringe convulsamente. Ogni spazzolata è il grano di un rosario interiore che si ripete per calmarsi, senza molto successo a essere onesti; finché esasperata non punta con risolutezza la spazzola verso lo specchio e guarda se stessa con aria di sfida.
"Tu non piangerai per Sherlock Holmes!" Le tremano le labbra mentre lo dice ma finge di non accorgersene. "Tu non lo farai. Perché lui è un coglione e tu la devi smettere di fare sempre tutto quello che vuole. Lui non è Dio e tu non sei... Tu non sei..."
Lacrima traditrice. Una perla calda che rotola oltre il bordo proibito imposto dalla volontà.
Molly si osserva nello specchio, la superficie liscia e fredda che le mostra la verità con la sfacciataggine che non si cura di ferire. Proprio come Sherlock
La patologa non regge. Una diga che crolla inesorabilmente. Prima è un'altra lacrima solitaria a gettarsi nel vuoto; poi due, tre, quattro... Singhiozza senza rimedio e si scioglie nel rimpianto che prova verso se stessa.
"Tu non sei..." Ci ritenta senza davvero sperarci. È una menzogna di quelle grosse e se è vero che l'effetto placebo si ha solo quando non si è a conoscenza del trucco, quando ci si convince che un sorso d'acqua può far sparire la malattia con assoluta efficacia, è evidente che questa volta con lei non può funzionare.
Quante volte ci aveva provato? Quante ci aveva sperato?
Aveva ordinato al suo cuore di chiudersi a riccio e di non lasciarlo più entrare. Ma ogni volta che lo vedeva era come se un terremoto la scuotesse fin nelle sue fondamenta: quale muro puoi pensare di costruire se il terreno è così friabile? Per due anni si era raccontata la storiella della piccola samaritana che lo aiuta con devozione e poi con amor di sacrificio affronta il dolore dell'abbandono. Aveva incontrato Tom: era andata bene finché non si erano accorti dei silenzi sempre più prolungati. Quelle voragini di nulla che si aprivano tra loro ogni giorno di più da quando quegli occhi azzurri da star male l'avevano cercata, inseguita e salutata con il sollievo di una routine che ricominciava. Per non parlare di quando le avevano sorriso di un sorriso triste, mentre quella voce che tanto le era mancata le augurava ogni felicità. Le sue labbra sulla guancia furono il regalo più amaro che lui le avesse mai donato.
Meschino. Meschino e codardo!
Strappami via quest’anello e consola ogni minuto della tua assenza che ho dovuto sopportare
Lo aveva odiato per questo.
E lo aveva desiderato tanto intensamente, come mai le era capitato prima.
Con che coraggio aveva guardato Tom negli occhi, quella sera? Avevano fatto l'amore dolcemente, mentre il suo inconscio incontrollato la costringeva a vedere altre labbra, a sentire altre mani. C'era un profumo nella sua testa che non aveva nemmeno la certezza fosse veramente il suo o se lo fosse immaginato lei. Si era illusa che tutto fosse dovuto al ritorno di fiamma, il conforto di saperlo di nuovo in città dopo tanto tempo. Eppure la fiamma non si era più estinta, divampando in un incendio indecente che la consumava senza tregua, devastandola. Pretendeva qualcosa che non poteva avere. Si schiantava contro la barriera del non accadrà mai.
Vi prego, lasciatemelo sognare
Si era sentita vile.
Quando lei e Tom decisero di comune accordo che non era possibile trascinarsi oltre non c'era stata rabbia negli occhi di lui, solo una quieta rassegnazione.
"Non amare qualcuno più di quanto ami te stessa" le aveva detto e poi semplicemente era scivolato via dalla sua vita. La ragazza dell'obitorio si era ritrovata avvolta nel silenzio del suo appartamento con qualche foto in più e molti scampoli di dignità in meno.
Molly alza di nuovo lo sguardo verso lo specchio. Non c'è via di scampo. Non c'è mai stata via di scampo. Due anni di sobbalzi a ogni squillo del telefono non l'avevano affatto temprata. Ore e ore interminabili a confortare un John vuoto ogni oltre dire senza poter realmente spiegare perché anche lei fosse scossa dai singulti di un pianto strozzato.
È vivo, John! È vivo!! Ma potrebbe essere morto domani...
Quanto avrebbe voluto poter confessare ogni cosa e dividerne il peso equamente con la sola persona che veramente avrebbe capito, perché anche lui reso folle da un amore irrazionale e puro come solo quell'amicizia che lega il dottore e il detective può essere. Invece le era toccato l'uomo di ghiaccio: era pur sempre amore che provava, di quello che bada bene a mostrarsi in pubblico unito alla costante preoccupazione per la sua incolumità. Ma Mycroft non avrebbe mai potuto comprendere. E Molly si era tenuta il segreto in fondo al cuore, un masso che affondava lento nell'acqua.
La verità è che per quanto Sherlock possa essere lontano da lei, non lo sarà mai abbastanza perché Molly possa sentirsi veramente libera dalla sua presenza invadente.
Ti sbagli sai? Sei importante per me. Lo sei sempre stata.
Quel sempre che per lei si trasforma nella più dolce delle pugnalate.
La donna guarda se stessa negli occhi. Si ritrova a chiedersi che cosa leggerebbe in lei il consulente investigativo. Riuscirebbe ad andare oltre alla cotta infantile? Riuscirebbe a capire che non è più solo una questione da bello e dannato che seduce l'incauta ragazzina? E lei... Lei avrebbe il coraggio di negarsi, se lui le offrisse una scelta?
Il suo riflesso risponde con un sorriso a metà tra lo sconfitto e il divertito: la sua voce è chiara quando con dolcezza pronuncia la sua sentenza.
"Tu, bambina, sei innamorata di lui. E purtroppo a questo non c'è cura"

***

Il cielo sopra di lui è talmente terso da sembrare finto.
Sotto di lui si spalanca una voragine nera e melmosa che inghiotte Londra con i suoi tentacoli.
Il cemento sotto i piedi nudi è freddo e ruvido. Le dita si arricciano, tentando di fare presa sul bordo del cornicione.
La sua vestaglia preferita, quella blu, è una bandiera mossa dal vento incostante che lo circonda.
"Sai Sherlock... Avresti dovuto stare più attento... Molto, molto più attento..."
Moriarty ha la testa spaccata in due, il sangue gli cola sul collo mentre le labbra diventano sempre più esangui.
"Adesso te ne devo più di una"
Si porta alle spalle del detective e alza un braccio, puntando una pistola non contro di lui ma verso un punto ancora più in là.
"Peccato..."
Il suono dello sparo è una bomba che detona nel petto di Sherlock talmente forte da fargli credere morirà di crepacuore.
Il proiettile viaggia veloce. Centra un bersaglio.
Dal tetto del palazzo di fronte, appena visibile nella nebbia scura, il corpo di John cade nel vuoto; una scia di sangue nero lo insegue.
Ci sono altre figure in piedi su quel tetto. Nessuna di loro ha i capelli acconciati in una coda di cavallo.
"Dimmi, mio caro: ce l'hai un pensiero felice?"
Sono mani di donna quelle che lo spingono oltre il baratro.
Mentre precipita sente l'aria fischiargli intorno alla testa: è un rumore che lo infastidisce, che sa di condanna definitiva. Avrebbe voluto dare almeno un saluto.
Ci sono altri spari. Altri corpi che cadono. Pietre scagliate al suolo in un folle esperimento che infrange la barriera del suono.
Non si sentono tonfi.
La caduta continuerà in eterno.
Gli darà tutto il tempo di cui ha bisogno per rivedere la moviola della sua vita e commettere di nuovo ogni singolo errore.
Le mura del suo palazzo mentale si sgretolano. La cenere dei documenti più importanti danza intorno a lui.
Sherlock chiude gli occhi e rimane sospeso in attesa.
Lo schianto contro l'asfalto arriva così improvviso da non lasciargli neanche il lusso della sorpresa.


La prima informazione che rileva quando apre gli occhi è che la stanza è notevolmente più buia di prima.
La seconda è che la neve leggera si è tramutata in una pioggia intensa e cattiva.
La terza è che non è solo.
Sherlock rimane sdraiato sul divano, il cuore che va a mille e un senso di vertigine opprimente. Ha il respiro corto e il sudore gli ha incollato i capelli alle tempie.
"Tieni: bevi"
Le mani che gli porgono un bicchiere d'acqua sono morbide nonostante i non pochi anni. Hanno un tocco fresco e dolce mentre gli scostano i capelli dalla fronte.
Sherlock si calma istantaneamente. Si alza a sedere, accetta il bicchiere e lo porta alle labbra con avidità, rendendosi conto solo ora di quanto avesse sete. Lo vuota d'un sorso tanto in fretta da rischiare di strozzarsi.
"Grazie..." Si volta verso la sua interlocutrice "ma tu non dovresti essere qui" la donna giusta nel posto sbagliato. Per la seconda volta quella giornata.
"Mi ha chiamato Mycroft. Ha detto che eri più intollerabile del solito" La donna sorride con amore "Ho rinunciato ai balli del venerdì per venire qua. Ritieniti in punizione"
Sherlock guarda sua madre. Ci sono forme d'amore dalle quali non si è immuni in nessun caso. Sorride a sua volta, porgendole il bicchiere vuoto.
"Tuo padre è ancora molto arrabbiato con te"
L'uomo fa un leggero assenso con la testa. Per una famiglia normale sarebbe già incredibile una situazione del genere. Lui ora è un omicida: suo padre ha tutti i sacrosanti diritti di non rivolgergli mai più la parola. Ma le madri hanno un cuore diverso. "E tu?"
Lei alza le spalle: "Sopravvivo" lo dice con noncuranza, mentre dentro di se muore un pochino ogni volta che pensa al suo futuro distrutto. È stato stupido. È stato insensato. È stata la motivazione più buona che potesse trovare. Lo ama ogni giorno di più per questo. Ed è bloccata dal terrore per quello che i suoi figli dovranno affrontare ora.
"Sherlock?"
"Sì?"
"Hai sempre sconfitto i mostri annidati sotto il tuo letto. Questo non sarà diverso dagli altri"
Vorrebbe abbracciarla così forte da fondersi con lei. Pelle, ossa e sangue quasi a tornare nell'utero e non uscirne mai più. Il corpo di una madre è il rifugio definitivo. Ma lui è Sherlock Holmes: rimane immobile nella stanza buia, come se fosse un animale impagliato. Ma lei è la donna che lo ha generato, quindi comprende.
"Non c'è nessuno, qui." Con una mossa lenta lo abbraccia, circondandogli le spalle con dolcezza. "Ci siamo solo tu ed io"
Solo ora Sherlock decide di lasciarsi andare: la stringe alla vita e si lascia cullare fino a scacciare ogni cattivo pensiero.

Alle 21.46, dopo che sua madre ha insistito per preparargli da mangiare e per controllare lo stato del suo bucato, Sherlock scrive a suo fratello perché venga a portarla via. Vuole riportare la quiete nella propria mente e per quanto apprezzi il suo pasticcio di carne, ha bisogno che lei se ne vada.
Dopo aver mandato il messaggio a Mycroft rimane fermo qualche istante a osservare la schermata bianca che attende che un nuovo testo sia composto.
Le sue dita esitano. Il cervello s’inceppa, il pensiero si ripiega su se stesso.
La voce di John gli riecheggia nella testa: dovresti smetterla di ferire chi ti ama
"Chi mi ama..."
"Come dici, tesoro?"
Sospira infastidito, udendo il nomignolo
"Niente... Pensavo... No, lascia stare"
Il detective getta il cellulare sulla scrivania e torna in cucina.
Sul display rimane impresso un messaggio non inviato.

Non odiarmi. SH

***

Le giornate trascorrono fastidiosamente lente e piovose: la neve si è sciolta, creando una fanghiglia marrone che ricopre marciapiedi e strade. La noia che aleggia a Baker Street è paragonabile a una carrellata di film francesi del periodo nouvelle vague messi in fila uno dietro l'altro. Belli, per carità... Ma così poco scorrevoli da mandare a male anche il Buddha più temprato.
Sherlock avverte in modo vago lo scorrere del tempo: cibo che la signora Hudson gli prepara e gli lascia davanti alla porta o direttamente in cucina; Lestrade che lo aggiorna sulle indagini con una regolarità che in realtà lui non percepisce; John che si destreggia tra l'ambulatorio, il loro appartamento e i corsi pre-parto; sigarette fumate svogliatamente all'angolo della finestra, unica vera concessione che gli è stata data per sopperire alla prigionia. Grossi buchi di nulla. Vuoti di tempo. Noia informe e grondante.
L'attesa gli sgocciola sul capo in un lento stillicidio.
Nessun messaggio da Molly Hooper. Nessuna voce da Molly Hooper.
Silenzio.
Tre settimane passano inesorabilmente stanche.
Sempre più spesso si ritrova il violino tra le mani senza che lo avesse realmente cercato.
Dopo l'episodio della prima riunione non l'aveva più rivista né cercata. Aveva punito Mycroft con una fastidiosa sequela di messaggi inviati agli orari più impensati. Quando il fratello gli aveva urlato al cellulare di smettere di essere così infantile, lui aveva ribattuto che "chi rompe paga". Mycroft aveva pensato si riferisse al fatto di aver chiamato Molly Hooper a Baker Street quando in realtà i due Holmes si erano accordati di lasciarla fuori da tutto quello, per la sua stessa sicurezza. Sherlock non si era sbilanciato a confermare tale ipotesi, né ad annullarla.
Il detective smette di suonare, intredetto.
L'ha fatto di nuovo, in un blackout di coscienza. Prende il violino, suona e pensa. Poi non si ricorda quando ha cominciato né perché. A volte si sente stupido bloccato così con il violino a mezz'aria, guardando la strada sottostante. Quando succede mente a se stesso, facendo finta di niente. Ciò che lo turba è che trova di una difficoltà disarmante concentrarsi sul vero problema che dovrebbe assillarlo: la piccola Gretel che corre nel bosco ha qualcosa di più intrigante del lupo che la insegue. C'è stato uno slittamento nelle sue priorità. Un salto di tono nel considerare tutte le variabili.
Forse che il suo inconscio sta cercando di dirgli quanto in realtà lui senta la sua mancanza?
Sciocchezze! Quando mai ha sentito il bisogno di porsi certe domande?
Eppure il semplice fatto che Molly, per l'ennesima volta, abbia seguito alla lettera la sua richiesta, scomparendo dal suo raggio di percezione, lo rende irrequieto. Non riesce ad avere un quadro generale lucido e anche se non lo ammette questa cosa lo terrorizza.
Certo sarebbe tutto più semplice se ci fosse davvero qualcosa su cui concentrarsi: dalle informazioni che Lestrade si premura di comunicargli con cura maniacale appare evidente che Sherlock aveva ragione. In tutta Londra, in alcuni casi anche nell'hinterland, sono aumentati atti di criminalità minore. Rapine per lo più. Ma per il resto, il nulla. Nessun caso eclatante, nessuna catena di omicidi seriali, nessuna sparizione intrigante. Niente-di-niente. Come se Moriarty, o il suo fantasma, non avesse alcuna intenzione di mostrarsi di nuovo. Sherlock sa perfettamente che questo è proprio il momento più critico: quieta apatia che lascia decantare il suo cervello nella noia... Se fosse il suo arci nemico, colpirebbe proprio ora. Eppure ogni volta che nei suoi ragionamenti appare lo spiraglio vuoto di una finestra, subito questo è riempito da una sensazione dolce e amara al tempo stesso. Il detective ha dovuto chiedere a John delucidazioni in merito, per poi sentirsi dire una parola per lui al tempo stesso bellissima e inquietante: nostalgia.
Ora aveva anche questa da aggiungere alla collezione di sfumature. Inutile spreco di spazio in memoria. Ringraziamo la dolce Molly per questo.
Se solo potesse essere sicuro che lei stia bene e soprattutto che non sia troppo risentita...
"Oh, per l'amor del cielo!" Il detective scuote il capo con violenza mentre si alza dalla sedia in cucina su cui si era seduto per testare la pittoresca reazione tra alluminio e iodio, riempiendo di fumo viola la stanza. Ma che importa se Molly è arrabbiata? Meglio così! Non si pone il problema di vedersela piombare in casa quando dovrebbero esserci chilometri di distanza tra loro due perché, per la miseria, se Sherlock è ancora vivo lo deve solo a Molly e questo fa di lei il target numero uno, insieme al Dr Watson. E nemmeno deve aver a che fare con quella sensazione sgradevole di sollievo nel sapere che lei al dito non ha più l'anello che quell'idiota della sua copia carbone le aveva donato. O ancora ricordarsi di quanto gli avesse fatto male accorgersi di quel piccolo, disturbante luccichio. E poi rivivere i momenti più oscuri dei due anni da fuggiasco, durante i quali a tenere salda la sua mente furono la consapevolezza di sapere John al sicuro e la bellezza del sorriso di Molly, che nel salutarlo non aveva avuto il coraggio di sussurrare un "torna presto e torna vivo", ma nel frattempo gli aveva trasmesso la sicurezza di qualcuno che lo stesse aspettando con tutta l'anima.
John Watson lo aveva cambiato, ma Molly Hooper lo aveva salvato da battaglie di cui lei non era nemmeno a conoscenza. E se lei è incazzata tanto da non mandare nemmeno un messaggio, lui è nella merda.
Sherlock smette di girare a vuoto per la sala. Passa lo sguardo sugli oggetti famigliari che lo circondano. Inspira profondamente il profumo di legno, fumo e agenti chimici che caratterizza il suo appartamento. Sorride apertamente guardando lo smile di proiettili che la nuova carta da parati non è riuscita del tutto a coprire. Quanto gli era mancato tutto questo.
Il sorriso sparisce: Baker Street è troppo silenziosa. Troppo statica. Lui è lì in mezzo e non sa che farsene della sua incredibile intelligenza. Necessita di qualcosa che lo metta in moto o che almeno lo costringa a un confronto. Molly è dannatamente brava a trascinarcelo anche senza rendersene conto.
L'uomo si volta lentamente fino a incontrare il proprio sguardo penetrante che lo osserva dallo specchio. Quegli occhi dal colore tra l'azzurro e il verde che vengono definiti di ghiaccio solo perché troppo acuti per pretendere di essere altro.
Rare volte ha esercitato le proprie capacità di deduzione su se stesso, ma non gli servono più di otto secondi, il tempo di un lungo respiro, per dire all'uomo che gli sta di fronte: "Quanto ti mancano quei suoi modi assurdi" e tutto quel che ne consegue rimane incastrato dentro di lui.
"Sherlock?"
Il detective si volta di scatto verso la porta d'ingresso: Molly è lì, il fiato corto e le guance arrossate dal freddo e da una corsa forsennata che l'ha portata da lui da chissà dove. Ha il cellulare stretto in pugno e negli occhi uno sguardo a metà tra il dispiaciuto e l'impaurito. Il detective nota i fogli che fanno capolino dalla tasca della giacca: portano il sigillo del governo inglese. Probabilmente sono documenti che hanno in calce la firma pulita di Mycrotf. Probabilmente servono a renderlo libero per ventiquattr'ore, più o meno. Vorrebbe esultare, ma una cosa lo mette in allarme: Molly non sarebbe sconvolta se non fosse per qualcosa di urgente.
"Cos'è successo?" Lascia deliberatamente perdere il piccolo moto d'imbarazzo che prova al pensiero che lei possa aver sentito la sua confessione di poco prima, o la paura di esserne arrossito senza rendersene conto. La sua attenzione è completamente assorbita nel tentativo di comprendere la situazione.
"Sherlock, cambiati subito: dobbiamo andare in ospedale" la patologa parla tanto in fretta da mangiarsi le vocali e il detective è quasi certo di avvertire un singhiozzo trattenuto in gola.
"In ospedale? Siamo solo a fine gennaio, mancano ancora due settimane al parto..."
"Non è per quello. Cioè, non..." Molly scoppia a piangere, incapace di trattenersi oltre. L'uomo si muove indeciso verso di lei. Ha sempre pensato che ci sia un mondo segreto dietro le lacrime, un mondo troppo intimo per essere avvicinato con irruenza. Non che il suo sia rispetto del dolore altrui - anzi, a volte ne è infastidito - ma c'è qualcosa di puro racchiuso nel semplice atto di piangere. Forse lo affascina proprio perché è uno sfogo che lui si concede molto raramente e sempre con sdegno nei propri confronti, poiché lasciarsi andare vuol dire ammettere di avere emozioni. E le emozioni incasinano il suo Mind Palace.
Molly invece... Molly è puro colore. Non si stupisce che lei sia in grado di lasciarsi andare in modo tanto naturale. Eppure vederla piangere non gli piace. Non gli piace per niente.
Facendo appello a tutta la propria forza di volontà le poggia con delicatezza le mani sulle spalle. La sente tremare, scossa dai singhiozzi.
"Molly, cos'è successo?" Le parla con una dolcezza di cui i più non lo credono capace e che in realtà riserva solo a lei.
Lei alza gli occhi, incatenandoli a quelli di lui e Sherlock non può evitare di pensare a quanto siano belli così lucidi di sale. La donna stringe le labbra, cerca di ricomporsi, consapevole che tra poco dovrà essere abbastanza forte da sorreggere il consulente investigativo. Prende un lungo respiro.
E poi lascia cadere il fulmine.
"Sherlock, hanno sparato a John"
E per lo shock Mary era entrata in travaglio.
  
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