Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Nika L Majere    25/03/2014    2 recensioni
SPOILER TERZA SERIE!!!
Moriarty è tornato. Londra trema. E Sherlock è prigioniero di Baker Street.
Il gioco ricomincia e gli scacchisti sono pronti. Ma questa volta c'è molto, molto di più da perdere.
Sherlock è cambiato: la sua corazza è stata scalfita e ora ne deve pagare le conseguenze.
Attenzione: Sherlolly incontrollata.
"Per questo è bene evitare con cura le emozioni e tutto ciò che vi gravita intorno. Meglio affrontare le cosa da un punto di vista freddo e distaccato. Non è per sentimento che si cambia, ma per il secondo principio della termodinamica.
Esso cita: «Questo principio tiene conto del carattere di irreversibilità di molti eventi termodinamici, quali ad esempio il passaggio di calore da un corpo caldo ad un corpo freddo.»"
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Due – in cui Sherlock comprende quale sia il suo problema
 
John cammina a passi rapidi nella neve. Ha appena lasciato la fermata della metropolitana e i suoi piedi si muovono in automatico verso il 221b di Baker Street. Non ha fatto colazione e i morsi della fame cominciano a farsi sentire. Quando passa di fianco alla sua vecchia abituale panetteria ha un fremito: nostalgia mista a gola mista a carenza di zuccheri. Si ferma giusto il tempo per comprare una brioche alla crema, senza indugiare troppo sui tortini al limone esposti nella vetrinetta. Gli era mancato questo sprazzo di quotidianità straordinaria. Un pasto consumato in tutta fretta mentre si corre da un caso all'altro, sempre in movimento come biglie impazzite. Riprende la marcia con una nuvola nera di pensieri che lo segue: la sua donna, gonfia come un pallone, a casa che aspetta notizie fresche per non rimanere troppo esclusa; il messaggio perentorio di Mycroft (Riunione alle 9.30. Da lui) che sembrava più l'ordine di un generale già in battaglia inoltrata più che l'inizio di un vero piano d'azione; Sherlock, il suo umore volubile, la sua noncuranza verso i dettagli che concernono la vita di chi gli gravita attorno e il suo cellulare che squilla a vuoto dopo già undici chiamate.
Moriarty a piede libero. O forse solo il suo fantasma.
Il fantasma basta a fargli tremare le vene dei polsi. L'uomo che ha spinto il suo migliore amico giù da un cornicione. Cosa importa se era una finta? Per due anni è stato vero per John. Il dolore a volte è ancora palpabile, incastonato nel suo petto.
Poi Sherlock era tornato e il dolore si era acuito in una lama bruciante di ghiaccio in mezzo alle sue scapole. Il sollievo non è tale se prima non si sperimenta la pena: due anni di lutto condensati in mezz'ora lo avevano distrutto e ricreato, una Fenice bianca affiancata alla sua controparte oscura. Entrambi in qualche modo morti e rinati dalle ceneri. John nella sua sofferenza incorporata al rancore; Sherlock nel suo infantile imbarazzo di chi sa che ha colpa ma non ha il coraggio di ammetterlo. Mary era una nuvola di balsamo fresco per entrambi, solo che all'epoca di quella disastrosa cena solo John ne era consapevole.
Il dottore arriva alla sua destinazione. Sosta sui gradini. Passa una mano incerta sul legno levigato della porta, il batacchio perfettamente dritto che ha quasi voglia di spostare solo per dispetto. Ricorda con un sorriso agrodolce la prima volta che varcò quella soglia: inconsapevole rito di passaggio.
Quanto è rimasto del vecchio John sull'orlo di quel confine?
Il soldato tremante che si appoggia a un bastone.
E poi?
Il folle che insegue la chimera di una vita normale.
E ora?
Dottor John Watson, marito di Mary Morstan - ex assassina -, migliore amico e collega di Sherlock Holmes - consulente detective, tossico a tempo perso -, padre di una creatura che non è sicuro vorrebbe nascesse in un mondo dove qualcuno come Moriarty può gozzovigliare quanto gli pare.
Chi di questi rimarrà sulla soglia questa volta?
John scrolla le spalle e finalmente entra. La sua copia delle chiavi non è mai stata restituita, né lui ha intenzione di farlo: quella casa, quel rifugio, gli apparterrà per sempre.
Una volta nell'atrio avverte l'aroma del tè provenire dalla cucina di Mrs. Hudson. Decide che è meglio darle una voce prima di salire al piano di sopra.
"Mrs. Hudson? È permesso?"
Entrando la trova intenta a posizionare con cura dei biscotti su un piattino.
"Lei lo vizia, lo sa?"
"Oh, John, buongiorno" la sua voce, sempre trillante e civettuola, è gravata dalla stanchezza. Le spalle circondate da uno scialle leggero sembrano più minute e fragili.
"Mi faccia indovinare" dice il dottore, sfilandole il vassoio con teiera e tazza dalle mani "ha suonato fino a notte fonda?"
"Sì. Una musica così bella John. Io non so come faccia uno come lui a creare certe meraviglie!"
"Dovrebbe dirglielo, sa, che lei di notte vorrebbe dormire"
"Oh, no caro" risponde lei sorpresa "no, no, no. Non è Sherlock" la vede esitare "L'anca!" la vede aggrapparsi a quella convinzione "Il dolore mi ha tenuto sveglia. Dovrei prendere degli antidolorifici, ma non sono convinta. Credo mi darebbero assuefazione e se poi non sono più in grado di.."
John appoggia il vassoio sul tavolo e l'abbraccia con gentilezza
"Anche io ho paura, Mrs. H. Probabilmente anche lui ne ha. Va bene così"
La signora Hudson si lascia andare per un secondo quasi impercettibile. Poi si ricompone con la stoica risolutezza di chi nella vita ne ha viste fin troppe. Ma soprattutto di chi non vuole mostrarsi debole davanti a chi ha bisogno di rocce intorno a se. Scioglie l'abbraccio e si liscia la gonna, risistemando la sua uniforme di casalinga armata. Non sia mai che l'Apocalisse ci colga coi vestiti sgualciti.
"Bene. Andiamo a svegliare il principino" ciò detto si riappropria del vassoio e con passo fermo incede verso le scale.
John sorride guardandola. E si ritrova a chiedersi se Sherlock sia consapevole di quanto grande sia l'amore di cui si è circondato.

***

Greg Lestrade ha un problema.
O meglio ne ha più di uno, ma al momento quello più grave gli siede di fianco in una macchina dai vetri oscurati. Si chiama Anthea o qualcosa del genere: lei ha sospirato il suo nome come se non avesse importanza, mentre le dita non hanno smesso per un solo secondo di correre veloci sulla tastiera del blackberry.
Era venuta a prenderlo - prelevarlo - mentre saliva i gradini del commissariato di polizia. Avvolta di seta scura, impalpabile e sfuggente come lei, bella e profumata, ma con lo sguardo vigile e accorto nonostante la presenza fastidiosa del telefonino.
"Prego, da questa parte" aveva cinguettato.
"Ma, veramente io dov.."
"La prego, non mi faccia insistere" e si era avviata verso una macchina nera da 007.
Lestrade aveva sentito chiaramente lo sguardo interrogativo e divertito del sergente Donovan pungergli la nuca.
Ecco perché questo è un problema: quanto tempo ci avrebbero messo i pettegolezzi a serpeggiare per tutti gli uffici di tutte le divisioni? Una bella quanto misteriosa ragazza distoglie ispettore detective dal caso più assurdo e spaventoso della storia criminale. Un bel titolo da tabloid.
Chi glielo va a spiegare, a loro, che questa non è in alcun modo una visita di piacere? Se proprio proprio dovesse scegliere, tutto vorrebbe tranne un appuntamento con Sherlock Holmes.

***

"Sa John: a volte mi chiedo se sia mai cresciuto o sia rimasto un bambino di cinque anni"*
"Le dirò: credo che ce lo chiediamo un po' tutti"
Sherlock è sdraiato supino sul divano, la testa verso la porta, il braccio destro piegato sopra la fronte a coprirgli gli occhi, il sinistro lasciato ciondolare oltre il bordo del cuscino. Il rumore ritmico di un lieve russare scandisce il suo respiro. C'è un cartone di pizza fredda, acciughe e olive, abbandonato per terra con metà del suo contenuto ancora intatto. A Sherlock la pizza non piace granché: doveva essere disperato se è arrivato a chiamare la consegna a domicilio. Ma non è questo che fa sorridere la sua padrona di casa e il suo ex coinquilino, quanto le labbra ancora sporche di pomodoro e la pancia irrimediabilmente scoperta.
"Che dice: sarei una persona meschina se gli rovesciassi il tè addosso?"
"Oh, John!" La signora Hudson sorride divertita, mentre posa il vassoio sulla superficie orizzontale che dovrebbe essere la scrivania sepolta sotto una catasta di fogli dattiloscritti.
John getta una rapida occhiata alla stanza, poi consulta con ansia l'orologio: per fortuna ha avuto l'accortezza di venire un'ora prima dell'appuntamento, consapevole della capacità del detective di presentarsi nelle mise meno opportune a situazioni più o meno importanti. Almeno questa volta indossa i pantaloni.
Quella casa però è un disastro.
"Lo lasciamo dormire finché non arrivano gli altri, poi io gli verso dell'acqua nell'orecchio"
"Basta che non mi sporcate di nuovo il parquet! Non hai idea di quanto sia difficile pulire le... COSE che lui ci versa sopra!"
"Caffè..."
La voce pare arrivare direttamente dall'oltretomba.
John lo osserva stiracchiassi voluttuosamente con la consapevolezza che tutto l'universo gira intorno a lui. Solo quando il moro apre gli occhi impastatati dal sonno si rende conto di quanto siano profonde le sue occhiaie.
"Potresti fartelo da solo. Anzi, potresti smettere di imporre al mondo i tuoi orari da gufo e dormire di notte come le persone normali" il dottore vorrebbe fermarsi e non dire certe cose, perché sa perfettamente quale sia la causa della loro insonnia generale e di quanto questa pungoli l'amigdala del detective, ma si impone di far sembrare tutto il più normale possibile. "Smettila di essere così infantile"
Sherlock abbozza l'ombra di un sorriso. Poi si alza di scatto, come un burattino a molla. Con passo energico si dirige verso il bagno urlando: "Non entrare in camera mia" e si richiude la porta alle spalle.
"L'ultima volta che abbiamo assistito a questa scena sono andato in analisi per due settimane!" Urla John verso la porta. Ma l'acqua della doccia ha già preso a scorrere e se tutto va bene Sherlock riemergerà da una nuvola di vapore solo tra un'ora, minuto più minuto meno.
"Oh, beh.. Il tè diventerà freddo.." La signora Hudson vi volta verso John con lo sguardo illuminato di una piccola gioia. È sempre così quando i "suoi ragazzi" sono entrambi da lei "colazione, caro?" Chiede porgendo la tazza a John.

***

Mycroft si rigira lentamente la penna tra le mani.
La rimette sul tavolo.
Guarda l'orologio.
Riprende la penna.
Scarabocchia qualcosa su un foglio.
Il cellulare vibra.

Lestrade è arrivato. Manca solo lei e ci sono tutti. Anthea

No, non tutti.
Manca una persona.
Mycroft soppesa l'idea di lasciarla fuori.
Poi alza la cornetta del fisso e compone un numero dal prefisso americano.

***

L'acqua bollente scivola rapida sulle sue scapole trascinando con se la stanchezza che gli grava sulle spalle.
Rilassa i muscoli della schiena, si concede un secondo di pausa dall'eterno ronzio del suo cervello iperattivo. Ovunque posi lo sguardo vede potenziali indizi. Una nebulosa di ipotesi e congetture che lo circonda come un'aura e lo segue senza tregua. È sfibrante. A volte vorrebbe avere la mente meno vasta e prendersi un meritato silenzio.
Sente un vociare dall'altra parte della porta: qualcuno è arrivato. La signora Hudson blatera qualcosa a proposito del disordine. John sconsiglia di aprire il frigorifero.
Sherlock afferra la bottiglia dello shampoo e prende a insaponarsi pigramente i capelli.
C'è un confine labile che divide gli eroi dai cattivi. È un confine che viene varcato molto più spesso di quanto si creda. Si parla di ideologie, di fede, di guerra e di giustizia: è così facile apparire dalla parte del giusto che ormai non ci si pone neanche più il problema di chi abbia effettivamente torto. Il semplice fatto di avere qualcosa o qualcuno da proteggere ci da il diritto di ferire il prossimo, di arrivare a ucciderlo? Per la legge no, la sua reclusione ne è prova, ma per la morale?
Per un attimo, un granello di tempo, Sherlock si chiede se anche Moriarty non avesse qualcosa da proteggere.
È un pensiero ignobile e vischioso. Lo ricaccia in gola con tutta la forza e l'odio - sì, l'odio - di cui si è reso conto essere capace.
E lui? Lui sarà in grado di non crollare sotto il peso della vigliaccheria?
Se sei dalla parte degli angeli ma non sei uno di loro, allora, Sherlock, che cosa sei?
In questo momento è solo un grumo di carne e ossa e sonno che non ha la più pallida idea di che fine avrà questa storia. Si guarda le mani insaponate. Lo shampoo cola tra le sue dita come fosse sangue caldo troppo diluito.
Tutto sta scivolando via dalle sue mani e lui non sa che fare.

***

Quando Sherlock esce dalla propria stanza, alle 9.29 precise, vestito di tutto punto si rende conto con sgomento che non sa dove guardare.
Tutto il materiale - o cianfrusaglie chimiche, che dir si voglia - è stato spostato dal tavolo della cucina e riposto in ordine deliberatamente sbagliato sulle poltrone della sala. Sparse per le stanze sono comparse delle sedie pieghevoli di cui non aveva mai sospettato l'esistenza. Un trionfo di muffin e pasticcini di una costosa pasticceria attende intatto vicino al lavello di essere preso d'assalto da un momento all'altro, mentre John apre con frenesia le ante degli armadietti in cerca di tazze pulite. Quando ne trova alcune a pois marca IKEA decide che vanno bene anche nella loro insensatezza.
Lestrade alla finestra sta urlando al cellulare qualcosa che suona come: "No, non è una squillo" mentre Anthea sogghigna twittando a raffica.
Anderson (ANDERSON???) sfoggia una barba di troppi giorni mentre osserva con gola i titoli dei libri esposti in libreria.
Mycroft siede sul divano, sempre molto attento a entrare in contatto con meno superficie possibile.
"Buongiorno caro" la signora Hudson gli si avvicina con un sorriso compiaciuto "non trovi che sia bellissimo?" Chiede osservando la scena divertita.
"Incantevole..." Le fa eco con scherno il detective.
"Tieni, il tuo caffè" lei gli infila tra le mani la tazza di liquido scuro.
Sherlock si chiede se quello sia il suo appartamento o se per sbaglio sia entrato in una dimensione parallela, tipo Alice oltre lo specchio. Poi prende un sorso. E risputa in tazza.
Manca lo zucchero.

"Signori, posso ricordarvi che questo non è un tea party?"
"Nessuno ti impedirà di farlo, fratello caro" il minore degli Holmes si porta la tazza alle labbra con evidente soddisfazione ora che il caffè non è freddo e ha i suoi adorabili due cucchiai di zucchero "ma ciò non toglie che si parla per dare aria alla bocca"
"Sorvolerò sulla tua mancanza di buon senso" Mycroft ci rinuncia e torna a sedersi con mal celata irritazione.
"Ok, bando alle ciance" l'ispettore Lestrade si alza e pone sul tavolo diverse cartelle "questi sono i rapporti che mi avevi chiesto. Abbiamo controllato tutte le radio e le emittenti televisive. Anche alcune chat particolarmente interessanti. Avevi ragione: quel bastardo è riuscito a inviare simultaneamente lo stesso messaggio su ogni canale, ogni frequenza e ogni sito made in UK. Certo un'operazione del genere deve contare come minimo un centinaio di adepti"
"194** per l'esattezza" Sherlock, seduto a capotavola, posa la propria tazza sul tavolo, incrocia le gambe e si porta le dita delle mani alle labbra, i polpastrelli uniti gli uni agli altri.
"Quindi ha hackerato l'intero settore mediatico inglese... Il sogno antiorwelliano per eccellenza" il commento ammirato di Anderson.
"Beh, non proprio.. Noi non siamo sotto il Grande Fratello. O forse sì?" Il detective scocca un'occhiata più che eloquente a Mycroft.
"Stai forse insinuando che io centri qualcosa?"
"Io non insinuo. Io punto il dito! E se pensi.."
"Un'intera organizzazione... Cioè, tu mi stai dicendo che il lavoro che ti ha tenuto impegnato per due anni dopo il tuo finto suicidio non è servito a niente?"
"È risentimento quello che sento, John?"
Il dottore si stringe nelle spalle, sospirando esasperato "non so... Deducilo"
Il detective alza gli occhi al soffitto "sì, potrebbe trattarsi della branca di un'organizzazione più ampia. Non è così semplice tagliare tutte le radici. Conosci la pianta di rododendro? Se vuoi estirparla devi fare estrema attenzione: basta una svista, un solo germoglio, e giorni di lavoro se ne vanno in fumo. La pianta ricresce ancora più forte"
"Bene, quindi sei anche giardiniere, oltre che un rompi palle. Qual è il punto?"
"Il punto, Gary..."
"Greg"
"Greg... È che Moriarty ha compreso come rinascere ed esistere per sempre" Sherlock guarda i suoi interlocutori. Li vede spaesati e in attesa. La signora Hudson sorride, la curiosità che le illumina il viso.
Il detective scuote il capo spazientito.
"La rete"
"Intendi il web?"
"Un'idea messa on-line non potrà più essere fermata. Non oso pensare quanti mirror possa aver aperto per fare questo giochino. Centinaia, migliaia di byte che viaggiano alla velocità della luce e si inculcano nella mete delle persone. È successa la stessa cosa dopo la mia presunta morte"
"Oh sì, me lo ricordo" lo sguardo sconsolato di Greg è il riflesso di notti insonni passate a scandagliare post e twitt "Tumblr fu sull'orlo del collasso"
"Tum-che?"
"Tumblr, John. È una piattaforma per blog. Due anni fa fu invaso da hastag #notdead e da ipotesi più o meno colorite di come fossi scampato alla morte. Alcune idee erano interessanti, dovresti darci un'occhiata" poi Sherlock si blocca puntando gli occhi nel nulla "nnno... Ripensandoci, forse è meglio se non lo guardi..."
"Ok, ma quindi Moriarty è vivo o morto?"
"Oh, Anderson, perché sei qui esattamente?" Il moro si alza di scatto, si dirige alla propria poltrona e afferra il violino. Punta l'archetto contro i suoi ospiti.
"Il problema non è se Moriarty sia vivo o morto. Il problema è come la gente reagirà a quel messaggio. Ormai lui è il cattivo di una fiaba: le persone sussurrano il suo nome come fosse l'uomo nero, hanno paura di lui. Non lo capite?"
Mycroft sbuffa un mezzo sorriso, come a dire che sì, lui ci era già arrivato ma voleva lasciare al fratello il piacere del palcoscenico.
"Tu cosa prevedi?" L'ispettore ora ha la voce stanca.
"Il caos" gli occhi di ghiaccio del detective si rabbuiano del blu di un mare in tempesta. "Preparatevi a un aumento della criminalità nei prossimi tre o quattro mesi. Soprattutto dei piccoli criminali, resi forti dalla paura dell'ombra di Moriarty. La criminalità organizzata dovrebbe rimanerne fuori, o almeno lo spero. Ci saranno momenti di vero panico, ma poi dovrebbe tornare tutto alla normalità: grazie a Dio l'essere umano riesce a scadere facilmente nell'abitudine. A quel punto arriveranno i veri problemi: sarà proprio in quel momento che saremo tutti più vulnerabili. Succederà qualcosa e di questo sono certo. Cosa però non ne ho ancora un'idea precisa"
Si lascia cadere sulla propria poltrona e lancia uno sguardo ad Anthea che è rimasta ferma e zitta sul divano per tutto il tempo. Vorrebbe proprio sapere di quale utilità la crede degna Mycroft.
"A questo punto però ci serve sapere se Moriarty è a tutti gli effetti deceduto" fa notare Greg, rimarcando la frase piantando il dito sul tavolo.
"Per questo ho già inoltrato la richiesta per riesaminare il cadavere. Purtroppo la burocrazia del Bart's è un po' lenta ultimamente"
Le teste si voltano in contemporanea sulla porta che dalla cucina da sulle scale finché non appare una Molly completamente diversa da quella che tutti ricordano. Non solo per il viso smunto e pallido o le occhiaie scure: è visibilmente dimagrita e se già prima non sembrava un colosso ora si potrebbe pensare sia fatta di fili di vetro. Così fragile che un colpo di tosse troppo forte potrebbe spezzarla per sempre.
Ma lei è Molly. Non vi è stupore quando si dischiude in un sorriso.
"Scusate il ritardo. Non sono riuscita a ottenere il permesso e assentarmi da lavoro per tempo."
"No, figurati" si affretta a dire Mycroft lasciandole la propria sedia "errore mio. Avrei dovuto avvisarti prima"
John non può fare a meno di notare l'occhiata cupa carica di astio che Sherlock scocca alle spalle del fratello.
"Allora, di cosa stavate parlando?" Cinguetta la nuova arrivata, addentando avidamente il muffin che la signora Hudson le porge.


Loro parlano.
Loro parlano e cercano i fili per dipanare la matassa.
Loro parlano e non si rendono conto delle vene dei polsi blu scuro, gonfie e pulsanti pressione alta
Loro parlano e non notano la contrazione impercettibile della bocca ansia, nervosismo
Loro parlano e non guardano le mani screpolate, i capelli aggrovigliati, i pantaloni sgualciti mancanza di autostima
Loro parlano. Sherlock osserva. E Sherlock queste cose le ha notate.
Piccola e fragile Molly Hooper che ti rendi forte quando forte non sei. Che trovi il coraggio di affrontare demoni più grandi di te. Che non smetti di avere fiducia nonostante tutto.
Se non fossi quello che tu credi che io sia, quello che io credo di essere, vorresti comunque aiutarmi?
Di cosa hai bisogno?
La sua fede non ha mai vacillato. La consapevolezza si scioglie nel petto del detective insieme alla gratitudine.
Le dita di Sherlock accarezzano le corde del violino senza che lui se ne renda conto. Vorrebbe pensare di essere contento di vederla, seppure in quello stato. Però poi continuerebbe dicendosi che in realtà poco gli importa, che lei è neutra e priva di valore. Sciocco uomo che tenti invano di raccontarti menzogne: quello che prova è puro sollievo. Lei è lì, davanti a lui, viva e strana come sempre e non morta come nei suoi incubi. Lei è lì e lui si rende conto che c'è qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto questo.
Il ronzio nel suo cervello riparte, incalzante e fastidioso.
"Molly, perché sei qui?" La voce di Sherlock suona come vetri rotti sull'asfalto.
Molly si gira a guardarlo per la prima volta da quando è arrivata, un moto di imbarazzo e panico le rabbuia le iridi "ah, io... Ecco, non dovrei.."
"Lei è qui su mia richiesta, fratellino"
"Ma lei non sarebbe dovuta venire" gli occhi azzurri si stringono in una smorfia, una stilettata che trapassa Mycroft da parte a parte "Molly non può stare a Baker Street"
Quando Sherlock si sposta a guardare Molly lei sente il suo sguardo bruciarle sulla pelle, la fa sentire fastidiosa e colpevole.
"Vattene"
Si può distintamente avvertite la casa trattenere il respiro mentre la sentenza del detective plana sul pavimento in mezzo a loro. Sherlock percepisce vagamente gli sguardi sorpresi e aperti in un'accusa: non importa. Loro non capiscono, ne si sono applicati per poter capire. Tutto il suo risentimento va a Mycroft che sa perfettamente quali sono le regole e ha deciso deliberatamente di infrangerle.
"Sherlock..."
"Non parlare John. Non renderti ancora più stupido" i suoi occhi non la lasciano, la inceneriscono.
"Sherlock, Molly è qui perché è parte della squadra. Ci serve e tu lo sai" John è visibilmente irritato, forse anche ferito da quell'atteggiamento anche se non ne è il diretto interessato.
"Lei non deve essere qui" Sherlock scandisce le parole come se stesse parlando a dei bambini, calcando più forte sul "non deve" "non so per quale motivo Mycroft ti abbia chiamata senza prima consultarmi, ma qui non sei gradita: raccogli le tue cose e vattene"
Molly trema come una foglia al vento. Si sta spezzando. Lana di vetro. Gli occhi le diventano lucidi di lacrime che per amor proprio riesce a ricacciare indietro, ma la tristezza profonda che vi si legge è indelebile. Lo stanno pregando di non farle questo. Lo stanno supplicando e Sherlock non lo può sopportare.
"Molly..." E la voce gli trema mentre sospira il suo nome.
Lei si alza. Raccoglie la borsa. Con uno sguardo e un sorriso saluta gli altri. Poi si volta verso di lui, ma il sorriso non si spegne "ti avviso quando mi daranno il nulla osta per la questione del cadavere" si stringe nelle spalle, si gira e se ne va.
È come se un profumo fosse scomparso, scappato via da sotto la porta. Come se una tinta fosse scivolata dalla tela, portando con se un colore neutro che si posa sul quadro.
Molly se ne è andata e qualcosa si spegne.
Il ronzio si attenua.
Sherlock chiude gli occhi e inspira profondamente.
La signora Hudson guarda il detective con in cuor suo qualcosa di molto vicino all'odio.
A Sherlock non importa, si sente svuotato e in tumulto allo stesso tempo: sta pensando ai fogli di spartito sparsi per camera sua, armoniosi e incandescenti, sui quali quella notte ha scritto note vibranti e troppo appassionate per poterle accettare.





*quesito applicabile sia a Sherlock sia a Benedict
**Numero assolutamente arbitrario che ho sparato a caso
 
Note
Due parole: UN PARTO!
Ho iniziato a scrivere questo capitolo con in mente una cosa e lui ha avuto la sfacciataggine di cambiare volto per ben tre volte! Imperdonabile.
Questo e i miei vari problemi a lavoro/università non mi hanno permesso di aggiornare prima. Spero comunque che l’attesa sia valsa la pena.
Ringrazio chi ha recensito, chi ha deciso di seguire e mettere questa storia tra i preferiti e chi ha semplicemente avuto voglia di leggere il primo capitolo.
Spero di metterci meno di due settimane per scrivere il terzo: prometto che mi ci metto d’impegno!
Probabilmente ci sono un paio di errori di ortografia che ho visto ieri sera ma non ho potuto correggere e ora non ritrovo più O.o chiedo perdono XD
  
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