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Autore: steph808    10/04/2014    2 recensioni
Un nuovo cadavere attende Beckett e Castle. Un tranquillo signore di mezza età viene ucciso nel suo appartamento. La caccia all’assassino avvicinerà tra loro lo scrittore e la detective e incrocerà più volte un altro tipo di incontri ravvicinati: quelli del terzo tipo.
Tutti i personaggi principali della serie televisiva compaiono in questa indagine che si aggiunge idealmente alla prima stagione.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Capitolo3Capitolo 3

Avevano allestito la lavagna delle indagini nella sede del dodicesimo distretto. Al centro, la fotografia di Paul Mack, la vittima.

Molti dei dati erano già chiari: ora della morte e causa, ovvero ferite multiple da arma da fuoco. L’arma del delitto, invece, non era stata trovata, ma si trattava di una pistola calibro 38.

Sotto questo aspetto, il caso era sufficientemente chiaro. Mancavano ancora degli indizi sull’assassino. La porta dell’appartamento non era stata forzata, quindi Mack aveva aperto al killer. Questa parte delle indagini doveva essere sviluppata, perché era decisiva. Lanie e i ragazzi della scientifica si sarebbero occupati di ricavare quanti più dettagli possibili.

Mancavano anche le informazioni sulla vita della vittima. Insomma, c’era molto da lavorare. Castle aveva procurato due bicchieri di caffè e Kate sorseggiava il proprio davanti alla lavagna.

«Ehi, Beckett.»

«Dimmi, Esposito.»

«Abbiamo ricevuto le registrazioni della banca. Le stiamo guardando adesso.»

Il detective Ryan stava scorrendo le immagini a velocità doppia sullo schermo del suo computer. Passanti e clienti sfrecciavano rapidi.

Kate lo raggiunse proprio mentre Castle arrivava di corsa.

«Eccomi! Mi sono perso qualcosa?»

«Non ancora, Castle. Guarda con noi.»

Si affollarono alla postazione di Ryan, con la squadra investigativa al completo, tutti impazienti.

«Questa è l’ora presunta dell’omicidio.»

«Scorri avanti. Ancora.»

Adesso le figure si muovevano a velocità normale. La risoluzione delle telecamere era piuttosto sgranata. Ad un tratto, si vide una sagoma comparire al margine dell’inquadratura.

«Ecco. Fermo!»

Ryan bloccò il video e provò a ingrandire. La telecamera sul retro della banca, che inquadrava parzialmente il vicolo, aveva ripreso una figura di sfuggita. Entrava ed usciva dallo schermo in poco più di due secondi, in un angolo piuttosto buio dove nessuno guardava né passava.

Aveva la testa grossa e quelli che sembravano due occhi a mandorla molto più grandi del normale in un volto privo del naso. Anche l’altezza era superiore alla media. Alla media degli uomini, perlomeno.

Il primo a rompere il silenzio fu Castle.

Si mise a saltellare per la stanza urlando: «Lo sapevo, lo sapevo! I bambini avevano ragione. È un alieno! L’assassino è un alieno.»

«Forse c’è un’altra spiegazione.»

«Beh, Beckett… Se mi chiedessero di descrivere un alieno, darei proprio questa foto» replicò Ryan, anche se non condivideva l’entusiasmo di Castle.

«È troppo sgranata. Mi rifiuto di crederci.»

Il capitano Montgomery uscì in quel momento dal suo ufficio.

«Signor Castle! Detective Beckett! Che succede qui?»

Kate fece un cenno verso lo scrittore, facendo intendere che era lui l’unico ad aver perso il controllo.

«Lo scusi, capitano. Abbiamo le immagini del presunto assassino di Paul Mack.»

«Fate vedere. Accidenti, detective, questo sembra proprio un alieno.»

Castle si avvicinò alla scrivania di Ryan dove di nuovo erano chinati tutti ad osservare il monitor, guardando e riguardando gli stessi due secondi di filmato.

Con fare sornione, lo scrittore strinse le labbra e fischiettò adagio cinque note. Era il celeberrimo tema di “incontri ravvicinati del terzo tipo”.

 

«Richard, caro, Kate ha ragione. Non può essere stato un alieno.»

«Lo so mamma. Razionalmente, l’ho pensato anch’io. Ma le telecamere di sicurezza non mentono.»

Martha Rodgers inclinò la testa in risposta. Un gesto di dubbio molto espressivo, degno dell’attrice che era stata in gioventù.

«Potrebbe essere un effetto di grafica digitale?» ipotizzò Alexis, la figlia dello scrittore.

«Non credo. Era una figura in carne e ossa. Abbiamo dei testimoni che l'hanno visto.»

«Un costume, allora?»

«È quello che pensa Beckett. Solo che dove dimostrarlo. Per adesso ho ragione io. L’hanno detto anche i bambini del sesto piano. È un alieno.»

«Poveri bambini. Saranno sconvolti il resto della loro vita.»

«Spero proprio di no, Alexis. Per fortuna, non hanno assistito a scene violente. Hanno solo visto una creatura galattica.»

«Io sarei rimasta sconvolta.»

«Alexis, cara, sei diventata grande con me e tuo padre. Credo che nulla possa sconvolgerti più di così.»

Stavolta fu Castle a lanciare un’occhiata di rimprovero alla madre.

«Beh, Richard, è la verità.»

Alexis rise, per nulla preoccupata.

  
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