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Autore: Delirious Rose    12/04/2014    2 recensioni
Tredicesimo anno del regno di Denev XVII: Suuritnom Calliram, quarto in linea di succesione al trono di Vernolia dei Mille Fiumi, conquistò e annetté il vicino regno di Agrirani, attirato dalle sue ricchezze e dalle vie commerciali che l'attraversavano. Tuttavia, non aveva ancora fatto i conti con quel popolo forse barbaro, ma fiero e fatto di indomiti guerrieri: vent'anni più tardi nominò come viceré il suo braccio destro, il comandante Hraustrion Relda, con il compito di annientare definitivamente quei ribelli che sfidavano il suo potere.
Questa è la versione semiestesa in cui accorperò le varie one-shot scritte finora
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Heran respirò l’aria d’alta quota a pieni polmoni, gustandone il sapore avidamente nonostante il gelido pizzicore che gli dava alla radice del naso, mentre Mornaü planava sui pascoli quasi disertati dalle greggi: l’autunno aveva vestito i boschi in una sinfonia di rosso e giallo che risaltava contro il cielo terso di Agrirani, perfino il verde dei prati aveva una tonalità calda, quasi dorata. Stringendo le redini fra i denti, il cavaliere annotava ogni punto di riferimento che scorgeva su una tavoletta incerata, mentre da terra gli giungevano le voci confuse dei cartografi reali che seguivano la sua ombra: avevano percorso tutto il paese per tre settimane, loro a piedi e lui in sella al suo drago, e finalmente erano giunti al luogo più importante di tutti, la Prova-del-Re. Secondo le voci che giravano e i rapporti degli esploratori, era proprio lì che quel fantomatico Principe e i suoi accoliti si erano rifugiati, approfittando della difficoltà di accesso e dell’aura sacra che circondava quella valle di cui, sulle mappe, era riportato solo il nome. Il passo per accedervi doveva essere particolarmente alto, tanto che Mornaü si posò in una prateria d’erba alta, in cui il silfio cresceva abbondante.

Una roccia, scura e nuda, si ergeva solitaria fra l’erba come se un gigante l’avesse posta lì per segnare qualcosa: seguendo questo pensiero, il cavaliere considerò opportuno segnarla come punto di riferimento in quella zona priva di sentieri e fece per avvicinarsi, ma Mornaü si mise all’erta, allargando leggermente le narici e dondolando il collo ritmicamente. Un paio di braccia si levò sulla roccia per poi sparire e subito dopo comparve una ragazza: era Perinni la Guaritrice che, dopo la sorpresa iniziale, guardò con circospezione il cavaliere.

«Buona giornata, Perinni Timandæ.»

«Che cosa ci fai qui, nidtou? Dovresti essere ancora a riposo.»

Heran rise, cercando di ammantarsi di un certo candore. «Siete della stessa opinione che mia madre, tuttavia mio pa... il viceré, non ama molto l’inattività e mi ha ordinato di percorrere il paese assieme ai cartografi reali: le mappe che abbiamo di Agrirani sono inesatte.»

La ragazza corrugò la fronte, pensosa. «Mappe? A che cosa possono servire dei pezzi di pergamena?»

«Sono utili per estimare le distanze, stabilire i percorsi più rapidi o agevoli e... non vi avvicinate!» esclamò non appena la vide a meno della distanza di sicurezza che la gente del popolo era tenuta a rispettare. «Perinni Timandæ, Mornaü sarà anche domato, ma resta pur sempre un drago.»

Tuttavia, Perinni ignorò l’avvertimento e si pose davanti a Mornaü: il drago sbuffò un paio di volte, girando la testa prima da un lato e poi dall’altro per studiare meglio la sconosciuta. Heran cercò di trattenerlo quando lo vide schioccare le fauci verso la ragazza, ma con suo grande stupore, il rettile emise una sorta di gorgoglìo estatico e sfregò il muso contro l’omero della guaritrice: questa ricambiò il saluto con un suono abbastanza simile e gli accarezzò la gola. Dire che il cavaliere era basito, era poco: nei sette anni che aveva condiviso con la sua montura, non aveva mai visto Mornaü dare così tanta confidenza a un estraneo, né tantomeno a una donna – tollerava sua madre e sua sorella, ma senza tutte quelle effusioni.

«Visto?» disse infine Perinni, alzando gli occhi su di lui. «Il tuo amico sa che non c’è nulla da temere da me. Ma tu sei stato un po’ ingiusto a non dargli fiducia, nidtou

«Ho agito per semplice precauzione: solitamente Mornaü non è amichevole con... gli sconosciuti,» si giustificò lui, smontando e iniziando ad accarezzare a sua volta il drago.

«In ogni caso, hai spinto il tuo amico troppo in alto: è solo un cucciolo di... vent’anni forse? I suoi polmoni non sono ancora abbastanza forti per quest’aria. E neanche tu sei abituato a queste altitudini.»

«Dite? Eppure mi sento più che bene: se il braccio non fosse ancora debole, potrei affrontare un intero esercito.»

Perinni alzò gli occhi e sbuffò, quindi gli fu accanto con quattro lunghe falcate, gli afferrò un braccio, gli sfilò il guanto e gli tastò il polso.

«Il tuo cuore sta battendo più in fretta e anche il fatto che tu ti senta così sicuro delle tue capacità è un sintomo del mal di montagna. Sarai arrivato ad Agrirani quasi due mesi fa, ma questa è la prima volta che sali a queste altezze: dovrei dirti di tornare subito a fondovalle, ma il tuo amico ha bisogno di riposarsi un poco.»

Heran tacque, confuso dalla familiarità con cui la guaritrice lo aveva sempre trattato ogni volta che si erano incontrati: all’inizio la cosa lo aveva indispettito, ma parlando con Saba e man mano che le sue conoscenze sulla cultura di quel paese aumentavano, aveva lasciato andare – gli Agriranensi si consideravano come un’unica famiglia, era normale per loro parlare alla gente in quel modo. Sospirò e si rese conto solo allora che il suo respiro era diventato più profondo del solito: guardò corrucciato la flora che lo circondava.

«Eppure dovremmo essere a mille, forse mille e cinquecento leigh più in alto di Eimerado...» mormorò, più a se stesso.

La risata di Perinni era cristallina, come mille campanelli d’argento. «Stai scherzando, vero? Oltre i confini di Agrirani a quest’altitudine troveresti solo licheni: perfino noi non andiamo oltre Piattapunta,» spiegò la guaritrice, indicando col naso la roccia, «anche perché la Prova-del-Re è una zona sacra. Attraversiamo Passo Sille solo per i Bivacchi, e non ci addentriamo più di un paio d’ore di cammino.»

Il cavaliere annotò mentalmente l’informazione, cercando di comprendere se fosse vera o falsa: da dove si trovava non poteva scorgere per bene l’espressione della ragazza e la sua voce era neutra. Fece il giro della roccia, estimandone le dimensioni e la posizione rispetto alle cime, quindi vi si arrampicò con poca difficoltà e si sedette alla maniera dei sarti: si sentiva autorizzato a non essere all’erta mentre aspettava i cartografi, poiché i guaritori non solevano attaccare la gente alle spalle e perché Mornaü era insolitamente tranquillo – tanto che il drago aveva iniziato a sonnecchiare, lì dove l’erba era più alta e soffice.

«C’è da dire che la valle ha una forma... insolita,» disse infine, grattandosi il mento.

La ragazza sorseggiò dalla sua borraccia e riprese a raccogliere le erbe.

«È perché fu qui che gli dei discesero su Teija,» rispose senza alzare gli occhi dal suo lavoro, «e la potenza del loro carro fu tale da appianare le montagne. Inoltre fu proprio qui che crearono la vita, prima di permetterle di disperdersi in ogni angolo del nostro mondo: per questo è una terra benedetta.»

«Davvero?» rispose lui, soprappensiero e quasi indifferente.

In tutta risposta, Perinni iniziò a cantare.

All’inizio Heran non aveva dato molto peso al canto, aveva solo pensato con una punta di rammarico che non conosceva quella lingua sufficientemente bene per comprendere il significato del testo, ma poi non aveva potuto far altro che volgere la testa verso la guaritrice che, ritta come un fuso, cantava sulla pendice del monte: la sua voce era cristallina e pareva insinuarsi fra i pensieri del cavaliere con la stessa dolcezza con cui il vento accarezzava l’erba alta. Ed Heran non poteva fare a meno di fissare gli occhi di cielo sulla sua figura che, forse a causa della posizione del sole, pareva splendere.

Mornaü sollevò la testa, come se la sua mente seguisse lo stesso filo dei pensieri del suo padrone, poi sbuffò appena e si alzò, passando dietro la roccia su cui era seduto Heran e raggiungendo la ragazza: si pose al suo fianco, fregando la testa di rettile contro il braccio e ronfando deliziato quando lei iniziò ad accarezzargli il muso, senza smettere di cantare, senza spostare lo sguardo da quella valle fertile e straripante di vita. Ed Heran fu di nuovo sorpreso da quel comportamento, perché i draghi erano creature guardinghe che non si lasciano avvicinare così facilmente, né davano fiducia con così tanta facilità – e questo anche se erano stati domati, tanto che un Cavaliere del Drago d’Argento non poteva prendere una donna qualsiasi come compagna. Si trovò a pensare che Perinni potesse essere gradevole anche per i canoni di Vernolia e che a corte sarebbe stata definita una bellezza rustica, con i capelli bruni e gli occhi un po’ a mandorla. Tuttavia quel canto e quel timbro di voce gli facevano intendere che c’era molto di più dietro gli occhi indaco della guaritrice.

E si accorse, forse un istante troppo tardi, che non aveva mai guardato una donna in quel modo.

 

 

Note d’autore 

Prova-del-Re (o Prova-del-Padre): zona di Agrirani, vulcanicamente ancora attiva.
Silfio: pianta aromatica usata come condimento e come medicinale. Le sue virtù afrodisiache la rendono molto richiesta a Vernolia.
Nidtou (ni-tto): cavaliere.
Leigh: unità di misura vernoliana, corrispondente a 121,92 cm.
Eimerado: città marittima capitale di Vernolia.
Bivacchi (Festa dei): detta anche Sagra di Primavera, ha luogo ogni anno un mese prima dell’equinozio di primavera. È in questa occasione che hanno luogo i riti di passaggio dei giovani di Agrirani e i matrimoni.
Per avere un’idea del canto di Perinni – lo stile ed il tipo di musicalità e voce, non il testo, perché quello non c’entra niente – ho ascoltato ab nauseam “Zaidi Zaidi Iasno Slantce”, noto ai più come “A message for the queen” nell’OS di “300”: ogni parallelismo fra il prato d’erba alta della storia e il campo di grano degno di una pubblicità Kellogg’s della scena in questione, è puramente casuale. Anche perché sarebbe più vicina a “Pilence Pee” o “Atomic Bird” di Yoko Kanno, che sono cantate a cappella e renderebbero poco a una voce sola. In alternativa, ci sarebbe del Bela Bartok se si vuole andare su qualcosa di classico e non folkloristico, ma dato che mio marito non mi ha dato alcun titolo da usare come esempio, non posso dare indicazioni più precise. Poi, vabbeh, ci sarebbe anche "Love Song" di Tigran Hamasyan, che mi fa pensare proprio al tipo di paesaggio descritto, nonostante sia del Jazz, forse per le origini armene di questo fantastico e giovane pianista. Per restare in tema e togliermi il sassolino dalla scarpa, la musica vernoliana la immagino come una cerniera fra Rinascimento e Barocco, l'Orfeo di Monteverdi potrebbe essere un esempio: c’è della polifonia, ma il melodramma è giusto ai suoi albori, a indicare che tutta la società si trova in una fase di cambiamento e di fine regno.

Beh, credo che si possa dire Galeotto fu il drago XXDDD
E so che questo è un orario insolito per postare, ma una delle bestiole mi ha tenuto in ballo per un'ora e mezza, per cui mi sono detta che potevo portarmi un po' avanti e preparare l'HTML del capitolo (che poi non è altro che un Ctrl+Shift+V e vari Ctrl+F con sostituzione in Dreamweaver) e aggiungere quest'ultima noticina e il saluti di rito.

Grazie a chi, non solo leggerà queste righr, ma lascerà anche un commento.

 

Kindest regards,

D. Rose.

   
 
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