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Autore: _Cthylla_    12/04/2014    3 recensioni
[ COMPLETA ]
Spezzato il patto, i problemi non sono ancora finiti per la nostra Emerald! Una svolta inaspettata nella sua vita e in quella di altre due ragazze, infatti...
Dal capitolo 6:
"Vuoto. Curioso.
Non appagata la giovane Lancaster tirò fuori l’intero cassetto per verificare se ci fosse qualcosa dietro, o sotto.
«niente. Eppure la cosa non mi convince…» bussò leggermente contro il fondo dell’armadio.
Che suonò a vuoto.
«ah-ha. Un doppio fondo. Mi sa che ho beccato il nascondiglio dei giocattoli» bisbigliò, tastando con le mani guantate per trovare l’apertura. Rimosso il pannello di legno però si trovò davanti una specie di cassaforte in acciaio con uno schermo ed una piccola tastiera alfanumerica sotto.
Ma che diavolo aveva Robin Mask da nascondere?!"
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kevin Mask, Nuovo personaggio, Robin Mask, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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«…tra due settimane».

Era un annuncio ufficiale. Ufficialissimo. E che aveva lasciato tutti quanti basiti.

«due!…ma…non eravate quelli che volevano andarci piano voialtri? E poi…come fate ad organizzare tutto in due settimane e basta? Insomma…» Roxanne, sconcertata, non sapeva che dire. così come tutti gli altri «tutto così…all’improvviso!»

«…e poi non hai parlato con Kevin giusto un paio di giorni fa? Sbaglio? Mi era parso di avervi visti».

A Meat non era “parso” di averli visti, in realtà li aveva visti proprio -erano vicini al Beverly Park e lui era di ritorno da un infruttuoso inseguimento di Kid e colleghi- ed aveva pure sentito cosa si erano detti. Ma a quanto pareva tutto ciò non aveva portato a niente, anzi, aveva fatto andare tutto al contrario di come avrebbe dovuto andare visto che Emerald e l’americano erano passati da “andiamoci piano” a “ci sposiamo tra due settimane”.

«ci ho parlato, si…»

«ti sei un attimino scordata di dircelo!» la riproverò Crea.

«questo perché non era importante ai fini di quel che voglio fare, direi, se mi sposo con Michael tra due settimane. E quanto all’organizzazione avrei potuto fare tutto anche entro due giorni, visto e considerato che c’è mio padre che a momenti non vede l’ora più di me che io convoli a nozze…»

Ma anche senza “a momenti”, a dire il vero, ed Hammy aveva la vaga idea che dopo essersi calorosamente congratulato per la decisione si fosse messo a fare una serie di salti mortali all’indietro per la gioia.

«va bene, passiamo alle cose serie, chi sarà la damigella d’onore? Io, spero» disse Jacqueline, che nonostante non fosse il suo matrimonio era comunque interessata a stare il più possibile al centro della scena.

«che-che-che?! Chi l’ha detto che devi essere tu per forza, scusa?!» e Anubi Crea era un’altra che teneva particolarmente a quel titolo.

«io la conosco da più tempo di te».

«ma veramente se andassimo per “tempo di conoscenza” la damigella d’onore dovrei essere io» si intromise Roxanne. Emerald fece un sospiro. La temeva una cosa del genere, anche se tutto sommato quello era il meno.

Quella decisione era stata improvvisa, vero…Meat poi non si era sbagliato alludendo al fatto che la sua conversazione con Kevin, avuta qualche giorno prima, c’entrasse.

Anche se non era stata quella la chiacchierata che l’aveva spinta a decidere.

O non solo quella, almeno.

Tornata a Tokyo da cinque giorni, dopo averne trascorsi ben dieci a Londra -durante i quali suo padre, andava detto, non era stato sempre presente. Ma d’altra parte era un uomo dai molti impegni, si sapeva- si era trovata ad affrontare due discussioni ugualmente difficili…

Ma non era quello il momento di pensarci sopra.

Come aveva detto Jacqueline, “passiamo alle cose serie!”

Con l’abito era già a posto, idem con la location -ossia la tenuta di Londra- ed anche per il catering era già stato tutto fatto, così come per la scelta delle decorazioni tutte in bianco e rosso, e pure per i cantanti.

Celine Dion avrebbe cantato “Cant’help falling in love” al posto della tradizionale marcia nuziale, Rossi Warnis la bachata del primo ballo dei due sposi;  poi sarebbe stata Celine a tornare ad esibirsi, alternandosi a Mariah Carey, e alla suddetta Rossi Warnis, fino al termine della “prima parte” della festa, che era per gli ospiti più ingessati.

Lo “scatenamento” vero e proprio sarebbe stato dalle una di notte in poi quando sarebbero arrivati Eminem -per la gioia dello sposo!- Pitbull, Bob Sinclair, David Guetta e pure Timbaland, nientemeno.

Insomma era tutto a posto, eccetto che per quanto riguardava la questione delle damigelle e la scelta del secondo, o la seconda, testimone di nozze.

“tutto a posto…si…almeno per quanto riguarda questo matrimonio!” pensò Emerald.

 

“Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia stupidità abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti” .

 

Kevin.

 

“mi ci è voluto un po’ per capire come stanno davvero le cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene. Per niente”.

 

Quell’altro.

Vabbè.

Meglio non pensarci.

Molto, molto meglio.

Stava per iniziare un nuovo capitolo della sua vita, ancora una volta, e sarebbe stato il più importante perché si sposava, e mica era roba da niente.

«eddai…calme! Adesso vedo, no?»

«calme? Ti sposi tra due settimane, non c’è granché da stare calme!!!» ribatté Crea «vanno ancora scelti i vestiti per tutte noi cinque, perché saremo noi cinque le tue damigelle vero?!»

«vestiti? Oh no no no…» Kirika scosse vigorosamente la testa, dando sfogo alla sua notoria allergia ai vestiti «no, io un vestito non me lo metto!»

«…e un tailleur pantalone? Elegante, adatto ad una cerimonia, ma non un vestito» propose Emerald. La demonessa si rilassò parecchio.

«mi sembra un compromesso valido…»

«Emerald ma…sei sicura di quello che fai? Insomma, io con quello yankee non ti ci vedo proprio» disse Terry, che era allergico a Connors così come Kirika era allergica ai vestiti.

«ti sembro una che si sposerebbe così a cavolo?»

Vero che era stata spinta a programmare di sposarsi a breve da quelle due conversazioni di cui sopra, ma la volontà di farlo c’era già da prima che queste avvenissero; l’avevano solo aiutata a stabilire una data, tutto qui.

Se Emerald J.V.P. Lancaster aveva deciso di sposarsi con Michael Connors era innanzitutto perché voleva farlo ed era contenta di farlo, oltre che perfettamente sicura.

Il resto era solo di contorno, si…

 

“…riuscirò a farti capire di stare commettendo un errore madornale. E lo farò prima delle eventuali nozze!”

 

…solo di contorno.

«non è per questo, è che avevate detto di voler procedere a piccoli passi ma qui direi che andate come treni in corsa!» obiettò Wally «o come i salmoni che risalgono le rapide…»

«Wal…sono sicura. Voglio sposarlo. E lui vuole sposarmi. A dire la verità è stato proprio Michael a darmi lo spunto per decidere, dicendo che sarebbe stata la stagione giusta per un matrimonio: non ancora troppo caldo e con belle giornate assicurate».

Anche quella era la verità. Solo che quella dell’ex mercenario era stata una semplice considerazione, ed era stata lei a dire “sai che hai ragione? si potrebbe pure fare”. Sorprendendolo, ma senza spaventarlo, perché anche lui in fin dei conti era sicuro di quel che stava facendo.

«Hammy…probabilmente mi odierai per quel che sto per dirti ma…non è che Connors ti sposa solo per, beh» Fiona fece il Gesto Universale Dei Soldi «capito, no?»

Ma a sorpresa la ragazza scosse la testa.

«il giorno stesso in cui abbiamo preso la decisione di sposarsi si è fatto mandare dei documenti che attestano la sua rinuncia ad ogni diritto sul mio patrimonio, anche in caso di divorzio. A detta di mio padre peraltro è stata un’idea sua. Lui stesso non ha voluto quei diritti. Quindi direi proprio che non mi sposa per soldi!»

«ha rinunciato veramente?» allibì Jeager «incredibile…»

Non poi così tanto, per chi ormai conosceva bene la totale lealtà di Michael Connors verso i Lancaster.

«discorsi seri per favore!» tornò a farsi sentire Jacqueline «allora! Damigelle e testimoni!»

«di testimoni di nozze uno ce l’ho già» disse Hammy «c’eravamo accordati da piccoli e quando l’ho sentito mi ha detto che è ancora valido…»

«chi è, chi è?» domandò subito Kid Muscle, sputacchiando cibo qua e là.

«il figlio del cugino di mio padre...si chiama Sebastian L.V.C. Lancaster. Mio coetaneo, nemmeno a farlo apposta. Quindi di testimoni mi serve solo il secondo».

«si solo una cosa: Sebastian è carino?» indagò Crea. Jeager si incupì un po’. Non stavano proprio insieme ma pareva che tra loro due ci fosse ugualmente del tenero.

«praticamente è un po’una mia versione maschile con i capelli castani».

«aaah…e per il secondo testimone allora?»

Veramente Hammy un’idea ce l’aveva.

Però non sapeva se avrebbe trovato la faccia tosta per chiederglielo.

In tutti quei mesi lo aveva praticamente evitato il più possibile, dopo che lui le era stato vicino quando ne aveva avuto bisogno…nei suoi confronti si sentiva sia in colpa che una gran vigliacca, ecco la verità.

E poi non era detto che avrebbe accettato, visto chi era il futuro sposo.

«io…in effetti un’idea ce l’avrei ma…»

Occhieggiò Meat.

Che ricambiò l’occhiata.

Una luuuuuuuuuunga occhiata.

«solo dopo che avremo fatto una chiacchierata!» disse deciso il piccoletto.

Ecco, se l’aspettava.

«eddai Meat, di’ di si e basta…» lo incitò Terry «anche se lo yankee per l’appunto non mi piace…già ma lui dov’è?»

«è con suo fratello, sta scegliendo il vestito per la cerimonia…»

«e va a chiedere consiglio a suo fratello? Con quei pantaloni che si mette?» obiettò Roxanne.

In quei giorni tutti loro avevano avuto modo di conoscere ,anche se solo superficialmente, Zachary Connors, ritenendolo a torto “più simpatico” e “meno pericoloso” -opinione non condivisa da Meat- del fratello.

Forse perché l’albino aveva salutato con un abbraccio tutte le ragazze e con una calorosissima stretta di mano tutti i ragazzi senza chiamarli brats o dare a Terry del vaccaro beota.

E fino a quel momento non aveva mai usato il coltello.

O le pistole a dardi di “acido”.

O le Daygum esplosive.

Lo ritenevano solo un po’ “strano” a causa di quei pantaloni e della sua Pac-Mania.

E anche per le sue reazioni quando vedeva ferma per strada una donna un po’ più “svestita”, anche se non si trattava necessariamente di prostitute, bastava che le vedesse in minigonna con tacchi alti ed una maglia scollata abbinata.

 

“signorina?...posso farle una domanda?”

“eeeh…quale?”

“lei per caso è una libera professionista che si presta ad accoppiarsi velocemente e non a scopo riproduttivo in cambio di denaro?”

 

Gli urli che si era beccato con quelle faccende non si contavano, ormai.

Oh, e poi c’era stato il Putan-Tour. Come scordarselo questo tizio che andava lì, loro “trenta la bocca cinquanta l’amor”, e lui a chiedere “..e solo amicizia”?

«e beh…che vuoi farci».

«e immagino che il testimone del tuo futuro marito sia sempre Zeke» disse Checkmate.

«si si…guarda, non oso immaginare che scena deve esserci in questo momento con Michael che cerca un vestito decente e Zachary che gli propina le robe più improbabili. Se poi aggiungiamo a questo il fatto che Mikey non ama molto fare shopping e se mi accompagna è solo ed esclusivamente per farmi piacere…io penso che torna a casa che ancora sbotta!» esclamò, lasciandosi inevitabilmente scappare una risata.

Povero Connors…

 

 

«ma perché non ti provi questo?...e questo?...e quest’altro?...e quest’altro ancora?»

Zeke preda di un certo entusiasmo gli stava appioppando completi su completi su completi, e di tutti quelli non ce n’era uno solo che Michael avrebbe anche solo pensato di indossare.

Infatti, da non si sa dove in quell’elegante atelier, l’albino era riuscito a trovare tutti quelli più assurdi che erano più il suo stile che quello di Michael.

Andiamo…completi a pois?! A grosse righe verdi?!

Ma anche no!

«no, no, no, no, no e NO!» sbottò l’americano bocciando ogni completo che gli aveva portato il fratello «voglio qualcosa di sobrio, di classico, e magari bianco. O di un colore chiaro…»

Giustamente visto che si era naturalizzato Lancaster anche questo faceva parte del pacchetto. Essendo un giorno di grande gioia, e dato che Emerald avrebbe indossato un vestito rosso, lui avrebbe potuto esprimere la sua contentezza indossando un completo bianco che di certo sarebbe stato approvato anche dal capofamiglia.

«questo qui» Zeke tirò su un tight bianco a quadri celesti «è di colore chiaro, è sobrio ed è tanto carino!»

«non è carino per niente!!! Ti ho portato qui per darmi una mano, ma è a me che dobbiamo trovare il vestito, non solo a te!»

«ma il mio vestito l’ho già trovato…»

Si, un frac in raso giallo sole a pallini rossi.

Roba da sparargli alla vista.

«spero che non farai sul serio con quell’affare…»

«perché, Lentiggine? Che ha che non va?»

«e me lo chiedi pure?!»

«si, perché non capisco che ha che non va».

“ma perché ci perdo ancora tempo, perché?!” pensò l’ex mercenario.

«trovami un completo bianco! B-i-a-n-c-o, capito? Senza quadri, cuori, picche, rombi, fiori, zebrature, tigrature, macchie modello leopardo: bianco! È così difficile da capire? BIANCO!» esclamò infine per poi fare un sospiro immenso e crollare a sedere «io qui ci divento matto…perché Hammy ama tanto fare shopping? È snervante!»

«questo va bene?»

Completo bianco.

Con ricami in rilevo di fiori bianchi.

E spalline, ed imbottitura all’altezza del seno.

«Zachary, questo è da donna!!!»

«eeeh, ma non ti sta mai bene niente…»

«non mi sta bene no, se mi porti roba da donna!...allora…quello che voglio io è un completo da uomo, bianco, e senza alcuna decorazione. È tutto chiaro?...ma mi stai ascoltando?!»

Non moltissimo.

Si era accorto di una presenza che non avrebbe dovuto esserci, contrariamente a suo fratello che era così stressato per la scelta del vestito che magari non si sarebbe reso conto nemmeno di una mucca volante a pallini verdi che faceva una sfilata in intimo nel negozio, se ci fosse stata.

«mi sa che l’ex di Hammy è un po’confuso su chi deve sposarsi. Sta lì fuori dalla vetrina a guardarci fisso».

Aveva ragione, Kevin Mask era lì, e stava guardando Michael come a dire “ma io ti ammazzerei, giuro su Dio che ti ammazzerei perché la voglia è tanta e mi stai portando via la donna della mia vita”.

Il soldato comunque fece spallucce. «e chissenefrega».

«lui ha parlato con Hammy cinque giorni fa».

«lo so, lei me l’ha detto».

«non sarà anche per questo che Emerald vuole sposarsi a breve?»

Giusta domanda, che dimostrava che tutto sommato Zachary era un tipo stravagante a cui piaceva fare il comodo suo, ma non per questo cretino.

«forse. Ma avevamo intenzione di sposarci già da prima che Kevin Mask tornasse a seccarla, dunque si è trattato solo di un aiuto a definire la data. Tutto qui. In un certo senso mi ha fatto un favore».

«mi chiedo se sa che vi sposerete tra due settimane».

«io non gliel’ho detto, Hammy non gliel’ha detto anche perché lo sta dicendo ai suoi amici solo in questo momento credo, e su Tumblr non ha pubblicato nulla. Quindi credo che non lo sapesse…fino ad ora!...dove vai?»

L’albino si era allontanato, aveva aperto la porta principale del negozio e messo fuori la testa.

«è un po’inutile che stai qui…è mio fratello che si sposa con Hammy tra pochissimo. Non tu».

Tornò dentro dopo avergli fatto un ultimo sorriso.

«pensi che adesso abbia capito?»

«se non capisce adesso non capisce più. D’accordo che lui essere Kevin dalla Piccola Clava che l’altra notte avere confuso elmo di ferro con pitale ed essersi trovato capelli sporchi di marrone chissà perché, ma più chiaro di così si muore. Uff…» sbuffò «torniamo alla ricerca del completo, va’. Ringraziando il cielo al resto dell’organizzazione pensa il capo, fedi incluse, o sarei diventato pazzo per davvero».

 

 

Non era possibile…no!

No, no!

Kevin Mask indietreggiò e corse via allontanandosi dall’atelier.

Non era possibile, era assurdo!

Non poteva essere vero, non poteva davvero…loro…erano fidanzati ma…

Sposarsi…

L’inglese continuò a correre e correre, come un forsennato, preda di uno shock assoluto più che di tristezza e rabbia.

Shock, perché dopo che lui ed Emerald avevano parlato non si aspettava una cosa del genere.

Tristezza, perché a quel punto era tutto finito per davvero.

Rabbia, perché allora non era stato per l’età che aveva rifiutato di sposare lui, ma solo perché era stato “lui” a chiederglielo e non il caro Mikey al quale a quanto pareva non aveva esitato a dire di si, e per davvero, non così “tanto per fare” come lui aveva creduto -o meglio, voluto credere- nel sapere che i due si erano ufficialmente fidanzati come da annuncio sul blog.

E se lui era già lì a cercare il completo per la cerimonia e quell’altro bastardo -…aveva motivi validi per definire Zeke in quel modo…- gli aveva detto che il matrimonio si sarebbe fatto a breve…perché avrebbe dovuto mentirgli?

Non ci sarebbe stata alcuna altra ragione plausibile sul perché fossero lì, altrimenti.

“Emerald, come puoi farmi una cosa del genere dopo quello che ci siamo detti?! Davvero non ti importa più di me?!”

 

 

:: cinque giorni prima ::

 

 

«…e adesso andiamo a Beverly Park, Zeke, è quello laggiù a duecento metri lo vedi?…che ridi?»

«rido per il povero Lentiggine…»

«non stava granché già al momento della partenza da Washington, mi immaginavo che stesse covando qualcosa…»

«se non sapessi per certo che non è così direi che ti ha detto una stupidaggine solo perché non aveva voglia di girare per la città appena arrivati».

Quando erano partiti infatti Michael, ad Emerald, era sembrato un po’pallidino. E arrivati a Tokyo le aveva confessato di avere la febbre già dal giorno prima, non a trentotto e tre come adesso ma “solo” a trentasette e nove, e che comunque si sarebbe ripreso prestissimo avendo un buon sistema immunitario.

Lì per lì la ragazza se l’era presa con l’ex mercenario perché avrebbe dovuto dirle subito che non stava bene. Avrebbero potuto rimandare la partenza. Ma Michael era uno che, se si programmava qualcosa in un certo modo e con una certa tempistica, andava fatto in quella maniera e basta. Senza scuse. Ed avrebbe anche voluto venire con loro per la primissima visita di Zeke alla città, come stabilito…

 

“dov’è che vai con trentotto e tre?! Restiamo tutti qui”.

“si era stabilito di fare un breve giro, e si farà il giro”.

“no che non lo fai. Adesso ti metti a letto…”

“…con te?”

“…anche con la febbre, Mikey?”

“sempre!”

“quindi niente giro?... e se andiamo io ed Hammy?”

“per iniziare a fare danni fin da subito anche qui?!”

“eddai! eddai! eddai! eddai! eddai!!!”

 

«non aveva voglia, dici? Che per tenerlo a letto a momenti dovevo legarlo?!»

«per tenerlo a letto sarebbe bastato che ti ci mettessi anche tu!» commentò l’albino per poi assumere un aria pensosa «è intrigante come l’idea di un possibile atto non a scopo riproduttivo riesca ad influenzare il comportamento delle persone».

«pensi di iniziare anche tu?» gli chiese ironica Emerald.

«oh, no. Non posso rischiare di trovarmi a subire simili influenze esterne, perderei la capacità di analizzare certi comportamenti in modo lucido se fossi coinvolto in prima persona».

Ironica, appunto. Che gliel’aveva chiesto a fare? Zachary era solo apparentemente uno svampitello, perché in realtà la sua mente era costantemente bombardata da un flusso infinito di informazioni sull’ambiente circostante e le persone che lo popolavano, che lui -sempre in maniera costante- analizzava nel giro di una mezza frazione di secondo.

«right, capito il concetto…»

«è come quando non avevo ancora iniziato a fumare erba. Da un punto di vista puramente logico è una cosa idiota da farsi, ed io questo lo sapevo, quindi evitavo di farla. Poi mi hanno convinto a provare una volta ed ho smesso di vedere la cosa in un’ottica logica, iniziando a vederla come uno sfizio che mi fa piacere concedermi, a volte; ma concedersi uno sfizio dannoso per la salute non è logico, giusto? Solo che essendo direttamente coinvolto in questo non posso più esprimermi».

Era una cosa un po’contorta ma molto da Zachary, che contrariamente ad Hammy si era anche accorto che c’era qualcosa che non tornava.

E questo “qualcosa” risiedeva nel fatto che c’era qualcuno che li aveva seguiti fin da quando erano usciti di casa e che al momento camminava dietro di loro “abbastanza allo scoperto”.

Zeke non si era nemmeno voltato a vedere chi fosse, ancora, non se n’era interessato.

Ma, per ravvivare un po’la passeggiata, decise che forse era venuto il momento di scoprire di chi si trattava e che cosa voleva. Per cui…

Zac!

«ma che accidenti…?!!» esclamò Emerald guardando Zachary che senza dare alcun segno premonitore di quanto stava per fare -come sempre- si era solo leggermente voltato ed aveva lanciato dietro di sé il coltello che teneva nella manica…

Che si era conficcato nell’alto steccato di legno e ad una distanza pochissimi millimetri dalla gola di Kevin Mask.

Il quale, rendendosi conto che se il coltello fosse arrivato di poco più a sinistra sarebbe morto lì, comprensibilmente aveva una certa paura addosso.

E quello si era voltato verso di lui, col sorriso più sereno che Kevin avesse mai visto in volto a qualcuno.

«ciao. Ti va di dirci cosa vuoi? O vuoi continuare a seguirci come fai da quando io ed Hammy siamo usciti di casa?»

L’inglese non sapeva nemmeno da che parte guardare, quegli occhi di colore diverso lo “stranivano” un po’.

«Zachary!!! Porco mondo! Avresti potuto finire a colpirgli la gola!!!» sbottò Emerald, che era passata rapidamente dall’essere sorpresa per la presenza di Kevin alla paura che questi si fosse fatto del male ed in seguito ad una certa incazzatura verso l’albino.

Ok, Kevin era il suo ex, ok, l’aveva tratta in modo indegno e quant’altro, ma non significava che volesse che gli fosse fatto del male!

Il ragazzo però si limitò a mettersi a pulire gli occhiali. «naaah…se avessi voluto colpirlo alla gola sta’tranquilla che l’avrei fatto, ma dato che non l’ho fatto mi pare evidente che non era mia intenzione colpirlo, indi non c’era pericolo che lo colpissi».

Per Kevin tali frasi non erano esattamente incoraggianti.

«…tanto che ci sei puoi ridarmi il coltello?...no? ok» Zeke fece spallucce e semplicemente andò a riprendersi la sua arma «aaaallooora…chi sei? A giudicare dalla reazione di Hammy direi che ti conosce. Lo conosci?»

«è Kevin!!!»

«ah, ecco».

Solo a quel punto il giovane Mask ricominciò a “connettere”, andando per prima cosa a pensare qualcosa di simile a “ma che gente frequenta Emerald?!”.

Gente pericolosa senza dubbio, perché quel tizio -che riconobbe come il fratello di Michael Connors dai video e le foto visti su Tumblr- aveva lanciato con estrema facilità ed altrettanta precisione un coltello a pochi millimetri dalla sua gola senza che la sua azione potesse essere prevista in alcun modo. Prima era lì che parlava tranquillissimo, poi si era voltato solo leggermente e zac!

«Lentiggine aveva ragione, ha proprio l’aria del cavernicolo e la stessa abilità nel pedinare la gente di nascosto!» esclamò poi Zachary con una risata.

«ma sei un idiota completamente pazzo?!!» diede in escandescenze Kevin «potevi ammazzarmi in quel modo!!!»

«un po’pazzo lo sono, ma ho un Q.I. di centosettantasette ed ho il Bachelor da quando avevo diciannove anni, quindi non credo di essere poi così idiota…al contrario di qualcuno che pensa che Orazio sia il pescivendolo…»

Nulla era mutato del sorriso dell’albino, mentre Kevin sembrava sul punto di iniziare a sfracellarlo di botte. O almeno provarci.

«va bene, basta così! tutti e due!» si intromise Emerald anche perché Zeke aveva tirato fuori una faccenda scomoda ed imbarazzante per il suo ex «…Kevin, che vuoi ?!»

«volevo parlare con te. Solo parlare!» disse rapido l’inglese «ci sono delle cose che devo dirti e…e magari da soli» aggiunse guardando Zachary, che tanto si era già apparentemente disinteressato della cosa iniziando a giocherellare col cellulare.

«dipende se Hammy ha voglia di parlarti da sola oppure no. Io al posto suo non ce l’avrei. Anche perché tu non hai l’aria molto simpatica nonostante quella specie di orecchino a piuma sia tanto carino!»

Apparentemente, appunto.

Dunque stava ad Emerald, che già immaginava cosa Kevin volesse dirle. Aveva davvero voglia di starlo a sentire?

Guardò per un momento che parve ad entrambi eterno quel ragazzo con cui aveva passato dei momenti meravigliosi, e che aveva amato.

Ricordò quei suoi occhi azzurri che tante volte aveva osservato perdendocisi dentro trovandosi come a nuotare nell’oceano, la morbidezza dei lunghi capelli biondi che aveva accarezzato, il suo sorriso, il suo tocco su di lei, le loro risate, la loro complicità.

Che fosse finita così male era dannatamente ingiusto ma…era andata in quel modo, e basta.

E con Michael al proprio fianco Emerald provava tutto meno che rimpianto per ciò che era finito. Per come la pensava era stato proprio “chiusa una porta, si apre un portone”. E adesso era ufficialmente fidanzata, e prima o poi si sarebbe sposata con il soldato del quale era cotta fin da quando aveva sette anni, e l’idea la rendeva completamente e perfettamente felice. Nonostante un paio di incubi notturni su una certa pantegana che commetteva sciocchezze come gettarsi dai ponti o ingerire veleno per topi.

Ma forse era normale visto che l’addio a Flash non era stato esattamente dato a cuor leggero.

«vabbè…penso di poterti reggere per cinque minuti di chiacchierata da soli, tutto sommato» disse la ragazza, un po’freddina.

«a Beverly Park ci sono le altalene?» le chiese Zeke.

«e beh. Sennò che parco sarebbe?»

«un parco inutile. Quando hai fatto mi trovi lì».

Detto ciò lui si avviò per quei duecento metri che lo separavano dal parco, lasciando soli i due ex fidanzati.

Kevin indicò una panchina con un cenno. Si sedettero.

“tanto qui scoppia un’altra litigata” pensò Hammy.

«cosa mi vuoi dire?» gli chiese la ragazza in tono neutro.

«che sono andato a trovare mia madre. Su Nettuno. Ci sono stato fino all’altro ieri».

Inizio che sorprese Emerald che aveva pensato che avrebbe riattaccato con i suoi “mi manchi tanto amore mio e bla, bla, bla”. Che fosse andato a trovare Alisa era senza dubbio buona cosa.

«sono lieta che tu l’abbia fatto. L’hai trovata bene?»

«si. Lei e Quarrelman non hanno una vita proprio piena di lussi, ma sono felici».

«alla fine ciò che conta è quello: essere felici».

Breve pausa.

«ci è rimasta male però, quando ha saputo quel che ha fatto mio padre con le sue lettere».

«è comprensibile».

«già. E…questo incontro con mamma lo devo a te, Emerald. Senza di te avrei vissuto nella convinzione che lei riposasse in quella tomba, quindi ti ringrazio con tutto me stesso per ciò che hai fatto per me».

Altra pausa. L’ultima volta che avevano parlato di quell’argomento Kevin le aveva dato addosso, ed ora invece la ringraziava.

«prego».

«e non solo per quanto riguarda mia madre. Ma in generale. Per tutto ciò che hai fatto per me e per ciò che mi hai dato».

Stavolta Emerald non replicò.

«per un bel po’ è stato un periodo veramente felice» continuò Kevin «e probabilmente se fossi stato meno stupido…se mi fossi fidato di più, e fossi stato meno immaturo…forse durerebbe ancora».

Un’altra pausa di silenzio.

«forse si. Ma non è andata così, ed abbiamo preso strade diverse: io percorro la mia accanto a Michael e tu beh…con qualcun’altra, da quel che mi hai scritto l’ultima volta».

Kevin arrossì sotto la maschera al pensiero di quel “vai al diavolo stronza, stasera mi faccio un’altra” scritto in un disperato anelito di rabbia vendicativa.

«ehm. Le cose non stano esattamente in quel modo. Quello è stato perché ero appena venuto a sapere della tua nuova relazione e…ho perso un attimino la bussola».

«come spesso ti accade».

Considerazione anche questa un po’ freddina, non piacevole, però giusta.

«vero. Mi accade spesso. Con te, mi è accaduto una volta di troppo. E non finirò mai di dispiacermene. Riguardo a quella ragazza poi, o meglio, quelle ragazze, un’altra cosa da dire ce l’ho».

«ossia?»

L’inglese le fece delicatamente voltare la testa verso di lui, così che si guardassero.

«ho cercato te in ognuna di loro, ma non ti ho trovata mai».

Lei deglutì un po’troppo nervosamente. «è logico. Che io sappia di “me” ci sono solo io» anche quel che stava dicendo non aveva molto senso «forse avresti dovuto cercare qualcosa di diverso, no?»

«forse, ma forse io non voglio qualcosa di diverso da te. Vedi, Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia stupidità abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti. Ancora» aggiunse «e probabilmente continuerò a farlo sempre. Una cosa come quella che avevamo io e te non può spezzarsi con tanta facilità ed in così poco tempo, o così la penso io. Magari tu sei di un’altra opinione, ma io continuo a sperare che un giorno possiamo tornare a camminare fianco a fianco, noi due, perché siamo stati qualcosa di meraviglioso».

E Kevin la vedeva, riusciva a vederla che quel che stava dicendo l’aveva scossa, non le riusciva più di mantenere quell’aria fredda che aveva ostentato.

«hai detto bene Kevin, “siamo stati”. Si tratta di questo: “passato prossimo”. “siamo stati”, ma non “siamo” e non “saremo”; e non c’è speranza che tenga, soprattutto perché è solo ed esclusivamente tua. Io sto bene come sto e con chi sto. Mi è dispiaciuto per com’è finita e non mi pento di quel che c’è stato tra noi, ma non mi pento nemmeno di aver cambiato strada, e ciò per cui io ti ringrazio è di avermi indicato quella che, per come si sono messe le cose, sembra essere la via giusta per me».

Che tradotto voleva dire “tante care cose ma non me ne frega più una minchia, e grazie per avermi spinta tra le sue braccia con la tua immensa imbecillaggine o da sola non sarei mai arrivata a capire che voglio lui”.

Però era scossa. Molto scossa.

Non poteva non significare qualcosa.

«dici così, ma non puoi vedere come mi stai guardando».

«con compassione? Perché al momento è questo quello che sento verso di te. Compassione per qualcuno che non riesce a riconoscere una causa persa quando se ne trova davanti una come è la nostra vecchia relazione» la ragazza si alzò «trovati un’altra Kevin. Io ora sono fidanzata, il che significa che finirò per sposare quell’uomo prima o poi, e ti dirò...non solo sono felice di questo, ma sono anche sicura sia di volerlo fare che del fatto che non finirò a pentirmene. Ti auguro con tutto il cuore altrettanto».

«anche io e te avremmo dovuto sposarci, ricordi?»

Come a dire “finché la data non è fissata e finché non hai al dito la fede nuziale la partita è ancora aperta, e poco conta che tu sia fidanzata”. Emerald camminò verso Beverly Park allontanandosi di qualche metro.

«vero Kevin, ma con una differenza fondamentale: con te, era solo nella tua fantasia. Con lui invece è tutto estremamente concreto».

«io continuo a credere in noi, Scimmiattolo» ah! l’aveva bloccata sul posto «ci credo anche per te, e non intendo arrendermi».

Lei si voltò ancora.

«Kevin, lascia perdere. Mi hai costretta a farti del male quella volta, non costringermi a rifarlo, non è quello che voglio e ultimamente ne ho già fatto abbastanza a qualcuno cui non volevo farne. O almeno, non in quel modo. Quindi ti prego, lascia stare».

E se n’era andata verso Beverly Park.

Nonostante le sue parole, quel che Kevin aveva visto nel suo sguardo l’aveva fatto tornare a sperare…

 

 

:: ora ::

 

 

“…e invece non solo sono stato un maledetto illuso ma probabilmente dicendole così sono stato io stesso a spingerla a fissare una data e chiudere definitivamente la partita! Non ci volevo credere, e invece…e invece è tutto vero. Dio. È tutto vero, lei si sposa, e con lui!”

Selezionò un numero dalla rubrica.

 

 

«…come prego…?»

è così, che io abbia provato a parlarle non ha funzionato Warsman, lei lo sposa!…Warsman? …ci se-

L’altro chiuse la chiamata. Se Kevin gli avesse chiesto qualcosa, avrebbe detto che era caduta la linea.

Al momento non aveva decisamente voglia di parlare con lui. E con nessun altro.

“ditemi che non è vero, non è possibile!” maestro ed allievo avevano pensieri analoghi a riguardo “no, maledizione, no!!! Lo ha fatto apposta o cosa?!” aveva una tale rabbia e disperazione addosso da scagliare via il cellulare, che finì ad infrangersi contro il muro.

Come gli sembrava di scorgere un barlume di luce ecco che prontamente veniva oscurato. E lui fino a cinque/sei giorni prima in quell’oscurità abissale aveva sguazzato come mai gli era capitato di fare in vita sua.

Era tornato da Londra a Tokyo come un automa, preda del proprio dolore causatogli da quella…quella.

Non c’era una definizione giusta per il modo in cui lui aveva visto Emerald i quei momenti.

Traditrice.

Stronza.

Puttana.

Carogna.

Iena.

Bastarda.

Infida serpe.

Mostro di malvagità.

Aveva pensato tutto questo ed anche di peggio, nei momenti in cui quelle sue orribili parole gli avevano dato un attimo di respiro ed aveva potuto brevemente smettere di sforzarsi di non dare a vedere a nessuno quel che stava passando, ed era stato fortunato che in quel periodo Kevin fosse su Nettuno.

Anche se considerando che un senzatetto gli aveva offerto dello scadentissimo scotch -che tra l’altro lui aveva perfino accettato!- evidentemente nascondere quel provava non gli riusciva molto bene.

Il gelido Warsman, la macchina assassina, la bestia senza cuore…

Senza cuore, si, perché gli era stato strappato via dal petto da quella puttana!

Erano stati giorni d’inferno, giorni di ira contro di lei e contro sé stesso, giorni di vergogna ed anche di lacrime, tutte versate in quella che era stata la casa di lei, mentre distruggeva tutto ciò che gli aveva ricordato loro due, tutti i souvenir del loro viaggio, accanendosi in particolar modo su quelli di Rio.

Si comportava come un uomo appena uscito in modo orribile da una relazione amorosa, avrebbe potuto dire qualcuno.

Ma lui di certo non amava quella lì.

Oh no. Non la amava. E stava così male solo perché…

Eh già, perché? Perché, se non l’amava?

Perché non riusciva a togliersi dalla testa quel che avevano passato, quelle sue azioni verso di lui, dalle prese in giro a quella che il giorno del suo compleanno gli era quasi sembrata una coccola, anche se solo per poco?

Le aveva dato del vampiro mancato, ma tutto sommato non aveva detto una stupidaggine. Solo che lei non gli aveva tolto il sangue dalle vene, ma direttamente la voglia di vivere. Prendendolo con quei suoi gesti che di scherno o di qualunque altra cosa erano stati sempre appassionati, usando il proprio fuoco per riaccendere anche il suo, e far diventare il proprio ancor più forte riprendendosi ciò che gli aveva donato ed anche quel che gli aveva permesso di generare con una crudeltà che lui, sciocco, povero ingenuo, aveva quasi creduto potesse essere una forma di…amore?

Ma quello non era amore, quella era una malattia, aveva pensato.

Ed aveva passato in quel modo giorni e giorni, a pensare e ripensare, e ricordare nonostante la volontà di dimenticare.

Volere è potere, lui stesso lo diceva, ma si era reso conto che in tutto quel tempo aveva ripetuto una stupidaggine.

La svolta c’era stata per l’appunto cinque/sei giorni prima, quando su quella lunghezza d’onda aveva pensato che tutto sommato volere non era potere se, nonostante la sua volontà di mantenere quel rapporto con lei, Emerald non solo l’aveva allontanato e distrutto ma l’aveva fatto pure senza guardarlo negli occhi, dandogli le spalle.

Era stato a quel punto che aveva sentito un campanellino che aveva suonato lieve lieve.

Emerald non lo aveva guardato in faccia mentre gli diceva quelle cose.

Gli aveva voltato le spalle per tutto il tempo.

Lei via via di cose ben poco carine gliene aveva dette, e discorsi fatti freddamente come quell’ultimo, poi, glieli aveva sempre fatti guardandolo negli occhi.

Era una che ci teneva a ricambiare il tuo sguardo se doveva spezzarti il cuore, non per qualche forma di sadismo ma solo perché riteneva giusto farlo.

Se spezzarti il cuore era quello che voleva davvero.

E poi c’era anche un’altra cosa…

Se Emerald J.V.P. Lancaster voleva davvero fare del male a qualcuno, non scappava via subito dopo. Lasciava che a farlo fosse il qualcuno in questione.

E allora forse, forse, se con lui non aveva agito come soleva fare in quelle occasioni quel che Emerald voleva non era…spezzarlo.

 

 “...rischi troppo, Sorcio! E non è questo quello che voglio, io…non voglio…non voglio e basta, ed è per questo che forse è bene chiuderla qui davvero… finirai male se la cosa continua! Lo sai che ci sono grosse probabilità che io abbia ragione, non rendermelo più difficile di quanto già sia…”

“e tu credi che se mi fosse importato davvero qualcosa dei rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur sapendo chi è tuo padre?!”

“a te non importerà ma a me si! Un conto è prenderti a botte col cric e un altro è che tu faccia una brutta fine per colpa mia!”

 

Ma una persona che diceva quelle cose, guardandolo come lo aveva guardato, poteva davvero pensare quelle cose orribili che gli aveva detto dopo, quando lui si era rifiutato di darle retta? Per poi scappare via senza “godersi lo spettacolo”?

Ma certo che non le pensava.

Ovvio che no.

E lui era stato stupido a non capire subito quel che le era passato per la testa, “meglio lontano e al sicuro che vicino ed in pericolo”. Gli aveva detto quelle cose nella speranza che lui si allontanasse e non la cercasse più, evitando così il rischio di “finire male”, come lei stessa aveva detto.

Il cervello gli diceva che quello era solo l’ultimo appiglio di un disperato che non si rassegnava a volerla perdere e vedeva solo quello che voleva vedere.

Ma alla faccia di chi lo considerava una macchina, era il cuore a suggerirgli che invece quel che diceva il cervello era una gran cavolata.

E a costo di fare una pessima figura, non volendo restare con quel dubbio amletico, aveva deciso che tra qualche giorno sarebbe andato a cercare Hammy. Aspettando l’occasione giusta per parlarle, forse per quella che sarebbe stata l’ultima volta, o forse no.

E l’occasione si era puntualmente presentata quando lei, tre giorni prima, era di ritorno dalla farmacia con una -inutile- scorta di tachipirine, aspirine e medicinali vari per il fidanzato ed una ulteriore -utilissima- scorta di pillola anticoncezionale per sé.

 

 

:: tre giorni prima ::

 

 

Avevano tempo i due Connors a dirle che si preoccupava troppo. Hammy li ascoltava?

Ma ovviamente no.

E così eccola con quella scorta di medicinali, tanto che sembrava una farmacia ambulante.

Prevenire è meglio che curare, diceva suo padre, quindi anche se aveva un sistema immunitario invidiabile, Emerald aveva ritenuto opportuno che Michael fosse ben fornito di tutte le medicine che avrebbero potuto servirgli. E così aveva preso tachipirine, aspirine, moment, cibalgina, pastiglie e sciroppi per la tosse, dei fermenti lattici, una sterminata serie di creme contro pruriti, gonfiori, dolori, strappi, irritazioni…il tutto solo perché lui aveva avuto un po’di febbre! Nemmeno avesse avuto a che fare con due che si ammalavano al primo spiffero!

Camminava e stava controllando per l’ennesima volta di aver preso tutto quel che “serviva”, quando all’improvviso venne afferrata e trascinata in un vicoletto.

«ma che diamine?!...ah».

Warsman.

Ancora?!

Cosa poteva volere ora da lei, dopo quello cose orribili che gli aveva detto, delle quali non era vera neanche mezza, tanto che nemmeno adesso le riusciva di guardarlo in faccia se non di sfuggita?

“mi è dispiaciuto e mi dispiace, mi dispiace tanto” pensò, aspettando la sua successiva mossa. In fondo non potevano restarsene lì impalati, lui a fissarla e lei a guardare in ogni dove purché non fossero i suoi occhi.

Che voleva?!

Sentiva una tensione nervosa crescerle dentro. Credeva di aver finito, con lui. E invece se adesso avesse tentato di fargliela pagare aggredendola fisicamente avrebbe dovuto fargli del male anche in questo senso, non solo distruggerlo come l’aveva distrutto!

E se l’avesse detto a qualcuno -o se semplicemente fosse venuto fuori per vie traverse- che lui l’aveva attaccata, anche se l’avesse mandato all’ospedale dubitava che il russo avrebbe potuto passarla liscia, una volta dimesso.

O forse anche prima.

Ma perché non la lasciava in pace, perché sembrava voler finire nei casini per forza?!

«che c’è?! Che vuoi ancora?!» gli disse senza riuscire a trattenere la tensione nervosa di cui sopra che la incrinava la voce «vattene via, io e te non abbiamo più niente di cui parlare!»

Ma lui niente, non si muoveva. Restava lì immobile come una statua, fisso a guardarla, mentre a lei questo non riusciva.

«vai via!!! Non hai capito che non è più aria?! Sei duro di comprendonio?! Il gioco è finito, sei s-stato una bambolina divertente ma mi…mi hai stufato» disse cercando di risultargli fredda e spietata come l’altra volta, con scarsi risultati visto che in qualche punto aveva pure balbettato.

E lui continuava a non muoversi e non dire nulla.

«…in che lingua devo dirtelo che non mi interessa più avere a che fare con te?! I freak show sono divertenti ma dopo un po’annoiano, ed è questo il caso, togliti dalle scatole! Nemico Numero Uno, Nemica Numero Uno, erano cazzate capito?! Solo cazzate!»

Ancora silenzio, e adesso lei aveva perfino gli occhi lucidi.

«se me lo dici guardandomi dritto negli occhi come sei solita fare magari potrò crederci, Emerald. Ma così…eh no…così, proprio no».

Affermazione fatta in un tono tanto serio da farle irrigidire la schiena e sgranare gli occhi smeraldini.

Aveva capito.

Lui aveva capito.

Lui sapeva che di quel che gli aveva detto a Londra non era vera nemmeno una sillaba, ci era arrivato.

Quella maledetta pantegana psicotica la conosceva troppo bene.

Ma doveva finire lo stesso, perché lui non poteva continuare a correre rischi solo per continuare quella strana cosa tra loro due! Non poteva!

La tensione aveva raggiunto un livello tale che Hammy non poteva più contenerla, tanto che si lanciò contro di lui con un ringhio, cominciando a riempirgli il petto di pugni…già solo con quel gesto era evidente la sua volontà di non fargli davvero del male perché col pugno destro il cuore avrebbe potuto strapparglielo via davvero…

Era un atto quasi di disperazione, ma perché quell’idiota non voleva darle retta?! Perché non se ne andava, perché voleva renderle tutto ancora più difficile, pure lui, come se anche Kevin non avesse tentato -vanamente- di incasinare le cose?!

«stai zitto!!! Zitto!!!  e vai via!!!» strillò continuando a prenderlo a pugni «hai capito quello che ho detto?! Vattene!!! Vai via! Sparisci, eclissati, togliti dalle scatole, vai via, via, VIA!!!» odiò sentire le lacrime cominciare a cadere, cosa che la fece solo incavolare di più «vattene, maledizione! È t-tanto difficile da capire?! Eh?!!...» le mani iniziarono a tremarle troppo per continuare a picchiarlo, e finì a stringere tra i pugni quella sua oscena giacca blu, che le aveva sempre fatto schifo quanto quella sua dannata ed obbrobriosa tutina grigia «…perché lo fai?» mormorò piano, infine.

«è quello che mi sono chiesto anche io fino a tre o quattro giorni fa. “perché lo ha fatto?”» replicò lui «mi ci è voluto un po’ per capire come stanno davvero le cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene. Per niente…»

L’aveva stretta a sé con un braccio, lasciando l’altro giù lungo il fianco.

«tu sei…sei completamente cretino!» in un inutile tentativo di nascondergli che stava piangendo aveva avvicinato di più il viso al suo petto, finendo per appoggiarcelo «ma perché lo fai? Io non capisco…»

«è un problema di cui già ero a conoscenza, te l’ho sempre detto che il tuo problema è che non capisci niente, incluso il fatto che per me è meglio vivere anche unicamente due giorni “come si deve” che altri sette od ottomila da solo».

Aveva pensato bene allora. Aveva ragione, lei non pensava quelle cose, e probabilmente per lei dirle era stato brutto quasi quanto per lui era stato sentirle.

«tu s-sei veramente un coglione…» borbottò la ragazza, asciugando le lacrime col dorso della mano in un gesto veloce e quasi rabbioso.

«e tu la solita puttanella senza cervello che ha creduto veramente di potersi liberare di me con tanta facilità».

In realtà c’era quasi riuscita. Ma solo quasi. E adesso erano di nuovo lì.

«ci ho sperato, porcello…per te. Perché tanto anche adesso che sai che…beh…» scivolò via dalla sua presa facendo un gesto vago con le mani «non è che cambia niente. Io continuo sempre ad essere fidanzata senza avere alcuna intenzione di lasciare Michael, nonostante i bla bla di Kevin, e il progetto di un matrimonio si fa sempre più concreto, così come quello di andare a vivere a Londra. Quindi finirà lo stesso».

«non se riprendi a far funzionare i neuroni, per una volta, e ti decidi a capire la grandissima idiozia che vuoi commettere!»

Emerald alzò gli occhi al cielo, gli occhi resi di un verde ancora più brillante dalle lacrime di poco prima. «è un’idiozia solo secondo te. Io amo quell’uomo. Che a te piaccia oppure no, io amo Michael, e se dovessimo sposarci anche domani sarei la più felice delle ragazze!...e a dire il vero anche se la data non è stata fissata io ho già pronto il vestito…»

«come come?!! …io penso che tu sia completamente partita di cervello!» il russo la prese per le spalle «torna a ragionare, per l’amor del cielo! Hai diciannove anni! E se proprio devi sposarti…insomma, sposa un bravo ragazzo, no?! Te l’ho detto ormai infinite volte, ma tu sai chi  è Michael Connors!...come puo-»

«…a dire la verità sarà Michael Lancaster, da dopo sposati, visto che mio padre gliel’ha proposto e lui ha detto di sì».

Una ragnatela solida e costruita con trame sottili ed esperte, nonché grande pazienza.

Warsman tutta quella situazione la vedeva così, anche se in realtà Howard non aveva avuto bisogno di fare praticamente niente limitandosi ad “incoraggiare” quell’unione nel pieno rispetto delle scelte della ragazza. Evitando anche di maltrattare Kevin Mask, finendo perfino ad ospitarlo in casa un’altra volta.

«pure!!!...qui si rasenta la pazzia…Emerald, te lo dico col cuore in mano: non lo fare. Forse hai ragione, e…e a dire il vero…dubito anche io che potrebbe farti del male, però…è sbagliato!»

«se anche tu ammetti che non mi farebbe del male, perché continui a dire che è sbagliato?…» breve silenzio «…è la stessa cosa che ti ha spinto a raggiungermi a Londra, vero?»

«se proprio devi sposarti prenditi un partner alla tua altezza. Non uno come lui».

«Flash…si parlava d’altro, mi pare».

Altra pausa di silenzio.

«perché ti sei fissato col non volermi perdere?»

«e perché a te ha pesato cercare di perdermi? Perché sei tornata sulla Terra la notte del mio compleanno? Perché hai preso quel proiettile che doveva toccare a me rischiando di morire tu al mio posto, se ti avesse colpito pochi centimetri più in là? Perché hai voluto partire con me, perché a…Rio…è successo quel che è successo?» le diede un’occhiata «…se non si è trattato di quel che mi hai detto? Cinque a uno, Emerald».

«o senti, è stato perché…allora…tu sei in assoluto l’uomo più odioso che abbia mai conosciuto in vita mia. Ti avrei preso a schiaffi la prima volta che mi sei comparso davanti, o ti avrei sparato proprio, ma lo sai. E questo perché sei un sorcio psicotico con le chiappe mosce che ha fatto schizzare fuori il cervello dal naso col primo starnuto. Insomma sei tutto questo oltre che Lord Pallemosce e vecchio porcello…» ma che gentile «però il fatto è che anche se sei un vecchio porcello…sei IL MIO vecchio porcello!»

Giustamente come per lui era una puttanella…ma era LA SUA puttanella!

«e riguardo a Rio…no, è ovvio che non l’ho fatto per quel motivo. Non ti avrei usato come un giocattolo» prese ad attorcigliarsi i capelli attorno alle dita «è un discorso più complesso».

«dimmi perché».

Niente da fare, lo voleva proprio sapere, adesso. Prima aveva sempre lasciato perdere ma dopo quel che era successo sembrava necessitare della conferma che per lei era stato “di più”.

«Nikolai…è che…da quel che mi dicesti in quell’occasione tu pensavi che io fossi disgustata da te, e volevo farti capire che non è così! Che per me non sei un mostro, o una bestia, e nemmeno una macchina. Ma solo un vecchio porcello, per l’appunto. E per quanto mi riguarda, dopo aver visto tutto di te -viso incluso- continuo a pensare che quelle chiappette cadenti che ti ritrovi siano la parte peggiore!»

Il russo non sapeva se schiaffeggiarla o baciarla. Nel dubbio non fece nessuna delle due cose.

«perlomeno non sono un ammasso di stecchini con la testa vuota come qualcuno…»

«l’ammasso di stecchini però ti piace visto che come mi vedi un po’più svestita il morto laggiù» indicò il suo inguine «risorge magicamente dalla tomba per poi finire a schizzare come uno spruzzatore di panna spray quando cerchi di rimetterlo a nanna!»

«la tua volgarità non conosce linite!!! Sei proprio la solita puttanella, io al posto di Kevin o di chiunque altro nemmeno con un fucile puntato alla testa ti sposerei…»

«non c’è pericolo che tu sia al posto loro, il posto dei vecchi porcelli è nelle stalle, non accanto a moi…»

«già, tu in quei frangenti preferisci la compagnia di quel mostro».

«e ridagli…Mikey non è un mostro. È l’uomo che voglio sposare, e sposerò! Prima o poi. Facci le bocce. E…inizia fin da ora a restare al sicuro, per favore. Tanto questa faccenda tra me e te deve finire ugualmente, quindi fallo da subito così evitiamo che tu finisca macellato come un porcello, per l’appunto».

Chiariti i motivi per cui doveva finire, infatti, non cambiava il fatto che…doveva finire!

«c’è ancora del tempo, Emerald, riuscirò a farti capire di stare commettendo un errore madornale. E lo farò prima delle eventuali nozze! …dovessi…dovessi finire macellato come dici, per questo!»

Niente da fare. Ma perché era così ostinato?!, pensò, mentre lo guardò andarsene rapidamente via. Nessuno li aveva visti o sentiti, in quel vicoletto, per fortuna.

Riacchiappò la busta di plastica piena di farmaci che aveva lasciato cadere a terra e si riavviò verso l’appartamento di Michael. Per ironico e poco sensato che potesse sembrare, i due vivevano ancora separati, lei nell’attico e lui nel bell’appartamento spazioso al piano di sotto che al momento condivideva con Zachary ed il coniglietto Pac-Man. Bunny invece ce l’aveva lei nell’attico, ed era stata fonte di gioia per Fiona a cui gli animali piacevano, finendo quindi ad attaccarcisi subito.

“quel testardo non demorderà. E purtroppo diceva sul serio col dire che pur di farmi capire che ‘ha ragione lui’ sarebbe disposto a farsi macellare!...” entrò nel palazzo e premette il tasto dell’ascensore “adesso che sa per certo che non è solo un giochino, per me, l’unico modo di toglierselo dalle scatole sarebbe fissare una data per il matrimonio. A breve” entrò “…cosa che non sarebbe mica male…io Emerald J.V.P. e Michael Lancaster!” senza rendersene conto si trovò ad avere un dolce sorriso sul volto “…vuoi vedere che tra Warsman e Kevin hanno finito per farmi un favore?”

Avrebbe sposato Michael, finalmente. E allo stesso tempo Kevin avrebbe dovuto rinunciare definitivamente all’idea di potersela riprendere, e Warsman avrebbe dovuto mettersi l’anima in pace e stare al sicuro come lei desiderava.

Tre piccioni con una fava, non solo due…

 

 

:: ora, Shibuya ::

 

 

«se vuoi che ti faccia da testimone penso che tu debba dirmi-»

«mi dispiace tantissimo per averti evitato, in tutto questo tempo. Non volevo, ma…era proprio per quelle domande lì, Meat».

Erano soli in terrazza, come l’ultima volta che avevano parlato.

«il che mi rende ancora più allarmato. Che c’è di tanto brutto che non puoi dirmi?...e soprattutto non sono ancora convinto riguardo quel braccio!»

Lei voleva quel testone come testimone, e sapeva che non avrebbe accettato se non gli avesse detto la verità.

Quindi dopo aver constatato che comunque fino a quel momento Meat i segreti che gli aveva raccontato li aveva sempre tenuto per sé…decise che forse poteva parlargliene.

«Meat…condizioni dell’altra volta. Io te ne posso anche parlare perché riconosco che tu fino ad ora non mi hai mai tradita. Cioè, gli altri di quando hai trovato me e Flash in quelle condizioni non lo sanno nemmeno, giusto?»

«giusto».

E fu così che raccontò tutto ad un Meat sempre più allucinato.

Gli raccontò dell’operazione alla spalla, gli raccontò dei naniti. Gli rivelò che si, era vero, il suo braccio dunque era maledettamente forte. Confermò che le ragazze quella sera ci avevano visto bene, e che lei e Flash erano in quel locale a ballare il tango, e che questo era accaduto più volte. Gli disse perfino del loro viaggio attorno al mondo, e pur senza essere diretta lasciò intendere che quel che era successo tra loro sotto l’effetto di alcol e droga si era ripetuto. Da sobri. Ma disse anche che, nonostante ciò, non era amore quel che provava verso quel russo, e che lei era più che mai convinta di voler sposare l’ex mercenario.

Gli disse anche i motivi per cui lo faceva, oltre che per quella sicurezza.

E quel che disse Meat infine fu…

«ma tu proprio fuori dai casini non sai starci eh?!! Lo sapevo, io!!! Lo sapevo che nascondevi qualcosa! Ma che dico “qualcosa”, queste sono un mucchio di cose!!!»

«hai voluto saperlo, e io ti ho accontentato. Ma una volta che mi sposo sarò fuori dai guai…»

«si, proprio fuori dai guai, con il fratello del tuo futuro marito che lancia i coltelli in quella maniera…»

«hai…visto?»

«visto e sentito. Passavo lì per caso. Ma tu e Kevin non avete visto me».

«piccino curiooooosooo…Meat…pensi anche tu che il mio sia un errore? Io sono convinta di no».

«e io non so che dirti, Emerald…se tieni tanto al fatto che io sia il tuo testimone di nozze posso anche accontentarti però…non so. Io forse sarei stato più contento di saperti con Kevin. La tua scelta però è un’altra».

«si».

«e ne sei convinta».

«si. Mille volte si, e non vedo l’ora che queste due settimane passino e che arrivi quel giorno».

 

 

:: Londra ::

 

 

Alya Nikolaevna Kalinina, in quel periodo, era preda di atroci sospetti.

Prima dal sospetto di essere tradita dal suo compagno.

E ora, dopo quel che aveva sentito, del sospetto che suddetto compagno potesse essere coinvolto in qualcosa di tanto assurdo da far pensare che potesse essere affetto da demenza senile.

Convolto…assieme alla donna con cui la stava tradendo. Anche se non si spiegava il perché.

Era rimasta molto, molto male quando occhieggiando il cellulare di Robin mentre questo era impegnato a scrivere aveva letto un nome che le era sembrato essere “Jane”.

La prova finale.

Anche in quel caso si era sforzata di non lasciarsi andare, pensando che non doveva trattarsi per forza di corna. Lei poteva essere anche una parente, una cugina…o anche una conoscente. E non era detto che le chiamate ed i messaggi fossero stati sempre di questa Jane.

Per cui, come donna intelligente e ragionevole quale si riteneva di essere, continuava a limitarsi a raccogliere prove e fare delle indagini quanto più possibili discrete prima di giungere a conclusioni che potevano essere affrettate.

Anche se spedire sua cugina Alana dietro a Robin forse non era stato poi così “discreto”. Tanto più che chiunque fosse stata la persona che l’aveva fatto salire in macchina quel giorno -Alana non era riuscita a vedere chi fosse a causa dei finestrini fumé- si era accorta che erano seguiti ed era riuscita a seminarla.

Cosa che rivelava che questa Jane, se di lei si trattava, non era una donna qualunque se era riuscita ad accorgersi di sua cugina che per pazza che fosse quando voleva sapeva essere estremamente discreta.

E poi una donna che guidava bene a quella velocità folle, beh, non era una qualunque lo stesso. Tanto che Alya aveva verificato se ci fossero delle Jane tra coloro che facevano gare automobilistiche, e non ce n’erano.

Ad ogni modo, tornando al discorso iniziale, la cosa che le aveva fatto pensare che Robin -ultimamente parecchio allegro- potesse iniziare a perdere colpi era quanto le era stato raccontato da un MacNeil ancora molto irritato, nonostante la cosa fosse successa un paio di sere fa, ossia gli ultimi dei giorni della settimana di ferie del dottore…

«Robin…»

«dimmi» era seduto su una poltrona a leggere «che succede?»

«niente, è che volevo raccontarti una storia strana. Un paio di sere fa» ossia l’ultima volta che lui era rientrato addirittura alle sei del mattino! «pare che qualcuno non solo abbia ricoperto la casa del dott.MacNeil di carta igienica, ma che si sia perfino messo a suonare i bonghi stonando orribilmente la canzone che parla di quei…come si chiamano?...Watussi!...tutto ciò verso le quattro del mattino! A detta di MacNeil erano in due, con delle felpe con cappuccio in testa, sciarpe ed occhiali da sole…e non è riuscito ad acchiapparli nonostante li abbia inseguiti. Così come non è riuscito a riconoscere bene le voci nonostante mi abbia rivelato di averle trovate familiari…»

In verità non si era limitato a dirle solo questo, ma le aveva detto chiaro e tondo che una delle due gli era sembrata la voce di Robin, anche se non era possibile.

 

“e anche l’altra persona, quando ha iniziato a correre staccando l’altro almeno di duecento metri fin da subito, ho pensato che…aah. Questo si che sarebbe impossibile!”

 

Di quest’ultima considerazione Alya non aveva capito granché, ma aveva sentito abbastanza.

«ed è una fortuna che il dottore viva in una casa singola e non in un condominio o in una bifamiliare, altrimenti sai che disastro…»

«guarda che ho capito benissimo cosa stai pensando, donna!»

«uh?»

«stai pensando che avendo comprato dei bonghi qualche giorno fa, possa essere stato io. Vero? Ebbene non è così! Non è assolutamente così! Io non c’entro! Non c’ero! Non sono stato io! E anche se ho dei bonghi comunque non sarò il solo in tutta Londra ad avere della carta igienica in casa, spero!»

Della serie “non facciamoci beccare”.

A Robin non l’aveva mai detto nessuno che “excusatio non petita, accusatio manifesta”?

E poi ad Alya era sembrato di intravedere nel suo sguardo un lampo che era stato tra l’imbarazzato ed il…divertito?

«a dire la verità non ci avevo pensato, fino ad ora che non mi hai ricordato che possiedi dei bonghi. E che dalla scorta di carta igienica in effetti manca qualche rotolo di troppo».

Robin osservò la compagna, capendo che nonostante la stesse prendendo molto larga Alya si era fatta un’idea abbastanza chiara su chi fosse il colpevole dell’invasione di carta igienica a casa del suo mentore. O meglio, su chi fosse almeno uno dei due colpevoli.

Aveva temuto che potesse accadere, ma aveva anche sperato di no.

«…troppa vitamina c. Ho bevuto un litro e mezzo di succo di arancia. Sai che effetto fa troppa vitamina c, giusto? Sei una dottoressa».

Voleva farla credere che quei rotoli che mancavano fossero dovuti ad un attacco di diarrea?! Ma dai! A chi voleva darla a bere?! E poi…

«del succo d’arancia, eh? Strano. Mi hai sempre detto di apprezzare la frutta solo quando è di stagione, ed ora siamo a maggio inoltrato. E poi, in generale, mi chiedo che senso abbia bere un litro e mezzo di succo d’arancia».

«magari perché mi andava?...suvvia, non crederai davvero che io possa essere coinvolto in quella monelleria a danno di MacNeil, mi conosci, lo sai che sono un uomo serio. Non facevo cose come questa da bambino, figurarsi se mi metto a farle ora».

“però qualche giorno fa sei tornato ubriaco ed appiccicoso di zucchero filato!” pensò lei.

«si, però-»

«parliamo di cose serie, adesso».

Le mostrò un biglietto che aveva in mano, e che era arrivato il giorno prima, nel quale si annunciava l’imminente matrimonio tra Emerald J.V.P. Lancaster -che Alya conosceva- e Michael Connors, che Alya invece non conosceva affatto. Ma non era quello a contare, quanto il fatto che in casa Lancaster tra due settimane ci sarebbe stata festa grossa, e Robin le aveva detto testualmente che intendeva “accettare la sfida di Lancaster, se era per quel motivo che li aveva invitati”.

In verità la donna in quel frangente aveva notato qualcosa che l’aveva leggermente stupita, ossia che Robin non sembrava troppo sorpreso per l’arrivo di quell’invito, ma aveva archiviato subito la faccenda essendo presa da altri pensieri.

«pensavo ne avessimo già discusso ed avessimo concluso di andarci».

«sono ancora dell’idea».

«quindi quale è il problema?»

«non è tanto un problema…è che mi dà da pensare un po’. Il fatto è che su questo biglietto, se le cose fossero andate come volevo anni fa e come voleva Kevin, avrebbe dovuto esserci scritto il suo di nome al posto di quello di questo Connors. Non che mi dispiaccia. Alla fine è saltato fuori che unire le due famiglie non era una grande idea…»

«unire le famiglie?» gli chiese Alya perplessa, che di quella faccenda non sapeva niente così come non sapeva della precedente amicizia di Howard e Robin.

«ah…già. Non te l’avevo raccontato vero?»

«che cosa?»

«che una volta io ed Howard H.R.J. Lancaster eravamo molto, molto amici. Tanto che avrei voluto far sposare i nostri figli, che lui è padrino di Kevin ed io di Emerald e…lunga storia…»

Le giungeva completamente nuovo. «non me l’avevi detto, no…»

   
 
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