«…tra due
settimane».
Era un annuncio ufficiale.
Ufficialissimo. E che aveva
lasciato tutti quanti basiti.
«due!…ma…non
eravate quelli che volevano andarci piano
voialtri? E poi…come fate ad organizzare tutto in due
settimane e basta?
Insomma…» Roxanne, sconcertata, non sapeva che
dire. così come tutti gli altri
«tutto
così…all’improvviso!»
«…e poi non hai
parlato con Kevin giusto un paio di giorni
fa? Sbaglio? Mi era parso di avervi visti».
A Meat non era
“parso” di averli visti, in realtà li
aveva
visti proprio -erano vicini al Beverly Park e lui era di ritorno da un
infruttuoso inseguimento di Kid e colleghi- ed aveva pure sentito cosa
si erano
detti. Ma a quanto pareva tutto ciò non aveva portato a
niente, anzi, aveva fatto
andare tutto al contrario di come avrebbe dovuto andare visto che
Emerald e
l’americano erano passati da “andiamoci
piano” a “ci sposiamo tra due
settimane”.
«ci ho parlato,
si…»
«ti sei un attimino
scordata di dircelo!» la riproverò Crea.
«questo perché
non era importante ai fini di quel che voglio
fare, direi, se mi sposo con Michael tra due settimane. E quanto
all’organizzazione avrei potuto fare tutto anche entro due
giorni, visto e
considerato che c’è mio padre che a momenti non
vede l’ora più di me che io
convoli a nozze…»
Ma anche senza “a
momenti”, a dire il vero, ed Hammy aveva
la vaga idea che dopo essersi calorosamente congratulato per la
decisione si
fosse messo a fare una serie di salti mortali all’indietro
per la gioia.
«va bene, passiamo alle
cose serie, chi sarà la damigella
d’onore? Io, spero» disse Jacqueline, che
nonostante non fosse il suo matrimonio
era comunque interessata a stare il più possibile al centro
della scena.
«che-che-che?! Chi
l’ha detto che devi essere tu per forza,
scusa?!» e Anubi Crea era un’altra che teneva
particolarmente a quel titolo.
«io la conosco da
più tempo di te».
«ma veramente se andassimo
per “tempo di conoscenza” la
damigella d’onore dovrei essere io» si intromise
Roxanne. Emerald fece un
sospiro. La temeva una cosa del genere, anche se tutto sommato quello
era il
meno.
Quella decisione era stata
improvvisa, vero…Meat poi non si
era sbagliato alludendo al fatto che la sua conversazione con Kevin,
avuta
qualche giorno prima, c’entrasse.
Anche se non era stata quella
la chiacchierata che
l’aveva spinta a decidere.
O non solo quella, almeno.
Tornata a Tokyo da cinque giorni,
dopo averne trascorsi ben
dieci a Londra -durante i quali suo padre, andava detto, non
era stato sempre
presente. Ma d’altra parte era un uomo dai molti
impegni, si sapeva- si era
trovata ad affrontare due discussioni ugualmente difficili…
Ma non era quello il momento di
pensarci sopra.
Come aveva detto Jacqueline,
“passiamo alle cose serie!”
Con l’abito era
già a posto, idem con la location -ossia la
tenuta di Londra- ed anche per il catering era già stato
tutto fatto, così come
per la scelta delle decorazioni tutte in bianco e rosso, e pure per i
cantanti.
Celine Dion avrebbe cantato
“Cant’help falling in love” al
posto della tradizionale marcia nuziale, Rossi Warnis la bachata del
primo
ballo dei due sposi; poi
sarebbe stata
Celine a tornare ad esibirsi, alternandosi a Mariah Carey, e alla
suddetta
Rossi Warnis, fino al termine della “prima parte”
della festa, che era per gli
ospiti più ingessati.
Lo “scatenamento”
vero e proprio sarebbe stato dalle una di
notte in poi quando sarebbero arrivati Eminem -per la gioia dello
sposo!-
Pitbull, Bob Sinclair, David Guetta e pure Timbaland, nientemeno.
Insomma era tutto a posto, eccetto
che per quanto riguardava
la questione delle damigelle e la scelta del secondo, o la seconda,
testimone
di nozze.
“tutto a
posto…si…almeno per quanto riguarda questo
matrimonio!” pensò Emerald.
“Emerald Janice
Verbena Phoebe Lancaster…nonostante tutto
quel che è successo, ed il fatto che solo per colpa mia e
della mia stupidità
abbiamo preso strade diverse, io continuo ad amarti” .
Kevin.
“mi ci
è voluto un po’ per capire come stanno davvero le
cose ma alla fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca
di
concludere il nostro rapporto di…inimicizia…non
mi sta bene. Per niente”.
Quell’altro.
Vabbè.
Meglio non pensarci.
Molto, molto meglio.
Stava per iniziare un nuovo capitolo
della sua vita, ancora
una volta, e sarebbe stato il più importante
perché si sposava, e mica
era roba da niente.
«eddai…calme!
Adesso vedo, no?»
«calme? Ti sposi tra due
settimane, non c’è granché da stare
calme!!!» ribatté Crea «vanno ancora
scelti i vestiti per tutte noi cinque,
perché saremo noi cinque le tue damigelle vero?!»
«vestiti? Oh no no
no…» Kirika scosse vigorosamente la
testa, dando sfogo alla sua notoria allergia ai vestiti «no,
io un vestito non
me lo metto!»
«…e un tailleur
pantalone? Elegante, adatto ad una
cerimonia, ma non un vestito» propose Emerald. La demonessa
si rilassò
parecchio.
«mi sembra un compromesso
valido…»
«Emerald ma…sei
sicura di quello che fai? Insomma, io con
quello yankee non ti ci vedo proprio» disse Terry, che era
allergico a Connors
così come Kirika era allergica ai vestiti.
«ti sembro una che si
sposerebbe così a cavolo?»
Vero che era stata spinta a
programmare di sposarsi a breve
da quelle due conversazioni di cui sopra, ma la volontà di
farlo c’era già da
prima che queste avvenissero; l’avevano solo aiutata a
stabilire una data,
tutto qui.
Se Emerald J.V.P. Lancaster aveva
deciso di sposarsi con
Michael Connors era innanzitutto perché voleva
farlo ed era contenta
di farlo, oltre che perfettamente sicura.
Il resto era solo di contorno,
si…
“…riuscirò
a farti capire di stare commettendo un errore
madornale. E lo farò prima delle eventuali
nozze!”
…solo di contorno.
«non è per
questo, è che avevate detto di voler procedere a
piccoli passi ma qui direi che andate come treni in corsa!»
obiettò Wally «o
come i salmoni che risalgono le rapide…»
«Wal…sono
sicura. Voglio sposarlo. E lui vuole sposarmi. A
dire la verità è stato proprio Michael a darmi lo
spunto per decidere, dicendo
che sarebbe stata la stagione giusta per un matrimonio: non ancora
troppo caldo
e con belle giornate assicurate».
Anche quella era la
verità. Solo che quella dell’ex
mercenario era stata una semplice considerazione, ed era stata lei a
dire “sai
che hai ragione? si potrebbe pure fare”. Sorprendendolo, ma
senza spaventarlo,
perché anche lui in fin dei conti era sicuro di quel che
stava facendo.
«Hammy…probabilmente
mi odierai per quel che sto per dirti
ma…non è che Connors ti sposa solo per,
beh» Fiona fece il Gesto Universale Dei
Soldi «capito, no?»
Ma a sorpresa la ragazza scosse la
testa.
«il giorno stesso in cui
abbiamo preso la decisione di
sposarsi si è fatto mandare dei documenti che attestano la
sua rinuncia ad ogni
diritto sul mio patrimonio, anche in caso di divorzio. A detta di mio
padre
peraltro è stata un’idea sua.
Lui stesso non ha voluto quei diritti.
Quindi direi proprio che non mi sposa per soldi!»
«ha rinunciato
veramente?» allibì Jeager
«incredibile…»
Non poi così tanto, per
chi ormai conosceva bene la totale
lealtà di Michael Connors verso i Lancaster.
«discorsi seri per
favore!» tornò a farsi sentire
Jacqueline
«allora! Damigelle e testimoni!»
«di testimoni di nozze uno
ce l’ho già» disse Hammy
«c’eravamo accordati da piccoli e quando
l’ho sentito mi ha detto che è ancora
valido…»
«chi è, chi
è?» domandò subito Kid Muscle,
sputacchiando
cibo qua e là.
«il figlio del cugino di
mio padre...si chiama Sebastian
L.V.C. Lancaster. Mio coetaneo, nemmeno a farlo apposta. Quindi di
testimoni mi
serve solo il secondo».
«si solo una cosa:
Sebastian è carino?» indagò Crea.
Jeager
si incupì un po’. Non stavano proprio insieme ma
pareva che tra loro due ci
fosse ugualmente del tenero.
«praticamente è
un po’una mia versione maschile con i
capelli castani».
«aaah…e per il
secondo testimone allora?»
Veramente Hammy un’idea ce
l’aveva.
Però non sapeva se avrebbe
trovato la faccia tosta per
chiederglielo.
In tutti quei mesi lo aveva
praticamente evitato il più
possibile, dopo che lui le era stato vicino quando ne aveva avuto
bisogno…nei
suoi confronti si sentiva sia in colpa che una gran vigliacca, ecco la
verità.
E poi non era detto che avrebbe
accettato, visto chi era il
futuro sposo.
«io…in effetti
un’idea ce l’avrei ma…»
Occhieggiò Meat.
Che ricambiò
l’occhiata.
Una luuuuuuuuuunga
occhiata.
«solo dopo che avremo fatto
una chiacchierata!» disse deciso
il piccoletto.
Ecco, se l’aspettava.
«eddai Meat, di’
di si e basta…» lo incitò Terry
«anche se
lo yankee per l’appunto non mi
piace…già ma lui
dov’è?»
«è con suo
fratello, sta scegliendo il vestito per la
cerimonia…»
«e va a chiedere consiglio
a suo fratello? Con quei pantaloni
che si mette?» obiettò Roxanne.
In quei giorni tutti loro avevano
avuto modo di conoscere
,anche se solo superficialmente, Zachary Connors, ritenendolo a torto
“più
simpatico” e “meno pericoloso” -opinione
non condivisa da Meat- del fratello.
Forse perché
l’albino aveva salutato con un abbraccio tutte
le ragazze e con una calorosissima stretta di mano tutti i ragazzi
senza
chiamarli brats o dare a Terry del
vaccaro beota.
E fino a quel momento non aveva mai
usato il coltello.
O le pistole a dardi di
“acido”.
O le Daygum esplosive.
Lo ritenevano solo un po’
“strano” a causa di quei pantaloni
e della sua Pac-Mania.
E anche per le sue reazioni quando
vedeva ferma per strada
una donna un po’ più
“svestita”, anche se non si trattava
necessariamente di
prostitute, bastava che le vedesse in minigonna con tacchi alti ed una
maglia
scollata abbinata.
“signorina?...posso
farle una domanda?”
“eeeh…quale?”
“lei
per caso è una
libera professionista che si presta ad accoppiarsi velocemente e non a
scopo
riproduttivo in cambio di denaro?”
Gli urli che si era beccato con
quelle faccende non si
contavano, ormai.
Oh, e poi c’era stato il
Putan-Tour. Come scordarselo questo
tizio che andava lì, loro “trenta la bocca
cinquanta l’amor”, e lui a chiedere
“..e solo amicizia”?
«e beh…che vuoi
farci».
«e immagino che il
testimone del tuo futuro marito sia
sempre Zeke» disse Checkmate.
«si si…guarda, non oso
immaginare che scena deve esserci in questo momento con
Michael che cerca
un vestito decente e Zachary che gli propina le robe più
improbabili. Se poi
aggiungiamo a questo il fatto che Mikey non ama molto fare shopping e
se mi
accompagna è solo ed esclusivamente per farmi
piacere…io penso che torna a casa
che ancora sbotta!» esclamò, lasciandosi
inevitabilmente scappare una risata.
Povero Connors…
«ma perché non
ti provi questo?...e questo?...e
quest’altro?...e quest’altro ancora?»
Zeke preda di un certo entusiasmo gli
stava appioppando
completi su completi su completi, e di tutti quelli non ce
n’era uno solo che
Michael avrebbe anche solo pensato di indossare.
Infatti, da non si sa dove in
quell’elegante atelier,
l’albino era riuscito a trovare tutti quelli più
assurdi che erano più il suo stile
che quello di Michael.
Andiamo…completi a pois?!
A grosse righe verdi?!
Ma anche no!
«no, no, no, no, no e
NO!» sbottò l’americano bocciando ogni
completo che gli aveva portato il fratello «voglio qualcosa
di sobrio, di
classico, e magari bianco. O di un
colore chiaro…»
Giustamente visto che si era
naturalizzato Lancaster anche
questo faceva parte del pacchetto. Essendo un giorno di grande gioia, e
dato
che Emerald avrebbe indossato un vestito rosso, lui avrebbe potuto
esprimere la
sua contentezza indossando un completo bianco che di certo sarebbe
stato
approvato anche dal capofamiglia.
«questo qui» Zeke
tirò su un tight bianco a quadri celesti «è di colore chiaro,
è sobrio ed è tanto
carino!»
«non
è carino per
niente!!! Ti ho portato qui per darmi una mano, ma
è a me che dobbiamo
trovare il vestito, non solo a te!»
«ma il mio vestito
l’ho già trovato…»
Si, un frac in raso giallo sole a
pallini rossi.
Roba da sparargli alla vista.
«spero che non farai sul
serio con quell’affare…»
«perché,
Lentiggine? Che ha che non va?»
«e me lo chiedi
pure?!»
«si, perché non
capisco che ha che non va».
“ma perché ci
perdo ancora tempo, perché?!” pensò
l’ex
mercenario.
«trovami un completo
bianco! B-i-a-n-c-o, capito? Senza
quadri, cuori, picche, rombi, fiori, zebrature, tigrature, macchie
modello
leopardo: bianco! È
così difficile da
capire? BIANCO!» esclamò infine per poi fare un
sospiro immenso e crollare a
sedere «io qui ci divento matto…perché
Hammy ama tanto fare shopping? È
snervante!»
«questo va bene?»
Completo bianco.
Con ricami in rilevo di fiori bianchi.
E spalline, ed imbottitura
all’altezza del seno.
«Zachary,
questo è da
donna!!!»
«eeeh, ma non ti sta mai
bene niente…»
«non mi sta bene no, se mi
porti roba da
donna!...allora…quello che voglio io è un
completo da uomo, bianco,
e senza alcuna decorazione. È tutto
chiaro?...ma mi stai ascoltando?!»
Non moltissimo.
Si era accorto di una presenza che
non avrebbe dovuto
esserci, contrariamente a suo fratello che era così
stressato per la scelta del
vestito che magari non si sarebbe reso conto nemmeno di una mucca
volante a
pallini verdi che faceva una sfilata in intimo nel negozio, se ci fosse
stata.
«mi sa che l’ex
di Hammy è un po’confuso su chi deve
sposarsi. Sta lì fuori dalla vetrina a guardarci
fisso».
Aveva ragione, Kevin Mask era
lì, e stava guardando Michael
come a dire “ma io ti ammazzerei, giuro su Dio che ti
ammazzerei perché la
voglia è tanta e mi stai portando via la donna della mia
vita”.
Il soldato comunque fece spallucce.
«e chissenefrega».
«lui ha parlato con Hammy
cinque giorni fa».
«lo so, lei me
l’ha detto».
«non sarà anche
per questo che Emerald vuole sposarsi a
breve?»
Giusta domanda, che dimostrava che
tutto sommato Zachary era
un tipo stravagante a cui piaceva fare il comodo suo, ma non per questo
cretino.
«forse. Ma avevamo
intenzione di sposarci già da prima che
Kevin Mask tornasse a seccarla, dunque si è trattato solo di
un aiuto a
definire la data. Tutto qui. In un certo senso mi ha fatto un
favore».
«mi chiedo se sa che vi
sposerete tra due settimane».
«io non gliel’ho
detto, Hammy non gliel’ha detto anche
perché lo sta dicendo ai suoi amici solo in questo momento
credo, e su Tumblr
non ha pubblicato nulla. Quindi credo che non lo
sapesse…fino ad ora!...dove
vai?»
L’albino si era
allontanato, aveva aperto la porta
principale del negozio e messo fuori la testa.
«è un
po’inutile che stai qui…è mio fratello
che si sposa
con Hammy tra pochissimo. Non tu».
Tornò dentro dopo avergli
fatto un ultimo sorriso.
«pensi che adesso abbia
capito?»
«se non capisce adesso non
capisce più. D’accordo che lui
essere Kevin dalla Piccola Clava che l’altra notte avere
confuso elmo di
ferro con pitale ed essersi trovato capelli sporchi di
marrone chissà
perché, ma più chiaro di così si
muore. Uff…» sbuffò «torniamo
alla ricerca del
completo, va’. Ringraziando il cielo al resto
dell’organizzazione pensa il
capo, fedi incluse, o sarei diventato pazzo per davvero».
Non era possibile…no!
No, no!
Kevin Mask indietreggiò e
corse via allontanandosi
dall’atelier.
Non era possibile, era assurdo!
Non poteva essere vero, non poteva
davvero…loro…erano
fidanzati ma…
Sposarsi…
L’inglese
continuò a correre e correre, come un forsennato,
preda di uno shock assoluto più che di tristezza e rabbia.
Shock, perché dopo che lui
ed Emerald avevano parlato non si
aspettava una cosa del genere.
Tristezza, perché a quel
punto era tutto finito per davvero.
Rabbia, perché allora non
era stato per l’età che aveva
rifiutato di sposare lui, ma solo perché era stato
“lui” a chiederglielo e non
il caro Mikey al quale a quanto pareva non aveva esitato a dire di si,
e per
davvero, non così “tanto per
fare” come lui aveva creduto -o meglio, voluto
credere- nel sapere che i due si erano ufficialmente fidanzati come da
annuncio
sul blog.
E se lui era già
lì a cercare il completo per la cerimonia e
quell’altro bastardo -…aveva motivi validi per
definire Zeke in quel modo…- gli
aveva detto che il matrimonio si sarebbe fatto a
breve…perché avrebbe dovuto
mentirgli?
Non ci sarebbe stata alcuna altra
ragione plausibile sul
perché fossero lì, altrimenti.
“Emerald, come puoi farmi
una cosa del genere dopo quello
che ci siamo detti?! Davvero non ti importa più di
me?!”
:: cinque giorni prima ::
«…e adesso
andiamo a Beverly Park, Zeke, è quello laggiù a
duecento metri lo vedi?…che ridi?»
«rido per il povero
Lentiggine…»
«non stava
granché già al momento della partenza da
Washington, mi immaginavo che stesse covando
qualcosa…»
«se non sapessi per certo
che non è così direi che ti ha
detto una stupidaggine solo perché non aveva voglia di
girare per la città
appena arrivati».
Quando erano partiti infatti Michael,
ad Emerald, era
sembrato un po’pallidino. E arrivati a Tokyo le aveva
confessato di avere la
febbre già dal giorno prima, non a trentotto e tre come
adesso ma “solo” a
trentasette e nove, e che comunque si sarebbe ripreso prestissimo
avendo un
buon sistema immunitario.
Lì per lì la
ragazza se l’era presa con l’ex mercenario
perché avrebbe dovuto dirle subito che
non stava bene. Avrebbero potuto
rimandare la partenza. Ma Michael era uno che, se si programmava
qualcosa in un
certo modo e con una certa tempistica, andava fatto in quella maniera e
basta.
Senza scuse. Ed avrebbe anche voluto venire con loro per la primissima
visita
di Zeke alla città, come stabilito…
“dov’è
che vai con trentotto e tre?! Restiamo tutti qui”.
“si era stabilito
di fare un breve giro, e si farà il
giro”.
“no che non lo
fai. Adesso ti metti a letto…”
“…con
te?”
“…anche
con la febbre, Mikey?”
“sempre!”
“quindi niente
giro?... e se andiamo io ed Hammy?”
“per iniziare a
fare danni fin da subito anche qui?!”
“eddai! eddai!
eddai! eddai! eddai!!!”
«non aveva voglia, dici?
Che per tenerlo a letto a momenti
dovevo legarlo?!»
«per tenerlo a letto
sarebbe bastato che ti ci mettessi
anche tu!» commentò l’albino per poi
assumere un aria pensosa «è intrigante
come l’idea di un possibile atto non a scopo riproduttivo
riesca ad influenzare
il comportamento delle persone».
«pensi di iniziare anche
tu?» gli chiese ironica Emerald.
«oh, no. Non posso
rischiare di trovarmi a subire simili
influenze esterne, perderei la capacità di analizzare certi
comportamenti in
modo lucido se fossi coinvolto in prima persona».
Ironica, appunto. Che
gliel’aveva chiesto a fare? Zachary
era solo apparentemente uno svampitello, perché in
realtà la sua mente era
costantemente bombardata da un flusso infinito di informazioni
sull’ambiente
circostante e le persone che lo popolavano, che lui -sempre in maniera
costante- analizzava nel giro di una mezza frazione di secondo.
«right, capito
il concetto…»
«è come quando
non avevo ancora iniziato a fumare erba. Da
un punto di vista puramente logico è una cosa idiota da
farsi, ed io questo lo
sapevo, quindi evitavo di farla. Poi mi hanno convinto a provare una
volta ed
ho smesso di vedere la cosa in un’ottica logica, iniziando a
vederla come uno
sfizio che mi fa piacere concedermi, a volte; ma concedersi uno sfizio
dannoso
per la salute non è logico, giusto? Solo che essendo
direttamente coinvolto in
questo non posso più esprimermi».
Era una cosa un po’contorta
ma molto da Zachary, che
contrariamente ad Hammy si era anche accorto che c’era
qualcosa che non
tornava.
E questo
“qualcosa” risiedeva nel fatto che c’era
qualcuno
che li aveva seguiti fin da quando erano usciti di casa e che al
momento
camminava dietro di loro “abbastanza allo scoperto”.
Zeke non si era nemmeno voltato a
vedere chi fosse, ancora,
non se n’era interessato.
Ma, per ravvivare un po’la
passeggiata, decise che forse era
venuto il momento di scoprire di chi si trattava e che cosa voleva. Per
cui…
Zac!
«ma che
accidenti…?!!» esclamò Emerald
guardando Zachary che
senza dare alcun segno premonitore di quanto stava per fare -come
sempre- si
era solo leggermente voltato ed aveva lanciato dietro di sé
il coltello che
teneva nella manica…
Che si era conficcato
nell’alto steccato di legno e ad una
distanza pochissimi millimetri dalla gola di Kevin Mask.
Il quale, rendendosi conto che se il
coltello fosse arrivato
di poco più a sinistra sarebbe morto lì,
comprensibilmente aveva una certa
paura addosso.
E quello si era
voltato verso di lui, col sorriso più
sereno che Kevin avesse mai visto in volto a qualcuno.
«ciao. Ti va di dirci cosa
vuoi? O vuoi continuare a
seguirci come fai da quando io ed Hammy siamo usciti di casa?»
L’inglese non sapeva
nemmeno da che parte guardare, quegli
occhi di colore diverso lo “stranivano” un
po’.
«Zachary!!! Porco
mondo! Avresti potuto finire a colpirgli
la gola!!!» sbottò Emerald, che era
passata rapidamente dall’essere
sorpresa per la presenza di Kevin alla paura che questi si fosse fatto
del male
ed in seguito ad una certa incazzatura verso l’albino.
Ok, Kevin era il suo ex, ok,
l’aveva tratta in modo indegno
e quant’altro, ma non significava che volesse che gli fosse
fatto del male!
Il ragazzo però si
limitò a mettersi a pulire gli occhiali.
«naaah…se
avessi voluto colpirlo alla gola sta’tranquilla che
l’avrei fatto, ma dato che
non l’ho fatto mi pare evidente che non era mia intenzione
colpirlo, indi non
c’era pericolo che lo colpissi».
Per Kevin tali frasi non erano
esattamente incoraggianti.
«…tanto che ci
sei puoi ridarmi il coltello?...no? ok» Zeke
fece spallucce e semplicemente andò a riprendersi la sua
arma «aaaallooora…chi
sei? A giudicare dalla reazione di Hammy direi che ti conosce. Lo
conosci?»
«è
Kevin!!!»
«ah, ecco».
Solo a quel punto il giovane Mask
ricominciò a “connettere”,
andando per prima cosa a pensare qualcosa di simile a “ma che
gente frequenta
Emerald?!”.
Gente pericolosa senza dubbio,
perché quel tizio -che
riconobbe come il fratello di Michael Connors dai video e le foto visti
su
Tumblr- aveva lanciato con estrema facilità ed altrettanta
precisione un
coltello a pochi millimetri dalla sua gola senza che la sua azione
potesse
essere prevista in alcun modo. Prima era lì che parlava
tranquillissimo, poi si
era voltato solo leggermente e zac!
«Lentiggine aveva ragione,
ha proprio l’aria del cavernicolo
e la stessa abilità nel pedinare la gente di
nascosto!» esclamò poi Zachary con
una risata.
«ma sei un idiota
completamente pazzo?!!» diede in
escandescenze Kevin «potevi ammazzarmi in quel
modo!!!»
«un po’pazzo lo
sono, ma ho un Q.I. di centosettantasette ed
ho il Bachelor da quando avevo diciannove anni, quindi non credo di
essere poi
così idiota…al contrario di qualcuno che pensa
che Orazio sia il
pescivendolo…»
Nulla era mutato del sorriso
dell’albino, mentre Kevin
sembrava sul punto di iniziare a sfracellarlo di botte. O almeno provarci.
«va bene, basta
così! tutti e due!» si intromise Emerald
anche perché Zeke aveva tirato fuori una faccenda scomoda ed
imbarazzante per
il suo ex «…Kevin, che vuoi ?!»
«volevo parlare con te.
Solo parlare!» disse rapido
l’inglese «ci sono delle cose che devo dirti
e…e magari da soli» aggiunse
guardando Zachary, che tanto si era già apparentemente
disinteressato della
cosa iniziando a giocherellare col cellulare.
«dipende se Hammy ha voglia
di parlarti da sola oppure no.
Io al posto suo non ce l’avrei. Anche perché tu
non hai l’aria molto simpatica
nonostante quella specie di orecchino a piuma sia tanto
carino!»
Apparentemente, appunto.
Dunque stava ad Emerald, che
già immaginava cosa Kevin
volesse dirle. Aveva davvero voglia di starlo a sentire?
Guardò per un momento che
parve ad entrambi eterno quel
ragazzo con cui aveva passato dei momenti meravigliosi, e che aveva
amato.
Ricordò quei suoi occhi
azzurri che tante volte aveva osservato
perdendocisi dentro trovandosi come a nuotare nell’oceano, la
morbidezza dei
lunghi capelli biondi che aveva accarezzato, il suo sorriso, il suo
tocco su di
lei, le loro risate, la loro complicità.
Che fosse finita così male
era dannatamente ingiusto ma…era
andata in quel modo, e basta.
E con Michael al proprio fianco
Emerald provava tutto meno
che rimpianto per ciò che era finito. Per come la pensava
era stato proprio
“chiusa una porta, si apre un portone”. E adesso
era ufficialmente fidanzata, e
prima o poi si sarebbe sposata con il soldato del quale era cotta fin
da quando
aveva sette anni, e l’idea la rendeva completamente e
perfettamente felice. Nonostante
un paio di incubi notturni su una certa pantegana che
commetteva
sciocchezze come gettarsi dai ponti o ingerire veleno per topi.
Ma forse era normale visto che
l’addio a Flash non era stato
esattamente dato a cuor leggero.
«vabbè…penso
di poterti reggere per cinque minuti di
chiacchierata da soli, tutto sommato» disse la ragazza, un
po’freddina.
«a Beverly Park ci sono le
altalene?» le chiese Zeke.
«e beh. Sennò
che parco sarebbe?»
«un parco inutile. Quando
hai fatto mi trovi lì».
Detto ciò lui si
avviò per quei duecento metri che lo
separavano dal parco, lasciando soli i due ex fidanzati.
Kevin indicò una panchina
con un cenno. Si sedettero.
“tanto qui scoppia
un’altra litigata” pensò Hammy.
«cosa mi vuoi
dire?» gli chiese la ragazza in tono neutro.
«che sono andato a trovare
mia madre. Su Nettuno. Ci sono
stato fino all’altro ieri».
Inizio che sorprese Emerald che aveva
pensato che avrebbe
riattaccato con i suoi “mi manchi tanto amore mio e bla, bla,
bla”. Che fosse
andato a trovare Alisa era senza dubbio buona cosa.
«sono lieta che tu
l’abbia fatto. L’hai trovata bene?»
«si. Lei e Quarrelman non
hanno una vita proprio piena di
lussi, ma sono felici».
«alla fine ciò
che conta è quello: essere felici».
Breve pausa.
«ci è rimasta
male però, quando ha saputo quel che ha fatto
mio padre con le sue lettere».
«è
comprensibile».
«già.
E…questo incontro con mamma lo devo a te, Emerald.
Senza di te avrei vissuto nella convinzione che lei riposasse in quella
tomba,
quindi ti ringrazio con tutto me stesso per ciò che hai
fatto per me».
Altra pausa. L’ultima volta
che avevano parlato di
quell’argomento Kevin le aveva dato addosso, ed ora invece la
ringraziava.
«prego».
«e non solo per quanto
riguarda mia madre. Ma in generale.
Per tutto ciò che hai fatto per me e per ciò che
mi hai dato».
Stavolta Emerald non
replicò.
«per un bel po’
è stato un periodo veramente felice»
continuò Kevin «e probabilmente se fossi stato
meno stupido…se mi fossi fidato
di più, e fossi stato meno immaturo…forse
durerebbe ancora».
Un’altra pausa di silenzio.
«forse si. Ma non
è andata così, ed abbiamo preso strade
diverse: io percorro la mia accanto a Michael e tu beh…con
qualcun’altra, da
quel che mi hai scritto l’ultima volta».
Kevin arrossì sotto la
maschera al pensiero di quel “vai al
diavolo stronza, stasera mi faccio un’altra”
scritto in un disperato anelito di
rabbia vendicativa.
«ehm. Le cose non stano
esattamente in quel modo. Quello è
stato perché ero appena venuto a sapere della tua nuova
relazione e…ho perso un
attimino la bussola».
«come spesso ti
accade».
Considerazione anche questa un
po’ freddina, non piacevole,
però giusta.
«vero. Mi accade spesso.
Con te, mi è accaduto una volta di
troppo. E non finirò mai di dispiacermene. Riguardo a quella
ragazza poi, o
meglio, quelle ragazze, un’altra cosa da dire ce
l’ho».
«ossia?»
L’inglese le fece
delicatamente voltare la testa verso di
lui, così che si guardassero.
«ho cercato te in ognuna di
loro, ma non ti ho trovata mai».
Lei deglutì un
po’troppo nervosamente. «è logico. Che
io
sappia di “me” ci sono solo io» anche
quel che stava dicendo non aveva molto
senso «forse avresti dovuto cercare qualcosa di diverso,
no?»
«forse, ma forse io non
voglio qualcosa di diverso da
te. Vedi, Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster…nonostante
tutto quel che è
successo, ed il fatto che solo per colpa mia e della mia
stupidità abbiamo
preso strade diverse, io continuo ad amarti. Ancora» aggiunse
«e probabilmente
continuerò a farlo sempre. Una cosa come
quella che avevamo io e te non
può spezzarsi con tanta facilità ed in
così poco tempo, o così la penso io.
Magari tu sei di un’altra opinione, ma io continuo a sperare
che un giorno
possiamo tornare a camminare fianco a fianco, noi due,
perché siamo stati
qualcosa di meraviglioso».
E Kevin la vedeva, riusciva a vederla
che quel che stava
dicendo l’aveva scossa, non le riusciva più di
mantenere quell’aria fredda che
aveva ostentato.
«hai detto bene Kevin,
“siamo stati”. Si tratta di questo:
“passato prossimo”. “siamo
stati”, ma non “siamo” e non
“saremo”; e non c’è
speranza che tenga, soprattutto perché è solo ed
esclusivamente tua. Io
sto bene come sto e con chi sto. Mi è
dispiaciuto per com’è finita e non
mi pento di quel che c’è stato tra noi, ma non mi
pento nemmeno di aver
cambiato strada, e ciò per cui io ti
ringrazio è di avermi indicato
quella che, per come si sono messe le cose, sembra essere la via giusta
per
me».
Che tradotto voleva dire
“tante care cose ma non me ne frega
più una minchia, e grazie per avermi spinta tra le sue
braccia con la tua
immensa imbecillaggine o da sola non sarei mai arrivata a capire che
voglio lui”.
Però era scossa. Molto
scossa.
Non poteva non significare
qualcosa.
«dici così, ma
non puoi vedere come mi stai guardando».
«con compassione?
Perché al momento è questo quello che
sento verso di te. Compassione per qualcuno che non riesce a
riconoscere una
causa persa quando se ne trova davanti una come è la nostra
vecchia relazione»
la ragazza si alzò «trovati un’altra
Kevin. Io ora sono fidanzata, il che
significa che finirò per sposare quell’uomo prima
o poi, e ti dirò...non solo
sono felice di questo, ma sono anche sicura sia di
volerlo fare che del
fatto che non finirò a pentirmene. Ti auguro con tutto il
cuore altrettanto».
«anche io e te avremmo
dovuto sposarci, ricordi?»
Come a dire
“finché la data non è fissata e
finché non hai
al dito la fede nuziale la partita è ancora aperta, e poco
conta che tu sia
fidanzata”. Emerald camminò verso Beverly Park
allontanandosi di qualche metro.
«vero Kevin, ma con una
differenza fondamentale: con te, era
solo nella tua fantasia. Con lui invece è tutto estremamente
concreto».
«io continuo a credere in
noi, Scimmiattolo» ah! l’aveva
bloccata sul posto «ci credo anche per te, e non intendo
arrendermi».
Lei si voltò ancora.
«Kevin, lascia perdere. Mi
hai costretta a farti del male
quella volta, non costringermi a rifarlo, non è quello che
voglio e ultimamente
ne ho già fatto abbastanza a qualcuno cui non
volevo farne. O almeno,
non in quel modo. Quindi ti prego, lascia stare».
E se n’era andata verso
Beverly Park.
Nonostante le sue parole, quel che
Kevin aveva visto nel suo
sguardo l’aveva fatto tornare a sperare…
:: ora ::
“…e invece non
solo sono stato un maledetto illuso ma
probabilmente dicendole così sono stato io stesso a
spingerla a fissare una
data e chiudere definitivamente la partita! Non ci volevo credere, e
invece…e
invece è tutto vero. Dio. È tutto vero, lei si
sposa, e con lui!”
Selezionò un numero dalla
rubrica.
«…come
prego…?»
– è
così, che io abbia provato a parlarle non ha
funzionato Warsman, lei lo sposa!…Warsman? …ci se-
L’altro chiuse la chiamata.
Se Kevin gli avesse chiesto
qualcosa, avrebbe detto che era caduta la linea.
Al momento non aveva decisamente
voglia di parlare con lui.
E con nessun altro.
“ditemi che non
è vero, non è possibile!” maestro ed
allievo
avevano pensieri analoghi a riguardo “no, maledizione, no!!!
Lo ha fatto
apposta o cosa?!” aveva una tale rabbia e disperazione
addosso da scagliare via
il cellulare, che finì ad infrangersi contro il muro.
Come gli sembrava di scorgere un
barlume di luce ecco che
prontamente veniva oscurato. E lui fino a cinque/sei giorni prima in
quell’oscurità abissale aveva sguazzato come mai
gli era capitato di fare in
vita sua.
Era tornato da Londra a Tokyo come un
automa, preda del
proprio dolore causatogli da quella…quella.
Non c’era una definizione
giusta per il modo in cui lui
aveva visto Emerald i quei momenti.
Traditrice.
Stronza.
Puttana.
Carogna.
Iena.
Bastarda.
Infida serpe.
Mostro di
malvagità.
Aveva pensato tutto questo ed anche
di peggio, nei momenti
in cui quelle sue orribili parole gli avevano dato un attimo di respiro
ed
aveva potuto brevemente smettere di sforzarsi di non dare a vedere a
nessuno
quel che stava passando, ed era stato fortunato che in quel periodo
Kevin fosse
su Nettuno.
Anche se considerando che un
senzatetto gli aveva offerto
dello scadentissimo scotch -che tra l’altro lui aveva perfino
accettato!-
evidentemente nascondere quel provava non gli riusciva molto bene.
Il gelido Warsman, la macchina
assassina, la bestia senza
cuore…
Senza cuore, si, perché
gli era stato strappato via dal petto
da quella puttana!
Erano stati giorni
d’inferno, giorni di ira contro di lei e
contro sé stesso, giorni di vergogna ed anche di lacrime,
tutte versate in
quella che era stata la casa di lei, mentre
distruggeva tutto ciò che
gli aveva ricordato loro due, tutti i souvenir del loro viaggio,
accanendosi in
particolar modo su quelli di Rio.
Si comportava come un uomo appena
uscito in modo orribile da
una relazione amorosa, avrebbe potuto dire qualcuno.
Ma lui di certo non amava quella
lì.
Oh no. Non la amava. E stava
così male solo perché…
Eh già, perché?
Perché, se non l’amava?
Perché non riusciva a
togliersi dalla testa quel che avevano
passato, quelle sue azioni verso di lui, dalle prese in giro a quella
che il
giorno del suo compleanno gli era quasi sembrata una coccola, anche se
solo per
poco?
Le aveva dato del vampiro mancato, ma
tutto sommato non
aveva detto una stupidaggine. Solo che lei non gli aveva tolto il
sangue dalle
vene, ma direttamente la voglia di vivere. Prendendolo con quei suoi
gesti che
di scherno o di qualunque altra cosa erano stati sempre appassionati,
usando il
proprio fuoco per riaccendere anche il suo, e far diventare il proprio
ancor
più forte riprendendosi ciò che gli aveva donato
ed anche quel che gli aveva
permesso di generare con una crudeltà che lui, sciocco,
povero ingenuo, aveva
quasi creduto potesse essere una forma di…amore?
Ma quello non era amore, quella era
una malattia, aveva
pensato.
Ed aveva passato in quel modo giorni
e giorni, a pensare e
ripensare, e ricordare nonostante la volontà di dimenticare.
Volere è potere, lui
stesso lo diceva, ma si era reso conto
che in tutto quel tempo aveva ripetuto una stupidaggine.
La svolta c’era stata per
l’appunto cinque/sei giorni prima,
quando su quella lunghezza d’onda aveva pensato che tutto
sommato volere non
era potere se, nonostante la sua volontà di mantenere quel
rapporto con lei,
Emerald non solo l’aveva allontanato e distrutto ma
l’aveva fatto pure senza
guardarlo negli occhi, dandogli le spalle.
Era stato a quel punto che aveva
sentito un campanellino che
aveva suonato lieve lieve.
Emerald non lo aveva guardato in
faccia mentre gli diceva
quelle cose.
Gli aveva voltato le spalle per tutto
il tempo.
Lei via via di cose ben poco carine
gliene aveva dette, e
discorsi fatti freddamente come quell’ultimo, poi, glieli
aveva sempre fatti
guardandolo negli occhi.
Era una che ci teneva a ricambiare il
tuo sguardo se doveva
spezzarti il cuore, non per qualche forma di sadismo ma solo
perché riteneva
giusto farlo.
Se spezzarti
il cuore
era quello che voleva davvero.
E poi c’era anche
un’altra cosa…
Se Emerald J.V.P. Lancaster voleva
davvero fare del male a
qualcuno, non scappava via subito dopo.
Lasciava che a farlo fosse il qualcuno in questione.
E allora forse, forse,
se con lui non aveva agito
come soleva fare in quelle occasioni quel che Emerald voleva non
era…spezzarlo.
“...rischi
troppo,
Sorcio! E non è questo quello che voglio, io…non
voglio…non voglio e basta, ed
è per questo che forse è bene chiuderla qui
davvero… finirai male se la cosa
continua! Lo sai che ci sono grosse probabilità che io abbia
ragione, non
rendermelo più difficile di quanto già
sia…”
“e tu credi che se
mi fosse importato davvero qualcosa
dei rischi io avrei continuato ad avere questo rapporto con te pur
sapendo chi
è tuo padre?!”
“a te non
importerà ma a me si! Un conto
è
prenderti a botte col cric e un altro è che tu faccia una
brutta fine per colpa
mia!”
Ma una persona che diceva quelle
cose, guardandolo come lo
aveva guardato, poteva davvero pensare quelle cose orribili che gli
aveva detto
dopo, quando lui si era rifiutato di darle retta?
Per poi scappare via
senza “godersi lo spettacolo”?
Ma certo che non le pensava.
Ovvio che no.
E lui era stato stupido a non capire
subito quel che le era
passato per la testa, “meglio lontano e al sicuro che vicino
ed in pericolo”.
Gli aveva detto quelle cose nella speranza che lui si allontanasse e
non la
cercasse più, evitando così il rischio di
“finire male”, come lei stessa aveva
detto.
Il cervello gli diceva che quello era
solo l’ultimo appiglio
di un disperato che non si rassegnava a volerla perdere e vedeva solo
quello
che voleva vedere.
Ma alla faccia di chi lo considerava
una macchina, era il
cuore a suggerirgli che invece quel che diceva il cervello era una gran
cavolata.
E a costo di fare una pessima figura,
non volendo restare
con quel dubbio amletico, aveva deciso che tra qualche giorno sarebbe
andato a
cercare Hammy. Aspettando l’occasione giusta per parlarle,
forse per quella che
sarebbe stata l’ultima volta, o forse no.
E l’occasione si era
puntualmente presentata quando lei, tre
giorni prima, era di ritorno dalla farmacia con una -inutile- scorta di
tachipirine, aspirine e medicinali vari per il fidanzato ed una
ulteriore
-utilissima- scorta di pillola anticoncezionale per sé.
:: tre giorni prima ::
Avevano tempo i due Connors a dirle
che si preoccupava
troppo. Hammy li ascoltava?
Ma ovviamente no.
E così eccola con quella
scorta di medicinali, tanto che
sembrava una farmacia ambulante.
Prevenire è meglio che
curare, diceva suo padre, quindi
anche se aveva un sistema immunitario invidiabile, Emerald aveva
ritenuto
opportuno che Michael fosse ben fornito di tutte le medicine che
avrebbero
potuto servirgli. E così aveva preso tachipirine, aspirine,
moment, cibalgina,
pastiglie e sciroppi per la tosse, dei fermenti lattici, una sterminata
serie
di creme contro pruriti, gonfiori, dolori, strappi,
irritazioni…il tutto solo
perché lui aveva avuto un po’di febbre! Nemmeno
avesse avuto a che fare con due
che si ammalavano al primo spiffero!
Camminava e stava controllando per
l’ennesima volta di aver
preso tutto quel che “serviva”, quando
all’improvviso venne afferrata e
trascinata in un vicoletto.
«ma che
diamine?!...ah».
Warsman.
Ancora?!
Cosa poteva volere ora da lei, dopo
quello cose orribili che
gli aveva detto, delle quali non era vera neanche mezza, tanto che
nemmeno
adesso le riusciva di guardarlo in faccia se non di sfuggita?
“mi è
dispiaciuto e mi dispiace, mi dispiace tanto”
pensò,
aspettando la sua successiva mossa. In fondo non potevano restarsene
lì
impalati, lui a fissarla e lei a guardare in ogni dove
purché non fossero i
suoi occhi.
Che voleva?!
Sentiva una tensione nervosa
crescerle dentro. Credeva di
aver finito, con lui. E invece se adesso avesse tentato di fargliela
pagare
aggredendola fisicamente avrebbe dovuto fargli del male anche in questo
senso,
non solo distruggerlo come l’aveva distrutto!
E se l’avesse detto a
qualcuno -o se semplicemente fosse venuto
fuori per vie traverse- che lui l’aveva attaccata, anche se
l’avesse mandato
all’ospedale dubitava che il russo avrebbe potuto passarla
liscia, una volta
dimesso.
O forse anche prima.
Ma perché non la lasciava
in pace, perché sembrava voler
finire nei casini per forza?!
«che
c’è?! Che vuoi ancora?!» gli disse senza
riuscire a
trattenere la tensione nervosa di cui sopra che la incrinava la voce
«vattene
via, io e te non abbiamo più niente di cui
parlare!»
Ma lui niente, non si muoveva.
Restava lì immobile come una
statua, fisso a guardarla, mentre a lei questo non riusciva.
«vai
via!!! Non
hai capito che non è più aria?! Sei duro di
comprendonio?! Il gioco è finito,
sei s-stato una bambolina divertente ma mi…mi hai
stufato» disse cercando di
risultargli fredda e spietata come l’altra volta, con scarsi
risultati visto
che in qualche punto aveva pure balbettato.
E lui continuava a non muoversi e non
dire nulla.
«…in che lingua
devo dirtelo che non mi interessa più avere
a che fare con te?! I freak show sono divertenti ma dopo un
po’annoiano, ed è
questo il caso, togliti dalle scatole! Nemico Numero Uno, Nemica Numero
Uno,
erano cazzate capito?! Solo cazzate!»
Ancora silenzio, e adesso lei aveva
perfino gli occhi
lucidi.
«se me lo dici guardandomi
dritto negli occhi come sei
solita fare magari potrò crederci, Emerald. Ma
così…eh no…così, proprio
no».
Affermazione fatta in un tono tanto
serio da farle
irrigidire la schiena e sgranare gli occhi smeraldini.
Aveva capito.
Lui aveva
capito.
Lui sapeva che di quel che gli aveva
detto a Londra non era
vera nemmeno una sillaba, ci era arrivato.
Quella maledetta pantegana psicotica
la conosceva troppo
bene.
Ma doveva finire lo stesso,
perché lui non poteva continuare
a correre rischi solo per continuare quella strana cosa tra loro due!
Non
poteva!
La tensione aveva raggiunto un
livello tale che Hammy non
poteva più contenerla, tanto che si lanciò contro
di lui con un ringhio,
cominciando a riempirgli il petto di pugni…già
solo con quel gesto era evidente
la sua volontà di non fargli davvero del male
perché col pugno destro il cuore
avrebbe potuto strapparglielo via davvero…
Era un atto quasi di disperazione, ma
perché quell’idiota
non voleva darle retta?! Perché non se ne andava,
perché voleva renderle tutto
ancora più difficile, pure lui, come se anche Kevin non
avesse tentato
-vanamente- di incasinare le cose?!
«stai
zitto!!! Zitto!!!
e vai via!!!»
strillò continuando a
prenderlo a pugni «hai capito quello che ho detto?!
Vattene!!! Vai via!
Sparisci, eclissati, togliti dalle scatole, vai via, via,
VIA!!!» odiò sentire le lacrime
cominciare a cadere, cosa che
la fece solo incavolare di più «vattene,
maledizione!
È t-tanto difficile da capire?! Eh?!!...» le mani
iniziarono a tremarle troppo
per continuare a picchiarlo, e finì a stringere tra i pugni
quella sua oscena
giacca blu, che le aveva sempre fatto schifo quanto quella sua dannata
ed
obbrobriosa tutina grigia «…perché lo
fai?» mormorò piano, infine.
«è quello che mi
sono chiesto anche io fino a tre o quattro
giorni fa. “perché lo ha
fatto?”» replicò lui «mi ci è voluto un po’ per
capire come stanno davvero le cose ma alla
fine ci sono arrivato. E no, questa tua decisione univoca di concludere
il
nostro rapporto di…inimicizia…non mi sta bene.
Per niente…»
L’aveva
stretta a
sé con un braccio, lasciando l’altro
giù lungo il fianco.
«tu
sei…sei
completamente cretino!» in un inutile tentativo di
nascondergli che stava
piangendo aveva avvicinato di più il viso al suo petto,
finendo per
appoggiarcelo «ma perché lo fai? Io non
capisco…»
«è
un problema di
cui già ero a conoscenza, te l’ho sempre detto che
il tuo problema è che non
capisci niente, incluso il fatto che per me è meglio vivere
anche unicamente
due giorni “come si deve” che altri sette od
ottomila da solo».
Aveva
pensato bene
allora. Aveva ragione, lei non pensava quelle cose, e probabilmente per
lei
dirle era stato brutto quasi quanto per lui era stato sentirle.
«tu
s-sei veramente
un coglione…» borbottò la ragazza,
asciugando le lacrime
col dorso della mano in un gesto veloce e quasi rabbioso.
«e
tu la solita
puttanella senza cervello che ha creduto veramente
di potersi
liberare di me con tanta facilità».
In
realtà c’era
quasi riuscita. Ma solo quasi. E adesso erano di nuovo lì.
«ci
ho sperato, porcello…per te. Perché tanto
anche adesso che sai che…beh…»
scivolò
via dalla sua presa facendo un gesto vago con le mani «non
è che cambia niente.
Io continuo sempre ad essere fidanzata senza avere alcuna intenzione di
lasciare Michael, nonostante i bla bla di Kevin, e il progetto di un
matrimonio
si fa sempre più concreto, così come quello di
andare a vivere a Londra. Quindi
finirà lo stesso».
«non
se riprendi a
far funzionare i neuroni, per una volta, e ti decidi a capire la
grandissima
idiozia che vuoi commettere!»
Emerald
alzò gli
occhi al cielo, gli occhi resi di un verde ancora più
brillante dalle lacrime
di poco prima. «è un’idiozia solo
secondo te. Io amo quell’uomo. Che a te
piaccia oppure no, io amo Michael, e se dovessimo sposarci anche domani sarei
la più felice delle ragazze!...e a dire il vero anche se la
data non è stata
fissata io ho già pronto il vestito…»
«come come?!!
…io penso che tu sia completamente partita di
cervello!» il russo la
prese per le spalle «torna a ragionare, per l’amor
del cielo! Hai diciannove
anni! E se proprio devi sposarti…insomma, sposa un bravo
ragazzo, no?! Te l’ho
detto ormai infinite volte, ma tu sai
chi è
Michael Connors!...come
puo-»
«…a
dire la verità
sarà Michael Lancaster, da dopo sposati, visto che mio padre
gliel’ha proposto e lui ha detto di sì».
Una
ragnatela
solida e costruita con trame sottili ed esperte, nonché
grande pazienza.
Warsman
tutta
quella situazione la vedeva così, anche se in
realtà Howard non aveva avuto
bisogno di fare praticamente niente limitandosi ad
“incoraggiare” quell’unione
nel pieno rispetto delle scelte della ragazza. Evitando anche di
maltrattare
Kevin Mask, finendo perfino ad ospitarlo in casa un’altra
volta.
«pure!!!...qui
si
rasenta la pazzia…Emerald, te lo dico col cuore in mano: non lo fare.
Forse hai ragione, e…e a dire il vero…dubito
anche io che potrebbe
farti del male, però…è
sbagliato!»
«se
anche tu
ammetti che non mi farebbe del male, perché continui a dire
che è sbagliato?…»
breve silenzio «…è la stessa cosa che
ti ha spinto a raggiungermi a Londra,
vero?»
«se
proprio devi
sposarti prenditi un partner alla tua altezza. Non uno come
lui».
«Flash…si
parlava
d’altro, mi pare».
Altra
pausa di
silenzio.
«perché
ti sei
fissato col non volermi perdere?»
«e
perché a te ha pesato cercare di perdermi? Perché
sei tornata sulla Terra la notte
del mio compleanno? Perché hai preso quel proiettile che
doveva toccare a me
rischiando di morire tu al mio posto, se ti avesse colpito pochi
centimetri più
in là? Perché hai voluto partire con me,
perché a…Rio…è successo
quel che è
successo?» le diede un’occhiata
«…se non si è trattato di quel che mi
hai
detto? Cinque a uno, Emerald».
«o
senti, è stato
perché…allora…tu sei in assoluto
l’uomo più odioso che abbia mai
conosciuto in vita mia. Ti avrei preso a schiaffi la prima volta che mi
sei
comparso davanti, o ti avrei sparato proprio, ma lo sai. E questo
perché sei un
sorcio psicotico con le chiappe mosce che ha fatto schizzare fuori il
cervello
dal naso col primo starnuto. Insomma sei tutto questo oltre che Lord
Pallemosce
e vecchio porcello…» ma che gentile
«però il fatto è che anche se sei un
vecchio porcello…sei IL MIO vecchio porcello!»
Giustamente
come
per lui era una puttanella…ma era LA SUA
puttanella!
«e
riguardo a
Rio…no, è ovvio che non l’ho fatto per
quel motivo. Non ti avrei usato come un
giocattolo» prese ad attorcigliarsi i capelli attorno alle
dita «è un discorso
più complesso».
«dimmi
perché».
Niente da
fare, lo
voleva proprio sapere, adesso. Prima aveva sempre lasciato perdere ma
dopo quel
che era successo sembrava necessitare della conferma che per lei era
stato “di
più”.
«Nikolai…è
che…da
quel che mi dicesti in quell’occasione tu pensavi che io
fossi disgustata da
te, e volevo farti capire che non è così! Che per
me non sei un mostro, o una
bestia, e nemmeno una macchina. Ma solo un vecchio porcello, per
l’appunto. E
per quanto mi riguarda, dopo aver visto tutto di te
-viso incluso-
continuo a pensare che quelle chiappette cadenti che ti ritrovi siano
la parte
peggiore!»
Il russo
non sapeva
se schiaffeggiarla o baciarla. Nel dubbio non fece nessuna delle due
cose.
«perlomeno
non sono
un ammasso di stecchini con la testa vuota come qualcuno…»
«l’ammasso
di
stecchini però ti piace visto che come mi vedi un
po’più svestita il morto
laggiù» indicò il suo inguine
«risorge magicamente dalla tomba per poi finire a
schizzare come uno spruzzatore di panna spray quando cerchi di
rimetterlo a
nanna!»
«la
tua volgarità
non conosce linite!!! Sei proprio la solita puttanella, io al posto di
Kevin o
di chiunque altro nemmeno con un fucile puntato alla testa ti
sposerei…»
«non
c’è pericolo
che tu sia al posto loro, il posto dei vecchi porcelli è
nelle stalle, non
accanto a moi…»
«già,
tu in quei
frangenti preferisci la compagnia di quel mostro».
«e
ridagli…Mikey
non è un mostro. È l’uomo che voglio
sposare, e sposerò! Prima o poi. Facci le
bocce. E…inizia fin da ora a restare al sicuro, per favore.
Tanto questa
faccenda tra me e te deve finire ugualmente, quindi fallo da subito
così
evitiamo che tu finisca macellato come un porcello, per
l’appunto».
Chiariti
i motivi
per cui doveva finire, infatti, non cambiava il fatto
che…doveva finire!
«c’è
ancora del
tempo, Emerald, riuscirò a farti capire di stare commettendo
un errore
madornale. E lo farò prima delle eventuali
nozze! …dovessi…dovessi finire macellato come
dici, per questo!»
Niente da
fare. Ma
perché era così ostinato?!, pensò,
mentre lo guardò andarsene rapidamente via.
Nessuno li aveva visti o sentiti, in quel vicoletto, per fortuna.
Riacchiappò
la
busta di plastica piena di farmaci che aveva lasciato cadere a terra e
si
riavviò verso l’appartamento di Michael. Per
ironico e poco sensato che potesse
sembrare, i due vivevano ancora separati, lei nell’attico e
lui nel
bell’appartamento spazioso al piano di sotto che al momento
condivideva con
Zachary ed il coniglietto Pac-Man. Bunny invece ce l’aveva
lei nell’attico, ed
era stata fonte di gioia per Fiona a cui gli animali piacevano, finendo
quindi
ad attaccarcisi subito.
“quel
testardo non
demorderà. E purtroppo diceva sul serio col dire che pur di
farmi capire che
‘ha ragione lui’ sarebbe disposto a farsi
macellare!...” entrò nel palazzo e
premette il tasto dell’ascensore “adesso che sa per
certo che non è solo un
giochino, per me, l’unico modo di toglierselo dalle scatole
sarebbe fissare una
data per il matrimonio. A breve” entrò
“…cosa che non sarebbe mica male…io
Emerald J.V.P. e Michael Lancaster!” senza rendersene conto
si trovò ad avere
un dolce sorriso sul volto “…vuoi vedere che tra
Warsman e Kevin hanno finito
per farmi un favore?”
Avrebbe
sposato
Michael, finalmente. E allo stesso tempo Kevin avrebbe dovuto
rinunciare
definitivamente all’idea di potersela riprendere, e Warsman
avrebbe dovuto
mettersi l’anima in pace e stare al sicuro come lei
desiderava.
Tre
piccioni con
una fava, non solo due…
:: ora,
Shibuya ::
«se
vuoi che ti
faccia da testimone penso che tu debba dirmi-»
«mi
dispiace
tantissimo per averti evitato, in tutto questo tempo. Non volevo,
ma…era
proprio per quelle domande lì, Meat».
Erano
soli in
terrazza, come l’ultima volta che avevano parlato.
«il
che mi rende
ancora più allarmato. Che c’è di tanto
brutto che non puoi dirmi?...e
soprattutto non sono ancora convinto riguardo quel braccio!»
Lei
voleva quel
testone come testimone, e sapeva che non avrebbe accettato se non gli
avesse
detto la verità.
Quindi
dopo aver
constatato che comunque fino a quel momento Meat i segreti che gli
aveva
raccontato li aveva sempre tenuto per sé…decise
che forse poteva parlargliene.
«Meat…condizioni
dell’altra volta. Io te ne posso anche parlare
perché riconosco che tu fino ad
ora non mi hai mai tradita. Cioè, gli altri di quando hai
trovato me e Flash in
quelle condizioni non lo sanno nemmeno, giusto?»
«giusto».
E fu
così che
raccontò tutto ad un Meat sempre più allucinato.
Gli
raccontò
dell’operazione alla spalla, gli raccontò dei
naniti. Gli rivelò che si, era
vero, il suo braccio dunque era maledettamente forte.
Confermò che le ragazze
quella sera ci avevano visto bene, e che lei e Flash erano in quel
locale a ballare
il tango, e che questo era accaduto più volte. Gli disse
perfino del loro
viaggio attorno al mondo, e pur senza essere diretta lasciò
intendere che quel
che era successo tra loro sotto l’effetto di alcol e droga si
era ripetuto. Da
sobri. Ma disse anche che, nonostante ciò, non era amore
quel che provava verso
quel russo, e che lei era più che mai convinta di voler
sposare l’ex
mercenario.
Gli disse
anche i
motivi per cui lo faceva, oltre che per quella sicurezza.
E quel
che disse
Meat infine fu…
«ma
tu proprio
fuori dai casini non sai starci eh?!! Lo sapevo, io!!! Lo sapevo che
nascondevi
qualcosa! Ma che dico “qualcosa”, queste sono un
mucchio di cose!!!»
«hai
voluto
saperlo, e io ti ho accontentato. Ma una volta che mi sposo
sarò fuori dai
guai…»
«si,
proprio fuori
dai guai, con il fratello del tuo futuro marito che lancia i coltelli
in quella
maniera…»
«hai…visto?»
«visto
e sentito.
Passavo lì per caso. Ma tu e Kevin non avete visto
me».
«piccino
curiooooosooo…Meat…pensi anche tu che il mio sia
un errore? Io sono convinta di
no».
«e
io non so che
dirti, Emerald…se tieni tanto al fatto che io sia il tuo
testimone di nozze
posso anche accontentarti però…non so. Io forse
sarei stato più contento di
saperti con Kevin. La tua scelta però è
un’altra».
«si».
«e
ne sei
convinta».
«si.
Mille volte
si, e non vedo l’ora che queste due settimane passino e che
arrivi quel
giorno».
:: Londra
::
Alya
Nikolaevna
Kalinina, in quel periodo, era preda di atroci sospetti.
Prima dal
sospetto
di essere tradita dal suo compagno.
E ora,
dopo quel
che aveva sentito, del sospetto che suddetto compagno potesse essere
coinvolto
in qualcosa di tanto assurdo da far pensare che potesse essere affetto
da
demenza senile.
Convolto…assieme
alla donna con cui la stava tradendo. Anche se non si spiegava il
perché.
Era
rimasta molto,
molto male quando occhieggiando il cellulare di Robin mentre questo era
impegnato a scrivere aveva letto un nome che le era sembrato essere
“Jane”.
La prova
finale.
Anche in
quel caso
si era sforzata di non lasciarsi andare, pensando che non doveva
trattarsi per
forza di corna. Lei poteva essere anche una parente, una
cugina…o anche una
conoscente. E non era detto che le chiamate ed i messaggi fossero stati
sempre
di questa Jane.
Per cui,
come donna
intelligente e ragionevole quale si riteneva di essere, continuava a
limitarsi
a raccogliere prove e fare delle indagini quanto più
possibili discrete prima
di giungere a conclusioni che potevano essere affrettate.
Anche se
spedire
sua cugina Alana dietro a Robin forse non era stato poi così
“discreto”. Tanto
più che chiunque fosse stata la persona che
l’aveva fatto salire in macchina
quel giorno -Alana non era riuscita a vedere chi fosse a causa dei
finestrini
fumé- si era accorta che erano seguiti ed era riuscita a
seminarla.
Cosa che
rivelava
che questa Jane, se di lei si trattava, non era una donna qualunque se
era
riuscita ad accorgersi di sua cugina che per pazza che fosse quando
voleva
sapeva essere estremamente discreta.
E poi una
donna che
guidava bene a quella velocità folle, beh, non era una
qualunque lo stesso.
Tanto che Alya aveva verificato se ci fossero delle Jane tra coloro che
facevano gare automobilistiche, e non ce n’erano.
Ad ogni
modo,
tornando al discorso iniziale, la cosa che le aveva fatto pensare che
Robin
-ultimamente parecchio allegro- potesse iniziare a perdere colpi era
quanto le
era stato raccontato da un MacNeil ancora molto irritato, nonostante la
cosa
fosse successa un paio di sere fa, ossia gli ultimi dei giorni della
settimana
di ferie del dottore…
«Robin…»
«dimmi»
era seduto
su una poltrona a leggere «che succede?»
«niente,
è che
volevo raccontarti una storia strana. Un paio di sere fa»
ossia l’ultima volta
che lui era rientrato addirittura alle sei del mattino! «pare
che qualcuno non
solo abbia ricoperto la casa del dott.MacNeil di carta igienica, ma che
si sia
perfino messo a suonare i bonghi stonando
orribilmente la canzone che
parla di quei…come si chiamano?...Watussi!...tutto
ciò verso le quattro del
mattino! A detta di MacNeil erano in due, con delle felpe con cappuccio
in
testa, sciarpe ed occhiali da sole…e non è
riuscito ad acchiapparli nonostante
li abbia inseguiti. Così come non è riuscito a
riconoscere bene le voci
nonostante mi abbia rivelato di averle trovate
familiari…»
In
verità non si
era limitato a dirle solo questo, ma le aveva detto chiaro e tondo che
una
delle due gli era sembrata la voce di Robin, anche se non era possibile.
“e anche
l’altra persona, quando ha iniziato a correre
staccando l’altro almeno di duecento
metri fin da subito, ho pensato che…aah. Questo si
che sarebbe
impossibile!”
Di
quest’ultima
considerazione Alya non aveva capito granché, ma aveva
sentito abbastanza.
«ed
è una fortuna
che il dottore viva in una casa singola e non in un condominio o in una
bifamiliare, altrimenti sai che disastro…»
«guarda
che ho
capito benissimo cosa stai pensando, donna!»
«uh?»
«stai
pensando che
avendo comprato dei bonghi qualche giorno fa, possa essere stato io.
Vero?
Ebbene non è così! Non è assolutamente
così! Io non c’entro! Non c’ero! Non
sono stato io! E anche se ho dei bonghi comunque non sarò il
solo in tutta
Londra ad avere della carta igienica in casa, spero!»
Della
serie “non
facciamoci beccare”.
A Robin
non l’aveva
mai detto nessuno che “excusatio non petita,
accusatio manifesta”?
E poi ad
Alya era
sembrato di intravedere nel suo sguardo un lampo che era stato tra
l’imbarazzato ed il…divertito?
«a
dire la verità
non ci avevo pensato, fino ad ora che non mi hai ricordato che possiedi
dei
bonghi. E che dalla scorta di carta igienica in effetti manca qualche
rotolo di
troppo».
Robin
osservò la
compagna, capendo che nonostante la stesse prendendo molto larga Alya
si era
fatta un’idea abbastanza chiara su chi fosse il colpevole
dell’invasione di
carta igienica a casa del suo mentore. O meglio, su chi fosse almeno
uno dei
due colpevoli.
Aveva
temuto che
potesse accadere, ma aveva anche sperato di no.
«…troppa
vitamina
c. Ho bevuto un litro e mezzo di succo di arancia. Sai che effetto fa
troppa
vitamina c, giusto? Sei una dottoressa».
Voleva
farla
credere che quei rotoli che mancavano fossero dovuti ad un attacco di
diarrea?!
Ma dai! A chi voleva darla a bere?! E poi…
«del
succo d’arancia,
eh? Strano. Mi hai sempre detto di apprezzare la frutta solo quando
è di
stagione, ed ora siamo a maggio inoltrato. E poi, in generale, mi
chiedo che
senso abbia bere un litro e mezzo di succo
d’arancia».
«magari
perché mi
andava?...suvvia, non crederai davvero che io possa essere coinvolto in
quella monelleria
a danno di MacNeil, mi conosci, lo sai che sono un uomo serio. Non
facevo cose
come questa da bambino, figurarsi se mi metto a farle ora».
“però
qualche
giorno fa sei tornato ubriaco ed appiccicoso di zucchero
filato!” pensò lei.
«si,
però-»
«parliamo
di cose
serie, adesso».
Le
mostrò un
biglietto che aveva in mano, e che era arrivato il giorno prima, nel
quale si
annunciava l’imminente matrimonio tra Emerald J.V.P.
Lancaster -che Alya conosceva-
e Michael Connors, che Alya invece non conosceva affatto. Ma non era
quello a
contare, quanto il fatto che in casa Lancaster tra due settimane ci
sarebbe
stata festa grossa, e Robin le aveva detto testualmente che intendeva
“accettare
la sfida di Lancaster, se era per quel motivo che li aveva
invitati”.
In
verità la donna
in quel frangente aveva notato qualcosa che l’aveva
leggermente stupita, ossia
che Robin non sembrava troppo sorpreso per l’arrivo di
quell’invito, ma aveva
archiviato subito la faccenda essendo presa da altri pensieri.
«pensavo
ne
avessimo già discusso ed avessimo concluso di
andarci».
«sono
ancora dell’idea».
«quindi
quale è il
problema?»
«non
è tanto un
problema…è che mi dà da pensare un
po’. Il fatto è che su questo biglietto, se
le cose fossero andate come volevo anni fa e come voleva Kevin, avrebbe
dovuto
esserci scritto il suo di nome al posto di quello
di questo Connors. Non
che mi dispiaccia. Alla fine è saltato fuori che unire le
due famiglie non era
una grande idea…»
«unire
le
famiglie?» gli chiese Alya perplessa, che di quella faccenda
non sapeva niente
così come non sapeva della precedente amicizia di Howard e
Robin.
«ah…già.
Non te l’avevo
raccontato vero?»
«che
cosa?»
«che
una volta io
ed Howard H.R.J. Lancaster eravamo molto, molto amici. Tanto
che avrei
voluto far sposare i nostri figli, che lui è padrino di
Kevin ed io di Emerald
e…lunga storia…»
Le
giungeva
completamente nuovo. «non me l’avevi detto,
no…»