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Autore: CHAOSevangeline    12/04/2014    2 recensioni
Sentì per l’ennesima volta il campanello della porta principale che suonava e sorrise raggiante, iniziando a muovere con più lena le mani per riuscire ad infornare il prima possibile quel dolce.
Ludwig Beilschmidt, il noto critico culinario, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, guardandosi intorno con il suo solito sguardo freddo.
Sembrava che stesse odiando non solo il parquet, ma anche tutti i tavoli e le sedie di legno poco più chiaro disposte nella stanza.
Anche le sedute a divanetto rosso sembravano non essere di suo gradimento, come le tende bianche che coprivano le finestre.
La pura e semplice verità era che Ludwig si stava guardando intorno aspettando che qualcuno andasse ad accompagnarlo ad un tavolo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione! Finalmente sono tornata e davvero, non potete immaginare quanto io sia contenta ;___;
Credo che delle spiegazioni siano d'obbligo, ma le riservo per dopo e intanto mi faccio perdonare finalmente con la quarta parte di questa storia!

 


4. Farina


Il profumo di cacao cominciò a spandersi nell’aria, impregnandola completamente e portando all’atmosfera quella nota di serenità che Feliciano sentiva mancare dal giorno precedente.
Si era svegliato, quella mattina, come se nessuna preoccupazione l’avesse mai sfiorato: si era riposato così bene, che sonno e fiacchezza erano totalmente sparite dal suo corpo liberandolo nel modo più totale.
Poi, aveva dormito con Ludwig e anche se ovviamente non se n’era reso conto, aveva provato quel piacevole calore di non trovarsi più solo su un materasso troppo grande.
L’aveva saputo solo dopo aver raggiunto la cucina, dove aveva trovato il tedesco intento a bere un caffè e a pianificare la loro prima e tranquilla giornata di convivenza.
Per quanto fosse ormai tutto passato, se proprio si voleva essere ottimisti, Ludwig aveva preferito prendersi un giorno di ferie per rimanere in casa con l’italiano. Un po’ lo faceva per paura che gli distruggesse la casa cercando di sdebitarsi in qualche modo, ma la ragione principale era indubbiamente perché non voleva che fosse nuovamente colto da pensieri e preoccupazioni a cui era meglio non pensasse. Non ora che si era stabilizzato, per lo meno.
Così si era ritrovato a passare la mattinata con un Feliciano ancora in pigiama – se così si poteva chiamare la tenuta che gli aveva prestato per quella notte, una sua maglietta che gli stava un po’ lunga – intento a mostrargli le proprie doti culinarie in azione, come gli aveva chiesto la sera prima.
Inizialmente era rimasto seduto sulla sedia per non intralciarlo, poi aveva visto sempre più farina e parti di impasto accumularsi sul piano da lavoro e sul pavimento e aveva capito che forse sarebbe stato meglio intervenire.
« Feli, se metti via la farina forse hai più spazio per lavorare, no? »
Fosse stato qualcun altro l’ira funesta di Ludwig l’avrebbe colpito come una saetta, ma quel tono seppur duro venne percepito da Feliciano come un leggero consiglio che decise di accettare, prendendo il pacco di farina.
« Buona idea! »
Si diresse verso il pensile contenente gran parte degli ingredienti che aveva reperito e a quel punto accadde l’inevitabile: la sua sbadataggine gli aveva già permesso di sporcare il pavimento e caso volle che uno degli agenti sporcanti fosse guarda caso la stessa farina che l’italiano stava andando a riporre come un bravo bambino.
Si trovò per terra prima di rendersene conto.
Anche prima di rendersi conto di essere coperto di farina perché cadendo il pacco era scoppiato.
Nel suo piccolo aveva cercato di fare del proprio meglio per non creare troppi danni nella cucina di Ludwig e ancora non aveva realizzato di aver già bellamente fallito. Ora che, però, si trovava immerso in una nebbia di farina doveva ammettere che forse si era giocato ogni possibilità di sembrare ordinato.
Il tedesco lo avrebbe sgridato, quasi sicuramente.
Scattò in piedi, reggendosi alla prima cosa che trovò.
« Ti sei fatto male? » la voce di Ludwig sembrava allarmata, forse era per questo che lo aveva cominciato a tenere tanto saldamente da quando l’aveva visto alzarsi.
Feliciano sbatté i grandi occhi nocciola, trovandosi solamente allora faccia a faccia con il petto del tedesco; cadere l’aveva intontito abbastanza da non fargli capire più nulla, tanto che ascoltando la sua versione dei fatti un ipotetico ascoltatore l’avrebbe creduto immerso in un nugolo di farina così denso da impedirgli di vedere.
Si staccò rapidamente rischiando di nuovo di volare a terra, ma si tenne fortunatamente in equilibrio.
« Sto bene! » ribatté, portandosi una mano sulla fronte a imitare un saluto militare. Ludwig evitò di dirgli che aveva sbagliato mano e si lasciò sottrarre un sorriso vagamente dolce che sembrava tuttavia anche tanto tirato. « Ora pulisco tutto, promesso! Dov’è l’aspirapolvere? »
« Nello sgabuzzino, ma lo vado a prendere io Feli, sei tutto sporco di farina se esc-… »
Il turbine se n’era già andato, lasciandolo solo a fissare l’uscio della porta.

Pulire era da sempre un’attività non particolarmente invitante per Feliciano, ma doveva ammettere che se c’era Ludwig a dargli una mano, che per efficienza poteva essere comparabile a qualcosa come cento volte lui, diventava quasi piacevole.
Per lui poi, la noia delle pulizie consisteva più che altro nell’essere solo con un aspirapolvere, o uno spolverino, o perché no una spugna. Se c’era un’altra persona il problema non si poneva più.
Da quando anche l’ultima traccia di farina era scomparsa dal pavimento e anche dal suo corpo, visto che Ludwig l’aveva spedito in camera a infilarsi dei vestiti puliti, finire di preparare il dolce fu un gioco da ragazzi che venne tuttavia reso difficile a Feliciano dall’intenzione di non sporcare più nulla.
Ovviamente non ci riuscì, sarebbe stato fin troppo utopico pensare che potesse evitare di sporcare – e sporcarsi di cioccolata, visto che continuava ad assaggiarne con un cucchiaione che mai nessuno avrebbe pensato di usare per mangiare qualcosa – al primo tentativo.
Prima che il campanello suonasse, Ludwig si ritrovò a fissare con sguardo perso un Feliciano fin troppo entusiasta che controllava dentro al forno molleggiando sulle ginocchia e ripetendo alla torta frasi d’incitamento affinché si cuocesse in fretta e nel modo giusto.
Indubbiamente ci metteva passione, forse era stato per quello che osservarlo cucinare si era rivelato tanto rilassante nonostante le sue manie d’ordine e controllo che con Feliciano in giro non erano esattamente in grado di lasciarlo tranquillo.
Alla fin fine Feliciano aveva riparato al proprio danno, l’aveva aiutato e gli aveva chiesto scusa, ma si rendeva conto che se avesse continuato così molto probabilmente nessun locale l’avrebbe voluto o, ancor peggio, avrebbe ricreato il sipario in grado di distruggere tanto il ragazzo com’era avvenuto la sera prima.
« Lascia in pace la torta, manca ancora un po’ prima che il timer suoni. »
Quasi come un cagnolino ubbidiente, Feliciano si voltò e corse rapidamente verso Ludwig, facendogli credere che stesse quasi per saltargli al collo in preda a chissà quale attacco di affetto.
In verità Feliciano si era arrestato prima di compiere proprio il gesto previsto dal tedesco; aveva dissimulato efficacemente quell’intenzione però, alzando le braccia e fingendo di stiracchiarsi. Non era da lui fare così trattenere il proprio entusiasmo in quel modo e non seppe dire quale invisibile sbarra l’avesse fermato, ma come di consueto non se ne preoccupò troppo.
« E’ che voglio mangiarla! » spiegò sorridente, appoggiandosi subito dopo con i fianchi accanto a Ludwig, contro il piano della cucina.
Improvvisamente il suo sguardo si fece vagamente cupo ed ecco che tutte le preoccupazioni che fino a qualche ora prima avevano spinto il tedesco a rimanere nel proprio appartamento con Feliciano. tornarono a bussare all’inesistente porta della sua mente.
« Ehi Ludi… se miglioro credi che tornerò a lavorare in un ristorante? » domandò.
Il biondo riuscì a cogliere una rassegnazione in quella voce, una nota fin troppo stonata se pronunciata dalle labbra di Feliciano.
« Sinceramente? Sì. » si accorse di aver fatto tendere i muscoli del più piccolo, con quell’inizio. « Devi solo migliorarti sull’ordine, Feli. Sai perfettamente anche tu che non sei in grado di gestirti, ma penso tu possa capire che se ti trovassi nei panni di un qualsiasi proprietario di un locale non vorresti mai sapere la tua cucina in preda al disordine più totale. Tu ci lavori bene, ma il caos non è esattamente il migliore amico dei lavori riusciti meglio. »
Dei piccoli cenni del capo da parte dell’italiano confermarono a Ludwig che aveva seguito con interesse ogni cosa che aveva detto.
« Beh, sono disordinato, ma non è il mio caso! I miei dolci sono buoni lo stesso! » cercò di scherzare. Si stava rendendo conto perfettamente anche lui che se rimaneva troppo serio, la situazione colava inevitabilmente in una macabra formalità che non apparteneva più al loro rapporto da tempo.
« Ti troverò sicuramente un posto, basta che inizi a essere più ordinato, intesi? Visto che rimarrai qui per un po’ ti darò… una mano a esercitarti, sì. » Ludwig si passò una mano sul retro del collo, per poi riprendere a parlare. « Intanto pensavo che se ti va potresti venire a lavorare da me, giusto per non stare tutto il tempo a casa da solo. Fra l’altro prima mi hai detto che volevi renderti utile in qualche modo, no? »
Effettivamente era un discorso che aveva intavolato proprio quella mattina, Feliciano lo ricordava perfettamente. Era la prima volta che si offriva seriamente di fare un lavoro che non fosse cucinare o assaggiare qualche cibo particolarmente invitante.
Sapeva che Ludwig lavorava in un luogo fin troppo professionale e molto probabilmente, se si fosse trovato a fare un colloquio per un posto da segretario lì dentro avrebbe finito con l’essere cacciato subito dopo aver messo piede oltre le grandi vetrate d’ingresso al palazzo dove si trovava l’ufficio.
Ora che ricopriva una sorta i posizione di favore, però, quasi certamente non avrebbe avuto problemi di alcun genere.
Gli occhi gli brillarono.
« Davvero potrei, Ludi?! » sorrise e a quel punto l’azione carica d’affetto precedentemente interrotta si rivelò, facendolo letteralmente attaccare al collo del tedesco, che si ritrovò inevitabilmente a pendere verso Feliciano.
« Sarò bravo, promesso! Sarò ordinato, rispondere a tutte le telefonate e ti aiuterò, va bene? »
Ludwig rimase fermo qualche attimo, sbattendo gli occhi ancora sorpreso, poi avvolse le braccia intorno al busto del più piccolo.
« Sono sicuro che sarai bravissimo, Feliciano. »

***

Il tempo era diventato un rigido compagno che Ludwig ormai non considerava più molto, almeno fino a quando quella ventata di allegria ed entusiasmo chiamata Feliciano Vargas non aveva messo piede quasi stabilmente in casa sua.
Era passato un mese da quel giorno, convivevano come la perfetta coppia di sposini, se si voleva seguire la definizione fornitagli per telefono da suo fratello quando lo aveva chiamato per raccontargli le novità di quel periodo.
Insolito che Ludwig lo facesse, probabilmente era stato quello a tradirlo tanto facilmente.
Ad ogni modo, il tedesco poteva osservare dal proprio ufficio i dipendenti che lavoravano per la sua rivista e quindi anche Feliciano, comodamente sistemato su uno dei divanetti adibiti a ritrovo per la pausa caffè.
Quando tornavano a casa, l’italiano gli raccontava spesso e volentieri le proprie chiacchierate con le varie segretarie, gli diceva sempre che si trovava bene e che si stava facendo parecchi amici, anche se fortunatamente nominava la maggior parte delle volte una ragazza in particolare e conoscendo il tipo, Ludwig era contento che Feliciano stesse legando proprio con lei.
Elizaveta era una ragazza di buon cuore, il tedesco aveva avuto modo di penderne atto le varie volte in cui si era resa disponibile non solo per aiutare lui, ma anche le colleghe. Sotto quel punto di vista lei e Feliciano erano abbastanza simili, se non per un piccolissimo dettaglio: Elizaveta, dopo essersi resa conto di essere stata sfruttata, sarebbe stata capace di difendersi e vincere contro qualsiasi avversario, Feliciano invece era troppo ingenuo per farlo e molto probabilmente non sarebbe nemmeno arrivato a realizzare di essere stato sfruttato.
Ludwig dubitava che si fosse sentita in obbligo di stringere amicizia con lui e certamente non era stato il tedesco a chiederglielo, ma doveva piuttosto aver pensato di prendere sotto la propria ala protettiva quel ragazzo fin troppo buono e gentile capitato lì per caso.
Feliciano, totalmente ignaro di essere stato osservato fino a quel momento da Ludwig, bevette un sorso del proprio caffè e si sistemò meglio sul divanetto tanto confortevole da averlo più volte invogliato a dormirci.
Non che non l’avesse fatto, una delle volte in cui era rimasto ad aspettare Ludwig intento a lavorare fino a tardi e doveva ammettere di essere stato veramente comodo.
« Ah Liz, cos’è che mi dovevi dire prima? Avevi detto che dovevi parlarmi di qualcosa! »
Quando era arrivato a lavoro con Ludwig quella mattina, Elizaveta gli aveva promesso di raccontargli qualcosa che quasi certamente gli sarebbe interessato.
A dire il vero, la ragazza era rimasta indecisa fino all’ultimo sul da farsi, ma alla fine decidere di parlare a Feliciano le era venuto quasi spontaneo; trovava la situazione tra l’amico e il suo capo vagamente ambigua, per questo non se l’era sentita di dire nulla prima e tutt’ora, sentendosi ricordare ciò che aveva promesso, Elizaveta percepì un certo tentennamento.
« Oh, giusto. » si fece leggermente più vicina per paura che potesse sentirla qualcuno e quel gesto non fece altro che far fomentare ancor di più l’animo di Feliciano, convinto di essere sul punto di conoscere un grande segreto.
« Da quando sei a casa del signor Beilschmidt è mai uscito con qualcuna, Feli? » iniziare un discorso con una domanda non era il miglior approccio, ma Elizaveta era fermamente convinta di aver aperto le porte a una questione delicata nel migliore dei modi, se la doveva affrontare con un tipo come l’italiano.
Da quando era arrivato lì, Elizaveta si chiedeva spesso cosa ci fosse dietro ai comportamenti di Ludwig; non aveva mai saputo nulla dell’italiano prima, ma non poteva certamente pretendere che un superiore con cui aveva rapporti strettamente professionali andasse a raccontarle una cosa simile. Tuttavia, se c’era una cosa di cui la ragazza era sicura, era certamente che quell’uomo non era il miglior esempio di cordialità e per questo le ci volle qualche tempo per capacitarsi del racconto della convivenza fornitole da Feliciano.
Una volta realizzato quello e aggiunti i vari episodi secondo l’italiano aveva dormito con Ludwig, era giunta a pensare che per lo meno dalla parte del tedesco vi fosse qualcosa di più.
Gli occhi verdi della ragazza scrutarono con attenzione il volto di Feliciano che, pensieroso, si era portato come di consueto l’indice alle labbra, picchiettandole più volte.
« Con una donna? No! » rispose raggiante, anche se a quella domanda aveva percepito qualcosa dentro di lui spostarsi dalla propria naturale posizione, facendogli sentire una leggera fitta al petto. « Non che… io sappia, almeno. »
Ecco che stava iniziando a realizzare qualcosa di molto importante, che mai prima di quel momento l’aveva sfiorato: da quando conosceva Ludwig non si era mai posto il dubbio che lo potesse evitare, lasciare da solo. Era quasi come se il critico fosse diventata una costante ovvia della sua vita, un qualcosa di inevitabilmente legato a lui e che mai si sarebbe potuto allontanare.
E se invece, nonostante vivessero insieme, si stesse legando a qualcun altro?
Non era solito lasciarsi andare a dubbi del genere, in fin dei conti la sua indole ingenua e spensierata non prevedeva nel suo pacchetto caratteriale il perdere tempo a farsi troppe – ed inutili, per lui – domande su ciò che poteva e non poteva accadere, ma in quel momento si stava ritrovando ad avere veramente paura.
Non se n’era mai vantato con nessuno se non con se stesso, ma era veramente felice di essere riuscito a fare breccia sufficientemente nel cuore di Ludwig da poter diventare tanto amici, ma era normale che un amico si sentisse tanto agitato all’idea che il proprio compagno trovasse l’anima gemella?
Si mordicchiò il labbro, osservando Elizaveta e decidendo di non fare congetture affrettate. Sfortunatamente l’unica notizia che la ragazza poté dargli, si rivelò anche la più paurosa e peggiore per Feliciano.
« C’è una nostra collega, Feli, a cui credo tu non abbia mai parlato, che ha una cotta storica per il signor Beilschmidt. » lo stava dicendo con una voce paragonabile a quella di una persona delegata a dare una delle peggiori notizie esistenti. « Poco tempo fa ha detto di voler provare ad avvicinarsi maggiormente e a chiedergli di vedersi, magari a qualche ricevimento. Per quello ho voluto sapere se per caso è mai uscito con delle donne. »
Gli occhi di Feliciano passarono dall’essere preoccupati all’essere sorpresi e poi ancora ad essere lucidi.
Si sentiva come se qualcuno l’avesse calpestato e la consapevolezza di non capirne appieno la ragione lo stava distruggendo ancor di più.
« Davvero…? B-Beh è ovvio! Ludi è… una brava persona. »
Da quella frase, di fronte agli occhi di Elizaveta vennero confermati tutte le ipotesi che tanto l’avevano bloccata. Fece ugualmente finta di nulla, sorridendo raggiante e sporgendosi verso il ragazzo.
« Non credo che il signor Beilschmidt sia interessato, Feli! Ma questo dovresti capirlo meglio di me, lo conosci molto di più! »
Se da un lato quella frase era stata in grado i rincuorare terribilmente l’italiano fin troppo demoralizzato, dall’altro era stata come una scossa pungente che gli aveva fatto realizzare di non conoscere, forse, Ludwig come avrebbe voluto; non avevano mai parlato seriamente di ragazze o comunque, in generale non avevano mai fatto un discorso veramente profondo e di questo Feliciano si pentiva terribilmente.
In quel momento qualsiasi cosa stava diventando in grado di demoralizzarlo e certamente il periodo in cui era immerso, seppure ormai il peggio fosse passato da un mese, non lo aiutava molto a farlo reagire: per quanto fosse uno che non si scoraggiava facilmente avendo un supporto, Feliciano era uscito distrutto dalla sua ultima esperienza lavorativa e forse era stato proprio per proteggersi da altri avvenimenti dolorosi che aveva pensato bene di non dare retta a quei pensieri scomodi che gli frullavano per la testa da qualche tempo.
Si era reso conto, effettivamente, che molte volte abbracciare Ludwig o compiere altri gesti del genere era diventata una routine in grado di farlo sentire diversamente rispetto a quando stava con altre persone, ma certamente parlarne con il tedesco non avrebbe comportato nulla di buono, o almeno così pensava la mente dell’italiano.
Da quando era così tanto riflessivo? Oh beh, non che tutte quelle “precauzioni” le avesse prese accorgendosene. Le stava realizzando solo in quel momento.
Un rapido sguardo all’orologio ed ecco che trovò la propria salvezza: la lancetta dei minuti aveva toccato la mezza e se c’era una persona, in quel luogo, puntuale almeno quanto Ludwig, quella era Elizaveta.
Non sopportava chi arrivava in ritardo alla pausa caffè per poi andarsene altrettanto tardi, per questo farle notare l’ora certamente gli avrebbe permesso di allontanarsi.
« Liz, sono le e mezza! Dovremmo tornare al lavoro! » si affrettò ad alzarsi, accennando un sorriso alla ragazza. « Ci vediamo più tardi, ok? »
Prima che potesse rispondere, Feliciano si era già fiondato alla propria scrivania a recuperare le lettere per Ludwig recapitate quella mattina.
Gli dispiaceva un po’ essere fuggito in quella modo, ma era certo che Elizaveta non avrebbe detto nulla e anzi, avrebbe pensato a propria volta che concludere in quel momento la loro conversazione sarebbe stato un bene.
La verità era che, se già si era trovata in un campo minato dopo aver intavolato quel discorso pensando di fare un mezzo favore all’amico, ora Elizaveta si trovava ancor più convinta di aver combinato un bel pasticcio: se uno come Feliciano scappava da una situazione usando la scusa del momento in cui era ora di tornare a lavorare, certamente era qualcosa di cui proprio non voleva discutere.
Per questo rimase in piedi, ma solo a pochi passi dal divanetto, osservando il ragazzo che si fiondava verso la porta dell’ufficio di Ludwig insieme al pacco di lettere che per poco rischiarono di cadergli a terra per la fretta impressa nei suoi gesti.
Entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle, sparendo dalla vista della ragazza.

***

Erano appena le cinque del pomeriggio e prima che Feliciano potesse imprimere qualcosa di particolarmente significativo nella propria mente che riguardasse il viaggio di ritorno a casa sul solito sedile del passeggero della macchina di Ludwig, si era ritrovato a cucinare un dolce che mai aveva provato prima.
Si era notevolmente tranquillizzato rispetto a quel pomeriggio e il processo si era avviato circa da quando aveva messo piede nell’ufficio del tedesco, ritrovandosi di fronte a un muro di domande la cui preoccupazione era solo parzialmente nascosta.
Non si era mai accorto del fatto che alle volte il critico lo osservava dalle vetrate della stanza dove lavorava, ma quel giorno gli era venuto veramente il dubbio che quell’eventualità fosse possibile.
Aveva perfettamente ragione, alla fin fine: come Ludwig aveva scrutato la stanza oltre le mura dove si trovava notando un Feliciano divertito e sorridente all’inizio della pausa caffè, aveva anche fatto caso a quanto si fosse incupito e agitato quando si era alzato dopo aver salutato Elizaveta con una fretta che non gli apparteneva.
Mille pensieri erano balenati nella testa del tedesco, ma nemmeno uno sembrò rivelarsi abbastanza efficace da poter essere preso come ipotesi.
Il peggiore che lo raggiunse, fu quello che vedeva un Feliciano scontento della propria permanenza a casa sua e che per questo si lamentava con l’amica. Effettivamente Ludwig sapeva di non essere un’ottima compagnia, soprattutto se si trattava di un tipo come Feliciano.
Fino a quel momento non aveva mai creduto troppo alla massima che afferma l’attrarsi degli opposti e iniziò a pensare che forse sarebbe stato meglio continuare a non farlo: in fin dei conti poteva essere tranquillamente una cosa a senso unico che valeva unicamente per lui.
Mise piede nella cucina passandosi una mano tra i capelli ancora umidi, in modo da ravviarli indietro e dare loro la solita forma ordinata; la prima cosa che aveva fatto una volta a casa era stato infilarsi in bagno per una doccia calda che, sperava, gli portasse consiglio.
Riflettere in quel momento fu solamente un modo per confondersi e rischiare di far notare a Feliciano tutte le proprie preoccupazioni.
Cercò di distrarsi ispezionando la cucina, notando solamente un leggero velo di farina sul bancone dove Feliciano stava lavorando e sul tavolo dove aveva raccolto gli ingredienti.
In quel mese aveva mangiato così tanti dolci da scoppiare e se solo non avesse fatto regolarmente palestra molto probabilmente la sua linea invidiabile sarebbe venuta meno.
Certo era che, notando i risultati del continuo cucinare dell’italiano, doveva giungere alla conclusione che ne fosse valsa proprio la pena.
« Sei migliorato tanto rispetto a quando sei arrivato qui, sai? »
Vide le spalle esili di Feliciano sussultare e poi un volto sorridente rivolgersi a lui.
« Dici sul serio? Ne sono felice! » tornò a concentrarsi sulla panna nella ciotola che stava reggendo con un braccio. « Questo dolce ha anche la panna, avrei potuto fare davvero un disastro se l’avessi cucinato all’inizio. »
Ora che Ludwig ci faceva caso, lui e Feliciano non si erano mai presi del tempo per riflettere su come erano arrivati fino a quel punto.
Non si conoscevano poi da tantissimo, ma erano successe così tante cose da spingerli addirittura a vivere insieme. Forse solo lui ci stava pensando, in fin dei conti probabilmente era l’unico a provare ciò che aveva rivelato a Feliciano la prima notte trascorsa lì dall’italiano, consapevole che tanto non avrebbe saputo.
Aveva realizzato solamente in seguito di averlo fatto proprio in quel momento con la speranza che magari il ragazzo si svegliasse e gli dicesse che sì, anche lui ricambiava.
Molto probabilmente il tedesco avrebbe trascorso quella piacevole convivenza in modo molto più rilassato, senza dover pensare in continuazione di aver detto o fatto qualcosa in grado di essere frainteso dall’italiano.
« Credo che a questo punto entreresti facilmente in una cucina. »
Un po’ gli dispiaceva l’idea che si allontanasse dal suo attuale posto di lavoro, ma non poteva certamente tarpargli le ali solamente perché preferiva averlo vicino.
Voleva lasciarlo libero proprio per paura di essere andato incontro a braccia teste a una delle sue peggiori paure: essere soffocante.
Conosceva Feliciano abbastanza bene da sapere quanto fosse ingenuo e da quando aveva visto il proprietario del locale per cui lavorava prima approfittarsi tanto crudelmente di lui aveva deciso che non sarebbe più accaduto, fin quando fosse stato al suo fianco. Non trovava giusto che le persone sfruttassero quelle con più buon cuore di loro, tanto più se si trattava dell’italiano.
Peccato che avesse realizzato lentamente che forse un atteggiamento simile l’avrebbe reso solamente asfissiante: doveva sempre ricordare la propria posizione e non voleva rischiare di leggere nell’affetto di Feliciano qualche erroneo messaggio che gli avrebbe permesso di fare una cosa simile.
C’era poco da questionare: Ludwig lo amava, ma probabilmente era l’ultima delle persone a cui Feliciano poteva pensare in quel senso.
« Davvero Ludi? Hai già in mente qualche posto? » Feliciano schizzò da un lato all’altro della cucina sotto gli occhi azzurro ghiaccio del tedesco, unendo l’impasto di due teglie in una sola ciotola.
« Qualche posto ci sarebbe, più tardi magari comincio a farteli vedere. » si avvicinò lentamente al bancone, afferrando una spugna e iniziando a raccogliere la farina sparsa intorno a Feliciano.
Improvvisamente il silenzio creatosi venne rotto dalla risata cristallina dell’italiano, che si appoggiò senza troppi complimenti sul fianco di Ludwig, com’era solito fare.
« Cosa c’è? »
« Non è molto sporco, ma non hai perso il vizio di pulire in continuazione prima che io finisca di cucinare! »
Il tedesco sussultò, guardandolo mentre alzava il viso.
« Non mi hai mai detto che ti dava fastidio. » borbottò il biondo, voltandosi subito verso il banco e cominciando a pulire una zona dove già aveva passato la spugna, più che altro per dissimulare l’imbarazzo.
Lo sguardo di Feliciano si intenerì e il ragazzo si sollevò in punta di piedi.
« Perché non è così! »
Fece per poggiare le proprie labbra sulla guancia di Ludwig, ma sentì di nuovo due braccia invisibili afferrarlo e riportarlo con i piedi per terra.
Una vocina nella sua testa cominciò a urlargli che era uno stupido a fare una cosa simile dopo ciò che aveva saputo quel pomeriggio.
Ora l’avrebbe cacciato di casa, sicuramente. Chissà quanto aveva dovuto sopportare per non allontanarlo ogni volta che lo stritolava in preda a chissà quale crisi di affetto.
Sentì gli occhi farsi lucidi nonostante il tutto fosse solo una creazione della sua immaginazione e non fece caso allo sguardo di Ludwig fisso su di lui, stupito sia per il gesto che stava per compiere, che per l’espressione con cui si era allontanato.
A quel punto, il tedesco capì che se non avesse preso in mano la situazione costringendo Feliciano a parlare di ciò che tanto lo disturbava quel giorno, molto probabilmente le cose sarebbero solo degenerate.
Aspettò che impostasse il timer e gli afferrò il polso con un misto di forza e delicatezza che fece percorrere il braccio del più piccolo da un brivido insolito.
« Feliciano, è tutta oggi che rispondi alle mie domande senza dirmi realmente ciò che voglio sapere. » cominciò, senza forzarlo a voltarsi. « Quindi ora parliamo, d’accordo? Sai che puoi dirmi… qualsiasi cosa. »
Nonostante la voce ferma, Ludwig non riuscì proprio a evitare quella leggera pausa fatta a metà frase.
Non era certo di voler sentirsi dire qualsiasi cosa frullasse per la testa di Feliciano, per paura un po’ di non riuscire a correggerla o peggio, che si trattasse di qualcosa di irreparabile.
Dal canto suo, l’italiano dovette dirsi felice di quelle parole: forse era proprio quelle che aspettava, quelle che l’avrebbero incitato a esternare ogni dubbio che l’aveva colto quel giorno.
Per tutto l’arco della giornata si era mostrato sorridente e in parte non stava fingendo, anche se comunque dietro al sipario felice inscenato dal suo sorriso stava nascondendo un costante rimestare di pensieri.
Aveva realizzato che sì, era geloso di Ludwig e non sapeva se sarebbe riuscito ad affrontare una sua possibile relazione, se fosse arrivata. Gli era venuto da piangere così tante volte in macchina che aveva preferito dimenticarsi del viaggio e per finire, era giunto alla conclusione che tutte le volte in cui il suo cuore aveva perso un battito quando erano tanto vicini, tutte le volte che lo abbracciava sentendo il corpo leggero come se ogni preoccupazione non esistesse era perché si era innamorato.
Era stato così sciocco da non voler accettare un sentimento tanto bello e se ne pentiva, ma allo stesso tempo si sentiva terribilmente spaventato da come sarebbero potute andare le cose, considerando le dinamiche della situazione.
Rispose con un cenno del capo e si ritrovò seduto su una delle sedie del tavolo, di fronte a un Ludwig chinato per cercare di leggere i suoi occhi puntati sul pavimento.
« Oggi… ho parlato un po’ con Elizaveta, mi aveva detto che mi doveva dire una cosa. » si stava stropicciando la stoffa dei pantaloni come se si sentisse colpevole e in un certo senso non era sicuro che ciò che stava per andare a dire fosse effettivamente un suo diritto. « Mi ha raccontato di una ragazza, al lavoro. Ecco, credo che… tu le piaccia, Ludi! » improvvisamente alzò lo sguardo, agitando le braccia davanti a sé, come se potesse impedirgli di proseguire il discorso nella propria mente prima che fosse lui a parlare. « Allora, ecco, ho iniziato a pensare un po’. Non è che non sarei felice per te se ti trovassi una ragazza, sai? Non ne abbiamo mai parlato, però credo che… prima o poi dovrà succedere… almeno a te. » tornò di nuovo a contemplare il pavimento, preso dal nervosismo. Aveva un nodo allo stomaco in grado di uccidere. « Però è… complicato. Se succedesse… vorresti stare con lei, no? Diventerei di troppo e mi sono depresso perché ho pensato che alla fine certamente non preferiresti me a qualcun altro. Voglio dire, probabilmente è già tanto se mi consideri un amico. Se sto bene qui in Germania è solo perché ci sei tu, quindi se per caso ti fidanzassi, per avere vicino degli amici o qualcuno che mi vuole bene dovrei tornare in Italia… » i suoi ragionamenti iniziarono improvvisamente a farsi confusi e Ludwig decise di fermarlo.
« Feliciano, respira, va ben-… »
Si ritrovò faccia a faccia con gli occhi lucidi del più piccolo e le sue guance rosse e gonfie diventate così probabilmente nel vano tentativo di trattenere i singhiozzi.
« Non voglio che mi lasci da solo, Ludwig. »
Il tedesco era rimasto allibito da quanto tutto il discorso di Feliciano fosse simile alle stesse cose che anche lui aveva intenzione di rivelargli quella sera, se solo fosse stato possibile e ancor più sconcertante era stato come l’italiano l’avesse fatto sentire fondamentale.
Ciò che gli aveva detto alla fine, però, era stato il colpo di grazie, quello che aveva fatto sentire Ludwig a metà tra l’essere colpevole e il sentirsi terribilmente lusingato.
Prima che Feliciano potesse parlare di nuovo, Ludwig avvolse le braccia intorno al suo busto e lo tenne fermo, affondando il viso nella sua spalla. Respirò il suo profumo e non pensò nemmeno per un attimo a ciò che stava realmente facendo, senza ripetersi che non si stava comportando com’era nella sua indole.
« Non ho intenzione di lasciarti da solo, Feliciano. Né adesso, né in futuro. So che per te sarà difficile crederci e forse non dovrei nemmeno dirti quello che mi assilla da un po’, ma forse in un certo senso saperlo potrebbe aiutarti a stare meglio in questo momento e a capire che sono sincero. » alzò il viso, fissando gli occhi in quelli sgranati dell’italiano. « Non mi interessa nessuna donna e fino a qualche minuto fa ero anche io preoccupato delle stesse identiche cose. Pensavo che ti fossi stancato e ho addirittura creduto che oggi stessi parlando con Elizaveta di quanto fossi stufo di stare con me. So di non essere la migliore compagnia, eppure tu hai avuto pazienza e mi hai insegnato… tante cose. »
Portò una mano sulla sua guancia e l’accarezzò dolcemente per raccogliere qualche lacrima, socchiudendo gli occhi.
« Tra cui anche come innamorarmi. »
Forse, senza avere la situazione come complice, Ludwig non avrebbe mai detto né quelle parole, né deciso di avvicinare il proprio viso a quello di Feliciano senza nemmeno aspettare risposta.
Avrebbe dovuto attendere, era vero, ancora non si era sentito dire esplicitamente di essere ricambiato, ma la risposta giunse prima che potesse chiederla. Sentì le dita di Feliciano artigliarsi a lui e poi le sue labbra, finalmente, unirsi alle proprie.
Non seppe dire se fossero passati solo alcuni secondi o interi minuti, ma il sorriso di Feliciano gli rimase impresso nella mente come se fosse uno splendido dipinto.
« Anche io ti amo, Ludwig! »
Era felice di sapere che adesso quelle lacrime stessero scendendo per la gioia.








Angolo ~
Come stavo dicendo prima di lasciarvi alla storia... spero non abbiate intenzione di linciarmi perché davvero, se fosse stato possibile avrei evitato di non aggiornare questa e le mie altre fanfiction di Hetalia per tutto questo tempo.
Prima ragione per cui non ho aggiornato recentemente, è l'ispirazione.
Come credo molti sapranno, proseguo le fanfiction a capitoli solamente quando ho tutti gli appunti scritti e raramente riesco a improvvisare se non qualche breve passaggio.
Dal capitolo tre non avevo più alcuno spunto, ma fortunatamente ieri sono riuscita a buttare giù le idee e a raccoglierle per questo e i mancanti due capitoli.
Non voglio azzardare ipotesi né fare promesse che non posso mantenere, ma se continua così potrei riuscire ad aggiornare nuovamente in breve tempo!
La seconda ragione per cui sono stata così assente è la scuola che mi ha impedito di produrre chissà che cosa e terza un cambio di fandom. Una volta ruolavo su FB alcuni profili di Hetalia, ma ora ahimè li ho abbandonati per varie ragioni e non me la sentivo sinceramente di scriverci su. Tra queste ragioni, c'era anche la mia convinzione di non saper più muovere i miei personaggi.
Ora ho abbattuto un po' questa barriera, fortunatamente! **
Spero che ancora qualcuno segua questa storia e vorrei riservare un grazie a tutti coloro che mi hanno scritto per chiedermi che fine avevo fatto o anche a quelli che l'hanno semplicemente pensato.
Finalmente ho trovato la forza per rendere migliore questa fanfiction - sa tanto di discorso da Miss Mondo AHAH -, perché veramente non riuscivo a sentirmi soddisfatta nonostante tutto.
 Spero di ricevere qualche vostro commento, ne sarei felicissima!
Intanto lascio un P.S. per tutti coloro che seguono anche la mia fanfiction Spamano: sta per essere aggiornata anche quella, don't worry uwu

Grazie mille a tutti quanti, mi sento davvero in dovere di dirvelo a questo punto!
Alla prossima!

CHAOSevangeline
   
 
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