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Autore: CHAOSevangeline    25/04/2014    1 recensioni
Sentì per l’ennesima volta il campanello della porta principale che suonava e sorrise raggiante, iniziando a muovere con più lena le mani per riuscire ad infornare il prima possibile quel dolce.
Ludwig Beilschmidt, il noto critico culinario, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, guardandosi intorno con il suo solito sguardo freddo.
Sembrava che stesse odiando non solo il parquet, ma anche tutti i tavoli e le sedie di legno poco più chiaro disposte nella stanza.
Anche le sedute a divanetto rosso sembravano non essere di suo gradimento, come le tende bianche che coprivano le finestre.
La pura e semplice verità era che Ludwig si stava guardando intorno aspettando che qualcuno andasse ad accompagnarlo ad un tavolo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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5. Grembiule
 
 
 
La sveglia iniziò a strillare, facendo mugugnare con tono infastidito il fagotto di coperte rannicchiato sul grande letto a due piazze.
Erano già le dieci del mattino, ma questo Feliciano non lo sapeva e, anche fosse, per i suoi canoni sarebbe rimasto comunque troppo presto per separarsi dal caldo e morbido abbraccio delle lenzuola che lo avvolgevano da capo a piedi fin dalla sera prima.
Se c’era una peculiarità del sonno dell’italiano era che, per quanto potesse essere agitato, non si liberava mai delle coperte e non tanto perché non ci riuscisse, quanto piuttosto perché aveva l’innata abilità di recuperarle se per caso si allontanavano troppo facendogli provare freddo.
Un cespuglio di capelli rossicci e scarmigliati emerse da quel soffice fortino, ma Feliciano non aprì ancora gli occhi, preferendo a quell’opzione il rotolarsi dalla parte opposta del letto, quella dove dormiva Ludwig.
Il fatto che il proprio rotolare non fosse stato arrestato da nessuno lo fece bloccare giusto in tempo per non farlo cadere e gli occhi castani di Feliciano iniziarono ad aprirsi, rivelandogli il soffitto e il lampadario in penombra.
Aprì le braccia come se fosse necessario per liberarsi di uno sbadiglio alquanto profondo e occupò completamente i due materassi, di traverso.
L’infernale apparecchio che gli gridava di svegliarsi dal comodino era oramai troppo lontano per permettergli di spegnerlo, per questo decise di recuperare il cuscino più vicino e di rinchiudervi dentro il viso in modo da poter continuare a dormire. Tanto prima o poi quell’affare sarebbe stato zitto.
Si dovette ricredere quando anche la sveglia di Ludwig cominciò a suonare e a quel punto Feliciano capì che era veramente impossibile per lui continuare a sonnecchiare.
Si sollevò lentamente, guardandosi intorno e prendendo entrambi i piccoli orologi senza la furia che un qualsiasi individuo assonnato sarebbe stato in grado di imprimere nei propri gesti dopo essere stato svegliato tanto bruscamente.
Scostò le coperte, mise i piedi fuori dal letto e sfiorò il pavimento come per volersi far presente quanto meglio sarebbe stato quando avrebbe tuffato i piedi nelle ciabatte di pelo chiaro che aveva comprato appena qualche giorno prima.
La rigorosa calma con cui Feliciano era solito muoversi appena sveglio sarebbe stata in grado di rilassare la persona più stressata del mondo – o viceversa di agitare la più frettolosa –. Perché avrebbe dovuto correre?
Se Ludwig non era a pochi centimetri da lui, sul letto, voleva dire che era al lavoro e c’erano solamente due giorni in cui questa routine si ripeteva: la domenica e il suo giorno libero.
Già, Feliciano aveva un giorno libero che avrebbe volentieri voluto poter moltiplicare per sei, certe sere in cui metteva piede in casa totalmente distrutto.
Gli piaceva quel lavoro, anzi, l’idea di lasciarlo presto un po’ lo intristiva perché sapeva che avrebbe dovuto salutare persone come Elizaveta, ma al contempo si rendeva conto che non era quello il genere di impiego che più gli si addiceva.
Anche un cuoco doveva correre, certo, ma non come un segretario, che dietro al proprio affrettarsi aveva uno sfondo di totale ordine, di continue telefonate e pile perfette di scartoffie da archiviare facendo in modo che i propri schemi mentali fossero chiari a tutti.
Dopo aver raggiunto la cucina strascinando i piedi, la vista dell’italiano venne lasciata libera dalle mani che per qualche attimo avevano stropicciato gli occhi ambrati e si accorse di un post-it colorato sul tavolo. Accanto ad esso c’era un piattino coperto, un bicchiere vuoto e un cartone di latte la cui necessità di rimanere in frigo non era prioritaria, considerando la temperatura di quel periodo.
Osservando il foglietto, la mente di Feliciano parve svegliarsi ancor di più di quanto non facesse quando si sciacquava il viso con l’acqua gelida e si avvicinò rapidamente, sollevandolo con due.
La calligrafia di Ludwig era decisa e impeccabile come lo era su tutti i documenti che Feliciano l’aveva visto compilare nel suo studio. In un certo senso, si chiedeva come facesse: quando lui si era appena svegliato non riusciva nemmeno a vederla, la penna, figurarsi a scrivere in modo tanto impeccabile.
“Buongiorno, ti ho preparato della frutta da mangiare, visto che è da qualche mattina che non fai altro che ingozzarti di muffin.
Lo so che sono buoni Feliciano, ma non è il massimo per il tuo stomaco digerire quantità industriali di dolci.
Cercherò di tornare un po’ prima, oggi.”
L’espressione sul volto di Feliciano rimase allegra fino a quando non lesse la firma di Ludwig. Divenne serio per un attimo, poi ridacchiò sommessamente, rendendosi conto che era esattamente uguale a quella che era solito apporre sulle scartoffie lavorative.
Sistemò nuovamente il foglietto accanto al piatto e si sedette, cercando di non pensare al fatto che non avrebbe trovato un bel muffin al cioccolato ad aspettarlo.
Da quando si era trasferito lì doveva ammettere di aver realizzato quanto Ludwig fosse un patito della dieta; inizialmente aveva creduto che i dolci gli piacessero tanto quanto a lui, ma poi si era reso conto che in verità era un amore ben meno viscerale del suo.
In fin dei conti, Ludwig mangiava dolci soprattutto per lavoro – che per altro non comprendeva solamente quella categoria culinaria – e perché Feliciano gliene riempiva la cucina, o certamente non ne avrebbe sentito eccessivamente la mancanza.
In un certo senso, l’italiano capiva che se Ludwig gli diceva di diminuire dosi e di limitare determinati alimenti era solamente per il suo bene, ma come lui era fissato con l’essere in forma e impeccabile, a Feliciano piaceva togliersi qualche sfizio forse un po’ troppo spesso.
Per quella mattina comunque, l’italiano decise di fare il bravo e si limitò a mangiare quella porzione di frutta che fortunatamente poteva vantare di essere abbondante.
Dopo aver lavato i piatti ed essersi sistemato in modo quantomeno presentabile, decise di infilare il bigliettino di Ludwig in un’agendina che da sempre gli serviva per appuntare le cose più svariate. Ecco che il foglio colorato andò a riposare insieme ad altri diversi suoi fratelli che Feliciano era solito raccogliere e custodire gelosamente come se fossero un piccolo tesoro.
 
 
Tra pulizie, spesa e altre piccole faccende che Feliciano era riuscito a svolgere nel corso di quella giornata, era arrivata sera e si era ritrovato come di consueto di fronte ai fornelli per preparare qualcosa di buono da mangiare per Ludwig che ancora non era tornato.
Anche se gli aveva promesso di tornare presto e alla fine non era stato così, Feliciano non gliene faceva più di tanto una colpa: sapeva quanto fosse difficile per lui riuscire a liberarsi in fretta dagli impegni alle volte ed era stato già tanto per lui che quel pomeriggio fosse riuscito a telefonargli per chiedergli come stava.
Indubbiamente il tedesco aveva trovato uno dei migliori compagni che una persona come lui potesse desiderare: Feliciano era una persona semplice, non chiedeva troppo e gli bastava sapere di essere ricambiato per essere contento.
C’erano delle volte in cui comunque Ludwig si sentiva in colpa e gli sembrava di trascurarlo, ma si stava convincendo che forse sarebbe stato meglio non ascoltare eccessivamente quei pensieri neanche tanto perché non ci volesse dare peso, quanto piuttosto perché non era neanche il loro quinto giorno come coppia e non voleva iniziare il tutto con turbe degne di una relazione già longeva.
Fece girare le chiavi nella toppa e udì improvvisamente dei passi concitati provenire dalla cucina poco prima che un Feliciano con tanto di grembiule gli si aggrappasse al collo senza dargli il tempo né di dire, né di fare qualsiasi cosa.
« Bentornato, Ludi! » esultò, staccandosi appena solo per dargli un bacio a stampo sulle labbra.
Ludwig doveva ammettere di aver impiegato qualche giorno per abituarsi a quelle attenzioni che sì, c’erano sempre state, ma che percepiva in modo differente da quando la loro relazione era cambiata.
« Scusami, ho fatto tardi. » tirò fuori una mano da dietro la schiena, che era rimasta nascosta senza però attirare l’attenzione di Feliciano. Gli porse una scatola di cioccolatini che l’italiano osservò con gli occhi che brillavano.
La afferrò con entrambe le mani e sorrise raggiante, inclinando il viso.
« E io che ti volevo dire che avrei mangiato un muffin visto che eri arrivato in ritardo! » disse scherzosamente, cominciando già ad avviarsi verso la cucina. « Vai a cambiarti, è quasi pronto! »
Detto questo, Feliciano sparì oltre l’uscio della stanza, da cui Ludwig sentì provenire il rumore di un cucchiaio che sbatteva sul fondo di un’altrettanto anonima pentola.
Da quando Feliciano si era trasferito a casa sua doveva ammettere che l’allegria era palpabile, c’era un profumo di freschezza ogni volta che entrava in casa e vederlo gli imprimeva sempre nel cuore una certa vitalità che fino a prima di conoscerlo gli mancava.
Era per questo che si era sentito pronto a cercare di trasformare la loro amicizia in qualcosa di più, a rischiare, per tutti questi sentimenti che gli aveva fatto provare; se persino una persona come lui, che poco era abituata alle relazioni come quella che adesso aveva con Feliciano, si era sentita tanto pronta voleva dire che qualcosa era realmente scattato.
Dopo essersi liberato del giaccone e aver raggiunto la camera per infilarsi qualcosa di più comodo del completo giacca e cravatta che ben presto sarebbe dovuto finire nella lista dei capi da lavare, Ludwig fece ritorno in cucina, dove trovò un Feliciano intento a scolare la pasta e a dividere le porzioni nei piatti di entrambi.
Il tedesco aveva perso il conto di quante volte aveva mangiato quella pietanza e numerose sue varianti da quando Feliciano viveva lì, ma doveva ammettere che non gli dispiaceva se cucinata in modo tradizionale da qualcuno che di cose simili se ne intendeva.
« Com’è andata al lavoro? » la voce squillante del più piccolo lo raggiunse mentre si sedeva, poco prima che i piatti fondi tintinnassero contro quelli da secondo, disposti in modo ordinato sulla tavola.
Ecco, se c’era una cosa su cui Feliciano era ordinato era la preparazione della tavola per pranzi e cene.
Si sedette di fronte a Ludwig al tavolo della cucina, guardandolo intensamente negli occhi.
« Tutto bene. » le risposte di Ludwig in merito erano sempre alquanto telegrafiche, preferiva di gran lunga parlare di cosa aveva fatto Feliciano durante il giorno piuttosto di dover spendere troppe parole su ciò che potenzialmente l’aveva fatto innervosire tra le mura del suo posto di lavoro.
L’italiano ridacchiò, augurandogli buon appetito e cominciando a mangiare. Dal canto suo, Feliciano riproponeva sempre quella domanda, quand’era il suo giorno libero, giusto per dare la possibilità a Ludwig di raccontare nel caso fosse accaduto qualcosa, ma sostanzialmente non voleva mai forzare il tedesco a parlargliene: sapeva perfettamente quanto gli desse fastidio.
« Ti sei scordato di toglierti il grembiule. » la voce di Ludwig fece destare Feliciano da quei suoi pensieri e lo portò ad abbassare lo sguardo verso l’oggetto della sua frase.
« Mmh non importa, tanto è carino! » sorrise, indicando le decorazioni raffiguranti dei piatti di pasta sparse su tutta la stoffa rossa.
Un po’ da patito, Ludwig l’aveva sempre pensato.
« Effettivamente però lo dovrei cambiare, ha un buco! » gonfiò leggermente le guance esponendo quel problema che per lui doveva essere indubbiamente madornale. « Me l’ha regalato mio fratello! Sai Lovino, no? »
Eccome se il tedesco lo conosceva. Lo conosceva fin troppo bene.
« Sì, ci ho parlato e non mi è parso di stargli troppo simpatico. » asserì semplicemente, arrotolando l’ultima forchettata di spaghetti.
Ludwig aveva fatto il possibile per partire con il piede giusto, aveva fatto il possibile per non rischiare di andare incontro a guerre con i parenti di Feliciano e di fare, quindi, subito una buona impressione, ma l’unica volta in cui aveva rivolto la parola al fratello del ragazzo era stata una totale disfatta.
Ricordava ancora la loro conversazione, si era verificata appena qualche giorno prima e no, Ludwig non credeva affatto che fosse andata bene.
Feliciano era sotto la doccia e quando lo aveva avvisato del telefono squillava, l’italiano gli aveva detto di rispondere.
Ludwig già sapeva chi fosse Lovino, era quel fratello tanto scontroso che però aveva urlato a Feliciano – sì, per telefono. Sì, abbastanza forte da far capire chiaro e tondo anche a lui cosa stava dicendo – che sarebbe andato in Germania a prendere a calci dove il sole non batte il proprietario del suo vecchio posto di lavoro.
Aveva subito pensato che si trattasse del classico caso di ragazzo che all’apparenza si dimostra diverso da ciò che è realmente ed effettivamente non aveva tutti i torti, fatta eccezione per il fatto che l’avversione di Lovino nei suoi confronti era reale, pura e sincera.
Non appena gli aveva detto di non essere Feliciano, Lovino era impazzito urlandogli che se aveva torto anche solo un capello al più piccolo avrebbe ucciso lui e tutta la stirpe di crucchi mangia patate a cui apparteneva.
Ludwig non aveva sinceramente saputo cosa rispondergli e per fortuna Feliciano era uscito abbastanza in fretta dal bagno da impossessarsi dell’apparecchio e da sbrigarsela lui con quell’iperprotettivo dall’altro capo della cornetta.
« Non è vero che gli stai antipatico Ludwig, Lovino fa così con tutti! »
Quell’atteggiamento da parte di Feliciano non era ottimista, era minimizzare eccessivamente qualcosa di fin troppo ovvio, ma Ludwig decise di non insistere.
Doveva ringraziare il cielo che per lo meno Gilbert e Feliciano andavano d’accordo.
Il tedesco decise comunque di non proseguire con quell’argomento e di dedicarsi, piuttosto, a qualche discussione leggera come quella riguardante il grembiule del ragazzo.
« Se è bucato perché non lo rammendi? »
« Non ne sono capace! »
« Allora dovresti cambiarlo… » la frase rimase in sospeso, mentre gli occhi cerulei di Ludwig leggevano in quelli ambrati di Feliciano una determinazione, pronta a esplodere e a criticare la sua quasi palese proposta di liberarsi di quello che probabilmente per il tedesco era solo un’inutile pezzo di stoffa.
Sì, dagli occhi di Feliciano si potevano leggere tutti quei dettagli.
« Finché non riusciamo ad aggiustare quello che hai adesso, per lo meno. »
Quella versione parve piacere particolarmente a Feliciano, che si alzò tuttavia con fare teatrale, raccogliendo i piatti.
« Niente grembiuli nella mia cucina se non hanno un legame affettivo! Continuerò a mettere questo! »
Per qualche attimo, Ludwig si chiese se Feliciano non gli stesse velatamente chiedendo di comprargli un nuovo grembiule, ma dovette presto rendersi conto che se avesse voluto un simile regalo, la sua spontaneità gliel’avrebbe fatto chiedere chiaro e tondo, senza minuziosi giochi e giri di parole come quelli che sembrava aver appena usato.
C’era un negozio con dei bei grembiuli, sulla strada per tornare a casa da lavoro. Se ne sarebbe ricordato.
 
 
La cena trascorse in fretta come accadeva sempre e dopo aver sparecchiato e riordinato, si ritrovarono entrambi sul divano intenti a decidere quale fosse il programma tanto fortunato da intrattenerli per quella sera.
A Feliciano a dire il vero la televisione non sembrava importare più di tanto: era letteralmente spalmato contro Ludwig con la coperta sollevata fino alle orecchie e guardava con fare vacuo lo schermo della televisione, senza vederlo realmente.
Dopotutto era un dato di fatto che subito dopo cena gli venisse una fortissima stanchezza da cui si liberava nel giro una decina di minuti.
Forse.
« Ah comunque Feli, ho una sorpresa per te, stasera. »
Il connubio tra la parola “sopresa” e “te” fu la miscela in grado di far svegliare istantaneamente il sonnacchioso italiano, che si sollevò facendo pressione con le mani sul divano, scattando subito sull’attenti.
Ludwig dovette seriamente trattenersi per non sorridere in modo poco cortese e rischiare di farlo sentire offeso.
« Quale? Non c’erano solo i cioccolatini? » domandò ingenuamente.
« Penso sia molto meglio dei cioccolatini, Feli. »
L’italiano seguì subito la mano di Ludwig, che si infilò nella tasca dei pantaloni recuperando un bigliettino. Chissà cosa poteva esserci scritto: era troppo piccolo per essere un buono per un viaggio tutto pagato verso qualche meta tropicale e dubitava seriamente che si trattasse di un invito a qualche festa di gala a cui Ludwig avrebbe voluto partecipare con lui.
L’elemento più sorprendente in grado di colpire Feliciano fu il fatto che il tedesco gli stesse porgendo il bigliettino incriminato. Subito le dita esili del più piccolo se ne impadronirono e ne lesse il contenuto in modo rapido e attento.
« E’ un indirizzo… » constatò, anche se nella voce vi era tutt’altro che delusione.
Stava iniziando a capire, ma alzò ugualmente gli occhi speranzosi verso Ludwig, come per ottenere una conferma.
« Sai cosa c’è in quella via, Feli? »
L’italiano scosse la testa energicamente.
« C’è una pasticceria che cerca un cuoco. »
Messo il punto a quella frase, nella stanza calò il silenzio. Feliciano non disse più nulla, per poco Ludwig pensò anche che la notizia non gli avesse fatto piacere, ma subito dopo si ritrovò premuto contro lo schienale del divano per lo slancio che il più piccolo si era dato per abbracciarlo.
« Sei serio, Ludi?! » domandò con la voce che sembrava quasi rotta.
No, no no, non voleva che si mettesse a piangere, che fosse anche per la gioia.
« Ti potrei prendere in giro su una cosa del genere? » sorrise appena, accarezzandogli dolcemente la testa e sporgendosi per poterlo vedere. « Hai già il tuo curriculum pronto, giusto? Posso accompagnarti lì anche domani se vuoi. »
Feliciano avrebbe impiegato qualche momento per nascondere gli occhi lucidi dalla gioia a Ludwig.
 
 
Il campanello tintinnò sopra la testa di Feliciano, annunciando il suo ingresso nella piccola pasticceria dove stavano presenziando solamente pochi clienti.
Quel giorno la sveglia non era stata un problema particolare, Feliciano non era riuscito a chiudere occhio nonostante si fosse preparato un paio, se non tre tisane rilassanti per cercare di arrivare il giorno dopo senza apparire come un povero disperato incapace di riposare.
Prese una lunga boccata dell’aroma di caffè, dell’odore di dolci che da troppo tempo non sentiva; da quando era stato licenziato non aveva più messo piede all’interno di una pasticceria, caffetteria, anche solo di un bar e tutto questo perché era quasi come se sulle sue spalle stesse gravando un trauma di cui non era proprio capace di liberarsi.
Indossava una camicia azzurrina coperta da un maglione di lana grigio scuro abbinato a dei pantaloni neri; era l’unico compromesso di vestiario a cui lui e Ludwig erano riusciti a giungere la sera prima, quando Feliciano era schizzato in piedi urlando che si doveva preparare psicologicamente per il giorno dopo.
Ludwig gli aveva detto di andare con un completo, Feliciano aveva risposto dicendo che magari l’avrebbero fatto cucinare e si sarebbe sporcato.
Ludwig allora aveva affermato che doveva sembrare professionale, Feliciano aveva risposto che non voleva essere scomodo.
Così eccolo, vestito comunque bene, ma senza rispettare i canoni che Ludwig aveva cercato di mettere da parte quando l’italiano si era mostrato tanto irremovibile: l’ultima cosa che voleva era terrorizzarlo facendogli credere che se non fosse uscito di casa in giacca e cravatta non l’avrebbero minimamente considerato.
A dire il vero, era quasi del tutto certo che in quella caffetteria avrebbe avuto una chance e non tanto perché avesse provato a raccomandarlo – cosa che non aveva fatto –, quanto piuttosto per la richiesta: i proprietari erano una coppia anziana che cercava un apprendista a cui, molto probabilmente, avrebbero voluto lasciare anche il locale. Era certo che l’ambiente sarebbe piaciuto a Feliciano, come del resto era certo che con i passi da gigante fatti in quel periodo avrebbe fatto una buona impressione anche sui suoi possibili futuri capi.
L’italiano si guardò intorno spaesato, rendendosi conto che pur voltandosi non avrebbe potuto identificare la macchina di Ludwig fuori dal locale: gli aveva detto di aspettarlo nel parcheggio lì vicino e tutto sommato l’idea non era stata poi così cattiva, considerando che se il critico fosse stato visto molto probabilmente l’assunzione sarebbe stata meccanica.
Non era questo ciò che Feliciano voleva.
Individuata una signora anziana dietro il bancone, Feliciano si avvicinò dopo aver deglutito un boccone che sembrava volergli impedire di respirare.
« Mi scusi signora… ho trovato un annuncio di questa pasticceria, cercavate un… pasticcere come apprendista, giusto? »
La donna si voltò verso di lui, rivolgendogli un leggero sorriso. Gli parve quasi di vedere gli occhi della signora illuminarsi; che non avessero avuto molta fortuna in fatto di annunci, prima del suo arrivo?
« Oh certo! Vieni, ti porto in cucina da mio marito, è lui che gestisce certe cose! »
Forse quello che aveva detto Ludwig per incoraggialo non era poi così falso e volto unicamente a farlo rilassare prima di fargli raggiungere il locale.
Dopo aver fatto il giro del bancone, Feliciano raggiunse la donna che gli stava tenendo aperta la porta per raggiungere la stanza sul retro.
« Caro, c’è un ragazzo che è qui per il nostro annuncio. »
L’uomo che fece capolino da dietro il banco era basso, paffuto e probabilmente di qualche anno più vecchio della signora ora accanto a lui.
In un certo senso a Feliciano stava piacendo quell’ambiente, sembrava di gran lunga migliore di quello a cui era abituato prima e doveva dire gli faceva respirare un che di familiare.
Risolti i convenevoli, Feliciano iniziò ad armeggiare con la busta che teneva tra le mani, dov’era custodito il suo curriculum per mesi aveva compilato, controllato, cestinato e riscritto nuovamente. Quella era la forma finita e doveva dire di esserne abbastanza soddisfatto.
Rimase solo con l’uomo nella stanza e lo osservò nervosamente mentre leggeva, vedendolo annuire quando scorse con una delle dita tozze la riga dov’era riportato il nome del precedente locale dove lavorava.
Nonostante tutto, sarebbe stato forte della menzione che il giornale di Ludwig aveva fatto grazie a lui a quel locale.
« Ora che ci penso… » il vecchietto appoggiò il curriculum sul tavolo, avendo finito di leggerlo. « Se sei tu il Feliciano Vargas di cui tanto si è tanto sentito parlare nel nostro ambito… come mai sei qui? »
Un punto a favore: sapeva delle sue doti menzionate dal critico tedesco, un punto a sfavore: gli stava chiedendo il perché del suo licenziamento.
Feliciano era già preparato a una simile eventualità, ma ciò non gli impedì di premere con forza le unghie nei palmi delle proprie mani, nascoste dietro la schiena.
Ludwig era stato esplicito a proposito e gli aveva detto che qualsiasi cosa avrebbe potuto fare, tranne mentire.
Con un po’ di fortuna, pur omettendo il proprio licenziamento, Feliciano avrebbe potuto evitare domande in merito, ma ora che si trovava inevitabilmente a dover rispondere di certo non avrebbe cominciato a costruire un castello di bugie che ben presto sarebbe crollato portando a risultati rovinosi.
Aveva davvero bisogno di quel lavoro, in tutti i sensi, ma guadagnarselo in modo disonesto l’avrebbe fatto stare peggio che ricevendo un rifiuto.
« Sono stato licenziato, signore. » già deciso ad aggiungere delle ulteriori spiegazioni, continuò. « Ora mi sono migliorato molto, ma purtroppo tendevo ad essere un po’ disordinato e con l’arrivo di altri cuochi in cucina sono stato inevitabilment-… »
La sua voce si fermò nel vedere la mano dell’anziano sollevarsi. Aveva parlato troppo? Aveva dato l’impressione di essere un vittimista? Non credeva al fatto che avesse iniziato ad essere più ordinato?
« Non do molto peso alle passate esperienze lavorative, ragazzo. Se hai del tempo questa mattina, potresti fermarti per fare una prova. »
Gli occhi di Feliciano si illuminarono.
Quindi aveva un’occasione?
 
 
Ludwig aveva detto a Feliciano che sarebbe rimasto ad aspettarlo in macchina anche mezza giornata, se fosse servito, che si sarebbe potuto prendere tutto il tempo necessario senza doversi preoccupare di avvisarlo, però dopo circa un’ora di attesa Ludwig stava iniziando a preoccuparsi.
Aveva fatto in modo di preparare Feliciano a qualsiasi cosa, nel bene e nel male, ma aveva finito inevitabilmente con l’incoraggiarlo e ormai si era annidato in lui il dubbio di averlo convinto che avrebbe ottenuto il lavoro.
Per questo aveva trascorso il tempo – non solo di quella mattina, anche la notte era stata una buona compagna – a pregare che Feliciano ottenesse il posto.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per non vederlo più in lacrime come qualche mese prima perché sì, certamente non poteva dire di soffrire tanto quanto lui, ma indubbiamente vederlo stare male non era un toccasana nemmeno per il tedesco.
Appoggiò la fronte sul volante dell’auto, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Tanto ormai che avrebbe potuto fare? Aveva trovato l’occasione, aveva aiutato Feliciano quanto più possibile e per quella volta non avrebbe potuto far altro che sperare nel meglio. Ci sarebbero state altre occasioni, eventualmente, quella era solo la migliore che aveva trovato.
Già, soltanto la migliore.
Si passò una mano sul volto, tastando le occhiaie insolitamente profonde con cui si era svegliato quella mattina. Purtroppo i pochi momenti di sonno di Feliciano erano stati agitati e non avevano fatto altro che ricordargli per tutte le ore notturne cosa sarebbe accaduto il giorno dopo. Nel giro di un paio di risvegli, il sonno l’aveva abbandonato.
Improvvisamente vide una figura oltre il finestrino della portiera del passeggero e si sollevò di scatto, riconoscendo l’abbigliamento di Feliciano e poi il suo viso, quando entrò in macchina.
« Mi hanno preso, Ludi! » la voce entusiasta del ragazzo aveva iniziato ad arrivargli alle orecchie già da quando si trovava fuori, per il motivetto che stava canticchiando mentre correva fino a lì, ma ora era esplosa a pochi centimetri dal suo orecchio. « Comincio a lavorare da domani, abbiamo già firmato tutto! »
Per qualche attimo Ludwig rimase immobile, guardando gli occhioni ambrati di Feliciano coperti da un velo di lacrime provocate dalla gioia, osservò il suo immenso sorriso e il suo busto ondeggiare come se dovesse esprimere anche in quel modo la propria felicità.
Ce l’aveva fatta.
Prima che l’italiano potesse chiedergli il perché non stesse gioendo, venne afferrato da una presa salda che raramente Ludwig usava, tantomeno per primo.
« Sei stato bravissimo, Feliciano. »
Per una volta, a Feliciano non parve di udire il solito tono trattenuto del tedesco.
 
 
Quel giorno pranzare era stato particolarmente piacevole; Feliciano aveva cucinato come al solito, ma tenendo tra la spalla e l’orecchio il cellulare mentre raccontava al fratello ciò che era caduto da meno di qualche ora.
Dopo aver passato qualche attimo a sorridere nel guardarlo, Ludwig aveva deciso di avvisare il proprio, di fratello, con un messaggio. L’aveva svegliato nel cuore della notte perché non riusciva a dormire, era il minimo che gli dicesse che le cose erano andate bene, anche se voleva lasciare a Feliciano il piacere di telefonare e raccontare il tutto nei minimi dettagli anche a lui.
Quando finalmente riuscirono a finire di mangiare – tra una chiamata e l’altra, tutte provocate dai messaggi inviati da Feliciano –, Ludwig prese lentamente un pacchettino dalla sedia accanto alla propria, deciso a consegnarlo all’italiano.
Considerando il “regalo” che aveva ricevuto quella mattina, molto probabilmente il suo sarebbe stato un nonnulla, ma ci teneva a darglielo subito.
Capì che il pensiero era stato apprezzato quando Feliciano sbatté le palpebre dando vita a uno sguardo paragonabile a quello di un bambino che ha appena visto il regalo di Natale che più desidera al mondo.
« Ludi, non dovevi! »
« Non hai nemmeno visto che cos’è! »
Feliciano interpretò quella frase come un invito a scartare il pacchetto e prima ancora che Ludwig potesse metterglielo in mano, l’italiano si sistemò sulle gambe del tedesco appropriandosi del regalo.
Affondò le dita nella consistenza morbida di quanto era celato sotto la carta da pacchi e dopo essersi reso conto di non avere idea di cosa potesse essere, cominciò a scartarlo rapidamente, lasciando cadere a terra i brandelli di quella che, secondo Ludwig, fino a qualche attimo prima era stata una carta da regalo abbastanza carina.
Feliciano sollevò la propria sorpresa e la osservò.
Era un grembiule di colore verde, con sopra una moltitudine di pizze di varie dimensioni. Sul petto, vi era un pezzo di stoffa bianca dove in rosso era ricamato il suo nome.
« Ho un po’ mentito dicendoti che sarei rimasto ad aspettarti sempre in macchina, ma me ne avevi parlato ieri e ho voluto prendertelo. » fece una pausa e si passò una mano sul collo, leggermente in imbarazzo. « Ovviamente non l’ho ricamato io, ma spero che il pensiero ti piaccia lo stesso. »
Feliciano non seppe se l’esplosione di allegria fosse dovuta al fatto che Ludwig gli avesse fatto un regalo o piuttosto dall’idea che il giorno prima l’avesse ascoltato, tenendo poi presente quanto amasse quel genere di cose.
Gli schioccò un bacio sulla guancia, appoggiando le mani sulle sue spalle e godendosi il leggero rossore apparso sulle gote del tedesco.
« E’ stupendo, Ludwig! »
Ludwig poteva considerare quella una delle migliori giornate: Feliciano non aveva mai smesso di sorridergli.











Angolo ~
Ciao a tutti! Come promesso sono stata brava e ho aggiornato abbastanza in fretta! ** Sono veramente agguerrita di recente, muoio dalla voglia di scrivere e aggiornare e questa non può che essere una buona cosa!
Ad ogni modo che dire di questo capitolo? Penso ci sia tanto fluff e vado abbastanza fiera delle immagini rievocate all'inizio, quando Feli si sta svegliando: non so perché, ma mi sembra di aver racchiuso la sua essenza in quelle prime righe.
Voglio ringraziare tutti coloro che stanno seguendo, leggendo e commentando la storia anche dopo la mia lunga assenza. Davvero, grazie di cuore <3
Mi riservo i ringraziamenti per il prossimo capitolo che, avendo sviluppato cinque prompt su sei, sarà anche l'ultimo ;______; Temo sarà anche più breve, trattandosi di un epilogo.
Detto questo, vi saluto!

CHAOSevangeline
   
 
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