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Autore: Stephenie    12/04/2014    1 recensioni
"S…sono nato a Bei…Beirut – e qui sento qualcuno chiedere “Bei che?!?”. Sto per ripetere il nome della mia città natale, quando sento qualcun altro farlo per me… “Beirut, idiota”, dice una voce femminile che proviene da una ragazza accostata alla porta, che mi guarda e mi strizza l’occhio."
Questa storia parla di un Mika adolescente, alle prime prese con l'amore, e di una ragazza, Emily (nome non scelto a caso u.u), che lo aiuterà a capire la sua identità e ad accettare sè stesso.
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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OVER MY SHOULDER

Mi sveglio alle 6 del mattino, la finestra ancora aperta mentre piove. Mi alzo a fatica mentre cerco di focalizzare il resto della stanza, la sedia che di solito si trova sotto la finestra è scaraventata contro il muro, mentre tutti i fogli da disegno volano per la stanza. Non appena mi metto in piedi cado sul pavimento e sono costretto a sedermi sul letto per almeno 10 minuti perché ho un fortissimo mal di testa e un senso di nausea che mi fanno sperare di riuscire ad arrivare almeno alla fermata dell’autobus. Dentro di me in realtà sto bestemmiando contro Emily: non mi ricordo assolutamente niente di quello che è successo ieri, e non sarei sorpreso se fossi stato drogato. Sento mia madre uscire dalla sua camera e dirigersi in cucina. Mi alzo a fatica e chiudo la finestra, iniziando a preparare la mia cartella. Dopo mi vesto e pregando tutti i santi spero che mia madre non mi faccia troppe domande. Chiudo la maniglia dietro di me e la raggiungo in cucina, dove ha preparato il caffè. Mi siedo lentamente e mangio la mia colazione con nonchalance, ci raggiungono anche i miei fratelli e per fortuna nessuno sembra fare troppo caso alla mia capigliatura. Mia madre si siede accanto a me e dopo aver sorseggiato un po’ di caffè mi chiede:
-Allora, tu ed Emily vi sentirete oggi?-
-Penso di sì…- dico a fatica sperando di non vomitarle addosso.
-Allora non dimenticarti di chiederle se può restare a pranzo.-
-Ma certo, ora devo andare… a dopo!-
Prima di uscire corro in bagno e mi sciacquo la faccia, prendo qualche boccata d’aria ed esco dalla porta sul retro. Non appena faccio qualche passo, Emily appare dall’angolo. Sembra molto contenta e sicuramente più rilassata di me, come se avesse passato la notte a dormire beatamente.
-Hey, yo! Come va?-
-Non tanto bene… non come a te, comunque.-
-Ancora stordito da ieri sera?- mi chiede
-Sì, e tu?-
-Per niente… ci sono abituata ormai.-
-Vorrei poter essere come te… Non so come affronterò la scuola oggi…-
-Facile, non l’affronterai, perché non ci andremo mai.-
-Stai scherzando, vero?!?-
-Ti sembro una che può scherzare? Monta su, dai!- dice indicandomi il motore. Non so bene che fare, ma nel dubbio, mi lascio trascinare, perché per qualche astruso motivo, mi fido di lei. Mi ritrovo così per la seconda volta nel bel mezzo della strada, senza casco, mentre Emily guida questo motore di cui non ho ancora capito chi sia il reale proprietario. Mentre ci penso su mi ricordo quello che dovevo chiedere ad Emily e quasi urlando le dico:
-Emily! Vorresti venire a pranzo a casa mia oggi?!- all’inizio non dice niente, ma ad un tratto esclama:
-A casa con la tua famiglia? Figo, ci sto!-
-Okay, ma adesso dove stiamo andando?- le chiedo preso dal dubbio e dalla curiosità
-Vedrai, ti stupirò! Sei mai stato in campagna?-
-No, in realtà no-
-Perfetto, perché il posto in cui ti sto portando è unico al mondo!-
Durante il tragitto mi chiedo quale possa essere questo posto, e mentre vedo il caos della città scomparire dietro di noi, davanti si apre uno scenario fatto di alberi, foglie d’autunno e profumo di spezie. Ad un certo punto, Emily frena dietro una vecchia quercia. Sembra esattamente come un film: c’è un grande cancello davanti a noi e noto che il lucchetto che tiene chiuse le ante è rotto ed Emily con un piccolo tocco spalanca il cancello. Io la seguo senza sapere il perché; lei entra da una grande porta settecentesca, come se lei fosse la proprietaria. Entro anche io e le bellezza di quella casa mi toglie il fiato, anche se ormai è notabile che non ci viva più nessuno da anni, conserva comunque un fascino inalienabile, e i rami dei pioppi entrano dalle grandi finestre ma tutto ciò rende l’atmosfera ancora più bella e unica. Emily mi fa cenno di seguirla su per le scale, non dice niente fino a quando non arriviamo davanti ad una grande stanza. Lei apre la porta guardandomi, si dirige verso un armadio e prende quelli che all’inizio sembrano due grandi sacchi, ma poi dice:
-La prima volta che sono venuta in questa casa avevo 6 anni, conoscevo bene i proprietari: erano una coppia di scozzesi molto gentili, la proprietaria si chiamava Victoria e preparava dei biscotti alla vaniglia molto buoni che suo marito invece odiava. Quando avevo 13 anni venni qui un pomeriggio d’autunno e non trovai più nessuno, continuai a bussare per ore nella pioggia battente sperando che qualcuno mi aprisse, lo facevano sempre e mi lasciavano giocare nel giardino o nella loro biblioteca. Inutile dire che rimasi sola e riuscii a scassinare la porta, capii che se n’erano andati, ma almeno mi è rimasta la casa, e questi vestiti. Dai su, provalo!-
Non so bene che dire, non avrei mai immaginato che ci potessero essere simili ricordi nel passato della spericolata Emily, a mio avviso adesso non sembra più la ragazza sfacciata e forte di ieri, ma inizio a capire che anche lei ha un lato molto fragile. Con un sorriso prendo il vestito e uscendo dalla stanza inizio a provarlo e questa è la cosa più strana che abbia mai fatto in tutta la mia vita. Dopo qualche minuto Emily esce dalla stanza con un lungo abito nero addosso, mi prende per mano e scendiamo le scale. Passiamo davanti ad uno specchio: il mio abito è lucido e il tessuto è doppio, nero e la forma a mo’ di pinguino e con la coda dietro, la camicia di seta leggera e particolarmente elegante, i bottoni neri con rifiniture in argento, un papillon vellutato e un cappello stile ‘800 che fa fatica a coprire tutti i miei ricci scompigliati. Arrivati nel salone vedo che l’unico mobile rimasto è un vecchio tavolino bianco con due sedie intorno, seguendo Emily noto con la coda dell’occhio un vecchio pianoforte a coda nero con gli interni marroni e nonostante il tempo, è in buone condizioni. Emily si siede facendo scricchiolare la sedia, mi guarda e mi dice:
-Vieni a sederti!- in quel momento, però, l’unica cosa che vorrei fare è provare quel vecchio pianoforte, così mi avvicino e scostando un vecchio lenzuolo, premo i tasti bianchi, facendo riecheggiare per la casa una dolce melodia. Emily si gira a guardarmi e mi chiede:
-Sai suonare, per caso?-
-Sì- le rispondo
-Io ho sempre voluto imparare… che ne dici di suonarmi qualcosa?-
-Agli ordini…-
Avvicino la vecchia sedia al piano e mi lascio trasportare dall’emozione. Le prime note sono incerte, paurose e tetre. Dopo sento i passi di Emily avvicinarsi e sedersi accanto a me. Preme sempre lo stesso tasto, mentre io comincio a rilassarmi, lei mi guarda ma non dice niente, io chiudo gli occhi e inizio a cantare la stessa canzone che ho scribacchiato quando avevo 15 anni. Non la suonavo da molto tempo, e adesso non so perché mi è ritornata in mente: “Over my shoulder, running away… feels like I’m falling, losing my day. Cold… and dry… cold, and dry…”
Al secondo ritornello lei mi segue a ruota, iniziando a cantare con me e ad aggiungere nuove parole. Dopo 12 minuti passati a ripetere lo stesso ritornello e a fare assoli al piano, le mie mani mi fanno troppo male per continuare. Appoggio la mano sulla mia gamba e in un nanosecondo sento la sua mano stringere la mia, e le nostre dita intrecciarsi le une con l’altre. Rimaniamo così per non so quanto tempo e a intervalli irregolari, lei continua a premere lo stesso tasto, poi senza volerlo dire ad alta voce, mi lascio scappare: “Cosa c’è che non va con te, Emily?” Non appena lo dico, mi volto a guardarla e noto che ha gli occhi chiusi e lentamente allenta la presa sulla mia mano, fino a lasciarla del tutto. Dopo qualche minuto si volta, e i miei occhi incontrano i suoi, mi prende il viso tra le mani e all’inizio si avvicina alle mie labbra, ci soffia sopra, ma non appena io chiudo gli occhi posso sentire il sorriso sulle sue labbra e appoggia la sua guancia sulla mia. Lentamente la sento sussurrare nel mio orecchio:
-Ieri, ho pensato “questo nuovo ragazzo sembra molto a suo agio nelle situazioni più disperate”, per questo ti ho accolto nel mio personale inferno, pensando che come me, ti saresti sentito a casa.- così dicendo distoglie lo sguardo insieme alle sue mani, si volta dandomi le spalle e stringendo le dita sulla vecchia panca, dopo qualche minuto si alza e comincia a camminare, allontanandosi sempre di più, e sento che insieme al suo corpo stia allontanando anche il suo cuore da me. Rimango fermo a fissarla e dopo mi rendo conto che non posso perdere l’unica persona che ho nella mia vita sociale, ma se voglio rimanerle accanto ho bisogno di sapere che di lei mi posso fidare, così raccolgo il coraggio, la raggiungo, seppur mantenendo una certa distanza, e dico:
-Cosa intendevi con quella frase? Emily, sento che ci stiamo avvicinando molto anche se ci conosciamo solo da pochissimo tempo, però prima di legarmi a te, devo sapere la verità, insomma… Tu hai visto che problemi ho, e nonostante ciò hai scelto di aiutarmi… lascia che io faccia lo stesso per te.-
Non appena finisco la frase, si gira di scatto e riesco a vedere la rabbia nei suoi occhi, inizia a camminare verso di me e si ferma iniziando ad indicarmi:
-Tu pensi di sapere tutto di me? Sono l’unica cosa più vicino all’essere un’amica che tu abbia mai avuto e pensi già di saper come comportarsi in un’amicizia? Ti ho aiutato solo perché mi facevi pietà, e perché sei così debole che è facilissimo farti fare quello che voglio io. Apri gli occhi, ti sei fidato di me ciecamente fin dal principio. Avrei potuto portarti in qualche posto pericoloso dove spacciano o roba del genere…. E tu nonostante ciò, hai comunque accettato di venire con me oggi, quale sano di mente l’avrebbe fatto?-
-E’ questo quello che sei? Non ho bisogno di altre risposte… si, è vero, mi sono fidato di te, e ho sbagliato, ma in fondo non ti ha chiesto nessuno di aiutarmi…-
-Non vuoi il mio aiuto? Benissimo, visto che sai come cavartela da solo, tolgo il disturbo.-
Così dicendo si gira, apre la porta, e senza neanche avere il tempo di capire quello che succede, se ne va. Rimango in piedi ad ascoltare il ruggire della sua moto sfrecciare sulla breccia del viale. Non penso subito a come tornare a casa, certo è un bel problema… siamo in aperta campagna, e non sono sicuro di ricordare la strada. Mi siedo sul pavimento e trattengo a stento le lacrime: l’unica bella cosa che avevo, se n’è andata. Forse è il mio destino quello di non avere amici, forse la mia unica amica è la musica. Dopo un po’, mi alzo e sfregandomi gli occhi mi accorgo che ho ancora quello strano vestito addosso, così salgo al secondo piano ed entro in quella vecchia camera per recuperare i miei vestiti, e in un angolino noto appallottolati anche i vestiti di Emily. Non importa quello che mi ha detto, anche se abbiamo trascorso insieme poco tempo, la sua qualità è stata indimenticabile, e nonostante tutto voglio restituirle i vestiti, così li caccio nel mio zaino e marcio a piano terra, deciso a chiamare mia sorella. All’uscita, però, noto la stessa bici rossa che avevo notato all’inizio, nascosta nel retrobottega della casa. Non so come abbia fatto, senza far rumore, ma Emily deve averla tirata fuori e anche gonfiato un po’ le ruote. Non so cosa pensare di questa ragazza: non vuole più darmi il suo aiuto, ma continua ad occuparsi di me. Monto in sella e decido di fare affidamento al mio senso di orientamento, dopo quasi un metro, però, inizio a notare delle freccette sgangherate sull’asfalto, e seguendole, alla fine, riesco a ritornare a casa.


Nota Autrici: eccoci con un nuovo capitolo! Scusateci per la lunga assenza ma la scuola ci spolpa via tutto il tempo, per farci perdonare abbiamo tentato di fare questo capitolo più lungo degli altri e speriamo che vi piaccia! A presto! ;)
 
  
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