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Autore: AlexCasey    13/04/2014    0 recensioni
Mondo Post-Apocalittico. Gli zombie padroneggiano le strade, divorano i sopravvissuti, e regna soltanto il caos. I vivi si uccidono a vicenda, usano i non-morti per i loro scopi morbosi, e sono poche ormai le persone rimaste con un briciolo di umanità. Combattere con la forza delle idee non ha più senso ormai. Scegli tu se vivere o morire in base alle decisioni che prendi.
La verità è che i superstiti stessi sono i morti che camminano. Alex ed Iris si troveranno ad affrontare tutto questo in una lotta morale e fisica, uniti soltanto dal desiderio di non perdersi mai.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Giorno Z: « Quello che avresti dovuto fare ti è stato detto, ma tu l'hai ignorato.»


Il calore del sole d'Aprile riscaldava la vecchia topaia dentro la quale riposavano gli attrezzi da lavoro. I cavalli origliavano aria d'impazienza poiché la fiera del raccolto ormai era alle porte ed Alex si stava preparando per raggiungere White River e mettere da parte un bel gruzzoletto di soldi. Quanto bastava per portare via da quella vita sua moglie e sua figlia.
« Caro forse dovresti rimandare. Lo sai cosa pensano di te in paese... non vincerai mai quel premio.»
Rebecca, sulla soglia della stalla, guardava l'uomo impegnarsi a coprire un grande carro contenente le pannocchie mature. Alex le gettò un'occhiata eloquente e aprì un sorriso per rassicurarla.
« Quest'anno le cose saranno diverse. Vedrai.» le mani gli pizzicavano, ruvide e rovinate dal lavoro. Segnate ancora dal vecchio lavoro in officina.
Sua moglie sospirò e sciolse le braccia legate sotto il seno. 
« D'accordo... ma torna presto. Per cena ho preparato il sanguinaccio.» avvertì incalzando il passo verso di lui per avvicinarsi. Alex, rizzatosi con la schiena, allargò le braccia vestite da una camicia con le maniche piegate all'altezza dei gomiti, e l'accolse in un abbraccio. Le mani intorno alla vita della donna.
Le posò la fronte sulla sua e ridacchiò, dondolandola dolcemente.
« Come posso mancare?»
« Anche se fai così non cancellerai mai la mia preoccupazione.»
« Ci ho provato.»
In seguito chiuse il portone rosso della stalla dietro di sé e si lasciò la proprietà Casey alle spalle.
White River non godeva certo di strade asfaltate occupate da macchine costose. Piuttosto passeggiavano cavalli accompagnati da contadini che tentavano di vendere quanti più prodotti possibili. Il mercato era la vera e propria fonte di guadagno da quelle parti, ma purtroppo Alex non ebbe mai l'occasione di fare soldi, poiché la gente conosceva il suo passato e preferiva stargli alla larga.
Come biasimarli dopotutto?
Ne aveva combinate di cotte e di crude, aveva portato le forze dell'ordine in quella cittadella tranquilla, remota e sperduta causando guai seri alla popolazione.
Quindi sulla bocca di tutti era rimasta la parola: 'Diavolo', se bisognava descriverlo.

Il fumo nero del fuoco vivo investì le sue narici: la gente urlava, ma stava nascosta dietro quell'incendio prorompente che mangiava la città a poco a poco. 
Sagome scure si avvicinavano, rantolavano, portavano morte e davano vita. Un amaro ossimoro della situazione lo spinse con le spalle al muro. Alex era circondato, tutt'intorno a lui queste figure lente, fameliche. 
Poi una voce bianca invase la scena: la seguì finché poté capendo infine che lo avrebbe condotto in mezzo al bosco. Una freccia indicava la via.
Dopo si svegliava nel suo letto in un bagno di gelido sudore, e la notte successiva ricominciava tutto da capo.

« Cosa ci fai da queste parti?! Vattene via, Diavolo. Porti solo guai.»
« Fottiti John. Pago le tasse come tutti, sono un cittadino come voi. Non fare il cazzone! Compra queste pannocchie, lo sai benissimo che sono sane e buone.»
« Piuttosto mi taglio le palle e le faccio cucinare a tua moglie!» John Calligan scoppiò in una fragorosa risata seguito dal resto dei clienti lì intorno che compravano la sua carne. Era il sindaco, nonché primo proprietario della macelleria della zona.
Un vero viscido stronzo che amava la sua folle politica paesana. Come una comunità morbosa, una setta di idioti che repellevano chi la pensava diversamente da loro.
Alex lo assecondò i primi istanti della risata liberandone una molto simile, poi però calò il silenzio. E sia John, sia i clienti tacquero improvvisamente. 
L'uomo serrò un pugno nei denti al sindaco, e questi barcollò all'indietro finendo contro il bancone della carne di manzo. S'innalzarono fra il pubblico una serie di versi stupiti, scioccati.
''Oddio, è impazzito?''-''Finirà in galera di nuovo.''-''Perfino in cella da solo troverebbe con chi litigare.''
In quelle parole non vi era niente di più vero, in fondo, poiché Alex aveva coltivato negli anni un carattere forte e irascibile. Scontroso e distaccato tranne nei confronti della sua famiglia. Natasha e Rebecca erano le uniche persone che potevano avvicinarglisi. 
« S-sei un maledetto, Casey...»
« Tu un uomo morto se parlerai ancora della mia donna. E' chiaro Calligan? Ti spedirò all'altro mondo la prossima volta.» assicurò Alex con voce sottile e profonda.
John Calligan sgranò gli occhi e tacque. Il comizio terminò e come sempre, Alex, non aveva concluso niente con la sua raccolta proficua.
« Sono a casa!»
« Papà, com'è andata?» Natasha sbucò dalla porta della sua camera e sorrise al padre. Alex sospirò ed indossò un falso sorriso di repertorio.
« Come al solito. Quei figli di puttana non vogliono comprare nulla.»
Rebecca lo colse da dietro con un abbraccio. Gli avvolse i fianchi e sussurrò dolcemente: « Andrà meglio la prossima volta...»
Alex percepì un insieme di speranza e di rassegnazione nella voce fievole della donna. Aggrottò le rughe della fronte.
« Ma mi avevi detto anche tu che-»
« Lascia stare quello che ho detto. Voglio che tu sia felice, Alex.»
« Rebecca... sono felice.» ammise, e tuttavia nel profondo Alex sapeva che era vero.
Sua moglie socchiuse gli occhi adagiando il viso sulle ampie spalle dell'uomo.
« Ti manca qualcosa...»
Silenzio. Natasha proruppe, un po' imbarazzata: « D'accordo, basta con queste smancerie, sono a dieta e gli zuccheri mi fanno male.» rise, « Mangiamo?»
Il sole scomparve dietro i monti, e spruzzando nel cielo una sfumatura arancione che si confondeva con le nuvole lasciò spazio alla sera. 
Alex uscì sotto il porticciolo in legno con una tazza calda di caffè fra le mani. Le uniche luci della zona provenivano dalle finestre di casa sua e nell'aria non si sentiva altro che il canto delle cicale. Un paesaggio da romanzo, pensò, sorseggiando la bevanda fumante. All'orizzonte intravide un insolito bagliore rosso dove si estendevano gli edifici della cittadella. Inarcò un sopracciglio, stranito.
« Si sta bene, vero?»
« Come? Oh, sì...» si voltò e vide sua moglie sorridergli. In quell'istante dalla sua mente sparì tutto.
« Stanotte ti sei svegliato di nuovo... che ore erano? Le 3:00?»
« Ho avuto un incubo...»
« Sempre il solito?» Alex annuì, « Vedi sempre l'incendio e quelle sagome?»
« Sì.»
« Cosa pensi che sia?» Rebecca gli posò una mano sulla spalla, accarezzandogliela.
Lui scosse il capo trattenendo per un attimo il respiro: « Non lo so. Vedo la stessa scena tutte le notti. Sono fotogrammi che si ripetono, e li sento così veri che il calore del fuoco mi brucia il viso.»
« Infatti ti svegli sempre sudato.»
« Mh.»
Il bagliore che aveva visto si fece più vivido e da esso cominciò a salire un fumo nero come la pece. Alex s'umettò le labbra investito da un senso d'angoscia. 
La città stava bruciando, le urla dei paesani arrivavano fino alle orecchie dell'uomo come un martello pneumatico. Rebecca divenne di un colore pallido, cadaverico, e si dipinse sul viso un'espressione di puro terrore.
« O-Oddio. D-Dobbiamo fare qualcosa. Alex...»
Suo marito però sembrava in uno strano stato catatonico. Non le rispose, si ammutolì, fece cadere la tazza di caffè bollente che andò in mille pezzi a contatto col suolo, riversando il liquido scuro su tutto il legno del porticciolo.
« ALEX!» Rebecca lo scosse con forza, ma niente sembrava destarlo dai suoi pensieri.

Ancora quelle immagini, ancora quei morti e quelle sagome. Le urla, il fumo, il fuoco e il sangue. Rebecca gli lasciava la mano e veniva inghiottita, perduta nell'oscurità. Altre mani trascinavano via Natasha. Poi di nuovo il bosco, un rumore assordante di passi. Alex che correva a perdifiato senza mai voltarsi, solo con le lacrime che gli rigavano un viso stanco e sporco, affumicato. Seguiva la freccia che cambiava imperterrita direzione in un repentino ondeggiamento fra gli alberi.
Infine i suoni ovattati, le urla distanti, e lui da solo. Sdraiato in una radura, con il viso rivolto al cielo ammalato di un fumo acre.

Spalancò gli occhi. S'accorse del sudore che gli percorreva il profilo del viso, colando dalla punta del naso. I capelli attaccati alle tempie imperlate di goccioline e la voce soffocata da un nature istinto di sopravvivenza.
Sentì che era giunto il momento di quei sogni -o meglio incubi-, e doveva fare qualcosa al più presto. Proteggere la sua famiglia, portarla in salvo.
Tuttavia, quando riprese i sensi, la figura agitata di Rebecca gli scorreva davanti alle iridi celesti. Gridava: « ALEX, ALEX! ANDIAMO VIA!»
Natasha li aveva raggiunti, sulle spalle sorreggeva uno zainetto giallo canarino.
« Papà, ma che ti prende? Andiamo, ti prego! Le urla si avvicinano!»
Quando le voci divennero distinte, scandite, Alex recuperò la ragione e la razionalità. Batté le palpebre più volte per dare vita ad uno sguardo che era rimasto imprigionato nelle visioni notturne che era solito avere. Ma adesso... tutto era reale.
La morte, le sagome, il fuoco...
« Cazzo... Nat, porta via tua madre. Mettetevi in salvo. Io mi procurerò delle armi prima di raggiungervi. Ci vediamo nel bosco. Lo conoscete bene. Confido in voi.»
« Scordatelo, io non ti lascio.» obiettò Rebecca con le lacrime agli occhi.
« Reb, muoviti.» la voce ferma, « Andrà tutto bene, ma fate quello che vi dico. Okay?» il cuore gli cavalcava la gola e la voce, se pur cercasse di mantenerla ragionevole, seguiva una scala musicale molto bassa, acuta, e quasi impercettibile a volte. L'amaro in bocca peggio del fiele, la saliva lo abbandonò totalmente. Nei polmoni solo l'acre odore dei morti che stavano bruciando nell'incendio.
Ad un tratto Alex e la sua famiglia furono attirati da gemiti che si sparpagliavano nel campo di grano davanti alla casa. Fu allora che l'uomo capì: premonizioni.
Tutto si stava svolgendo come nel suo incubo.
Sua moglie lo fissava attonita, per poi muovere il viso in un assenso incerto. Natasha la prese per mano e tentò di trascinarla via.
« Mamma, andiamo forza.»
« Alex, ti aspetteremo... Mi raccomando.» fece Rebecca con la gola secca e la voce calante che tratteneva un pianto isterico. I suoi occhi verdi suggerivano tristezza e malinconia, brutti presagi per i quali si preoccupava spesso.
Lui annuì e sforzò un sorriso d'incoraggiamento. L'allontanò con le mani sulle spalle e annuì in seguito alle sue parole. Gli occhi piantati nei suoi:
« Ci vediamo presto. Ti amo.»

  
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