Quando Musa stava tornando in camera, sentì una mano appoggiarsi ad una spalla.
Era passata quasi una settimana da quel giorno.
La preside Faragonda si era molto arrabbiata, ma per fortuna le aveva perdonate, capendo che effettivamente non era stata colpa loro.
Poi, il giorno dopo le prese da parte e cominciò a raccontare la storia di quella donna.
Musa non sapeva che lei sapesse.
Pensava fosse solo una leggenda. Ma non era del tutto corretto.
“Kuchisake – onna è soltanto una leggenda.
O meglio, è esistita davvero, ma questo non c'entra nulla.
Degli spiriti maligni, molto probabilmente alleati con le antenate, si divertono a fare dispetti e a terrorizzare le fate.
Infatti gli specialisti non c'entrano nulla, in entrambi i casi i ragazzi sono arrivati dopo.
Loro ce l'hanno solamente con le fate, con tutte noi.
Non sappiamo perché, probabilmente rancori del passato.
Ma comunque dobbiamo stare attente e tenere sempre gli occhi aperti.
Ricordatevi che una fata è costantemente in pericolo”.
Dopo quelle parole, Musa andò a coricarsi nella sua stanza, facendo un sonno turbato ma senza sogni.
Poi Tecna la svegliò, dicendole che c'era un ragazzo che voleva parlarle.
Il suo pensiero andò subito a Riven, così, speranzosa in una riappacificazione, corse nel cortile di Alfea.
Ma non trovò chi sperava: il ragazzo che quel giorno era insieme a Galatea era proprio lì, davanti a lei, ad osservarla con occhi curiosi.
“Ciao”, disse timidamente.
“Non ci conosciamo, ma...ecco, io mi chiamo Daisuke”*
Musa lo guardò chiedendosi cosa volesse da lei quel ragazzo.
“Volevo solo darti questo”, continuò.
Poi estrasse dalla tasca un piccolo diario, lo stesso che la ragazza aveva preso nella camera di Riven.
Lo guardò con immensa sorpresa e lo ringrazio infinitamente. L'aveva ritrovato!
“Ti è caduto quando ci avete liberato”, sussurrò ancora l'uomo.
Musa lo ringrazio nuovamente, lo salutò e se ne andò.
Quell'uomo poteva averlo letto, ma non sarebbe stato un grande problema: in fondo non era neanche suo.
Si mise il diario in tasca assicurandosi che nessuno lo vedesse.
Ma quando, in camera, si accorse che Tecna non c'era, si sedette sul letto e lo riprese tra le mani.
La copertina era semplice: bianca e un po' ingiallita dal tempo, in alto a sinistra c'era un nome scritto elegantemente in corsivo: Lorelei.**
Doveva essere il nome del proprietario.
Allora questo diario non appartiene a Riven!, pensò la fata.
Rifletté qualche secondo come in trance: non ricordava di conoscere nessuno con quel nome.
Chi poteva essere?
Allora, sempre più incuriosita, decise di aprirlo.
La prima pagina aveva un disegno bellissimo, di una donna con capelli molto lunghi e le braccia conserte.
Si vedeva soltanto la parte superiore del corpo, ma si capiva chiaramente che aveva un vestito molto leggero indosso.
I suoi occhi erano allungati e leggermente truccati.
Tutto era chiaramente rifinito, perfetto, nonostante fosse in bianco e nero.
Poi girò la pagina, e, leggendo le prime righe, capì che non era un diario come tutti gli altri.
Era il diario di una madre.
Era il diario di una donna che scriveva i propri sentimenti e le proprie emozioni dal momento in cui si accorse di essere incinta al momento del parto.
Così Musa cominciò a leggere, scoprendo una realtà che non poteva nemmeno immaginare.
* 大 輔 Daisuke è un nome di origine giapponese: 大 Dai significa "grande" mentre 輔 Suke significa "aiuto" quindi il significato di questo nome è traducibile con "grande aiuto".
Avrei preferito 未 来 Miku, perché significa “il futuro che deve ancora venire”, ma è un nome femminile, quindi non potevo utilizzarlo.
** Lorelei è una figura mitologica tedesca, una sorta di sirena, una fata acquatica che attirava i pescatori e gli uomini con il suo canto e la sua bellezza e poi li uccideva.
In realtà ho scelto questo nome perché lei è l'anagramma di lie, che in inglese significa bugia.
Il significato si chiarirà con lo sviluppo e la scrittura della storia.